Collegati con noi

In Evidenza

Francesca Albanese, la “relatrice speciale” che recita da protagonista: tra talk, kefiah e autocelebrazioni

Francesca Albanese, relatrice speciale Onu per la Palestina, continua a dividere l’opinione pubblica: tra comizi, polemiche e performance da palcoscenico, si comporta ormai come una star della causa.

Pubblicato

del

È difficile dire chi sia davvero Francesca Albanese. Giurista, relatrice speciale dell’Onu per i territori palestinesi, attivista per vocazione e personaggio mediatico per talento naturale. Da qualche mese è ovunque: dalle università occupate ai teatri cittadini, dalle dirette Instagram con la Flotilla alle comparsate nei talk show. Sempre con la kefiah al collo e lo sguardo di chi pare appena scesa da un palco, più protagonista che osservatrice.

Seducente nei toni, calibrata nei gesti, l’Albanese è ormai una figura a metà tra l’intellettuale impegnata e la primadonna da salotto radical chic: eloquio affilato, occhiali modaioli, una compostezza scenica da attrice navigata. E un talento raro per la polemica: riesce a infiammare la platea anche quando spiega che “Hamas non sono necessariamente dei tagliagole” o che la senatrice Liliana Segre — sopravvissuta ad Auschwitz — “non è abbastanza lucida” per parlare di genocidio.

La teologa della verità assoluta

C’è un tratto inconfondibile nel suo modo di stare in scena: non sbaglia mai — almeno secondo se stessa. Ogni parola è detta come se fosse un dogma. Ogni smorfia, studiata. Se qualcuno la contesta, lei sbuffa, alza il sopracciglio, arriccia il naso: l’aria di una maestrina infastidita che si chiede come mai il mondo non sia ancora all’altezza delle sue lezioni.

Da giurista a star del movimento pro-Palestina

Nata ad Ariano Irpino, 48 anni, laureata a Pisa, con esperienze accademiche tra Londra e Washington, vive in Tunisia con marito e figli. Ma la geografia non basta più a contenerla: oggi Francesca Albanese è ovunque e in diretta permanente. Ovunque arriva, la accolgono cori, pugni chiusi, bandiere palestinesi e una folla pronta ad applaudirla come una “Madonna laica della causa pro-Pal”.

E come ogni star che si rispetti, colleziona premi e cittadinanze onorarie: Bari, Napoli, Bologna, perfino standing ovation in chiesa a Modena. A Reggio Emilia, quando il sindaco osa parlare di “fine del genocidio e liberazione degli ostaggi”, lei lo corregge in diretta: «Il sindaco ha detto una cosa non vera. La pace non ha bisogno di condizioni». E poi, col sorriso di chi impartisce una punizione, aggiunge: «Mi deve promettere che questa cosa non la dice più».

Tra applausi, scivoloni e strategie

Il suo modo di stare al mondo è una performance continua, sospesa tra idealismo e narcisismo. Si alza e se ne va in diretta TV, come accaduto a In Onda, quando qualcuno cita la Segre. Poi, in un’intervista, rincara la dose con toni sarcastici e graffianti, confermando che la sua missione non è solo politica, ma anche personale: essere sempre al centro della scena.

E mentre nel Pd si moltiplicano gli imbarazzi e i sospiri, a sinistra qualcuno sogna già la “lista Albanese” accanto a Ilaria Salis e Mimmo Lucano.
Chissà, forse il prossimo passo sarà una tournée: “Francesca Albanese, la pace spiegata da me”. Biglietti a ruba.

Del resto, in tempi di confusione globale, c’è sempre spazio per chi sa recitare la certezza con voce ferma e lucida autostima.

Advertisement

Economia

Euro digitale vs stablecoin Usa: la sfida tra Bce, Apple e Big Tech per il futuro dei pagamenti

L’Europa accelera sull’euro digitale mentre gli Usa puntano sulle stablecoin: la sfida tra Bce, Big Tech e amministrazione Trump ridisegna il futuro dei pagamenti digitali.

Pubblicato

del

L’amministrazione Trump ha concentrato la sua strategia sulle stablecoin ancorate al dollaro, con il timore europeo che Amazon, Facebook o altre piattaforme Usa possano diventare la porta d’ingresso per una diffusione massiccia degli asset crypto in Europa.
Secondo una fonte finanziaria, il negoziato transatlantico appare fragile: «è come costruire una casa sulle sabbie mobili», viene spiegato, viste le posizioni volubili della controparte americana.

La risposta europea: l’euro digitale entro il 2029

La Bce corre contro il tempo per lanciare entro il 2029 l’euro digitale, uno strumento pensato per:

  • mantenere una moneta pubblica contro l’offensiva delle stablecoin;

  • ridurre la dipendenza dalle carte di credito statunitensi;

  • frenare l’espansione di PayPal, Apple Pay e Big Tech nei pagamenti europei.

L’euro digitale avrà due modalità d’uso:

  1. App su smartphone

  2. Card fisica, simile a una carta di credito

Sarà denaro vero, un “contante dematerializzato” con due tasche: una online e una offline, la seconda costruita su token conservati fisicamente nel telefono, trasferibili avvicinando due dispositivi e garantendo anonimato totale.

Apple nel mirino: la battaglia sull’antenna NFC

Per i pagamenti offline la Bce punta tutto sull’antenna NFC del telefono, ma su iPhone l’accesso al secure element è sempre stato chiuso.
La bozza legislativa europea prevede che tutti i produttori, quindi anche Apple, debbano aprire l’hardware necessario all’euro digitale.

