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Cronache

Follia a Paternò, consulente finanziario uccide i due figli piccoli e la moglie e poi si spara

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Non è chiara la causa scatenante della follia di Gianfranco Fallica, 35 anni, consulente finanziario. Ha ucciso la moglie Cinzia Palumbo, sua coetanea, e i loro figlioletti Gabriele, 4 anni, e Daniele, di 6. Il dramma si è consumato nella casa di una famiglia borghese di Paternò, grosso centro agricolo a 30 chilometri da Catania, nella loro abitazione a due elevazioni del centrale viale Libertà. E’ il nonno materno a fare la tragica scoperta: insospettito dalla mancanza di comunicazioni dalla famiglia della figlia entra in casa, grazie a una copia delle chiavi che ha da tempo. La porta e’ chiusa a doppia mandata dall’interno. Sale sopra e nella stanza da letto scopre i quattro cadaveri: la figlia e i due nipotini nel lettone e il genero ripiegato tra il letto e il pavimento. Neppure il tempo di riprendersi dallo choc e chiama il 112. I carabinieri arrivano subito e trovano nella stanza anche la pistola calibro 22, legalmente detenuta, che Fallica ha usato per uccidere prima i suoi familiari e poi suicidarsi. Sara’ l’autopsia a chiarire meglio i dettagli della dinamica, se l’uomo ha sterminato la sua famiglia sparando a moglie e figli nel sonno o se prima li abbia storditi con dei sonniferi. Per questo i carabinieri hanno sequestrato dei farmaci trovati nella casa.

Gianfranco Fallica. Il consulente finanziario che ha sterminato la famiglia

La Procura di Catania ha aperto un’inchiesta, coordinata dal capo dell’ufficio, Carmelo Zuccaro, dall’aggiunto Ignazio Fonzo e dal sostituto Santo Distefano. Non c’e’ una versione ufficiale, ma la tesi privilegiata e’ quella dell’omicidio-suicidio, corroborata da due elementi: la porta di casa chiusa dall’interno e i primi esami del medico legale. Resta ancora oscuro il movente: non la gelosia ne’ problemi economici. Restano in sospeso la depressione e un raptus di follia. Fallica non ha fornito spiegazioni: non e’ stato trovato alcun biglietto. I vicini di casa e gli amici lo definiscono “una ragazzo di sani principi”, aveva da poco trasferito la sua agenzia di consulente finanziario. La moglie, casalinga, dava una mano nel ristorante dei genitori, ‘Villa delle Muse’. Davanti alla casa della tragedia e’ un continuo via vai di amici e parenti, in lacrime e sorpresi dalla tragedia. Ci sono anche attimi di nervosismo con i giornalisti presenti: “Fate le foto alla gente che soffre?”, dice qualcuno arrabbiato. Un cugino di Fallica, Paolo Bruno, respinge l’ipotesi depressione: “Ma quale depressione – sostiene – Gianfranco era una persona splendida, tutta dedita alla famiglia, un bravo ragazzo. Per noi e’ stata una doccia fredda…”. Sorpreso anche il sindaco, Nino Naso. “E’ una tragedia che non riusciamo a spiegarci – afferma – una famiglia perbene, di lavoratori. La citta’ tutta soffre, non possiamo far altro che stringerci attorno ai familiari e ai partenti, un intero paese soffre. Questa famiglia manchera’ all’intero paese”. Il silenzio nella via e’ all’improvviso squarciato dall’urlo straziante di dolore della madre di Cinzia Palumbo: “Maledetto maledetto. Cosa le hai fatto…”. Nel balcone di casa c’e’ la riproduzione di un pupazzo di neve, fatto forse dai due fratellini, con i bicchieri di carta. La ditta delle pompe funebri e’ una decina di porte piu’ avanti, neanche 20 metri. La Procura ha disposto l’autopsia e delegato rilievi e indagini ai carabinieri della compagnia di Paterno’ e del comando provinciale. I corpi sono stati portati all’obitorio dell’ospedale Cannizzaro di Catania.

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Cronache

Nessuna nuova prova per Olindo e Rosa e nessun complotto

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Non ci sono nuove prove nelle richieste di revisione della condanna di Olindo Romano e Rosa Bazzi, la coppia a cui per l’eccidio dell’11 dicembre del 2006, in cui furono uccise a sprangate e coltellate quattro persone, fu inflitto il carcere a vita. Lo hanno stabilito i giudici della Corte d’appello di Brescia, dopo le udienza in cui l’istanza era stata discussa l’estate scorsa al termine delle quali era sta dichiarata inammissibile.

