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Follia Theo, Milan saluta la Champions: Feyenoord avanti

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La musichetta della Champions League smette di suonare per il Milan di Sergio Conceicao, che vede il Feyenoord volare agli ottavi e deve così salutare l’Europa più importante per la stagione 2024/25. E lo fa nella maniera forse peggiore, quando la qualificazione sembrava praticamente in mano dopo che Gimenez, dopo nemmeno un minuto, aveva già pareggiato il gol olandese dell’andata. Invece una ingenuità di Theo Hernandez (secondo giallo per simulazione, e quindi rosso) a inizio ripresa ha rimesso in vita il Feyenoord, capace in superiorità numerica di trovare il gol del pareggio con Carranza senza nemmeno soffrire troppo nell’assalto finale. Una delusione cocente, considerando che l’avversario sembrava alla portata e che il Milan, con un primo tempo ben fatto, si era messo nella posizione migliore per ribaltare il ko dell’andata.

Tutti i difetti di una squadra troppo altalenante però sono emersi, a partire dalla follia di Theo Hernandez: un errore che non ti aspetti da chi dovrebbe essere uno dei leader della squadra. E in un colpo solo, così, i rossoneri salutano la Champions e complicano la corsa alla qualificazione per l’anno prossimo, visto che l’eliminazione rende ancora più difficile per l’Italia ottenere il posto aggiuntivo nella stagione 2025/26. A Conceicao, alla lunga, non è servito nemmeno rilanciare i “big four”, con Joao Felix, Pulisic, Leao e Gimenez insieme dall’inizio. La gara prende subito una piega favorevole al Milan, visto che dopo 37 secondi i rossoneri sono già in vantaggio: su cross dalla destra di Pulisic, Thiaw fa una torre di testa e il grande ex Gimenez insacca da due passi, trovando il suo terzo gol in cinque partite con la maglia rossonera.

Il Milan continua a spingere, con Joao Felix che calcia alto su bel lancio di Gimenez. Ancora il portoghese poco dopo impegna Wellenreuther, mentre Theo Hernandez da pochi passi calcia a lato. E nel finale di tempo i rossoneri creano occasioni con Gimenez, Joao Felix e Leao, le cui conclusioni però trovano la difesa olandese reattiva. Soprattutto, però, a fine primo tempo arriva la prima ingenuità di Theo Hernandez, che si fa ammonire per una ingenua trattenuta a metà campo. Il francese completa la frittata a inizio ripresa, quando vola a terra in area senza alcun contatto: Marciniak è implacabile ed estrare il secondo cartellino giallo con il conseguente rosso. Una espulsione che cambia totalmente l’inerzia della partita, che fino a quel momento sembrava in sostanziale controllo per il Milan. Così il Feyenoord alza la pressione e inserisce Carranza, mentre Conceicao si copre con Bartesaghi per Pulisic. E proprio i due subentrati diventano protagonisti, perché su cross dalla sinistra di Stengs, Carranza trova lo spazio tra Pavlovic e Bartesaghi impattando il risultato con una precisa zuccata.

Il Milan prova a scuotersi, con Pavlovic che anche lui di testa ha l’occasione per tornare avanti ma colpisce troppo centralmente. Conceicao prova il tutto per tutto, lanciando nella mischia Abraham e Chukwueze lasciando il solo Fofana a metà campo con quattro attaccanti in campo. Ma per i rossoneri si aggiunge anche un problema muscolare di Walker, senza possibilità però di essere sostituito visti i cinque cambi già effettuati. Non basta il cuore, però, perché il Feyenoord si limita a guardare i cross sbilenchi di Leao e gli errori di Joao Felix. La festa così alla fine è tutta degli olandesi, al Milan non restano che la delusione e i fischi dei 55mila di San Siro.