Il Digital Markets Act ha definito Apple un gatekeeper, permettendo alla Commissione europea di imporre l’apertura dell’NFC. In caso contrario, Cupertino rischierebbe persino l’accesso al mercato europeo, che vale il 35% della sua presenza globale.

Le tensioni strategiche

La partita è delicata su entrambi i fronti:

  • Per gli Usa, le stablecoin sono un vettore geopolitico del dollaro.

  • Per l’Europa, l’euro digitale è un argine alla penetrazione americana nei pagamenti.

  • Per Apple, aprire l’ecosistema significa cedere un vantaggio competitivo, ma l’App Store potrebbe guadagnare dai servizi collegati all’euro digitale.

Il confronto si annuncia lungo e complesso, con la Bce determinata a non farsi superare dai colossi tech e dalle mosse di Washington.

Continua a leggere

In Evidenza

La Lega chiede di cancellare l’aumento della cedolare secca sugli affitti brevi

La Lega presenta un emendamento per sopprimere l’aumento della cedolare secca dal 21 al 26% sugli affitti brevi. Copertura prevista: aumento dell’Irap per banche e assicurazioni.

Pubblicato

del

La Lega punta a sopprimere l’articolo 7 della manovra, quello che prevede l’aumento della cedolare secca sugli affitti brevi dal 21 al 26%. La proposta arriva attraverso un emendamento alla legge di bilancio, presentato con prima firma del capogruppo Massimiliano Romeo.

La proposta di modifica e la copertura economica

Nel testo dell’emendamento, il Carroccio indica una copertura alternativa: aumentare ulteriormente l’Irap per banche e assicurazioni, già ritoccata dalla manovra. L’incremento dell’aliquota, secondo la proposta, passerebbe da 2 a 2,5 punti percentuali.

Il nodo politico

L’intervento apre un fronte dentro la maggioranza sul tema degli affitti brevi, uno dei dossier più sensibili della manovra. La Lega rivendica così una linea netta in difesa dei proprietari e del settore turistico, opponendosi alla stretta fiscale contenuta nel testo del governo.

Prossimi passaggi

La discussione sull’emendamento entrerà nel vivo nei lavori parlamentari sulla legge di bilancio, dove si capirà se la proposta leghista troverà sponda negli alleati o se resterà una battaglia di bandiera.

Continua a leggere

Economia

Eurozona, previsioni d’autunno migliori del previsto: Bruxelles vede crescita oltre l’1% nel 2025

La Commissione europea si prepara a rivedere al rialzo le previsioni d’autunno: la crescita dell’eurozona nel 2025 potrebbe tornare sopra l’1%. Restano incognite geopolitiche, da Trump alla guerra in Ucraina.

Pubblicato

del

Nonostante un contesto geopolitico fragile, l’eurozona potrebbe crescere più del previsto. La Commissione europea presenterà lunedì le nuove previsioni economiche d’autunno, e rispetto a maggio il quadro appare più luminoso.

Le anticipazioni di Bruxelles

Il commissario all’Economia Valdis Dombrovskis ha anticipato il filo conduttore delle nuove stime: nel 2025 l’economia dell’area euro “sta registrando risultati migliori delle aspettative e continua a generare crescita”, pur tra ostacoli significativi.

Dalle stime al ribasso al ritorno dell’ottimismo

A maggio la Commissione aveva rivisto al ribasso le previsioni: +0,9% per l’eurozona nel 2025 e +1,4% nel 2026. A pesare era stata la guerra dei dazi con gli Stati Uniti.
L’accordo raggiunto in luglio in Scozia tra Ursula von der Leyen e Donald Trump su una tariffa standard del 15% ha però riportato stabilità. È possibile — in attesa dell’annuncio ufficiale — che le nuove stime riportino la crescita dell’eurozona oltre l’1%.

Le indicazioni di Bce, Ocse ed Eurostat

A settembre la Bce era già stata più ottimista, assegnando un +1,2% all’eurozona nel 2025. Stesse percentuali indicate dall’Ocse per il prossimo anno.
Eurostat, il 14 novembre, ha certificato un +0,2% nel terzo trimestre 2025 per l’eurozona e +0,3% per l’Ue.

Cosa Bruxelles chiederà agli Stati

La Commissione punterà a esortare i Paesi membri a fare di più:

  • semplificazione burocratica,

  • progressi sull’unione bancaria,

  • accelerazione dell’Unione dei risparmi e degli investimenti.

Il contributo dei privati sarà cruciale, come indicato dal rapporto Draghi sulla competitività, tema centrale nel summit Ue del 12 febbraio convocato da Antonio Costa.

I punti critici: Italia, Germania e variabile Trump

Restano ombre significative: Eurostat segnala crescita zero per Italia e Germania nel terzo trimestre. Berlino fatica ancora a uscire dalla crisi industriale.
Sul fronte esterno pesa il fattore Trump: secondo il negoziatore statunitense Jamieson Greer, le tariffe Ue sull’export americano restano “troppo elevate”. Greer sarà a Bruxelles la prossima settimana per un nuovo round di trattative.

Lunedì il verdetto

Le previsioni d’autunno diranno se l’eurozona potrà davvero riprendere slancio, superando il muro dell’1% e lasciandosi alle spalle un anno di incertezza economica.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto