Possiamo dire che la fotografia cerimonialistica assolve pienamente alla funzione primaria della fotografia?
Possiamo affermare che una delle missioni basilari della fotografia è brillantemente compiuta dalla fotografia applicata alle cerimonie, gioiose, che scandiscono il tempo della nostra vita? Battesimi, Comunioni, a volte Cresime e poi Matrimoni?
Credo che senza il minimo tentennamento la risposta sia SI, la fotografia cerimonialistica è la celebrazione del ricordo e quindi al netto di tutte le retoriche e le argomentazioni e le ragioni che si accompagnano agli usi creativi della fotografia. la fotografia di cerimonia è sicuramente uno dei settori fotografici che rispecchia in pieno e totalmente la funzione per la quale la fotografia oggi è divenuta una delle arti e mezzi e strumenti che fermando il tempo e la storia lo rimanda al futuro, facendo conoscere il passato.
Il fotografo è invitato nella sfera privata dei protagonisti
Può sembrare ripetitivo l’evento matrimonio, i tempi sono sempre gli stessi, foto a casa della sposa, foto in chiesa, foto panoramiche e foto al ristorante, per finire con le foto alla torta e alle bomboniere, ma interpretando ognuno di essi in base alla luce, alla sensibilità dei protagonisti, ai luoghi e all’evento, ci si rende conto che ogni cerimonia è una storia singola, ognuna diversa dall’altra, ognuna con il suo inizio e la sua fine e il fotografo, benché abbia una precisa sceneggiatura da seguire nella mente, deve sempre dare spazio alla creatività, cercando di cogliere aspetti che nessun altro ha l’autorizzazione a cogliere, il fotografo diventa nel giorno del matrimonio, ma anche degli eventi precedenti, un confessore, uno psicologo, un amico, un consigliere.
Nulla può essere lasciato al caso, non si può non aver instaurato un rapporto intenso, se si vuole lasciare un ricordo fotografico del giorno, nel quale i festeggiati si ritrovino anche a distanza di anni.
La responsabilità è alta, ma i fotografi napoletani, dove sicuramente c’è la scuola più importante d’ Italia e forse del mondo, assolvono questo compito nel migliore dei modi e sono tra i più ricercati sul mercato internazionale.
Accompagnati e rispettosi delle bellezze del territorio si sviluppa un mercato unico in Italia
Napoli, al centro tra le bellezze della costiera sorrentina e delle isole di Capri e Ischia, mete da sempre preferite da giovani e facoltosi sposi internazionali ha anche offerto a queste neo coppie un parterre fotografico d’eccezione e quindi è giocoforza che oggi tanti fotografi napoletani siano chiamati all’estero nelle mete più esotiche a documentare i matrimoni e le giornate di festa che li accompagnano. Bali, Aruba, Dubai, Singapore, Beirut, sono solo alcune delle mete dove operano i nostri professionisti.
La fotografia di matrimonio nasce dallo studio fronte strada degli antichi fotografi del centro di Napoli, chiamati nel dopoguerra a produrre quelle poche foto che facessero ricordare il giorno della importante cerimonia che in genere una volta era il giorno del matrimonio o del funerale di un congiunto. Nata con la fotografia, ma esclusiva delle classi agiate è nel dopoguerra che comincia a svilupparsi il mercato cerimonialistico, quello che fino ad allora era priorità delle famiglie abbienti, comincia a diventare un rito irrinunciabile. Inizialmente si contrattava sul numero delle foto da produrre, non sulla giornata lavorativa, come in genere avviene oggi, con l’aggiunta delle spese, quindi il fotografo faceva di tutto per aumentare il numero di foto da consegnare e il numero aumentava obbligatoriamente in corso d’opera, con la cerimonia in pieno svolgimento. La tecnica era abbastanza semplice e si basava sulla felicità manifestata dagli sposi e specialmente dai parenti degli sposi, che in genere pagavano per regalo o per “contratto” le foto della cerimonia. Più si era felici, più foto supplementari si potevano aggiungere negli album. Se nei primi anni ’50 un album fotografico consisteva nelle classiche 25 fotografie di tutta la cerimonia più le foto con gli invitati (chi poteva permetterselo), già negli anni ’70 si cominciava a contrattare per 100 foto di cerimonia più le canoniche 30 per i gruppi degli invitati, di formato più piccolo, ma complete di cartellina per omaggiarle agli ospiti intervenuti e immortalati nei loro vestiti immacolati. Nel frattempo