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Cronache

Garlasco, le contraddizioni nel racconto di Sempio: il nodo delle celle telefoniche e degli scontrini

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Nuove ombre sul caso di Andrea Sempio, il giovane che nel 2017 era stato iscritto nel registro degli indagati per l’omicidio di Chiara Poggi, prima che il procedimento nei suoi confronti venisse archiviato. Al centro dell’attenzione ci sono alcune anomalie nel suo alibi, con discrepanze tra le dichiarazioni fornite agli inquirenti, i dati delle celle telefoniche e lo scontrino del parcheggio che lo posizionerebbe fuori da Garlasco la mattina del delitto.

IL RACCONTO DI SEMPIO: L’ALIBI E LO SCONTRINO DEL PARCHEGGIO

Secondo quanto dichiarato da Sempio, la mattina del 13 agosto 2007 si trovava a Vigevano, dove era andato in libreria. Il suo alibi si basa su uno scontrino del parcheggio, emesso alle 10.18 in piazza Sant’Ambrogio, con validità di un’ora. Questo biglietto sarebbe stato ritrovato una settimana dopo dal padre, conservato per un anno dalla madre e poi consegnato ai carabinieri nel corso del secondo interrogatorio, nell’ottobre del 2008.

Nel 2017, quando le indagini vengono riaperte, Sempio viene nuovamente interrogato come indagato. Ribadisce la sua versione, confermando di essere stato a Vigevano per acquistare libri. Tuttavia, proprio in quell’occasione emerge una prima discrepanza: in una conversazione intercettata con il padre, il giovane ammette di aver detto agli inquirenti di essere andato a Vigevano per comprare il cellulare, e non libri, come aveva sempre dichiarato.

LE CELLE TELEFONICHE: IL DUBBIO SULLA POSIZIONE DI SEMPIO

Se da un lato lo scontrino potrebbe confermare la sua presenza a Vigevano, dall’altro ci sono le registrazioni delle celle telefoniche che pongono seri interrogativi. Tra le 9.58 e le 12.18, infatti, il telefono di Sempio aggancia sempre la cella di via Santa Lucia a Garlasco, con sette contatti registrati tra chiamate e sms. Nessuna delle celle di Vigevano risulta attivata.

Secondo Vodafone, in teoria è possibile che un cellulare si colleghi a una cella diversa rispetto alla sua posizione reale, ma senza l’analisi dei tracciati completi non è possibile avere una risposta definitiva. Questo elemento rimane uno dei punti più controversi della vicenda.

LE INTERCETTAZIONI E LE INCONGRUENZE NELLE DICHIARAZIONI

Un altro elemento di dubbio riguarda il momento in cui lo scontrino del parcheggio è stato ritrovato. Secondo il racconto fornito dalla madre e dal padre di Sempio, il tagliandino fu scoperto pochi giorni dopo l’omicidio, ma in un’intercettazione del 2017, lo stesso Sempio afferma che fu trovato dopo che lui era stato già sentito dagli inquirenti.
Quando si accorge di questa discrepanza, ne discute con il padre:

  • Sempio: “Ne abbiamo cannata una, che io ho detto che lo scontrino era stato ritrovato dopo che ero stato sentito, tu hai detto che l’abbiamo ritrovato prima”.
  • Padre: “A me sembra la prima però non cambia niente, son passati dieci anni”.

LA CONCLUSIONE DELL’INDAGINE: L’ARCHIVIAZIONE

Nel marzo 2017, dopo l’analisi degli elementi raccolti, il GIP dispone l’archiviazione della posizione di Sempio, ritenendo che il giovane abbia effettivamente lasciato Garlasco alle 9.58 e sia arrivato a Vigevano in circa 15 minuti, senza però effettuare chiamate o inviare messaggi in quel periodo. Secondo questa ricostruzione, dopo aver visitato la libreria, sarebbe tornato a casa e alle 11.10 avrebbe ricevuto una chiamata a Garlasco, compatibile con il tempo necessario per il viaggio di ritorno.