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Sprofondo Juve, la Fiorentina vince e fa festa

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4-0 domenica scorsa a Torino contro l’Atalanta, 3-0 stasera al Franchi dalla Fiorentina. La Juventus sprofonda sempre di più, scavalcata dal Bologna e scivolata al quinto posto, quindi fuori dalla zona Champions, unico obiettivo rimasto di una stagione che si sta rivelando oltremodo deludente. Sotto accusa finisce Thiago Motta, e il ds Giuntoli si presenta ai microfoni di Dazn per tamponare la situazione:”rimaniamo della stessa idea, che il progetto sia valido: dobbiamo uscirne tutti insieme”, la conferma per il tecnico, ma con l’aggiunta di un’analisi da fare non a caldo. Perché c’è modo e modo di perdere ma come hanno fatto Locatelli e compagni in queste ultime due partite, senza dimenticare l’uscita dalla Champions League e l’eliminazione ad opera dell’Empoli in Coppa Italia, non può essere definita degna di un club di tale blasone.

L’ennesima figuraccia per questa Juve che nel finale ha pure perso per infortunio Cambiaso entrato poco prima. La Fiorentina dal canto suo, dopo la qualificazione giovedì ai quarti di Conference, sembra tornata quella che in autunno aveva inanellato 8 vittorie di fila. Sicura, spavalda, affamata, trascinata dal primo all’ultimo minuto dai propri tifosi che alla fine hanno fatto festa insieme ai giocatori corsi sotto la curva per un abbraccio infinito. Gosens e Mandragora hanno segnato nel primo tempo, Gudmudsson ha siglato il tris a inizio ripresa, a Kean è stato annullato il gol del possibile poker, De Gea non ha fatto una parata. Numeri che raccontano di una nuova disfatta bianconera.

I cambi di Thiago Motta rispetto alla formazione travolta dall’Atalanta non ha sortito gli effetti che il tecnico sperava: dentro Kalulu per Gatti e Kelly per Cambiaso mentre a supporto di Kolo Muani è stato preferito inizialmente Koopmeiners a Yildiz insieme a McKennie e Nico Gonzalez, fischiatissimo dagli ex tifosi. Palladino ha puntato sulla stessa formazione che giovedì ha eliminato il Panathinaikos in Conference League con la sola eccezione di Pablo Marì per Comuzzo. In attacco ancora Gudmunsson con Kean, uno dei tanti ex della sfida al pari di Fagioli per la prima volta avversario dei bianconeri, sulle fasce Dodo e Gosens.

La gara è stata preceduta da un minuto di silenzio per ricordare Joe Barone, il direttore generale viola scomparso per un malore il 19 marzo di un anno fa (la famiglia al completo era in tribuna dove erano presenti fra gli altri anche Batistuta e Pepito Rossi), e accompagnata dalla coreografia dei club della Fiesole con migliaia di bandierine a comporre uno sfottò contro la Juve. Una Juve che da subito ha sofferto l’atteggiamento aggressivo dei viola capaci di passare due volte in tre minuti: di Gosens il gol che ha sbloccato il risultato al 15′, un sinistro potente sugli sviluppi di un calcio d’angolo, di Mandragora innescato da Fagioli il raddoppio realizzato con una rasoiata.

Il Franchi è esploso di gioia anche perché la squadra di Thiago Motta non dava l’impressione di poter reagire. Lenta, macchinosa, senza idee né mordente, una manovra quanto mai sterile: zero tiri in porta (e così sarà fino alla fine), un solo tentativo di Koopmeiners finito sopra la traversa.

Nella ripresa i bianconeri hanno provato ad alzare raggio d’azione, ma sempre con fatica e eccessiva timidezza ed esponendosi alle ripartenze dei viola che all’8′ sono passati di nuovo, stavolta con Gudmundsson imbeccato da Fagioli: la sassata dell’islandese, al terzo gol nelle ultime tre gare, ha sorpreso Di Gregorio e affondato definitivamente la Juve che a parte un affondo di Kolo Muani (salvataggio di Gosens) non ha mai impensierito l’attenta difesa avversaria. Kean si è visto annullare il possibile 4-0 per fuorigioco, i cambi di Thiago Motta non hanno provocato alcuna scossa e nonostante il pesante svantaggio Vlahovic nel suo ex stadio è rimasto malinconicamente in panchina fino alla fine.

