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Giorgio Locatelli chiude la storica Locanda Locatelli: una nuova avventura all’orizzonte

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A 61 anni, lo chef Giorgio Locatelli, noto giudice di Masterchef Italia dal 2018 e figura di spicco della ristorazione italiana a Londra, ha annunciato la chiusura della sua celebre Locanda Locatelli. Situato nel cuore del quartiere chic di Marylebone, il ristorante, una stella Michelin, era un punto di riferimento per la cucina italiana di alta qualità nella capitale inglese da ben 23 anni.

L’annuncio sui social e un futuro da svelare

L’annuncio della chiusura è arrivato tramite un post sui social del ristorante, che ha lasciato trasparire sia tristezza sia speranza per il futuro. “È con la tristezza nel cuore, e per ragioni che non dipendono da noi, che annunciamo la chiusura definitiva del locale. Ci mancheranno tutti i nostri clienti, molti dei quali nel tempo sono diventati degli amici. Ma quando una porta si chiude, un’altra si apre”, si legge nel messaggio. Il post si chiude con un accenno a nuovi progetti e un augurio per un 2025 prospero e felice.

Da quanto emerso, la chiusura è legata a un cambiamento nell’assetto del Hyatt Regency London-The Churchill, l’hotel cinque stelle che ha ospitato il ristorante fin dalla sua apertura. La Locanda riaprirà altrove, probabilmente sempre a Londra, ma con un progetto più ampio, i cui dettagli restano per ora segreti.

Un’eredità di gusto e tradizione italiana

Originario di Corgeno di Vergiate, un piccolo paese sul lago di Comabbio in provincia di Varese, Giorgio Locatelli ha sempre portato avanti una filosofia culinaria basata su ingredienti di alta qualità, il rispetto per la tradizione italiana e una particolare attenzione alla stagionalità. Piatti iconici come le pappardelle ai fegatini di pollo, il minestrone, o l’insalata di puntarelle hanno conquistato il cuore dei suoi clienti, grazie a un equilibrio tra tradizione e innovazione.

La Locanda Locatelli, inaugurata nel 2002 insieme alla moglie Plaxy Exton, ha ricevuto la stella Michelin nel 2003, confermandosi un luogo d’eccellenza per la cucina italiana all’estero.

I primi passi e la nuova avventura

Prima di aprire la Locanda, Locatelli aveva già lasciato il segno con il ristorante Zafferano, aperto nel 1997, che ottenne la stella Michelin nel 1999. Da sempre legato alla città di Londra, dove vive dal 1986, lo chef ha saputo affermarsi come uno dei maggiori ambasciatori della cucina italiana all’estero.

Sebbene Locatelli non abbia ancora rilasciato dichiarazioni sulla chiusura, gli accordi per la nuova avventura prevedono il massimo riserbo. Quel che è certo è che il nuovo progetto non è legato alla collaborazione annunciata tempo fa con la National Gallery, ma potrebbe segnare un nuovo capitolo nella sua carriera.

Aspettative per il futuro

La chiusura della Locanda Locatelli rappresenta la fine di un’era, ma anche l’inizio di una nuova avventura. I fan dello chef e della sua cucina attendono con curiosità di scoprire quale sarà la prossima tappa per uno dei più celebri interpreti della tradizione gastronomica italiana.

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Napoletani protagonisti nella Guida Gambero Rosso 2026: tra le Tre Forchette brillano Danì Maison, Quattro Passi, Don Alfonso

Nella Guida Ristoranti d’Italia 2026 del Gambero Rosso la Campania conquista un posto d’onore con i grandi chef napoletani tra le Tre Forchette.

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L’eccellenza della cucina campana continua a brillare ai vertici della gastronomia italiana. Nella Guida Ristoranti d’Italia 2026 del Gambero Rosso, la regione si conferma tra le più premiate, grazie alla forza di chef napoletani che portano la tradizione partenopea nella haute cuisine.

Tra le 55 Tre Forchette assegnate quest’anno — tre in più rispetto al 2025 — spiccano infatti Quattro Passi di Massa Lubrense, Torre del Saracino di Vico Equense, Don Alfonso 1890 di Sant’Agata sui Due Golfi (nella foto), Danì Maison di Ischia, Krèsios di Telese Terme e Taverna Estia di Brusciano, oltre alla new entry Marotta Ristorante di Castel Campagnano, che porta l’alta cucina anche nell’Alto Casertano.

