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Giubileo, la Meloni soccorre Gualtieri: 70mln per le Vele e la nuova piazza San Giovanni

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“Una grande opportunità, una sfida, perché dobbiamo realizzare tanti interventi in poco tempo. Ma abbiamo risorse per fare interventi che resteranno”. Le piazze, la Stazione Termini, i nuovi tram, gli interventi culturali. Un rinnovamento per la città di Roma su cui il sindaco Roberto Gualtieri punta forte per lasciare un segno. E magari, confessa, essere ricordato come il primo cittadino che ha risolto “problemi che si trascinavano da anni e che nessuno era riuscito a risolvere prima”. In serata una nuova riunione a Palazzo Chigi, per proseguire una pianificazione a cui l’esecutivo ha sempre garantito supporto. “È andata bene – spiega alla fine – il demanio ci ha presentato l’intervento sulle vele di Calatrava da 70 milioni che ci permetterà la riqualificazione della vela scoperta con la realizzazione di un’area verde. Verrà riqualificata la vela del palasport e l’area sara resa fruibile per eventi sportivi e congressuali”.

L’intervento è stato rimodulato per avere una conclusione entro il Giubileo “ma resta la prospettiva dell’Expo per il completamento”. I cantieri partiranno tra l’estate e l’autunno. Novità in arrivo anche per piazza San Giovanni: la riqualificazione non comporterà la restrizione del traffico e anzi si estendera fino a Santa Croce in Gerusalemme. A piazza Pia i lavori del sottovia partiranno in giugno: “Stiamo lavorando per una gestione integrata del loro impatto sulla circolazione”. Inoltre sono stati illustrati i contenuti del secondo dpcm, che ha ‘in pancia’ tra l’altro la riqualificazione delle stazioni della metro e alcuni interventi per l’accoglienza dei pellegrini (al tavolo stasera c’era anche la ministra del Turismo Daniela Santanche). Il decreto sarà firmato entro meta aprile, mentre il 4 del mese sarà riconvocata la cabina di regia. “Una riunione positiva – il giudizio finale di Gualtieri – siamo in tabella di marcia”. Ma d’altronde alla sfida non solo spirituale ma anche urbanistica e infrastrutturale dell’Anno Santo si guarda con estremo interesse anche dall’altra parte del Tevere, e ai massimi livelli: “C’è una grande attenzione di Papa Francesco, proprio direttamente – ha detto Gualtieri in una intervista alla Rai – anche rispetto alla citta che ama profondamente. Negli incontri che facciamo mi parla tantissimo dell’unicità di Roma e di come è bello che il Giubileo lasci una eredità ai romani”.

Le opere che resteranno anche dopo la chiusura della Porta Santa, ha ricordato il sindaco, sono parecchie. A partire da quelle proprio a ridosso del Vaticano, col sottopasso che permetterà di pedonalizzare lo spazio tra Castel Sant’Angelo e via della Conciliazione. Sempre in zona, a due passi dai Musei Vaticani, c’è piazza Risorgimento che sarà riqualificare assieme a piazza San Giovanni e a piazza dei Cinquecento, in un’ottica di recupero della Stazione Termini. Idealmente – e in futuro concretamente – le due zone sono unite da un’altra opera giubilare, il tram Tva (Termini-Vaticano-Aurelio), mentre chi usa la metro troverà rifatte tutte le stazioni (la manutenzione completa dei binari è già in corso). “Inoltre – ha annunciato il sindaco – rifaremo tutta la viabilità primaria”, e le strade-colabrodo saranno ripavimentate “in profondità”. Rispetto al turismo sarà rilanciato l’intervento sui Fori al fine di creare “il più importante parco archeologico del mondo” ma saranno valorizzati anche quei micro-siti diffusi, oltre 300, che spesso i visitatori ignorano, ma “ci sono tante cose meravigliose che vogliamo aiutare a scoprire”. Ma sarà anche un Giubileo, assicura il sindaco, ‘improntato all’accoglienza dei fragili, dentro una visione di città che riduce le emissioni. Papa Francesco ha scritto sull’ecologia delle pagine memorabili”. La partita del Giubileo si incrocia però con altre due imponenti iniezioni di risorse. Una, come l’Anno Santo, è sicura ed è il Pnrr. L’altra invece è una “partita da vincere”, e si chiama Expo 2030.