Non esiste la pista alternativa, prospettata dalla difesa, della faida per lo spaccio di droga: “L’ipotetico movente legato a un regolamento di conti nell’ambito del traffico di sostanze stupefacenti è stato invano approfondito nella prima fase delle indagini e non ha trovato alcun riscontro”, scrive la Corte in 88 pagine. Nemmeno vi è stato un complotto. come adombrato dagli imputati, che avrebbe portato alla falsità di prove, o meglio della loro formazione. Oltre a ripercorrere come queste prove si sono formate, i giudici sottolineano che i precedenti gradi di giudizio hanno escluso, per esempio a proposito delle confessioni di Olindo e Rosa “qualsiasi illegittimità nell’operato dei pubblici ministeri che raccolsero le confessioni, registrandole”.

Vi è poi una questione che, per i giudici, spazza ogni dubbio: la testimonianza di Mario Frigerio, sopravvissuto miracolosamente alla strage (morì alcuni anni dopo) che la difesa riteneva viziata anche dall’inalazione del fumo che si sprigionò dopo che gli assassini appiccarono l’incendio all’appartamento in cui vivevano Raffaella Castagna, suo figlio Youssef, due anni, entrambi uccisi, e in cui morirono anche la madre della donna, Paola Galli, e una vicina di casa, Valeria Cherubini, moglie di Frigerio. Secondo i legali, il nome di Olindo sarebbe stato suggerito a Frigerio quando fu sentito in ospedale dal luogotenente dei carabinieri di Erba Luciano Gallorini. Per la Corte, però, “il dato dirimente con cui la difesa non si confronta è che la prova che ha concorso a formare il giudicato di condanna non è costituita dalla deposizione o dall’annotazione di Gallorini ma dalla testimonianza resa in dibattimento da Frigerio” .

La richiesta presentata dal sostituto procuratore generale di Milano Cuno Tarfusser è “prima ancora che carente sotto il profilo della novità della prova” inammissibile “per difetto di legittimazione del proponente” che era “privo di delega relativamente alla materia delle revisioni, riservata, secondo il documento organizzativo dell’ufficio, all’avvocato generale”. Lo stesso ufficio, trasmettendo la richiesta a Brescia, aveva chiesto l’inammissibilità. Dai giudici, infine, un’altra bocciatura di metodo: “Poiché una parte delle prove presentate sono rappresentate da interviste, la natura di documenti di tali interviste non vale a conferire loro il rango di prova ammissibile in sede processuale. Diversamente dal testimone escusso in giudizio, il soggetto intervistato non ha l’obbligo di dire la verità e non assume alcun impegno in tal senso. Al contrario è sicuramente condizionale dalla pubblicità che il mezzo garantisce e tende generalmente a compiacere l’intervistatore”. E non vi è nessuna tutela di fronte a domande “suggestive, insinuanti e insidiose”.

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Ambiente

Capodichino, sequestrati coralli portati illegalmente dalla Turchia

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Nell’ambito delle attività di contrasto ai traffici illeciti, i finanzieri della Compagnia di Capodichino, in collaborazione con i funzionari dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli – 1 SOT Napoli Capodichino, hanno intercettato un cittadino italiano proveniente da Istanbul che trasportava illegalmente 20 esemplari di corallo. Il materiale era privo della documentazione richiesta dalla Convenzione di Washington sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora minacciate di estinzione (CITES).

Durante i controlli, i coralli rinvenuti nel bagaglio del passeggero sono risultati appartenenti all’Ordine “Scleractinia Bourne”, classificazione nell’Appendice II della Convenzione CITES e nell’Allegato B del Regolamento CE 338/97. La mancanza di autorizzazioni valide per l’importazione ha portato al sequestro degli esemplari.

L’uomo è stato sanzionato con una multa che può variare da 3.000 a 15.000 euro, secondo quanto previsto dall’art. 2, comma 3, della Legge n. 150 del 07/02/1992. Il sequestro dei coralli è avvenuto in linea con le normative vigenti per la protezione delle specie a rischio di estinzione.

Le attività di controllo messe in atto dagli enti coinvolti mirano a garantire il rispetto delle regole internazionali per la tutela della fauna e della flora selvatiche, continuando a monitorare e reprimere i traffici illegali che minacciano gli ecosistemi.

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Cronache

Sparatoria a Crotone: un morto e un poliziotto ferito grave

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E’ di un morto e un ferito il bilancio di una sparatoria avvenuta intorno alle 15,30 di questo pomeriggio nel quartiere popolare di Lampanaro, alle periferia sud di Crotone. La vittima si chiamava Francesco Chimirri e faceva il pizzaiolo a Isola Capo Rizzuto. L’uomo e’ giunto cadavere al pronto soccorso dell’ospedale San Giovanni di Dio dove i soccorritori lo stavano trasportando. Ancora frammentarie le notizie sul tragico fatto di sangue, l’unica certezza finora emersa e’ che nella sparatoria e’ rimasto ferito in modo serie anche un poliziotto, la cui arma di ordinanza e’ rimasta a terra sul luogo della sparatoria mentre non sarebbe stata ancora trovata l’altra pistola. Sul posto ci sono Polizia, Carabinieri e soccorritori, le indagini sono affidate al Nucleo investigativo dei carabinieri di Crotone.

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