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Politica

Giovedì la Nadef,si lavora al deficit, domina la cautela

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Il cantiere della manovra di bilancio 2024 è aperto da mesi ma soltanto giovedì, quando il Consiglio dei ministri varerà la Nota di aggiornamento al Def, si capirà quanti progetti vedranno la luce. Non saranno tutti quelli che i partiti di maggioranza hanno chiesto, ma di questo il governo è consapevole tanto che la parola d’ordine in queste ore resta ‘prudenza’. Il documento che darà la cornice finanziaria alla manovra sta prendendo forma, ma i suoi confini sono blindati dai timori che gravano sui conti pubblici: l’economia sta rallentando, e con il Pil in frenata i margini di spesa si assottigliano. Si lavora quindi per fissare l’asticella del deficit 2024 il più possibile attorno al 4%, in modo da liberare risorse ma senza mettere a rischio il bilancio nell’anno in cui torneranno i vincoli europei sulla spesa pubblica.

La Nadef di quest’anno è un esercizio aggravato da una forte incertezza. Prima di tutto sulle prospettive di crescita, che negli ultimi mesi danno segnali di forte rallentamento. Sul Pil del secondo trimestre è piombato il segno meno (-0,4%), e la Commissione europea i primi di settembre ha tagliato le stime per quest’anno (+0,9%) e il prossimo (+0,8%). Appare sempre più difficile centrare nel 2023 quell’1% fissato nel Def ad aprile, e praticamente impossibile raggiungere l’1,5% che il governo vedeva nel 2024. Molto probabilmente l’anno prossimo non si riuscirà a salire oltre l’1%, considerato che anche la Bce ha rivisto le stime per l’Eurozona che sta ampliando il rallentamento. Anche se non c’è un vero timore per una recessione, come quella che sta attraversando la Germania, la crescita ridotta rende ancora più difficile la caccia alle risorse della manovra. I margini su cui il governo lavora per il 2024 sono strettissimi. Il deficit indicato nel Def per l’anno prossimo (al 3,5% il tendenziale e al 3,7% il programmatico) dovrebbe essere ritoccato al rialzo, ma il 4% rappresenterebbe una vera e propria linea rossa invalicabile. Anche perché c’è l’incognita Superbonus, che finora ha azzerato ogni margine possibile sul 2022 e 2023. Ancora non è chiaro il tiraggio della misura per l’anno in corso, e soprattutto si attende che Eurostat chiarisca su quale anno grava la spesa. Se tutta sul 2023, oppure se getterà un’ipoteca anche sul 2024.

Le risorse in deficit su cui il governo starebbe ragionando (aumentandolo al massimo di 0,2 o 0,3 punti, ovvero 4-6 miliardi di euro) non saranno quindi nemmeno sufficienti a confermare il taglio del cuneo fiscale che vale 10 miliardi. Serviranno quindi nuove entrate per trovare spazi e coprire una manovra che per ora – secondo indiscrezioni – potrebbe aggirarsi sui 20-25 miliardi di euro. Una parte arriverà dalla tassa sugli extraprofitti delle banche (poco meno di 3 miliardi, se le stime reggeranno alla prova della nuova versione). Ma non si esclude anche una nuova tassa sui giochi. Per reperire risorse, il vicepremier e ministro delle Infrastrutture e Trasporti Matteo Salvini aveva lanciato l’idea di un mini-condono edilizio. Ipotesi che però non piace all’alleato e vicepremier Antonio Tajani.

“Si può sanare qualche piccolo lavoro” ma “non parlerei di condono”, ha detto Tajani. Intanto domani il governo si appresta a varare, nel nuovo decreto con le misure in materia di energia, proprio una sanatoria rivolta a commercianti e autonomi. Sulla messa punto della Nadef pesa anche l’incognita del nuovo Patto di Stabilità. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti vorrebbe che venissero scomputate almeno le spese per investimenti, cosa che darebbe alla spesa un po’ di sollievo. Ma al momento è tutto incerto, perché la trattativa sta prendendo più tempo del previsto. L’unica certezza è che il governo dovrà fare di tutto per far proseguire il calo del debito pubblico se non vorrà rischiare vecchie o nuove sanzioni europee.

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Cantone: smantellare abuso ufficio non è scelta giusta

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– Raffaele Cantone, procuratore generale a Perugia, già presidente Anac, intervenuto a Napoli al forum Asmel “Paura della firma o ansia del risultato” si è soffermato sul tema della “burocrazia difensiva” che caratterizza sempre più i funzionari pubblici condizionati dalla “paura della firma”: «il tema della “burocrazia difensiva” è diventato di attualità negli ultimi dieci anni sulla falsariga di quanto già accaduto nel mondo anglosassone nell’ambito della “sanità difensiva”. L’ex presidente Anac non ha mancato di lanciare una stoccata nei confronti del legislatore e, in particolare del Governo attuale e di quello in carica al tempo del Covid, a cui si deve imputare il primo smantellamento del reato di abuso di ufficio. Sul punto Cantone è stato lapidario: “non credo sia questa la strada corretta da seguire!”.

Non è mancato da parte di Cantone un piccolo mea culpa ripensando ai rapporti non sempre sereni con i Comuni che hanno caratterizzato il suo periodo all’Anticorruzione: “confesso che il ruolo di presidente Anac mi ha consentito di superare alcuni pregiudizi che avevo nei confronti della Pubblica Amministrazione, abituato com’ero a vederne esclusivamente le patologie legate alla commissione dei reati contro la stessa PA. In quella esperienza ho imparato a conoscere un mondo articolato e complesso nel quale vivono tantissime possibilità oltre, naturalmente, ai noti problemi”.

Infine, in merito alla candidatura dell’Italia per ospitare l’Autorità Europea Antiricilaggio (AMLA) Cantone ritiene questa soluzione profondamente auspicabile in quanto “in tema di antiriciclaggio il nostro è l’unico Paese all’avanguardia. Ormai in tutti i contesti non esportiamo più la mafia ma l’antimafia, con un serie di criteri che riguardano proprio l’antiriciclaggio e che funzionano molto meglio che in altri luoghi. Credo inoltre che ci siano motivi anche simbolici per giustificare la presenza dell’Amla proprio in Italia, basti pensare al ruolo fondamentale che ha avuto la Convenzione di Palermo, voluta fortemente anche da Giovanni Falcone, è da lì che il tema della lotta alla mafia è diventato un tema mondiale”. In apertura del Forum il segretario generale di Asmel Francesco Pinto, soffermandosi sul ruolo assunto negli anni dall’Associazione, ha sottolineato la peculiarità del modello associativo promosso da ASMEL, ormai diventata la seconda associazione cui aderiscono oltre il 50% dei Comuni italiani

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Napoli

Gratteri: politica ossessionata da magistratura

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Pagelle e test psico attitudinali per i magistrati? “Va bene ma li dobbiamo fare per tutto il mondo delle professioni”, dice il procuratore di Napoli, Nicola Gratteri, che aggiunge: “La politica è ossessionata dalla magistratura”. Alla prima giornata di Casa Corriere, a Napoli, Gratteri, spiega che “questo discorso porterà ad avere magistrati come perfetti burocrati, non uscirà l’anima, non punterà il cuore avanti per rischiare, per fare una indagine questo è il dramma”. “Ma possibile che l’oggetto della politica deve essere la magistratura? Ma possibile che avete questa ossessione, vogliamo parlare della separazione delle carriere, parliamo di uno 0,2% – ha sottolineato – ma non vi puzza questa cosa? Vuol dire che il passaggio successivo e che i 1800 pubblici ministeri passeranno sotto l’esecutivo cioè dipenderanno dal ministero della Giustizia. Chi sarà il direttore d’orchestra? Quindi attenzione”.

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Politica

Sud, 220 milioni in più alla sanità. C’è il nodo case comunità

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Più fondi alla sanità del Sud. Il nuovo Fondo sanitario nazionale (Fsn) per il 2023, la cui ripartizione è stata deliberata oggi dal Cipess (Comitato interministeriale programmazione economica e sviluppo sostenibile), ha infatti spostato 220 milioni di euro dalle regioni del Centro-Nord al Meridione in virtù dei nuovi criteri di riparto utilizzati quest’anno per la prima volta. Un “passo importante”, lo definiscono dal ministero della Salute, mentre resta accesso il dibattito relativo alla rimodulazione del Pnrr che, secondo la Fondazione Gimbe, ha portato al taglio di 500 strutture territoriali e Case di comunità. Ad illustrate il Fsn 2023 sono stati oggi il Sottosegretario alla Salute, Marcello Gemmato, ed il Sottosegretario di Stato con delega al Cipess, Alessandro Morelli, al termine della riunione del Comitato.

Il Fondo ammonta a 128.005,20 milioni di euro, al netto della somma di 864 milioni destinati al Fondo per il concorso al rimborso alle Regioni delle spese per l’acquisto di farmaci innovativi. E per il 2024 al Ssn andranno ulteriori 5,1 miliardi di euro. Il livello del fabbisogno sanitario nazionale standard, ha detto Gemmato, “ha registrato un progressivo aumento passando dai 107 miliardi del 2013 ai quasi 129 miliardi del 2023, maggiore di 3 miliardi di euro rispetto al 2022”. Ma la novità è che questo è il primo anno in cui vengono applicati i nuovi criteri di riparto, approvati nel dicembre 2022 dalle Regioni: i nuovi criteri tengono conto, oltre che della popolazione residente, anche del tasso di mortalità della popolazione under-75 e di altri indicatori come l’incidenza della povertà relativa individuale, il livello di bassa scolarizzazione e il tasso di disoccupazione. In particolare, i 220 milioni, ha spiegato Gemmato, “saranno suddivisi tra 8 regioni: Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Sicilia, Calabria e Sardegna.

E’ un risultato importante”. Tra le voci finanziate con il Fsn, una delle priorità sono le liste di attesa: “386 milioni di euro sono previsti per il 2023 e 500 milioni nel 2024 per abbatterle”, ha detto il sottosegretario assicurando che “il nostro Sistema sanitario nazionale è in sicurezza”. Ma se la partita del Fsn pare definita, è ancora confronto aperto sulla revisione della Missione Salute del Pnrr richiesta dal Governo e approvata nei giorni scorsi dalla Commissione Europea. La nuova versione, commenta Gimbe, taglia, rispetto alla formulazione originaria, 479 strutture territoriali così divise: 312 case di comunità, 120 centrali operative territoriali, 47 ospedali di comunità. Si rinuncia inoltre a 25 interventi di anti-sismica. Un intervento “inevitabile” per “l’aumento dei costi di realizzazione di opere preventivate in era pre-pandemica e antecedenti alla crisi energetica”.

Tuttavia, se ad essere espunte saranno le strutture da realizzare ex novo, rileva il presidente Nino Cartabellotta, “saranno prevalentemente le Regioni del Centro-Sud a essere penalizzate”. Bene invece l’incremento del target del numero di over-65 da prendere in carico in assistenza domiciliare (che passa da almeno 800 mila a 842 mila) e del numero di pazienti assistiti in telemedicina (da almeno 200 mila a 300 mila). È invece “poco comprensibile – commenta – la rimodulazione al ribasso del numero di posti letto in terapia intensiva e sub-intensiva di ben 1.803 unità”. Una lettura non condivisa da Gemmato, secondo il quale la rimodulazione del Pnrr non comporta penalizzazioni e le strutture non verranno tagliate. Nella prima fase, ha precisato, “erano previste con il Pnrr 1350 Case di comunità; con la rimodulazione passano a 1038, ma la restante parte sarà finanziata con fonti diverse, ovvero con la legge ex articolo 20 relativa all’edilizia sanitaria”. Dunque, ha concluso il sottosegretario, “non verranno perse Case di comunità sul territorio”.

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