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Giappone: record di turisti per il secondo mese consecutivo

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Record storico di turisti per il secondo mese consecutivo in Giappone, meta sempre più gettonata a livello globale, complice anche la svalutazione dello yen. Secondo i dati dell’Organizzazione nazionale del turismo giapponese (Jnto), in luglio il Paese del Sol levante ha accolto 3,29 milioni di presenze dall’estero, il +42% rispetto al periodo di riferimento dell’anno scorso e un numero superiore ai 3,13 milioni del primato stabilito in giugno. Nel corso del primo semestre dell’anno, invece, i visitatori si sono assestati a quota 21,06 milioni, superando ampiamente l’obiettivo dei 20 milioni, con un ritmo di crescita che supera di gran lunga il boom pre-Covid, nell’estate del 2019.

Per paesi e regioni, le presenze maggiori sono arrivate dalla Cina con 776.500 visitatori, più che raddoppiando i volumi di un anno fa, seguite dalla Corea del Sud, che era al primo posto l’anno scorso, con 757.700, e un aumento del 20,9% rispetto al 2023. La crescita precipitosa dei visitatori, tuttavia, secondo gli analisti del settore mette il Giappone – che punta ad attirare 60 milioni di visitatori stranieri all’anno entro il 2030 – di fronte a una serie di sfide, tra cui la carenza di manodopera in alcune strutture ricettive, un fattore dovuto in prevalenza alle rigide normative sull’immigrazione, e l’impatto negativo causato dal sovraffollamento dei turisti, che può provocare danni ai monumenti e all’ambiente, oltreché disagi per i residenti.

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Via libera di Israele alla tregua, durerà 42 giorni ma c’è un monito di Netanyahu

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Una lunghissima giornata di trattative e riunioni estenuanti si è conclusa solo all’una di notte tra venerdì e sabato con l’approvazione da parte del governo israeliano dell’accordo siglato a Doha sul cessate il fuoco a Gaza e il rilascio degli ostaggi. Dopo sette ore di discussioni, l’ufficio del primo ministro israeliano ha reso noto che il piano è stato votato ed entra in vigore domenica 19 gennaio. E ha concluso la nota augurando Shabbat Shalom, buon sabato. I media israeliani riferiscono che 24 ministri hanno votato a favore e otto contro. In precedenza aveva deciso positivamente anche il gabinetto di sicurezza, con i soli voti contrari dei due ministri di ultradestra Itamar Ben Gvir e Bezalel Smotrich, oltre a David Amsalem del Likud, lo stesso partito del premier.

L’unità governativa per gli ostaggi ha notificato alle famiglie interessate che i loro cari fanno parte dei 33 rapiti che dovrebbero essere liberati nella prima fase dell’accordo di cessate il fuoco, che durerà 42 giorni e inizierà domenica alle 16 ora locale (le 15 in Italia), dopo lo scattare della tregua alle 12.15 (le 11.15). Sulla lista ci sono donne, bambini, anziani e infermi: tutti i nomi sono stati resi pubblici. A Israele tuttavia Hamas non ha comunicato quanti dei 33 siano ancora vivi, anche se si stima che la maggior parte di questo gruppo lo sia. Gerusalemme, secondo l’accordo, riceverà un rapporto completo sullo stato di tutti coloro che sono sulla lista sette giorni dopo l’inizio del cessate il fuoco. L’ordine di rilascio non è ancora noto.

Le identità di coloro che sono destinati a tornare dovrebbero essere fornite 24 ore prima di ogni rilascio. Sabato Hamas comunicherà i nomi dei primi tre ostaggi che torneranno a casa. Il primo ministro Benyamin Netanyahu ha riferito durante la riunione di gabinetto che Israele “ha ricevuto garanzie inequivocabili da entrambi i presidenti Usa, sia Joe Biden che Donald Trump, che se i negoziati sulla fase due dell’accordo falliscono e Hamas non accetta le richieste di sicurezza, l’Idf tornerà a combattere intensamente a Gaza con il sostegno degli Stati Uniti”. Un monito e insieme una rassicurazione per l’ultradestra fortemente contraria all’accordo.

A dare una mano a Bibi, in questa partita sostanzialmente già decisa ma dal percorso accidentato, è intervenuto anche il ministro della Difesa Israel Katz con una decisione che ha suscitato una dura protesta da parte dello Shin Bet: l’annullamento di tutti gli ordini di detenzione amministrativa nei confronti dei coloni israeliani per via del “previsto rilascio di terroristi in Cisgiordania”, come parte dell’accordo di cessate il fuoco a Gaza.

Come ha reso noto lo stesso ufficio del ministro spiegando che la decisione intende “inviare un chiaro messaggio di sostegno e incoraggiamento al progetto di insediamento, che è in prima linea nella lotta contro il terrorismo palestinese. È meglio che le famiglie dei coloni ebrei siano felici piuttosto che quelle dei terroristi rilasciati”. Insomma, l’accordo si è fatto, ma senza tralasciare le richieste dei partiti religiosi e di destra. Tutto ciò comunque non è bastato a convincere Ben Gvir che, prima del voto, ha lanciato l’ultimo appello ai ministri affinché votassero contro l’intesa con Hamas dicendosi “terrorizzato” dal rilascio dei detenuti palestinesi in cambio di ostaggi: “Tutti sanno che questi terroristi cercheranno di uccidere di nuovo”.