Tuttavia, il nodo delle celle telefoniche continua a suscitare interrogativi: perché il telefono non si è mai agganciato a una cella di Vigevano? E perché Sempio ha dato versioni contrastanti sul motivo della sua presenza in città? Domande che, per ora, rimangono senza risposta.

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Sentenze oscurate, il Tar boccia il Ministero della Giustizia: anonimizzazione totale illegittima

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Un archivio pubblico delle sentenze civili, creato con milioni di euro e accessibile con Spid o Cie, ma del tutto inutile perché privo di nomi, date e riferimenti. Così il Ministero della Giustizia ha tentato di raggiungere uno degli obiettivi del Pnrr, ma ha finito per contraddirlo. E ora il Tar del Lazio annulla il decreto ministeriale che imponeva l’anonimizzazione generalizzata.

L’iniziativa del Ministero, lanciata a dicembre 2023, intendeva facilitare la diffusione dei precedenti giurisprudenziali per ridurre il contenzioso. Ma la decisione di oscurare ogni dato identificativo – inclusi i nomi di persone, società e le date – ha neutralizzato lo scopo stesso della banca dati. Un’anomalia, resa ancora più evidente dal fatto che ai magistrati è consentita la consultazione in chiaro, così come accade per le banche dati della Cassazione e della giustizia amministrativa.

A opporsi sono stati due avvocati, Flavio Mondini e Matteo Rescigno, con il supporto di docenti universitari e dell’Ordine degli Avvocati di Milano, assistiti dal legale Alessandro dal Molin, che hanno presentato ricorso al Tar del Lazio.

La sentenza: «Una scelta irragionevole e sproporzionata»

I giudici amministrativi non hanno avuto dubbi: «Non è ragionevole, proporzionata o necessaria» l’anonimizzazione totale. Tale scelta, si legge nella decisione, «rende sostanzialmente impossibile comprendere l’esatta portata delle sentenze», svuotando così di senso lo strumento.

Il bilanciamento tra privacy e trasparenza è già regolato dal decreto legislativo 196 del 2003, che vieta la diffusione dei dati dei minorenni e prevede l’oscuramento solo in casi specifici, come la tutela della dignità nei procedimenti delicati o su richiesta dell’interessato. E tale valutazione spetta ai giudici, non all’amministrazione.

Il Tar ha quindi stabilito che il Ministero non può «sostituirsi all’autorità giudiziaria nella valutazione circa la necessità di anonimizzazione», evidenziando come l’oscuramento generalizzato interferisca anche con decisioni riservate ai magistrati.

L’accordo con gli editori: una disparità intollerabile

A rendere ancora più controversa la condotta del Ministero, la concessione dell’accesso illimitato e non anonimizzato a un gruppo selezionato di editori privati. Grazie a un accordo siglato con l’Associazione Italiana Editori, alcune case editrici hanno potuto estrarre e pubblicare integralmente le sentenze, in totale controtendenza con il principio invocato per l’anonimizzazione generalizzata.

Una contraddizione macroscopica che ha pesato nella decisione dei giudici amministrativi, i quali hanno visto in questa scelta una disparità ingiustificata tra soggetti privati e la collettività.

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Due proiettili in due giorni: clima di tensione a Bacoli, intimidazioni contro la Polizia Municipale

Missive anonime indirizzate a un agente e al comandante Marialba Leone. Il sindaco Della Ragione: «Fatto gravissimo».

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Un doppio inquietante episodio scuote la quiete apparente di Bacoli. Due proiettili, inviati a distanza di ventiquattro ore, sono stati recapitati alla sede del comando della Polizia Municipale, in quella che appare come una chiara intimidazione a chi indossa la divisa.

Il primo proiettile è arrivato giovedì mattina in una busta gialla anonima, tramite posta ordinaria. Il destinatario: un agente originario di Giugliano, in servizio da circa due anni presso il comando municipale. Nessuna scritta, nessun messaggio: solo il proiettile a parlare.

