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Giancarlo Pagliarini: “Diventai senatore a mia insaputa. Regalai il fazzoletto verde al Dalai Lama”

L’ex ministro del Bilancio Giancarlo Pagliarini, “il vecchio Paglia”, racconta in un’intervista al Corriere della Sera la sua carriera tra Bossi, Berlusconi e la Lega delle origini: “Diventai senatore a mia insaputa. Regalai il fazzoletto verde al Dalai Lama”.

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Giancarlo Pagliarini (foto Imagoeconomica), 82 anni, ex ministro del Bilancio e storico esponente della Lega Nord, si definisce ancora oggi “un leghista della prima ora”. Nell’intervista al Corriere della Sera, racconta la sua avventura politica con ironia e lucidità: “Diventai senatore quasi a mia insaputa nel 1992. Mi ero avvicinato alla Lega per curiosità, dopo aver organizzato un incontro con Francesco Speroni, che spiegò in modo semplice e convincente l’ingiustizia fiscale tra Nord e Sud. Scrissi a Bossi: ‘Se volete vi do una mano’. E così iniziò tutto”.

La candidatura arrivò, come spesso accadeva nella Lega delle origini, tra improvvisazione e intuito politico: “Formentini mi voleva a Milano, ma Bossi si oppose: ‘Tu devi andare a Bergamo’. E presi una barca di voti”.


Gli anni di Bossi: “Dormiva su un divano”

Nel racconto di Pagliarini riaffiora la figura del Senatùr Umberto Bossi, all’epoca carismatico e popolare: “Per noi era un esempio. Quando seppi che nel 1992 divideva casa con altri e dormiva su un divano, rimasi colpito. Era un leader ma viveva come uno di noi”.
Il tono si fa nostalgico quando parla dei primi tempi in Parlamento: “Ci guardavano come marziani. Io ero un ragioniere e mi ritrovai tra senatori che citavano Cicerone. Dopo un discorso in latino, dissi semplicemente: non ho capito nulla. Silenzio assoluto”.


Da ministro a “Tagliarini”: il rapporto con Berlusconi

Il legame con Silvio Berlusconi nacque quasi per caso, come tutto nella sua carriera. “Mia figlia Hripsimé mi avvisò che ero diventato ministro: lo aveva sentito alla tv. Il giorno dopo mi chiamò il Cavaliere: ‘Paglia, lo faresti il ministro?’. E io accettai”.
Il rapporto con Berlusconi fu cordiale ma non privo di tensioni: “Mi chiamava Tagliarini perché cercavo sempre di tagliare le spese. Una volta proposi di calcolare gli aiuti ai pescatori pugliesi in base ai redditi, non alla stazza delle barche. Mi diedero del matto. Ma avevo ragione”.


“Il Cavaliere aveva memoria per i nomi e raccontava barzellette”

Pagliarini conserva un ricordo affettuoso del fondatore di Forza Italia: “Era un uomo fuori dalle categorie. Mi chiamava Mimmo, come gli amici più stretti, e anni dopo, sentendo la mia voce al telefono, mi disse subito: ‘Mimmo, come stai?’”.
Nel racconto dell’ex ministro riaffiora anche il clima surreale del primo governo Berlusconi: “Entrava al Consiglio dei ministri raccontando barzellette, poi parlava dei sondaggi, e appena iniziava la riunione lasciava tutto a Tatarella e Maroni”.


Il giorno del Dalai Lama a Montecitorio

Tra gli episodi più incredibili della sua carriera, Pagliarini ricorda l’incontro con il Dalai Lama: “Lo incontrai per caso davanti alla Camera. Poi Violante mi chiamò nel suo ufficio: il Dalai Lama voleva rivedermi. Mi regalò la Katha, la sciarpa bianca tibetana. Io, emozionato, gli donai il fazzoletto verde della Lega, spiegandogli il suo significato”.


“Ho servito nella Folgore, come Vannacci”

Pagliarini non nasconde un sorriso parlando del generale Roberto Vannacci, oggi tra le nuove figure della Lega: “Vannacci è un mio collega. Lui è generale della Folgore, io ho fatto il servizio militare tra i paracadutisti. Mi piace dirlo, anche se non lo condivido politicamente”.


“L’Italia diventerà una Repubblica federale”

Oggi, lontano dai palazzi del potere, il “vecchio Paglia” continua a battersi per la sua idea originaria: “Entro dieci anni raggiungerò l’obiettivo di una vita: l’Italia sarà una Repubblica federale. Lo scriveranno in Gazzetta Ufficiale il 23 aprile 2035, il giorno del mio compleanno”.
Un sogno che chiude con la stessa ironia e tenacia di sempre, quelle di un uomo che — come ammette lui stesso — “si è trovato in Senato quasi per caso, ma non per sbaglio”.

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La Lega chiede di cancellare l’aumento della cedolare secca sugli affitti brevi

La Lega presenta un emendamento per sopprimere l’aumento della cedolare secca dal 21 al 26% sugli affitti brevi. Copertura prevista: aumento dell’Irap per banche e assicurazioni.

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La Lega punta a sopprimere l’articolo 7 della manovra, quello che prevede l’aumento della cedolare secca sugli affitti brevi dal 21 al 26%. La proposta arriva attraverso un emendamento alla legge di bilancio, presentato con prima firma del capogruppo Massimiliano Romeo.

La proposta di modifica e la copertura economica

Nel testo dell’emendamento, il Carroccio indica una copertura alternativa: aumentare ulteriormente l’Irap per banche e assicurazioni, già ritoccata dalla manovra. L’incremento dell’aliquota, secondo la proposta, passerebbe da 2 a 2,5 punti percentuali.

Il nodo politico

L’intervento apre un fronte dentro la maggioranza sul tema degli affitti brevi, uno dei dossier più sensibili della manovra. La Lega rivendica così una linea netta in difesa dei proprietari e del settore turistico, opponendosi alla stretta fiscale contenuta nel testo del governo.

Prossimi passaggi

La discussione sull’emendamento entrerà nel vivo nei lavori parlamentari sulla legge di bilancio, dove si capirà se la proposta leghista troverà sponda negli alleati o se resterà una battaglia di bandiera.

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Economia

Eurozona, previsioni d’autunno migliori del previsto: Bruxelles vede crescita oltre l’1% nel 2025

La Commissione europea si prepara a rivedere al rialzo le previsioni d’autunno: la crescita dell’eurozona nel 2025 potrebbe tornare sopra l’1%. Restano incognite geopolitiche, da Trump alla guerra in Ucraina.

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Nonostante un contesto geopolitico fragile, l’eurozona potrebbe crescere più del previsto. La Commissione europea presenterà lunedì le nuove previsioni economiche d’autunno, e rispetto a maggio il quadro appare più luminoso.

Le anticipazioni di Bruxelles

Il commissario all’Economia Valdis Dombrovskis ha anticipato il filo conduttore delle nuove stime: nel 2025 l’economia dell’area euro “sta registrando risultati migliori delle aspettative e continua a generare crescita”, pur tra ostacoli significativi.

Dalle stime al ribasso al ritorno dell’ottimismo

A maggio la Commissione aveva rivisto al ribasso le previsioni: +0,9% per l’eurozona nel 2025 e +1,4% nel 2026. A pesare era stata la guerra dei dazi con gli Stati Uniti.
L’accordo raggiunto in luglio in Scozia tra Ursula von der Leyen e Donald Trump su una tariffa standard del 15% ha però riportato stabilità. È possibile — in attesa dell’annuncio ufficiale — che le nuove stime riportino la crescita dell’eurozona oltre l’1%.

Le indicazioni di Bce, Ocse ed Eurostat

A settembre la Bce era già stata più ottimista, assegnando un +1,2% all’eurozona nel 2025. Stesse percentuali indicate dall’Ocse per il prossimo anno.
Eurostat, il 14 novembre, ha certificato un +0,2% nel terzo trimestre 2025 per l’eurozona e +0,3% per l’Ue.

Cosa Bruxelles chiederà agli Stati

La Commissione punterà a esortare i Paesi membri a fare di più:

  • semplificazione burocratica,

  • progressi sull’unione bancaria,

  • accelerazione dell’Unione dei risparmi e degli investimenti.

Il contributo dei privati sarà cruciale, come indicato dal rapporto Draghi sulla competitività, tema centrale nel summit Ue del 12 febbraio convocato da Antonio Costa.

I punti critici: Italia, Germania e variabile Trump

Restano ombre significative: Eurostat segnala crescita zero per Italia e Germania nel terzo trimestre. Berlino fatica ancora a uscire dalla crisi industriale.
Sul fronte esterno pesa il fattore Trump: secondo il negoziatore statunitense Jamieson Greer, le tariffe Ue sull’export americano restano “troppo elevate”. Greer sarà a Bruxelles la prossima settimana per un nuovo round di trattative.