Bottura, Crippa e Romito dominano il podio

Al vertice nazionale, con il massimo punteggio di 97/100, tornano Massimo Bottura (Osteria Francescana, Modena), Enrico Crippa (Piazza Duomo, Alba) e Niko Romito (Reale, Castel di Sangro). Sono loro i “campioni della cucina italiana”, simbolo di ricerca, creatività e sperimentazione continua.

A seguire, tra conferme e novità, spiccano 55 ristoranti che incarnano l’eccellenza gastronomica italiana, tra grandi dinastie familiari e giovani talenti.

La forza della cucina napoletana e campana

La Campania si conferma una delle regioni più vivaci del panorama gastronomico. Dalle coste della Penisola Sorrentina alle colline beneventane, i maestri partenopei riescono a unire territorio, tecnica e visione internazionale, offrendo esperienze culinarie che restano nella memoria.

“Il riconoscimento delle Tre Forchette non è solo un premio, ma una conferma della vitalità della nostra cucina, capace di innovare restando fedele alla tradizione”, commentano i cuochi campani premiati.


Classifica Tre Forchette per regioni (Guida Gambero Rosso 2026)

Piemonte: Piazza Duomo (Alba), Guido (Serralunga d’Alba), Antica Corona Reale (Cervere)
Lombardia: Da Vittorio (Brusaporto), Contrada Bricconi (Oltressenda Alta), D’O (Cornaredo), Berton (Milano), Cracco in Galleria (Milano), Enrico Bartolini al Mudec (Milano), Il Luogo Aimo e Nadia (Milano), Dina (Gussago), Miramonti l’Altro (Concesio), Casa Perbellini 12 Apostoli (Verona)
Veneto: Le Calandre (Rubano), Antica Osteria Cera (Campagna Lupia), La Peca (Lonigo)
Emilia-Romagna: Osteria Francescana (Modena), DaGorini (Bagno di Romagna)
Toscana: Da Caino (Montemerano), Enoteca Pinchiorri (Firenze)
Marche: Uliassi (Senigallia), Madonnina del Pescatore (Senigallia), Dalla Gioconda (Gabicce Mare)
Lazio: Il Pagliaccio (Roma), La Pergola (Roma), Zia (Roma), Idylio by Apreda (Roma), Enoteca La Torre Villa Laetitia (Roma), Pascucci al Porticciolo (Fiumicino), La Trota (Rivodutri)
Campania: Quattro Passi (Massa Lubrense), Torre del Saracino (Vico Equense), Don Alfonso 1890 (Massa Lubrense), Danì Maison (Ischia), Taverna Estia (Brusciano), Krèsios (Telese Terme), Marotta (Castel Campagnano)
Abruzzo: Reale (Castel di Sangro), Villa Maiella (Guardiagrele)
Puglia: Pashà (Polignano a Mare)
Sicilia: Duomo (Ragusa), La Madia (Licata), I Tenerumi del Therasia Resort (Vulcano)
Trentino-Alto Adige: Atelier Moessmer Norbert Niederkofler (Brunico)
Friuli-Venezia Giulia: L’Argine a Vencò (Dolegna del Collio), Agli Amici dal 1887 (Udine), Laite (Sappada)
Liguria: (nessun Tre Forchette 2026 segnalato)
Sardegna: (nessun Tre Forchette 2026 segnalato)


La Campania emerge ancora una volta come regina del gusto italiano, con una presenza straordinaria nella classifica nazionale e una generazione di chef che continua a scrivere la storia dell’alta cucina mediterranea.

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Cannellino flegreo verso la DOP: imprenditori e agricoltura identitaria per la rinascita dei Campi Flegrei

Nasce il Comitato per la DOP del pomodoro cannellino flegreo. Imprenditori visionari come Tammaro guidano il rilancio dell’agricoltura flegrea tra archeologia, tradizione e sviluppo.

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A Cuma, tra le vestigia greco-romane e il profumo intenso della terra vulcanica, prende ufficialmente il via il Pomodoro Cannellino Flegreo Tour 2025, evento che segna un passaggio decisivo: la costituzione del Comitato Promotore per il riconoscimento della DOP. È il primo passo verso un riconoscimento europeo che potrà consacrare definitivamente questo prodotto tipico come simbolo identitario dei Campi Flegrei.

