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Cronache

Giallo alla Giustiniana: Camilla Sanvoisin trovata morta in casa, fermato il compagno

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Un mistero avvolge la morte di Camilla Sanvoisin, 25 anni, figlia del produttore televisivo ed esperto di comunicazione Axel Egon Sanvoisin. La giovane è stata trovata priva di vita nella casa che condivideva con il fidanzato, Giacomo Celluprica, 35enne appartenente a una nota famiglia di gioiellieri di Vigna Clara.

La chiamata al 118 e il fermo del fidanzato

L’allarme è scattato all’alba di giovedì, intorno alle 5.50 del mattino, quando Giacomo ha chiamato i soccorsi in preda al panico: “Correte, la mia compagna sta molto male, non risponde”. Quando i sanitari del 118 sono arrivati, però, per Camilla non c’era più nulla da fare. Il referto medico ha parlato di arresto cardiaco, ma i dubbi restano tanti.

Interrogato dagli agenti del commissariato Flaminio Nuovo, Celluprica ha ammesso di aver fatto uso di droga la sera precedente insieme alla ragazza, prima di addormentarsi. “Quando mi sono svegliato, non reagiva più”, ha raccontato.

Nel corso della perquisizione nell’abitazione di via Anna Foà, situata nella zona dei Casali del Pino, gli investigatori hanno rinvenuto metadone in quantità superiori a quelle prescritte dal servizio per le dipendenze. Per questo motivo, il 35enne è stato arrestato con l’accusa di detenzione di stupefacenti ai fini di spaccio, un fermo che è stato convalidato dal gip.

Indagini in corso: overdose o sostanza tagliata male?

Sul corpo di Camilla non sono stati trovati segni di violenza, ma le autorità non escludono che la giovane possa aver assunto una sostanza stupefacente tagliata male, che potrebbe averle causato un’overdose fatale. Se questa ipotesi fosse confermata, la posizione di Celluprica potrebbe aggravarsi: la polizia sta indagando anche per morte come conseguenza di altro reato.

Sarà però l’autopsia a stabilire con certezza le cause del decesso e a chiarire se la morte della ragazza sia collegata all’assunzione di droghe.

Una vita tra Roma e la campagna

Camilla e Giacomo convivevano da almeno un anno in una casa immersa nel verde, in una zona al confine con una proprietà della famiglia Fendi. Secondo alcuni conoscenti, i due avevano un rapporto con alti e bassi, ma nulla che facesse presagire una tragedia del genere.

Nel comprensorio in cui vivevano, tuttavia, avevano attirato più di una volta l’attenzione. “Una volta sono venuti i carabinieri a cercare piante di marijuana”, raccontano alcuni vicini.

Un’altra vicina ha riferito un dettaglio inquietante: “Mi aveva detto di aspettare un bambino”, aggiungendo un ulteriore elemento di mistero sulla sua tragica fine.

Camilla aveva studiato presso il BigRock Institute of Magic Technologies, un campus hi-tech, ed era cresciuta tra il centro di Roma e la periferia. Prima di trasferirsi alla Giustiniana, aveva vissuto in un appartamento vicino al Pantheone aveva frequentato il liceo linguistico in Piazza di Spagna. Solo pochi giorni prima della sua morte, si era ritrovata con le amiche del liceo per ricordare una compagna recentemente scomparsa.

“Sembrava la Camilla di sempre”, dicono oggi le amiche, incredule di fronte a una fine così improvvisa e misteriosa.

Un caso che ricorda la tragedia di Maddalena Urbani

La morte di Camilla Sanvoisin riporta alla mente quella di Maddalena Urbani, figlia del medico che scoprì la SARS, morta a 21 anni in un appartamento di via Cassia per un mix letale di droghe.

Due storie diverse, ma accomunate da un destino tragico: giovani donne strappate alla vita troppo presto, in contesti che sollevano interrogativi inquietanti su abitudini pericolose e sulle conseguenze delle dipendenze.

Le indagini proseguono: la procura di Roma attende i risultati dell’autopsia per chiarire come e perché sia morta Camilla. Intanto, la famiglia piange la sua scomparsa, mentre la madre, Eva, ha chiesto via social un pensiero per la figlia.

