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Gilet gialli ancora in piazza per il nono week end consecutivo, a Bordeaux è guerriglia

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Sono di più, meno violenti e sono al nono week-end di protesta dei gilet gialli, che per la prima volta a Parigi vengono inquadrati da un loro servizio d’ordine lungo un percorso concordato e autorizzato dalla polizia. Il movimento resta invece fluido e incontrollabile in provincia: a Bordeaux, una delle citta’ dove le manifestazioni sono piu’ violente, gli scontri sono stati duri anche oggi, con vandalismi e incendi. Parigi ha trascorso un sabato di grande tensione ma, per una volta, la manifestazione si e’ sciolta all’Arco di Trionfo senza auto in fiamme e negozi devastati, il quadro diventato ormai tristemente noto da due mesi. Sono bastate alcune cariche della polizia e qualche lacrimogeno per convincere qualche facinoroso a rinunciare allo scontro. Non c’era l’esercito di casseur, anche per la presenza massiccia e fin dal mattino aggressiva di poliziotti e gendarmi, schierati in 80.000 su tutto il territorio, almeno 5-6.000 a Parigi, in assetto da guerriglia e con i blindati dell’esercito. Oltre alla Marsigliese e all’immancabile ‘Macron, demission’, lo slogan del giorno era ‘Christophe libero’, in omaggio al pugile Dettinger in stato di fermo per aver picchiato due poliziotti una settimana fa. Sull’insieme del territorio erano 84.000 i gilet gialli in campo per la 9/a puntata della protesta, contro i 50.000 di sabato scorso, contrassegnato da atti di violenza a Parigi, la furia del boxeur e lo sfondamento con una macchina da cantiere del portone del ministero per i Rapporti con il Parlamento. Stavolta su tutta la Francia i fermati sono stati 200, un numero decisamente inferiore al passato, non piu’ di 80 a Parigi. I feriti lievi 24, a preoccupare sono soltanto due persone, un manifestante e un poliziotto ricoverati in codice rosso, non per ferite ma per malesseri.

A Parigi ad organizzare era, fra gli altri, Eric Drouet, protagonista in settimana di dichiarazioni contrastanti in risposta all’offerta di sostegno da parte di Luigi Di Maio: prima l’adesione, poi il rifiuto. Il corteo, autorizzato dalla Prefettura, e’ partito da Bercy, ai limiti est della capitale, proprio ai piedi del ministero dell’Economia e Finanze. I gilet gialli sono arrivati alla Bastiglia, quindi hanno puntato a place de la Concorde e agli Champs-Elysees ma senza incendi e danneggiamenti: la giornata parigina si conclude con un cassonetto incendiato e un’edicola danneggiata, un bilancio lontanissimo da quelli, pesantissimi, delle settimane scorse. A Bourges, nel centro della Francia eletto a centro della protesta alla vigilia, la composita galassia dei gilet gialli ha visto la presenza di 5.000 manifestanti, guidati da Priscillia Ludosky e Maxime Nicolle, detto Fly Rider, che ha declamato – dopo alcuni incidenti non gravi – una versione rivista e corretta del celebre discorso di Martin Luther King: “Ho un sogno. Che questa dolce Francia si alzi in piedi unita per vivere i valori che invoca, liberta’, eguaglianza, fratellanza”.

A Bordeaux gli scontri piu’ duri: ancora in serata, la manifestazione di 5-6.000 gilet gialli non era conclusa, con una coda di guerriglia in centro, incendi di auto e cassonetti, battaglia con la polizia, negozi danneggiati e in qualche caso devastati. La presenza piu’ massiccia nelle piazze, la violenza per la prima volta piu’ circoscritta, sono due segnali importanti in vista delle giornate cruciali di lunedi’ e martedi’: prima l’attesa “lettera ai francesi” del presidente Emmanuel Macron, che dovra’ fissare i punti chiave e le modalita’ del dialogo con il movimento di protesta; il giorno dopo, l’inizio del grande dibattito nazionale sui 4 punti chiave, “la transizione ecologica”, “la democrazia, la cittadinanza e l’immigrazione”, “le tasse” e “l’organizzazione dello stato”.

