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Franco Balmamion, l’ultimo piemontese a vincere il Giro: «Mai vinta una tappa, ma ho avuto una bella vita»

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È l’unico ciclista nella storia del Giro d’Italia ad averlo vinto due volte di fila senza conquistare neanche una tappa. A 85 anni, Franco Balmamion, ultimo piemontese a trionfare nella Corsa Rosa, conserva una memoria prodigiosa e uno stile sobrio e razionale che ha contraddistinto tutta la sua carriera. In una lunga intervista rilasciata al Corriere della Sera, l’ex campione ha raccontato la sua infanzia difficile, i primi lavori da operaio e l’ingresso nel ciclismo grazie allo zio Ettore, corridore negli anni ’30.

«Mio padre morì sotto le bombe, mia madre non voleva che corressi»

Nato nel 1939, Balmamion ricorda con nitidezza il primo dramma della sua vita: la morte del padre sotto un bombardamento a Torino nel 1943. Cresciuto con la madre e la nonna, ha iniziato presto a lavorare come operaio metalmeccanico e idraulico, prima di passare, a 21 anni, professionista con la Bianchi.
«A 17 anni mia madre mi distrusse il tesserino da corridore. Temeva di perdermi come aveva perso mio padre», ha raccontato.

Una carriera fatta di costanza, silenzio e scelte lucide

Franco Balmamion non era uno showman, e lo rivendica con orgoglio. Nei dieci Giri d’Italia a cui ha partecipato, appariva silenzioso e sorridente anche nel celebre “Processo alla Tappa” condotto da Sergio Zavoli:
«Non mi interessava la polemica. Volevo solo riposarmi», ha detto, descrivendo l’ambiente come un teatro dove ognuno recitava un ruolo. Taccone, Gimondi, Adorni erano i personaggi. Lui preferiva restare se stesso.

I trionfi al Giro e la delusione del Ventoux

Vincitore nel 1962 e nel 1963, Balmamion spiega come il secondo successo fu il più difficile: «Ero marcato a vista, l’effetto sorpresa non funzionava più». Pur non avendo mai vinto una tappa, salì anche sul podio del Giro del 1967 (secondo dietro Gimondi) e del Tour de France (terzo). Tra i ricordi più drammatici, il giorno della morte di Tom Simpson sul Mont Ventoux, nel 1967:
«Era un ragazzo buono, simpaticissimo. Quella fu la giornata più brutta della mia carriera».

Tra Anquetil e Merckx, il cuore resta con Bartali

Se Merckx lo impressionava per la forza, non lo amava: «Era disumano, si nutriva del sangue degli avversari». Al contrario, ammirava Jacques Anquetil, per stile ed eleganza. E da ragazzo tifava Bartali, su invito della parrocchia e dell’Azione Cattolica, che vedevano in Coppi una figura “sconveniente” per via della Dama Bianca.

Un uomo sobrio anche nella vita fuori dalle corse

Tifoso del Toro, per istinto e per la tragedia di Superga, Balmamion ha scelto dopo la carriera una vita semplice, girando per il Piemonte a distribuire jukebox, flipper e biliardini:
«Li affittavo, li riparavo, li rifornivo di 45 giri. Ho avuto una bella vita, sa?», ha concluso sorridendo.

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Relazione sessuale con detenuto, 9 anni a direttrice carcere

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E’ stata condannata a ben 9 anni di reclusione effettiva in carcere l’ex dirigente penitenziaria britannica Kerri Pegg, 42 anni, travolta da uno scandalo che ha fatto scalpore sui media del Regno, suscitando attenzioni a tratti morbose, sulla base dell’accusa d’aver intrattenuto una relazione sessuale dietro le sbarre con un detenuto.