aumentavano anche le famiglie fotografiche, si, perché fino agli anni ’80 questa ereditarietà era rigorosa e il mestiere passava da padre in figlio e da fratello a fratello. I Ruggieri, con Gabriele, Vincenzo e poi Francesco e Toty, gli Averardi, gli Armenio, i Gaita, i Laporta, con Antonio, detto Ndo’Ndo’, Carmine con i figli Mario e Salvatore. Tutti dell’area del Duomo di Napoli, vera officina di talenti e scuola per antonomasia della fotografia cerimonialistica. Da quella scuola e da quel territorio è emerso, forse il più conosciuto e popolare fotografo di matrimoni d’Italia, Oreste Pipolo, scomparso negli anni passati, ma sempre vivo nei ricordi di tutti per la sua esuberanza e per il suo stile professionale unico che si rifaceva all’antico sapere fotografico partenopeo, ma attualizzato e ammiccante alla società dello spettacolo degli anni ’80. Capace di creare icone, Pipolo sapeva leggere nella sfera sociale dei suoi clienti. Fino alla sua prematura scomparsa è stato il punto di riferimento per intere generazioni di fotografi del matrimonio che lo hanno seguito ed assistito come le due figlie che oggi continuano la tradizione familiare e gestiscono l’archivio e lo studio in via Duomo ed è stato sicuramente un faro per la lettura culturale dell’evento matrimonio inteso come il giorno più importante della propria vita e spaccato sociale meridionale. Da Pipolo hanno preso spunto per servizi fotografici e televisivi Ferdinando Scianna, Domenico Iannaccone e Francesco Cito, il quale ha fatto conoscere al mondo l’universo matrimonio napoletano vincendo il prestigioso World Press Photo indagando nei lavori non solo di Pipolo, ma anche di Salvatore Ecuba, altra rinomata firma di questo universo fotografico, che come Pipolo è riuscito a formare tantissimi fotografi che oggi sono ricercati professionisti, come Stefano Cardone e molti altri, mentre diverso è invece il percorso intrapreso da Alessandro Capuano che inizia il suo cammino professionale tra matrimoni e comunioni per realizzarsi oggi, dopo importanti esperienze fotografiche, come appassionato operatore culturale, firmatario di vari progetti artistici in città e nel nord Italia. Negli stessi anni si affermava anche Antonio Aragona, che iniziava a selezionare un bacino d’utenza diverso, non solo quello popolare dei quartieri del centro di Napoli, ma anche sondando nel ceto della media borghesia del quartiere Vomero, dove si ricercava un servizio fotografico più indirizzato alla documentazione e alla ricerca della fotografia di posa che riproducesse più verosimilmente lo scatto colto all’improvviso che quello costruito. Nei quartieri alti Foto Jaques era la summa di questa tendenza un po’ chic e forse anche snob di interpretazione della fotografia di cerimonia, lui, egregio ritrattista, lo si riconosceva dalle vetrine del suo studio in via Manzoni da dove spiccavano gigantografie con i volti delle sue spose e dei suoi clienti, che attiravano l’attenzione degli automobilisti imbottigliati nel traffico della strada panoramica che si creava nei giorni festivi e prefestivi per raggiungere i belvedere della città.
Dalla massificazione inconsulta alla rinascita qualitativa
La fine degli anni ’90 e gli inizi del nuovo secolo anche con il passaggio dal formato 6cmx6cm analogico, appannaggio di tutti i fotografi professionisti del settore fino ad allora, al formato 3×2 digitale, videro l’apoteosi dei fotografi dei riti familiari. Oltre alle catene di negozi mono firma, come quelli di Francesco Errico, che ne contava almeno 3 in città e dai quali sono poi usciti varie personalità del fotocerimonialismo napoletano, il mercato assiste in quel periodo ad un fenomeno negativo, compaiono improvvisamente sul mercato centinaia di improvvisati fotografi, molti dei quali doppiolavoristi e nemmeno iscritti a nessuna associazione o elenco fiscale. La fotografia di cerimonia perse quel fascino di indagatrice interna della società, che l’aveva contraddistinta e fatta apprezzare. Tantissimi “falsi fotocerimonialisti” aiutati dall’avvento del digitale, cercavano di accaparrarsi quante più cerimonie possibili a prezzi dimezzati, rispetto alle reali spese dei fotografi autorizzati e con studio, contando anche sul beneplacito di alcuni operatori del settore che favorivano o consigliavano le loro prestazioni per ragioni parentali o meramente economiche.