Lunedì il verdetto

Le previsioni d’autunno diranno se l’eurozona potrà davvero riprendere slancio, superando il muro dell’1% e lasciandosi alle spalle un anno di incertezza economica.

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Renzo Arbore e la memoria di una vita: l’infanzia, la musica, gli incontri decisivi. L’intervista al Corriere della Sera

Dall’infanzia a Foggia ai miti americani, dagli esordi Rai all’amicizia con Dalla, fino a Battisti e Melato: il racconto di Renzo Arbore in una lunga intervista al Corriere della Sera.

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«Il mio primo ricordo? Il Duce». Così Renzo Arbore apre il suo racconto nell’intervista al Corriere della Sera, rievocando Riccione negli anni Trenta e un Mussolini rimasto senza costume in mare. Poi la guerra, «l’odore delle micce sulle candele» e la fame combattuta «con pane e zucchero». Nel Palazzo Arbore a Foggia, rifugio durante i bombardamenti, il piccolo Renzo intratteneva gli sfollati cantando La bela Gigogin e le canzoni della balia friulana.

Gli americani e la nascita di un amore

Sfollato a Chieti, Arbore vide sfilare gli ultimi tedeschi e poi arrivare gli americani «con la musica sulle jeep». Tornato a Foggia, di fronte a casa sua c’era un circolo ricreativo USA dove suonavano Benny Goodman e Stan Getz. Da lì, l’imprinting: jazz e canzone napoletana.

L’artista come destino

Da ragazzo studiava i personaggi del corso cittadino: «lo scappato di casa, il mobiliere, la bonona», e soprattutto «l’artista», come Humbert, “l’inventore dell’acqua tiepida”. Da quell’umorismo goliardico nascerà una carriera. Anche ufficiale: «Ho una laurea in goliardia», dice Arbore, consegnata da Umberto Eco.

Ricordi, Napoli e l’incontro con Padre Pio

Figlio di una famiglia monarchica, votò monarchico la prima volta. Conobbe Padre Pio diciottenne: «Facèsse che vòle», gli disse il frate sul suo futuro. Si trasferì poi a Napoli per studiare Giurisprudenza, tra serate allo USO Club e tagli “crew cut” che ispirarono Tu vuo’ fa’ l’americano.

L’arrivo in Rai, Boncompagni e la Roma degli anni d’oro

A Roma, grazie a un consiglio arrivato da Foggia, superò il concorso Rai come maestro programmatore. Al suo fianco Gianni Boncompagni, «maledetto toscano, intelligentissimo», con cui inventò Alto gradimento. È l’epoca delle prime notti romane, dell’incontro con Gabriella Ferri e della scoperta di Lucio Battisti: Arbore fu quello che gli mise la chitarra in mano e lo convinse a cantare Per una lira.

Melato, Dalla e gli amori che segnano

Fra le foto che riempiono la sua casa, spunta il ricordo di Mariangela Melato: «Ci siamo amati tutta la vita». Racconta il primo incontro, la festa da Agostina Belli e Battisti che improvvisa Io vorrei, non vorrei, ma se vuoi. Ancora più indietro, l’infanzia condivisa con Lucio Dalla senza saperlo: «Era il figlio della modista di Bologna che veniva a casa mia».

La tv che cambia tutto

Dopo Per voi giovani arriva la rimozione, poi Alto gradimento. E ancora L’altra domenica, con il debutto di Roberto Benigni («Abbiamo già provato, ora vai in onda»), fino a Quelli della notte, che «esplose in mano»: Bracardi, Frassica, Laurito, Marchini, Luotto, D’Agostino. Una rivoluzione.

Gli incontri incredibili: da Craxi a Adriana Faranda

Arbore ricorda l’ultima notte romana di Bettino Craxi, prima della fuga in Tunisia, e una colazione con «una bella ragazza» che si rivela Adriana Faranda: «Non ti ricordi? Siamo stati a un passo dal chiamare L’Altra domenica».

L’Orchestra Italiana e il rimpianto dei figli

Dopo Indietro tutta!, nasce l’Orchestra Italiana: «1.600 concerti in tutto il mondo». E una confessione: «Mi manca non aver avuto figli. Ma forse, con i grandi amori che ho vissuto, non avrei fatto tutte queste imprese».

Renzo Arbore, nella sua casa romana, è la memoria vivente di un’Italia che non c’è più, e che il Corriere della Sera ha saputo far raccontare dalla sua voce più autentica.

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