Pegg, considerata fino al momento dell’arresto una sorta di astro nascente tra le funzionarie donne dell’amministrazione carceraria d’oltre Manica, è stata riconosciuta colpevole dinanzi alla Preston Crown Court di abuso di potere per aver allacciato uno stretto legame sentimentale e fisico durato anni con Anthony Saunderson: trafficante di droga, e figura di spicco della criminalità locale a Liverpool, recluso nella prigione di Kirkham, nel Lancashire (nord dell’Inghilterra), di cui lei era divenuta direttrice scalando i gradini della carriera a tempo di record.

Un comportamento che il giudice Graham Knowles ha stigmatizzato duramente nel motivare la severità e il peso della sentenza, definendolo “sconcertante e senza scrupoli”. “Lei sapeva come si sarebbe dovuto agire – ha affermato rivolgendosi all’imputata, presente in aula a occhi bassi -, era stata addestrata e aveva a disposizione il sostegno necessario. I limiti erano chiari ed espliciti, ma lei ha scelto consapevolmente di violarli”.

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Il prefetto Michele di Bari smentisce ipotesi di candidatura in Campania: notizia falsa

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Smentire una notizia può equivalere a rilanciarla. Lo dimostra quanto accaduto con il prefetto di Napoli, Michele di Bari, che ha deciso di intervenire pubblicamente per negare un’indiscrezione circolata online: il suo nome sarebbe stato incluso in una rosa di possibili candidati alla presidenza della Regione Campania per conto del centrodestra. Una notizia che lo stesso prefetto ha definito «totalmente destituita di fondamento».

Le parole nette del Prefetto

«Ritengo doveroso, per spirito di verità, comunicare che la notizia è totalmente destituita di fondamento – ha affermato Di Bari –. Né lo scrivente ha mai parlato di questa vicenda, né pertanto poteva esserci alcuna disponibilità». Con queste parole, il prefetto ha voluto chiudere ogni spiraglio interpretativo sulla questione.

L’impegno a Napoli e la distanza dalla politica

Michele di Bari ha poi ribadito il proprio attaccamento al ruolo istituzionale e alla città in cui opera: «Sono impegnato in un lavoro straordinario in una Città straordinaria che desidero concludere senza alcuna interferenza politica». Un chiaro messaggio per confermare la volontà di tenersi fuori da qualunque ipotesi di candidatura.

Possibili conseguenze legali

La dichiarazione si conclude con un passaggio che lascia intravedere sviluppi giuridici: «Ovviamente, saranno valutati anche gli eventuali profili legali della vicenda». Parole che sembrano annunciare verifiche sul fronte della diffusione della notizia ritenuta non veritiera.

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Errani e Paolini volano in finale: doppio sogno azzurro agli Internazionali d’Italia

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Ancora loro, ancora in finale. Sara Errani e Jasmine Paolini firmano una prestazione di altissimo livello e si guadagnano l’accesso all’atto conclusivo del doppio femminile agli Internazionali BNL d’Italia 2024, bissando il traguardo raggiunto lo scorso anno. In semifinale, le campionesse in carica hanno superato con il punteggio di 6-4 6-4 la coppia russa composta da Mirra Andreeva e Diana Shnaider, in una rivincita della finale olimpica di Parigi 2024.

Prestazione solida e tatticamente perfetta

Un’ora e 22 minuti di partita ben gestita, con 18 vincenti a testa per entrambe le coppie ma un dato decisivo: 34 errori gratuiti per le russe, contro 25 delle azzurre. Una differenza che ha fatto pendere l’ago della bilancia verso l’Italia.

«C’è davvero tanta gioia e soddisfazione», ha detto a caldo Sara Errani.
«È stata una partita tosta ma siamo state tutte e due molto solide, direi tatticamente perfette».

Paolini fa doppietta: finale anche in singolare

Jasmine Paolini scrive un’altra pagina di storia azzurra: è la prima italiana dopo 11 anni a raggiungere entrambe le finali a Roma. L’ultima? Proprio Sara Errani nel 2014.

«È sempre difficile giocare contro di loro perché sono due ottime singolariste», ha spiegato Jas.
«Sto vivendo una settimana incredibile, e ringrazio Sara che mi supporta in questo doppio sforzo».

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