Ma questo non ha scoraggiato i veri fotografi che con grande pazienza e tantissima professionalità sono riusciti a superare queste difficoltà, addirittura formando intere generazioni di nuovi operatori che nelle loro foto mettono passione, onestà, rispetto e comprensione riguardo ad un settore importantissimo della fotografia. Questo passaggio è stato molto delicato e tanto ha contribuito l’hinterland e la provincia napoletana a mantenere alta la dignità dei fotografi, pensiamo a Ciro Lauria, che da Frattamaggiore che pur con le spese di una attività commerciale fronte strada ha resistito prestandosi anche ad altre attività fotografiche come la fotografia di sport o di cronaca, stesso percorso per Salvatore Gallo a Torre Annunziata e anche di Cristoforo Acunzo a Napoli e poi i fotografi capresi, di cui accennavamo all’inizio, Foto Flash con Andrea D’Agostino e Fabrizio D’Alessandro e gli altri studi presenti sull’isola, Foto Rosso e Foto Bianco. Anche il territorio vesuviano ha espresso e ancora detiene un potenziale fotografico invidiabile con la famiglia Gibotta dal capostipite Ciro, Canon Ambassador al giovane figlio Antonio anch’egli ambasciatore Canon e oramai affermato fotografo internazionale vincitore di un World Press Photo. Il team Gibotta, dispone anche di video operatori e montatori e sono tra i più attivi sul campo cerimonialistico internazionale con numerose trasferte in ogni angolo del mondo.
Un futuro ricco di un grande passato
Il linguaggio fotografico applicato agli eventi familiari cambiava e continua a cambiare, un work in progress che tiene conto delle esigenze del cliente armonizzandole con l’estro e la professionalità del fotografo, relazionandosi anche alle sempre più presenti e pressanti agenzie di Weddings Planner. Molti, fotografi che operano in questo settore, si esprimono al di fuori delle cerimonie nei campi che più sentono vicini e più’ vogliono esplorare, riportando poi queste esperienze nel loro lavoro commissionato. Enzo Truppo, Salvatore Scialò e Vincenzo Ferraro, uno dei cerimonialisti più impegnati e richiesto dalle giovani coppie ne sono l’esempio.
Il panorama contemporaneo è ricco e offre ampie possibilità di scelte stilistiche per gli utenti che richiedono di documentare o interpretare le cerimonie familiari. La maggior parte dei fotografi che più sono presenti sul mercato hanno curriculum importanti con approfondimenti e studi specifici in fotografia come la pattuglia che dopo aver seguito il Biennio Specialistico in Fotografia presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli, ha trovato interessanti sbocchi economici ed espressivi proprio nel campo dei matrimonialisti, apportando linguaggi nuovi e in linea con i desideri delle coppie di sposi. Lucia Dovere e Claudia Giglio, due ex allieve, insieme hanno ideato e portano avanti il progetto MILL Photo Studio dove hanno formato un team che comprende anche colleghi video operatori con specialisti nel pilotaggio di droni. Sempre dell’Accademia, Giuseppe Barbato e Francesca Rao, che spaziano anche nel mondo delle gallerie d’arte con le loro ricerche personali, Mary Saccardo e poi, non dal mondo accademico, ma proveniente dal fotogiornalismo c’è Daniele Veneri, corrispondente a Napoli di importanti studi nazionali e stranieri. Le contaminazioni dei linguaggi si sono sempre riscontrate in tanti di questi professionisti, ne è esempio Carlo Falanga proveniente dalla comunicazione ed in particolare dal settore della moda dove ancora opera.