Una tripletta (“l’allineamento dei pianeti” la chiama il sindaco) che porterebbe miliardi su miliardi di investimenti, “un ciclo senza precedenti”. Gualtieri, che può contare sul sostegno pieno del governo su Expo, si dice molto sicuro della qualità del progetto (“abbiamo la certezza che sia il più bello”) ma sa che al momento del voto ci saranno rivali agguerrite, prima tra tutte Riad coi suoi ingenti capitali a sostegno di una “campagna aggressiva” (ma Gualtieri ci tiene a ricordare cosa è accaduto in termini di polemiche col Qatar) mentre con Odessa, Roma ha stretto un’alleanza in vista di un possibile gemellaggio. Il sindaco di Roma però sta tessendo assieme alla Farnesina la sua tela diplomatica da molto tempo, e appare ottimista: “Milano con Expo ha fatto molto bene e ha riqualificato un quartiere – ha detto Gualtieri – noi vogliamo farlo con una scala ancora maggiore di ambizione e visione trasformativa”.

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L’omaggio di Mattarella,sempre fedele alla Costituzione

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Novantotto anni di vita e gli ultimi 70 vissuti da protagonista della storia italiana ed europea, in cui si è distinto per “la capacità di dialogo con tutte le culture politiche” e la sua fedeltà alla Costituzione. La politica di tutti i colori e partiti rende omaggio a Giorgio Napolitano,il presidente emerito della Repubblica che si è spento in serata nella clinica romana. Negli ultimi giorni le sue condizioni di salute si erano aggravate. Da allora il paese e il mondo della politica hanno atteso e incoraggiato l’ex capo dello Stato e senatore a vita, sperando nell’ennesima ripresa. Poco prima delle 20, la notizia dell’addio. La politica gli darà l’ultimo saluto nella camera ardente allestita al Senato, probabilmente domenica.

Nel fine settimana n minuto di silenzio verrà dal mondo del calcio, che ebbe in lui il tifoso più eccellente ai Mondiali vinti nel 2006. “Per tutti noi resterà sempre il presidente campione del mondo”, fa sapere la Figc. A nome di tutti gli italiani, è stato il suo successore Sergio Mattarella a esprimere “il cordoglio dell’intera nazione”. Poi citando il lungo excursus di Napolitano (“eletto alle più alte magistrature dello Stato, presidente della Camera, senatore a vita, presidente della Repubblica per due mandati), il capo dello Stato rimarca le sue qualità: “Ha interpretato con fedeltà alla Costituzione e acuta intelligenza il ruolo di garante dei valori della nostra comunità, con sentita attenzione alle istanze di rinnovamento presenti nella società”. Ricorda quindi l’impegno per i lavoratori: “inesauribile fu la sua azione per combattere la spirale delle morti sul lavoro”.