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Khamenei, le nazioni musulmane hanno un nemico comune

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Le nazioni musulmane hanno un “nemico comune” e devono “cingere una cintura di difesa” dall’Afghanistan allo Yemen e dall’Iran a Gaza e al Libano. Lo afferma il leader supremo iraniano Ali Khamenei mentre presiede le preghiere del venerdì in Iran per la prima volta in cinque anni. Lo riporta Sky News. La Guida Suprema ha aggiunto che l’attacco del 7 ottobre di Hamas contro Israele, “è stato un atto legittimo, così come l’attacco dell’Iran al Paese questa settimana”. Il raid missilistico è la “punizione minima” per i crimini di Israele, ha affermato Khamenei.

“Il brillante attacco dell’Iran – ha affermato la Guida Suprema citato dalla TV di Stato – è stata la minima punizione per i crimini senza precedenti del regime lupesco e assetato di sangue che è il cane rabbioso degli Stati Uniti nella regione. L’Iran continuerà ad adempiere al suo dovere né con fretta né con ritardo. I nostri responsabili politici e militari agiranno con logica e saggezza”.

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Colombia: Mancuso si scusa con le sue vittime davanti a Petro

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Salvatore Mancuso, l’ex leader delle Autodifese unite della Colombia (Auc), il più sanguinario gruppo paramilitare mai esistito nel Paese sudamericano nominato ‘gestore della pace’ da Gustavo Petro, ha chiesto oggi “perdono” alle sue vittime in un atto pubblico a Montería, la capitale del dipartimento di Cordoba, a cui ha partecipato il presidente colombiano.

“Non sapevo allora quello che so adesso: che in guerra non ci sono vincitori, siamo tutti perdenti e siamo qui nonostante le differenze ideologiche e politiche”, ha dichiarato Mancuso. Davanti a centinaia di contadini e vittime, l’ex leader paramilitare ha aggiunto di assumersi “la responsabilità di tanto dolore, sofferenza e lacrime; dell’esproprio di terre, dell’umiliazione a cui siete stati sottoposti a causa degli ordini che ho dato agli uomini e alle donne che erano sotto il mio comando nelle Auc”. Mancuso ha chiuso l’atto pubblico, in cui sono stati consegnati 11.700 ettari di terre alle sue vittime, dichiarando: “Dal profondo del mio cuore vi chiedo perdono”.

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Kim Jong Un avverte: armi nucleari se Corea Nord venisse attaccata

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La Corea del Nord utilizzerà le armi atomiche “senza esitazione” in caso di attacco da parte della Corea del Sud o dei suoi alleati americani. E’ l’avvertimento lanciato da Kim Jong Un, come riferito dall’agenzia ufficiale Kcna. Pyongyang “utilizza senza esitazione tutti i mezzi offensivi a sua disposizione, comprese le armi nucleari” se “il nemico” ci attacca, ha sottolineato durante un’ispezione ad una base delle forze speciali. All’inizio della settimana Seul ha organizzato una parata militare ed il presidente Yoon Suk Yeol ha minacciato “la fine del regime nordcoreano” se Pyongyang avesse usato armi nucleari.

Alcune settimane fa il Nord aveva divulgato per la prima volta le immagini di un impianto di arricchimento dell’uranio, che mostravano il leader Kim in visita al sito mentre chiedeva più centrifughe per potenziare l’arsenale nucleare del paese. La Corea del Nord, che ha condotto il suo primo test nucleare nel 2006 ed è sotto una serie di sanzioni Onu per i suoi programmi di armi vietate, non aveva mai divulgato pubblicamente i dettagli del suo impianto di arricchimento dell’uranio prima.

Le relazioni con il Sud sono ai livelli punti più bassi da anni, con il Nord che ha recentemente annunciato lo spiegamento di 250 lanciamissili balistici al suo confine meridionale. Pyongyang ha designato Seul come suo “principale nemico” e si è dichiarata una potenza nucleare “irreversibile”. Kim, replicando alle affermazioni del presidente Yoon, lo ha definito un “burattino”. Le dichiarazioni di Kim hanno anche fatto riferimento all’alleanza del Sud con gli Stati Uniti, che sono il suo principale partner militare, con decine di migliaia di soldati statunitensi di stanza nel Paese.

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