Un traguardo che apre nuove strade da esplorare
Con questa breve carrellata sui professionisti che operano nel settore matrimonialistico si chiude il tour di 4 tappe sulla fotografia napoletana che abbiamo intrapreso a inizio mese di agosto, forse non sarà stato un completo ed esaustivo viaggio nell’interezza del mondo fotografico napoletano, ma ciò è dovuto proprio alla complessità del settore, sia nei termini di linguaggi che in quelli di opportunità economiche, tanti fotografi e colleghi sono ancora da scoprire e tanti da riscoprire e molte altre le discipline da indagare, nelle quali operano valenti professionisti come Massimo Velo, Luciano Pedicini e Fabio Speranza finissimi specialisti nel settore delle fotografie di documentazione delle opere d’arte delle sovraintendenze locali, e poi Pino Miraglia, Guido Giannini, Gianluigi Gargiulo Gianfranco Irlanda che seguono un loro percorso creativo sempre tesi alla ricerca e alla passione per lo strumento fotografico, come tanti sono gli appassionati e le associazioni che divulgano con i loro limiti e le loro eccellenze messaggi di educazione visiva, realtà che operano in città e di cui approfondiremo in seguito, tutte queste esperienze di diffusione della fotografia sono i pilastri per la crescita e la conoscenza di un affermata arte che è ancora tutta da scoprire.
Galleria Umberto I, a married couple lying on the floor as required by the photographer so that they can realize the photos for the album of memories in their wedding day. _ Galleria Umberto I una coppia di sposi distesi sul pavimento così come richiesto dal fotografo in modo tale da poter realizzare le foto per l’album del ricordo nel giorno del loro matrimonio. P.h.Francesco Cito
Pozzuoli on the old harbor pier bride and sister _Pozzuoli sul molo del vecchio porto la sposa e la sorellaP.h.Francesco Cito
La sposa con un abito che ricorda le vestali romane posa tra gli scavi di Pompei con una scenografia creata dal fotografo con centurioni e ancelleP.h.Francesco Cito
Quartiere Scampia, il primo matrimonio nella cappella appena inaugurata per l’occasione e dedicata alla Madonna dell’Arco. La cappella è l’unico luogo di culto nel agglomerato urbano per 80.000 abitanti in mancanza di chiese.
Piazza Trieste e Trento A Rolls Royce for the wedding of Luigi Giuliano’s nephew the camorra boss of Forcella quarter in central Neaples
Gli sposi novelli posano per un ultima foto ricordo alla 03,00 del mattino nella galleria Umberto P.h.Francesco Cito
Il matrimonio di Maria Rosaria Lembo, la quale indossa un abito dello stilista Gianni Molaro dal peso di 218 Kg. per 14 m di diametro
P.h.Francesco Cito
PH. ANTONIO GIBOTTA
PH. ANTONIO GIBOTTA
PH. ANTONIO GIBOTTA
PH. ANTONIO GIBOTTA
PH. ANTONIO GIBOTTA
PH. ANTONIO GIBOTTA
PH. ANTONIO GIBOTTA
PH. ANTONIO GIBOTTA
PH. ANTONIO GIBOTTA
PH. ANTONIO GIBOTTA
PH. ANTONIO GIBOTTA
PH. ANTONIO GIBOTTA
PH. ANTONIO GIBOTTA
progetto Altrove/terza decade; Foto Francesca Rao
Ametropia | progetto fotografico di Francesca Rao | Analogico | scansione da negativo
Foto Francesca Rao
Ametropia | progetto fotografico di Francesca Rao | Analogico | scansione da negativo
Foto Francesca Rao
Foto Francesca Rao
Ph. MILL Photo Studio di Lucia Dovere e Claudia Giglio
Ph. MILL Photo Studio di Lucia Dovere e Claudia Giglio
Ph. MILL Photo Studio di Lucia Dovere e Claudia Giglio
Ph. MILL Photo Studio di Lucia Dovere e Claudia Giglio
Ph. MILL Photo Studio di Lucia Dovere e Claudia Giglio
Ph. MILL Photo Studio di Lucia Dovere e Claudia Giglio
Ph. MILL Photo Studio di Lucia Dovere e Claudia Giglio
Ph. MILL Photo Studio di Lucia Dovere e Claudia Giglio
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Ph. MILL Photo Studio di Lucia Dovere e Claudia Giglio
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Ph. MILL Photo Studio di Lucia Dovere e Claudia Giglio
Ph. MILL Photo Studio di Lucia Dovere e Claudia Giglio
Matrimonio napoletano, Vico San Nicola a Nilo angolo di Spaccanapoli P.h.Francesco Cito
Fotogiornalista da 35 anni, collabora con i maggiori quotidiani e periodici italiani. Ha raccontato con le immagini la caduta del muro di Berlino, Albania, Nicaragua, Palestina, Iraq, Libano, Israele, Afghanistan e Kosovo e tutti i maggiori eventi sul suolo nazionale lavorando per agenzie prestigiose come la Reuters e l’ Agence France Presse,
Fondatore nel 1991 della agenzia Controluce, oggi è socio fondatore di KONTROLAB Service, una delle piu’ accreditate associazioni fotografi professionisti del panorama editoriale nazionale e internazionale, attiva in tutto il Sud Italia e presente sulla piattaforma GETTY IMAGES.
Docente a contratto presso l’Accademia delle Belle Arti di Napoli., ha corsi anche presso la Scuola di Giornalismo dell’ Università Suor Orsola Benincasa e presso l’Istituto ILAS di Napoli.
Attualmente oltre alle curatele di mostre fotografiche e l’organizzazione di convegni sulla fotografia è attivo nelle riprese fotografiche inerenti i backstage di importanti mostre d’arte tra le quali gli “Ospiti illustri” di Gallerie d’Italia/Palazzo Zevallos, Leonardo, Picasso, Antonello da Messina, Robert Mapplethorpe “Coreografia per una mostra” al Museo Madre di Napoli, Diario Persiano e Evidence, documentate per l’Istituto Garuzzo per le Arti Visive, rispettivamente alla Castiglia di Saluzzo e Castel Sant’Elmo a Napoli.
Cura le rubriche Galleria e Pixel del quotidiano on-line Juorno.it
E’ stato tra i vincitori del Nikon Photo Contest International.
Ha pubblicato su tutti i maggiori quotidiani e magazines del mondo, ha all’attivo diverse pubblicazioni editoriali collettive e due libri personali, “Chetor Asti? “, dove racconta il desiderio di normalità delle popolazioni afghane in balia delle guerre e “IMMAGINI RITUALI. Penitenza e Passioni: scorci del sud Italia” che esplora le tradizioni della settimana Santa, primo volume di una ricerca sui riti tradizionali dell’Italia meridionale e insulare.
Wanda Marasco premiata dalla Croce Rossa Italiana per “Di spalle a questo mondo”
La scrittrice napoletana Wanda Marasco riceve il Diploma di merito della Croce Rossa Italiana per il romanzo “Di spalle a questo mondo”, riconosciuto come opera capace di trasmettere i valori fondamentali di umanità, imparzialità e impegno verso il prossimo.
La scrittrice Wanda Marasco ha ricevuto il Diploma di merito della Croce Rossa, conferito motu proprio dal presidente nazionale, in base allo Statuti, al regolamento e al decreto legislativo che regolano l’azione dell’ente .
Si tratta di un riconoscimento importante che lega il lavoro letterario di Marasco ai valori fondamentali del Movimento Internazionale della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa.
Il romanzo “Di spalle a questo mondo” al centro della motivazione
Il premio viene attribuito in particolare per l’opera “Di spalle a questo mondo”, con la seguente motivazione ufficiale: la scrittrice è stata insignita del Diploma di merito “in riconoscimento dell’opera letteraria Di spalle a questo mondo con la quale ha saputo trasmettere i valori fondamentali della Croce Rossa, rendendo con sobrietà e profondità la centralità dell’umanità, dell’imparzialità e dell’impegno verso il prossimo. L’opera, con una narrazione attenta e rigorosa, contribuisce alla diffusione culturale e alla riflessione etica sul significato universale della solidarietà e della responsabilità civile, offrendo un esempio di impegno culturale pienamente coerente con i principi umanitari che ispirano la missione del Movimento Internazionale della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa”.
Una scrittura che unisce etica, umanità e rigore
Nel riconoscimento alla sua opera viene messo in luce non solo il valore letterario del romanzo, ma anche la capacità di tenere insieme profondità narrativa e impegno etico. La scrittura di Wanda Marasco viene così letta come strumento di consapevolezza civile, capace di richiamare il lettore alla responsabilità verso l’altro e alla centralità dell’umanità nelle relazioni sociali.