Ma sottolinea anche alcune scelte nette come “l’adesione alla causa antifascista e del movimento comunista, l’impegno per lo sviluppo del Mezzogiorno e delle classi sociali subalterne, fino alla convinta opera europeistica e di rafforzamento dei valori delle democrazie”. E non nasconde il dolore più intimo: “La sua morte mi addolora profondamente”,scrive facendosi portavoce sia dei “sentimenti più intensi di gratitudine della Repubblica” sia del cordoglio ai familiari del presidente emerito. Vicina alla famiglia, la premier Giorgia Meloni che a loro si rivolge con “un pensiero e le più sentite condoglianze” a nome del governo. Il suo predecessore a Palazzo Chigi, Mario Draghi, fa un elogio del presidente che “è stato assoluto protagonista della storia italiana ed europea degli ultimi settant’anni”. Cita i tanti ruoli (anche come ministro dell’Interno) e rimarca la capacità di “coniugare il dialogo con tutte le culture politiche con quella di agire con saggezza e coraggio, a tutela dei cittadini e della Costituzione”. E’ un ricordo condito di aneddoti, quello del presidente del Senato Ignazio La Russa: “Per lui politica, cultura e istituzioni erano vita, passione, ma anche razionalità e coerenza. Quando ero ministro della Difesa – racconta – aveva stabilito con me, da capo supremo delle forze armate, un forte rapporto di collaborazione e io mai ho celato le mie simpatie personali nei suoi confronti, nonostante avessimo posizioni politiche ben distanti”. Rammenta pure che “la sua parola fu decisiva affinchè la celebrazione per i 150 anni dell’Unità d’Italia avvenisse con l’importanza che meritava”. Fino all’ultimo impegno chiesto di recente per presiedere il Senato per due giorni, prima del nuovo incarico. Dalla Camera, il presidente Lorenzo Fontana sottolinea che “Napolitano è stato un protagonista della scena politica e istituzionale”.

Non manca il cordoglio della Farnesina con il ministro Tajani “profondamente rattristato” e che ricorda il lavoro fatto insieme per anni al Parlamento europeo. “Non condividevo le sue idee, ma lo considero un importante protagonista della storia politica italiana”, conclude. Poche parole dall’altro vicepremier, il ministro Matteo Salvini, che si limita a “un ricordo e una preghiera” perché “ogni parola in più sarebbe di troppo”. Per Pier Ferdinando Casini, ex presidente della Camera, Napolitano al Colle “ha servito lo Stato in modo encomiabile e ha attraversato, con decoro e linearità, tutti i passaggi della vita repubblicana”. L’ex premier Romano Prodi si sofferma sull’autorevolezza con cui “ha saputo sempre rappresentare la nazione”.

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Addio a Napolitano, presidente due volte

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È stato l’uomo delle riforme a tutti i costi, napoletano di gran classe, elegante e ‘pignolo’, come egli stesso si è definito. Giorgio Napolitano, morto alle 19.45 di oggi, è stato il primo nella storia della Repubblica ad essere presidente due volte: rieletto al Quirinale nel 2013 dopo la prima volta del 2006. Attento ad ogni dettaglio, lavoratore instancabile, profondo conoscitore della vita parlamentare e delle dinamiche politiche dell’intera storia repubblicana. Sempre accompagnato con discrezione dalla moglie Clio, ha iniziato il primo settennato, nel 2006, gioendo per la vittoria dell’Italia ai mondiali di calcio di Berlino e ha concluso i quasi due anni del secondo mandato con qualche rimpianto per non essere riuscito a vedere del tutto compiuti quei cambiamenti istituzionali per i quali tanto si è speso. Ma soprattutto ‘re Giorgio’ ha dovuto affrontare quello che in molti considerano il periodo più buio degli ultimi 50 anni, navigando a vista tra gli scogli di una durissima crisi economica. E lo ha fatto con una convinzione incrollabile: che l’Italia avesse bisogno di stabilità politica.

In nome di questo principio ha cercato sempre di evitare scioglimenti anticipati della legislatura. Certamente il momento peggiore – che ha coniugato amarezza personale e preoccupazione istituzionale – è stato il suo coinvolgimento indiretto nel processo sulla presunta trattativa Stato-mafia con l’eccezionale deposizione alla Corte di Palermo salita in trasferta al Quirinale. Quella di Napolitano non è stata infatti una presidenza leggera né facile. Ma ha mantenuto sempre l’impegno preso il 15 maggio del 2006 quando promise solennemente davanti alle Camere che non sarebbe mai stato il capo dello Stato della maggioranza che lo aveva eletto, ma che avrebbe sempre guardato all’interesse generale del Paese. E così è stato, visto che dopo essere salito sul Colle più alto della politica italiana con i soli voti del centrosinistra, ha chiuso il primo settennato con l’aperto sostengo del centrodestra. Un sostegno che si è via via raffreddato durante lo storico bis nel 2013 al Quirinale che ha visto Silvio Berlusconi condannato e spesso i suoi all’attacco politico del presidente.

L’elezione del 2006 non era per niente scontata. La sua provenienza dal Pci lo faceva guardare con sospetto dal centrodestra berlusconiano. Ma il fatto di essere il primo dirigente comunista a diventare presidente della Repubblica non ha impedito al Cavaliere di riservargli, dopo poco, pubbliche lodi. Fino alla richiesta di far restare lui al Quirinale per superare quella turbolenta fase politica. Un Parlamento annichilito, dopo aver bruciato nel segreto dell’urna calibri come Franco Marini e Romano Prodi gli consegnò di nuovo lo scettro del Colle, inondandolo di applausi mentre Napolitano teneva nell’aula di Montecitorio un discorso durissimo nei confronti di un’intera classe politica. Le sue capacità di tenuta psicologica e mediazione gli sono state unanimemente riconosciute negli anni. Persino la Lega ha dovuto inizialmente riconoscergli l’impegno sul fronte del federalismo, nonostante più volte il capo dello Stato abbia redarguito il Carroccio sul tema dell’Unita nazionale. Lasciata con dispiacere l’amatissima casa nel rione Monti, ha dedicato grande attenzione alle relazioni internazionali. Indubitabile è stata infatti la stima che ha goduto all’estero: Washington, ad esempio, lo ha sempre considerato uno fra gli interlocutori più autorevoli e affidabili. Europeista convinto, Napolitano ha sempre sostenuto l’indispensabilità dell’Unione europea convincendosi via via che, così come in Italia, solo decise riforme dell’euroburocrazia potevano frenare il distacco dei cittadini e raffreddare il populismo crescente.

Affabile e cortese, dai toni sempre misurati, si è trovato a dover affrontare un muro contro muro solo con Grillo e il suo movimento, visto dal capo dello Stato, almeno nelle sue componenti più estreme, come il germe dell’antipolitica. Uno degli elementi caratterizzanti della sua presidenza è’ stato il tentativo di parlare all’Italia intera, di sedare lo scontro fra le correnti (a partire da quelle del Pd), di promuovere il dialogo fra le forze politiche nell’interesse del Paese. Compito non facile durante gli anni turbolenti dei suoi mandati. I primi due dei quali li passa monitorando le fibrillazioni che tengono il governo Prodi costantemente sul filo del rasoio. Fino alla caduta e al ritorno del Cavaliere a palazzo Chigi. I successivi tre anni scorrono nello sforzo di arginare l’attivismo di Berlusconi, evitando che le furiose polemiche sulle leggi ad personam prima e sugli scandali sessuali poi minassero la saldezza delle istituzioni. Tentando di non fare sconti al centrodestra, ma preferendo l’arma della moral suasion a quella, ben più dirompente, del rinvio dei provvedimenti alle Camere. Ma il passaggio che lo consegnerà alla storia come ‘re Giorgio’ (così lo incoronò il New York Times) è quello che nel novembre 2011 porta Mario Monti a palazzo Chigi. I critici parleranno di Repubblica presidenziale, di interpretazione estensiva delle sue prerogative. Evitato il default, l’Italia non riesce però a schivare la recessione. L’immagine del governo tecnico del presidente risulta danneggiata. I risultati elettorali che non diedero una maggioranza chiara, i veti incrociati dei partiti spinsero quindi Napolitano a nominare Enrico Letta sulla base di una larga intesa. Poi l’ascesa irrefrenabile di Renzi con il quale, nonostante la differenza di età, ha saputo costruire un rapporto sincero e pragmatico. Napolitano ha rassegnato le dimissioni il 14 gennaio 2015. È divenuto poi senatore di diritto a vita quale presidente emerito della Repubblica.