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Morto 64enne aggredito da cinghiale in Calabria

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Un uomo di 64 anni, Franco Iacovo, è morto nell’ospedale di Cetraro dopo essere stato aggredito da un cinghiale nella tarda serata di ieri nei pressi della sua abitazione, in una zona rurale dello stesso centro dell’alto Tirreno cosentino. Iacovo, secondo quanto é emerso dai primi accertamenti, sarebbe deceduto per le conseguenze di un malore che lo ha colpito nel momento dell’aggressione da parte dell’animale. Le modalità di quanto è accaduto sono adesso al vaglio dei carabinieri della Compagnia di Paola, che hanno avviato un’indagine.

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Bradisismo e terremoti nei Campi Flegrei: paura e disinformazione, il pericolo della narrazione del terrore

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Il bradisismo e le scosse di terremoto che da mesi scuotono l’area dei Campi Flegrei, il Vomero, Posillipo e gran parte della provincia di Napoli, stanno creando un clima di angoscia e insicurezza tra i cittadini. Le crepe nelle case, la puzza di zolfo che risale dalle viscere della terra e che si avverte nelle abitazioni al mattino, il timore di un disastro imminente sono ormai parte della quotidianità di centinaia di migliaia di persone. Il fenomeno, antico quanto la terra su cui poggia Napoli, sta assumendo una rilevanza sempre più critica per l’impatto sulla vita di chi abita in queste zone.

Di fronte a questa situazione, è necessario un approccio rigoroso e scientifico. Parliamo di terremoti, rischio crolli, pericolo per la vita delle persone. Non è accettabile che il dibattito pubblico venga inquinato da allarmismi infondati, disinformazione e dichiarazioni prive di fondamento scientifico. Le istituzioni, la comunità scientifica e il mondo del giornalismo devono adottare un linguaggio chiaro, serio e basato su dati verificabili, affinché la popolazione sia informata con precisione e consapevolezza.

L’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) monitora costantemente il fenomeno del bradisismo e le sue evoluzioni. È essenziale che gli scienziati siano il riferimento principale per comprendere la portata del rischio e le eventuali misure di sicurezza da adottare. Qualunque comunicazione sul tema deve essere fondata su analisi scientifiche, evitando speculazioni e sensazionalismi che alimentano il panico tra i cittadini.

Le istituzioni devono inoltre fornire piani chiari di prevenzione, aggiornando la popolazione su procedure di emergenza, su eventuali evacuazioni e su misure di sicurezza strutturale degli edifici. Una corretta informazione può fare la differenza tra un’emergenza gestita con razionalità e un disastro amplificato dal caos e dalla disorganizzazione.

Uno dei problemi più gravi legati a questo fenomeno è la diffusione di notizie false e allarmistiche sul web. Tra social network, gruppi WhatsApp e siti di dubbia affidabilità, circolano quotidianamente teorie prive di fondamento su eruzioni imminenti, devastanti terremoti e scenari apocalittici. Questo tipo di narrazione sta generando un’ondata di terrore ingiustificata che, paradossalmente, potrebbe essere più dannosa delle stesse scosse.

Esiste in Italia il reato di procurato allarme, un dispositivo legale che dovrebbe essere applicato con rigore per contrastare chiunque diffonda consapevolmente notizie false creando panico tra la popolazione. La magistratura e gli organi competenti dovrebbero vigilare affinché chiunque diffonda disinformazione in materia di terremoti e bradisismo sia perseguito.

Il giornalismo ha una responsabilità cruciale in questo contesto. La narrazione dei fatti deve essere improntata alla verità, alla pertinenza e alla continenza, evitando titoli allarmistici e contenuti sensazionalistici. Le testate giornalistiche devono dare spazio agli esperti, spiegare i fenomeni naturali con competenza e chiarezza, evitando di cavalcare la paura per attirare click e audience.

Il bradisismo è un fenomeno naturale, complesso e ciclico. Va affrontato con razionalità, senza ignorare i rischi ma neanche amplificandoli inutilmente. La convivenza con questo fenomeno passa attraverso una corretta informazione, un serio monitoraggio scientifico e piani di prevenzione adeguati.

Terrorizzare la popolazione non è la soluzione. Informare in modo corretto, invece, lo è.

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Napoli, esplosione di violenza giovanile: rissa al Vomero e agguato a Poggioreale

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Il fenomeno della violenza giovanile torna a sconvolgere Napoli, riaffiorando con la sua forza incontrollabile e rendendo ancora più drammatico un fine settimana già segnato dall’omicidio di Emanuele Durante nella zona del Museo. Piazza Vanvitelli, cuore del Vomero e centro nevralgico della movida napoletana, è stata teatro di una maxi-rissa tra bande di ragazzi, sfociata in un’esplosione di violenza con caschi e coltelli.