Una voce già raccontata su Juorno
Su Juorno il lavoro di Wanda Marasco è stato già raccontato come una delle esperienze più significative della narrativa italiana contemporanea. Questo nuovo riconoscimento della Croce Rossa Italiana conferma il valore della sua voce e la coerenza del suo percorso: una scrittura che non cerca solo la bellezza formale, ma che si misura con i temi della dignità, della fragilità umana e della solidarietà.
Addio a Giorgio Forattini, il re della satira: funerali a colori per lo spirito libero che ha raccontato l’Italia con una vignetta
Milano saluta Giorgio Forattini con un funerale “a colori”. Il re della satira, morto a 94 anni, ricordato da colleghi e amici come un uomo libero, ironico e gentile.
“Quando hai smesso di disegnare è finita un’epoca”. È una delle frasi lasciate sui registri all’ingresso della chiesa di Santa Francesca Romana, nel cuore di Porta Venezia a Milano, dove questa mattina si sono svolti i funerali di Giorgio Forattini, il più celebre vignettista e maestro della satira italiana, scomparso il 4 novembre a 94 anni.
La chiesa era gremita per un funerale “a colori”, come lo avrebbe voluto lui. Fiori vivaci, cappotti rossi, arancio, celesti, a ricordare la vitalità e l’ironia con cui per mezzo secolo Forattini ha raccontato l’Italia dalle pagine di La Repubblica e Il Giornale.
Il saluto di Ilaria Cerrina Ferroni: “Amava i colori e la gentilezza”
“Oggi sono in rosso perché Giorgio amava i colori”, ha raccontato la moglie Ilaria Cerrina Ferroni, spiegando di aver prestato i suoi cappotti agli amici più cari. “Lo amavano tantissimo, c’è stata una partecipazione straordinaria, che si merita, perché era un uomo buono e gentile”.
Come in uno dei suoi giorni di lavoro, la salma è entrata in chiesa accompagnata da musica celtica, quella che Forattini ascoltava “a tutto volume” mentre disegnava.
Giornalisti, artisti e amici per l’ultimo saluto
Tanti i volti noti del giornalismo e della cultura presenti: Ferruccio de Bortoli, Lina Sotis, Stella Pende, Salvatore Carrubba, insieme alla stilista Chiara Boni, al musicista Mario Lavezzi e all’editore Urbano Cairo.
“Era un grande pensatore libero, capace di sintetizzare un editoriale in una vignetta”, ha detto Cairo. “La sua indipendenza lo ha portato a lasciare anche giornali importanti: non si piegava, non aveva paura di dire ciò che pensava. Oggi c’è bisogno di persone come lui”.
Per Carrubba, Forattini è stato “uno spirito libero e anticonformista”, mentre don Aldo Monga, durante l’omelia, ha ricordato la sua onestà intellettuale.
Un uomo libero, un artista che ha fatto riflettere
“Le sue vignette rimarranno nella memoria della gente come le canzoni”, ha detto Mario Lavezzi, amico di lunga data. “Con la sua penna Giorgio faceva riflettere e toccava corde umane profonde”.
La stilista Chiara Boni ha ricordato un episodio degli anni ’80: “Durante una mia sfilata, D’Agostino commentava in modo terribile: lui e Ilaria erano in prima fila, piegati in due dalle risate. Era la sua ironia, la sua leggerezza”.
L’ultimo viaggio a Monte Porzio Catone
Pur avendo trovato casa e serenità a Milano, le ceneri di Giorgio Forattini saranno tumulate nel cimitero di Monte Porzio Catone, vicino Roma, accanto ai genitori, al fratello e al figlio Fabio, prematuramente scomparso.
Così si chiude la vita di uno dei più grandi osservatori del potere e dei suoi paradossi, un artista che, con una vignetta, sapeva raccontare un intero Paese.
Addio a Giorgio Forattini, il re della satira italiana: una vita a disegnare il potere
È morto a 94 anni Giorgio Forattini, il più celebre vignettista italiano, autore di oltre diecimila disegni che hanno raccontato con ironia e coraggio mezzo secolo di politica italiana. Dalla Dc a D’Alema, il re della satira che fece ridere e infuriare il potere.
È morto a 94 anni Giorgio Forattini, il vignettista che ha rivoluzionato la satira politica in Italia. Nato a Roma nel 1931, è stato il primo disegnatore satirico pubblicato quotidianamente in prima pagina sui giornali, guadagnandosi l’appellativo di “re della satira”. La notizia della sua scomparsa è stata data da Il Giornale, una delle ultime testate con cui aveva collaborato.