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Roma stanca batte Cagliari con Dovbyk, Dybala si fa male

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Una Roma brutta e stanca vince contro il Cagliari, tiene acceso il sogno Champions, ma perde Paulo Dybala. La partita dell’argentino dura 13 minuti e negli occhi dei 60mila dell’Olimpico ci sono le lacrime dell’argentino in panchina per il problema al bicipite femorale sinistro che tiene Trigoria col fiato sospeso. Intanto a Ranieri basta una rete di Dovbyk nella ripresa per proseguire la marcia europea dopo l’eliminazione di giovedì in Europa League, per un 1-0 che che al triplice fischio porta anche la firma di Svilar, miracoloso in almeno tre circostanze. Ma la sfortuna si accanisce sui giallorossi che non terminano la gara in dieci solo perché Rensch decide di non uscire nonostante l’infortunio visti i cambi già finiti per il tecnico romanista. La difesa comunque regge e così i giallorossi approfittano dello scivolone della Lazio per avvicinare ancora i biancocelesti e proseguire la corsa all’Europa che conta.

Nel primo tempo, però, il ritmo è basso e di occasioni vere e proprie se ne contano una per parte. Se per i giallorossi ci provano con Dovbyk in torsione di testa su assist di Soulé, per il Cagliari l’occasione migliore è sui piedi di Zortea che in area di rigore calcia alto con il destro non inquadrando la porta. Il canovaccio della partita, poi, è sempre lo stesso con la squadra di Ranieri che gestisce il pallone senza trovare spazi e i rossoblù che in contropiede non trovano quasi mai lo spazio giusto per attaccare. Ci prova una volta Piccoli con un tiro da fuori, ma esce centrale e comodo per Svilar. Poi più nulla fino all’intervallo quando sia Ranieri sia Nicola non cambiano subito gli undici in campo.

Il tecnico giallorosso aspetta l’ora di gioco, ovvero quando i giallorossi trovano il vantaggio grazie al decimo gol in Serie A di Dovbyk, che prima si divora un gol su lancio di Baldanzi, poi al minuto 17 sul conseguente calcio d’angolo difeso male dal Cagliari trova la girata vincente sottoporta. La Roma inserisce lo stesso Dybala, oltre a El Shaarawy e Cristante. Ma la gara dell’argentino dura appena 13′ minuti, perché il 21 giallorosso si fa male da solo cercando una giocata col tacco. Finisce a terra lamentando un problema al muscolo della gamba sinistra che porta Ranieri a cambiarlo. Esce in lacrime e nelle prossime ore ci saranno gli accertamenti che sveleranno l’entità del problema, nel frattempo la Roma mantiene il vantaggio e gran parte del merito è di Svilar, due volte miracoloso su Piccoli e poi su Mina. Nel finale l’assalto della squadra di Nicola è confusionario e al triplice fischio il boato è giallorosso perché a nove partite dalla fine della stagione il sogno europeo è ancora acceso.

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Conte: mai staccare il cervello, rischiato sconfitta

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“Non dobbiamo mai staccare il cervello, come abbiamo fatto al 95′ con quel contropiede 6 contro 2 in cui abbiamo rischiato la sconfitta. Questo non deve mai accadere in questo processo di crescita”. Lo ha detto Antonio Conte dopo lo 0-0 del Napoli a Venezia. “La prestazione odierna è comunque positiva contro una formazione che ha fermato sul pareggio anche Atalanta e Lazio nelle ultime gare – ha aggiunto -. Cercheremo di dare fastidio fino alla fine, lotteremo con il coltello tra i denti. La cosa positiva è che dopo otto partite finalmente non abbiamo preso gol”.

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