Ma rassicurando l’amico Bibi: “Amo Netanyahu. Non rovesceremo questo governo e lo sosterremo dall’esterno”. Intanto, una copia dell’accordo trapelata sui media israeliani mostra che in cambio del rilascio di 33 rapiti nella prima fase del piano torneranno in libertà oltre 1.700 detenuti palestinesi: 700 terroristi, di cui 250-300 stanno scontando l’ergastolo; 1.000 cittadini di Gaza catturati dall’8 ottobre durante i combattimenti nella Striscia; e 47 prigionieri nuovamente arrestati dopo essere stati liberati nello scambio con il soldato Gilad Shalit (tenuto prigioniero per 5 anni e mezzo a Gaza) nel 2011. Dopo la riunione del gabinetto, il ministero della Giustizia ha pubblicato l’elenco dei detenuti palestinesi il cui rilascio è previsto nel primo round, alle 16 di domenica: sono 95, la maggior parte donne, e solo uno, con meno di 18 anni, condannato per omicidio. Dell’elenco fa parte anche la parlamentare e deputata palestinese Khalida Jarrar. Tutti sono stati arrestati dal 2020 in poi.

Oltre ai 33 che saranno rilasciati nella prima fase, altri 65 ostaggi sono ancora a Gaza, compresi i corpi di almeno 36 morti confermati dall’Idf. Con l’avanzare della prima fase, le parti terranno colloqui sulla seconda, che vedrebbe il rilascio di tutti i rapiti rimasti in cambio della fine della guerra e di accordi sul futuro e la ricostruzione di Gaza. Il presidente dell’Autorità palestinese Abu Mazen ha dichiarato che dopo l’attuazione dell’accordo “l’Anp si assumerà la piena responsabilità nella Striscia di Gaza. Il governo palestinese ha completato tutti i preparativi e le squadre di sicurezza sono pienamente preparate a svolgere qualsiasi compito”. Netanyahu finora si è sempre rifiutato di prendere in considerazione questa eventualità, nonostante la pressione degli Usa, e senza avanzare alternative. Di fatto ha insistito fortemente affinchè l’Idf resti sul corridoio Filadelfia, tra Egitto e Striscia, almeno fino al 50esimo giorno dell’accordo. Poi si vedrà.

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Russia: condannati tre avvocati di Navalny

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Vadim Kobzev, Alexei Liptser e Igor Sergunin, tre ex avvocati dell’oppositore russo Alexei Navalny, morto lo scorso anno in una colonia penale artica, sono stati condannati oggi a pene dai cinque anni e mezzo ai tre anni e mezzo di reclusione perché riconosciuti colpevoli di aver fatto parte di un’organizzazione “estremista”. Lo riferisce l’ong Ovd-Info, specializzata nell’assistenza legale agli oppositori.

Kobzev è stato condannato a cinque anni e mezzo di reclusione, Liptser a cinque anni e Sergunin a tre anni e mezzo. I tre legali, arrestati nell’ottobre del 2023, erano accusati di avere fatto uscire dal carcere in cui era rinchiuso Navalny e avere fatto pubblicare i messaggi in cui l’oppositore continuava ad attaccare il presidente Vladimir Putin e l’intervento armato russo in Ucraina. Lo stesso Navalny, morto il 16 febbraio 2024 mentre scontava una condanna a 19 anni di reclusione per “estremismo”, aveva stigmatizzato l’arresto dei tre avvocati giudicandolo “scandaloso” e definendolo un ulteriore tentativo di tenerlo isolato in prigione. La sentenza odierna è stata emessa dalla Corte di Petushki, nella regione di Vladimir, 115 chilometri ad est di Mosca, dove Navalny era stato rinchiuso per un periodo prima di essere trasferito nella colonia penale artica dove è deceduto.

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Taylor Swift dona fondi per la ricostruzione di Los Angeles

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Taylor Swift dona fondi per la ricostruzione di Los Angeles, dove i pompieri stanno facendo progressi nella lotta contro gli incendi. La 14 volte premio Grammy ha elencato le organizzazioni a cui ha donato, invitando i suoi 282 milioni di followers su Instagram a seguire il suo esempio. “Gli incendi hanno devastato molte famiglie e sono storie che spezzano il cuore. Ci sono molte organizzazioni e gruppi che stanno aiutando queste comunità a ricostruire”, ha detto la popstar sul suo profilo social. Taylor non ha indicato l’entità della sua donazione. Qualche giorno fa Beyoncé ha fatto sapere di aver impegnato 2,5 milioni di dollari a sostegno delle vittime dei roghi. Né la Swift né Beyoncé, più volte finaliste ai Grammy del 2 febbraio, sono in pista per il maxiconcerto FireAid del 30 gennaio in soccorso delle vittime dei roghi.

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