Una carriera lunga mezzo secolo
Forattini ha firmato oltre diecimila vignette pubblicate su Paese Sera, La Repubblica, La Stampa, Il Giornale, QN, L’Espresso e Panorama, disegnando con ironia pungente e spesso corrosiva vizi, virtù e ipocrisie della politica italiana. Le sue prime vignette apparvero nel 1973 su Panorama e nel 1974 su Paese Sera, ma la consacrazione arrivò con la vignetta dedicata al referendum sul divorzio: una bottiglia di champagne con il tappo dalle sembianze di Amintore Fanfani che vola via.
Quel disegno fece epoca e segnò l’inizio di una carriera che avrebbe unito arte, giornalismo e satira civile.
GIORGIO FORATTINI
Da “La Repubblica” a “La Stampa”: l’artista che sfidò il potere
Nel 1976 Forattini fu tra i fondatori de La Repubblica di Eugenio Scalfari, dove creò la storica rubrica “Satyricon”, primo inserto italiano interamente dedicato alla satira. Lì collaborò con autori come Sergio Staino ed Ellekappa, definendo un nuovo modo di raccontare la politica. Nel 1982 passò a La Stampa, dove firmò ogni giorno la vignetta in prima pagina e rinnovò l’impianto grafico del giornale. Tornò poi a Repubblica nel 1984 e vi restò fino al clamoroso addio del 1999, dopo la querela per una vignetta su Massimo D’Alema relativa al caso Mitrokhin.
Polemiche, processi e libertà di satira
Forattini non fu mai tenero con nessuno: Craxi, D’Alema, Berlinguer, Spadolini, Prodi, Berlusconi, Bossi, Fanfani — tutti finirono sotto la sua matita tagliente. Le sue caricature restano memorabili: Craxi come un piccolo duce, D’Alema come un Hitler comunista, Amato come Topolino, Veltroni come un bruco, Prodi come un prete, e così via in una galleria che racconta cinquant’anni di storia italiana.
La sua satira fu spesso oggetto di querelle politiche e giudiziarie. Solo da esponenti della sinistra ricevette una ventina di querele, mentre nel 1982 subì persino critiche dal Vaticano per una vignetta su Giovanni Paolo II e Lech Walesa.
Celebre anche il caso del 1999, quando D’Alema lo querelò chiedendo tre miliardi di lire di risarcimento. Forattini, per protesta, disegnò per mesi il premier “senza volto”.
GIORGIO FORATTINI
Un innovatore della comunicazione
Prima di diventare vignettista, Forattini aveva lavorato come pubblicitario e copywriter per Fiat e Alitalia, firmando campagne di successo. Questo background lo rese uno dei primi a coniugare linguaggio visivo e giornalismo con modernità e ritmo.
Tra i suoi oltre 55 libri pubblicati, molti editi da Mondadori, figurano raccolte di successo come Referendum Reverendum (1975), Il Forattone. 1973-2015 e Arièccoci. La Storia si ripete. L’ultimo, Abbecedario della politica (2017), spiegava con ironia “come nasce una vignetta”.
Premi, riconoscimenti e un’eredità immensa
Nel corso della sua carriera ha ricevuto il Premiolino, il Premio Hemingway, il Premio Ischia Internazionale di Giornalismo, il Pannunzio e l’Ambrogino d’Oro dal Comune di Milano nel 1997. È stato giurato del Premio di satira di Forte dei Marmi e ha ottenuto la cittadinanza onoraria ad Asti e la benemerenza civica di Trieste.
SILVIO BERLUSCONI e GIORGIO FORATTINI
Il disegnatore che fece pensare gli italiani
Giorgio Forattini non è stato solo un vignettista, ma un cronista del potere, capace di raccontare la politica con la forza dell’ironia e del segno. Le sue vignette non si limitavano a far ridere: smascheravano ipocrisie, provocavano riflessioni, accendevano dibattiti.
Con lui scompare una delle voci più libere e irriverenti del giornalismo italiano. Ma resta la sua eredità: una matita che non ebbe mai paura di disegnare la verità.
(Tutte le foto del servizio sono di Imagoecononica)