Il secondo invio, con modalità simili, è giunto ieri e questa volta indirizzato direttamente al comandante Marialba Leone.

Una vicenda che ha generato preoccupazione e sconcerto, tanto da spingere il sindaco di Bacoli, Josi Della Ragione, a un commento netto:
«Un fatto gravissimo», ha dichiarato, lasciando intendere che il clima di intimidazione non sarà tollerato.

Le indagini sono affidate alle forze dell’ordine, che stanno cercando di risalire alla matrice dei due episodi. Al momento non si esclude alcuna pista: dai contrasti per questioni di ordine pubblico fino a eventuali ripercussioni legate a controlli effettuati dagli agenti sul territorio.

La città attende risposte, mentre cresce il timore per un’escalation di episodi minacciosi.

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Tragedia in via Don Bosco: investito e ucciso un funzionario della Città Metropolitana di Napoli

Stefano Giannino travolto da un taxi mentre attraversava sulle strisce. È l’ottavo morto sulle strade di Napoli dall’inizio dell’anno.

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Un’altra vita spezzata sull’asfalto. Stefano Giannino, 61 anni, stimato funzionario della Città Metropolitana di Napoli, è morto dopo essere stato travolto da un taxi ieri mattina in via Don Giovanni Bosco, mentre attraversava sulle strisce pedonali. L’uomo, tecnico geologo, era diretto come ogni giorno negli uffici dove lavorava da oltre trent’anni.

Trasportato in condizioni disperate al pronto soccorso del CTO, è deceduto poco dopo l’arrivo. Si tratta del quarto pedone ucciso a Napoli dall’inizio del 2024, e dell’ottava vittima della strada se si considerano anche motociclisti e ciclisti.

L’incidente e la dinamica

L’impatto è avvenuto alle 7:25. Giannino era appena sceso dall’autobus e aveva iniziato ad attraversare la strada sulle strisce pedonali, superando la parte posteriore del mezzo ancora fermo. A colpirlo un taxi guidato da un 48enne napoletano, che procedeva da Piazza Carlo III verso Largo Santa Maria del Pianto.

Secondo i rilievi della sezione Infortunistica della Polizia Municipale, coordinata da Vincenzo Cirillo, il taxi viaggiava a una velocità superiore ai 30 km/h, limite previsto in quell’area. L’impatto è stato violento: Giannino ha colpito il parabrezza ed è stato sbalzato a diversi metri di distanza, cadendo sull’asfalto privo di sensi. L’autista, che era senza passeggeri, si è fermato immediatamente per prestare soccorso.

Il ricordo e il cordoglio

Stefano Giannino lascia una moglie e un figlio di 23 anni. I familiari lo descrivono come un uomo serio, prudente, appassionato del suo lavoro e della sua terra, con un amore profondo per il Cilento, dove possedeva una casa di campagna. Era un funzionario esperto nella programmazione di lavori stradali e strutturali in tutta l’area metropolitana.

A ricordarlo anche il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, che ha espresso il dolore dell’amministrazione:
«Con profondo dolore apprendo della tragica scomparsa del nostro stimato funzionario, dottor Stefano Giannino. A nome dell’intera Città Metropolitana di Napoli, esprimo le più sentite condoglianze alla famiglia e ai colleghi».

Le indagini e la rabbia delle associazioni

L’autista del taxi è stato sottoposto agli esami tossicologici, la patente ritirata e il mezzo posto sotto sequestro. Saranno fondamentali per le indagini anche le immagini della videosorveglianza e la dash cam installata a bordo del taxi. La salma è stata trasferita all’Istituto di Medicina Legale del Policlinico per l’autopsia.

Nel frattempo, l’ennesimo incidente ha riacceso le proteste delle associazioni che lottano contro la violenza stradale. Da Napoli Città 30 arriva una denuncia forte:
«Le risorse economiche in campo sono imbarazzanti rispetto all’emergenza, e le soluzioni infrastrutturali adottate sono inconsistenti». Promesse nuove mobilitazioni per chiedere interventi urgenti e concreti.

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