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La Cgil stronca il tavolo sul caro-prezzi, ‘una finta’

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Confronto tra governo e sindacati sul caro prezzi a Palazzo Chigi, con il leader della Cgil Maurizio Landini che stronca la riunione come “uno dei classici incontri finti, senza novità”. Un confronto “positivo e costruttivo con i sindacati sul contrasto all’inflazione e sulle misure a tutela del potere di acquisto di lavoratori, pensionati e famiglie”, ha affermato invece il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, che ha presieduto il tavolo.

“La direzione che sin dall’inizio della legislatura abbiamo intrapreso a sostegno dei ceti medio bassi, dei lavoratori e delle famiglie è giusta e largamente condivisa ed ha ottenuto ottimi riscontri in questi mesi: l’inflazione si è ridotta più in Italia che nella media Ue”, ha sottolineato il ministro. Alcune tabelle diffuse dal ministero, che riprendono l’elaborazione Unità di missione del Garante per la sorveglianza dei prezzi su dati Eurostat, mostrano che ad agosto di quest’anno l’indice dei prezzi al consumo armonizzato Ipca, che misura l’inflazione con metodo comparabile con altri Paesi Europei, segna una crescita su base annua in Italia del 5,5%, “inferiore” alla media UE-27 (+5,9%), alla Germania (+6,4%) e alla Francia (+5,7%). A maggio scorso è stato avviato il confronto con le imprese che poi è arrivato all’accordo sul trimestre anti-inflazione, che partirà il primo ottobre per offrire a prezzi calmierati o ribassati una serie di prodotti del carrello della spesa.

Il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, assente al tavolo con la Cgil rappresentata dal segretario confederale Christian Ferrari, ha sottolineato in una conferenza stampa successiva che per combattere l’inflazione “non bastano i bonus, ma bisogna risolvere i nodi di fondo, con interventi strutturali: con l’aumento dei salari, con la conferma del taglio del cuneo fiscale, aumentando le detrazioni, detassando gli aumenti dei contratti nazionali”. Landini ha aggiunto anche che non c’è “alcuna risposta sulle pensioni e sulla sicurezza siamo di fronte al nulla”. Molto critica anche la Uil. “Quello che oggi ci è stato detto è che su alcune cose intendono prorogare i bonus già esistenti e soprattutto si punta sui redditi medio bassi e voi capite che questo è importante ma noi abbiamo anche tantissime famiglie e lavoratori dipendenti e pensionati che stanno a redditi medi ma che fanno fatica con il caro carburante, il caro energia, il caro libri scolastici e il caro mutui con un aumento generalizzato e le misure che si prospettano non sono misure per noi sufficienti”, ha detto la segretaria confederale, Ivana Veronese. Meno conflittuali Cisl e Ugl che hanno mostrato un’apertura verso le misure del governo.

“Consideriamo l’incontro importante, che darà sicuramente frutti se si trasforma in un cammino partecipato, condiviso nella prospettiva di definire una intesa trilaterale: governo, associazioni datoriali, sindacati per contrastare e contenere l’inflazione”, ha detto il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, chiedendo, però, che il piano sui prezzi calmierati non comprenda solo i beni alimentari ma venga allargato ad altri campi come quello “dell’energia, del carburante, del trasporto areo, del trasporto pubblico locale, delle editoria di problemi legati agli affitti e alla casa”. E anche per il leader della Cisl è “centrale la proroga strutturale del taglio del cuneo contributivo”. Per il segretario generale dell’Ugl, Paolo Capone, “ci stiamo incamminando verso un percorso positivo che riteniamo possa portare risultati positivi per i lavoratori per i pensionati” ma è da “confermare il taglio del cuneo”, ha sottolineato.

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