Un’agricoltura che parla il linguaggio del territorio

Il pomodoro cannellino flegreo non è solo un ortaggio: è un frutto della storia, nato su terreni sabbiosi modellati dal fuoco e dal mare, perfettamente adattato al microclima flegreo. Oggi sono oltre 55 gli ettari coltivati, grazie anche all’impegno di giovani agricoltori che hanno riscoperto le antiche pratiche colturali.

Il ruolo degli imprenditori visionari

Determinante, in questo percorso, è il contributo di imprenditori come la famiglia Tammaro, che si sono spesi negli anni per salvaguardare e valorizzare le tradizioni agricole locali. La loro visione ha permesso di trasformare un prodotto dimenticato in una leva di sviluppo culturale, economico e sociale, capace di creare rete tra imprese, enti locali e cittadini.

Figure come Tammaro dimostrano quanto l’agricoltura identitaria possa diventare motore di rinascita, contribuendo alla costruzione di un modello di sviluppo sostenibile fondato su qualità, storia e comunità.

Una rete per la DOP

Nel comitato promotore per la DOP, oltre a imprenditori di punta come Generoso Colandrea, Vincenzo e Giovanni Tammaro, Nicola Laezza, Giuseppe Lanni e i fratelli Pignata, è forte l’impegno delle istituzioni. Come ha ricordato l’assessore all’Agricoltura della Regione Campania Nicola Caputo, la sfida oggi è trasformare l’eccellenza agricola in brand territoriale, capace di competere sui mercati globali.

Il paesaggio che unisce archeologia e agricoltura

Il Parco Archeologico dei Campi Flegrei, che ha patrocinato l’iniziativa, ha ribadito il valore unico del paesaggio agricolo e archeologico di Cuma. Fabio Pagano, direttore del Parco, ha sottolineato come l’integrazione tra colture e patrimonio culturale rappresenti un’opportunità straordinaria per il territorio.

Un modello virtuoso di sviluppo

L’evento si inserisce all’interno del più ampio progetto Monterusciello Agro City (MAC), sostenuto dall’Unione Europea, che ha puntato sul recupero delle aree coltivabili e la nascita di nuove imprese. La rinascita agricola del territorio flegreo è così diventata anche strumento di rigenerazione urbana, restituendo dignità e speranza a intere comunità.

Una sfida collettiva

Alla giornata hanno partecipato anche Confagricoltura Campania e l’EBAT, a dimostrazione di una rete ormai consolidata. Il Pomodoro Cannellino Flegreo, in attesa del marchio DOP, si impone già come simbolo di orgoglio e riscatto locale, frutto del coraggio di imprenditori come Tammaro, che hanno saputo guardare lontano partendo da molto vicino: dalla loro terra.

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I cornetti ischitani di Nello Iervolino per Zuckerberg direttamente dal Regina Isabella

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Un mostro da 300 milioni di euro che sfreccia da qualche giorno nel Golfo di Napoli e dintorni: è il Launchpad di Mark Zuckerberg, una barca di 118 metri che ha persino un campo di basket a prua. È stata varata nel 2024 e sarebbe stata acquistata da Zuckerberg: sembra fosse destinata ad un oligarca russo ma poi il blocco dei loro beni…

I cornetti di Iervolino

Non è la prima volta che il miliardario americano sceglie il sud del nostro Paese per le sue vacanze: è  arrivato il 28 luglio a Positano e da li si è poi mosso per andare in giro e stavolta ha persino dimostrato di avere anche buona conoscenza del ci o italiano e delle specialità locali.
Ieri, a Ischia ha scelto di mangiare i cornetti all’ischitana per colazione: gli sono stati recapitati direttamente a bordo.

Nello Iervolino, pastry chef del Regina Isabella

Cornetti d’autore: sempre con crema e amarena a ma la mano era quella del più noto pastrychef dell’isola, Nello Iervolino, ischitano doc, responsabile della pasticceria per l’albergo della Regina Isabella, autore dei dolci del ristorante Indaco, stella Michelin con lo chef Pasquale Palamaro.
Il motoscafo con i cornetti ancora caldi e fragranti è partito dal molo del Regina Isabella, ha raggiunto la splendida imbarcazione del manager ed ha consegnato i cornetti. Per il piacere di tutti gli ospiti del grande yacht.

 

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