RISSA AL VOMERO: CASCHI E COLTELLI TRA I RAGAZZI

Basta poco per accendere la miccia della follia. Due comitive che si incrociano, una parola di troppo, uno sguardo interpretato male, una ragazza contesa: sono sempre gli stessi gli elementi scatenanti di questi episodi.

Secondo la testimonianza di Nelide Milano, Ilaria Puglia e Barbara Tafuri della “Rete per la Sicurezza Minori e Adolescenti”, la rissa sarebbe scoppiata poco dopo la mezzanotte. “Sabato sera a Piazza Vanvitelli si è verificata una violenta rissa fra ragazzi a colpi di caschi e coltelli”, raccontano le referenti dell’associazione, che da tempo monitora questi episodi in tutta Italia.

La scena è avvenuta nell’isola pedonale, affollata da centinaia di giovani. Solo una pattuglia delle forze dell’ordine era presente, decisamente insufficiente per gestire la situazione.

“Abbiamo registrato un omicidio di un ventenne e una maxi-rissa a distanza di poche ore. Eppure, dopo le riunioni in Prefettura e le promesse di maggiori controlli, pare che l’attenzione sull’emergenza violenza minorile sia nuovamente calata”, denunciano le attiviste.

A terra restano due giovani feriti: un 19enne colpito da una coltellata alla gamba e un altro con un sospetto trauma cranico, provocato da un casco da motociclista. Entrambi sono stati ricoverati al Cardarelli, ma non sono in pericolo di vita.

La polizia ha acquisito le immagini delle telecamere di videosorveglianza e sta cercando di identificare i responsabili.

LE DENUNCE: “SERVONO PIÙ CONTROLLI NEL WEEKEND”

Rino Nasti, consigliere della Municipalità Vomero-Arenella, ha sottolineato ancora una volta la necessità di maggiori controlli nelle aree della movida.

“Serve un presidio fisso delle forze dell’ordine in Piazza Vanvitelli nei weekend. Dopo mezzanotte, la calca di giovanissimi è impressionante e il rischio di episodi violenti aumenta”, ha dichiarato Nasti.

Attualmente, i turni della Polizia Locale terminano a mezzanotte, lasciando un vuoto di sicurezza proprio nelle ore più critiche.

AGGUATO A POGGIOREALE: 17ENNE FERITO A COLPI DI PISTOLA

Ma la notte di violenza non si è fermata al Vomero. A Poggioreale si è consumato un tentato omicidio ai danni di un 17enne, ferito da un colpo di pistola alla gamba mentre si trovava in scooter con un coetaneo.

Secondo le indagini, il responsabile sarebbe un altro 17enne di Casoria, fermato dai carabinieri del Nucleo Operativo di Poggioreale.

L’episodio si è verificato mercoledì scorso, quando il ragazzo è stato affiancato da un SUV nero nei pressi del carcere di Poggioreale. Alla guida, un giovane che ha puntato la pistola e sparato un colpo, colpendolo alla gamba destra prima di fuggire.

Le telecamere di sorveglianza hanno permesso di identificare il veicolo, scoprendo che era stato noleggiato in leasing. Le indagini hanno quindi portato a Casoria, dove il giovane responsabile, figlio del titolare del contratto di noleggio, si è presentato spontaneamente al commissariato di Scampia, assumendosi la responsabilità del gesto.

L’indagine ha rivelato che il motivo dell’agguato sarebbe uno screzio tra il giovane e le vittime avvenuto poco prima della sparatoria.

NON UN EPISODIO DI CAMORRA, MA UN’ESCALATION DI VIOLENZA GIOVANILE

Nonostante i legami familiari con clan camorristici, l’aggressione non avrebbe connotazioni criminali. La vittima sarebbe riconducibile al clan Mazzarella, mentre l’aggressore sarebbe figlio di un presunto affiliato all’Alleanza di Secondigliano. Tuttavia, secondo gli inquirenti, il movente sarebbe puramente personale.

CONCLUSIONI: LA CITTÀ CHIEDE MAGGIORE SICUREZZA

Questi episodi dimostrano come la violenza giovanile stia diventando sempre più pericolosa e incontrollabile. La movida si trasforma in un campo di battaglia, mentre le strade di Napoli continuano a essere teatro di regolamenti di conti tra ragazzi armati.

La richiesta dei cittadini e delle associazioni è chiara: serve un maggiore impegno da parte delle istituzioni per garantire la sicurezza, con presidi fissi delle forze dell’ordine e una strategia efficace per arginare questa spirale di violenza

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