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Floyd disse 20 volte “I can’t breathe” prima di morire

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“Mi stanno uccidendo, mi stanno uccidendo….”: la voce di George Floyd e’ ormai fioca, le forze lo stanno per abbandonare. Ma l’agente Derek Chauvin continua a tenergli premuto il ginocchio sul collo, mentre Big Floyd e’ riverso pancia a terra, bloccato sull’asfalto. Per piu’ di 20 volte afferma di non poter respirare, supplica “I can’t breathe”. Ma il poliziotto non molla la presa e tenta di zittirlo: “Smettila di parlare, basta strillare, serve un sacco di ossigeno per parlare…”. Qualche secondo dopo il cuore di George smette di battere. E’ la trascrizione del video ripreso dalla bodycam di uno degli agenti a consegnarci gli ultimi istanti di vita del 46enne afroamericano morto per soffocamento dopo essere stato fermato dalla polizia a Minneapolis. Un episodio che ha scatenato un’ondata senza precedenti di proteste antirazziste in America e in tutto il mondo. Una scena a dir poco sconvolgente e agghiacciante, piu’ di quanto fosse emerso finora, dettagliata in oltre 80 pagine consegnate al giudice da uno degli ex poliziotti coinvolti. Questo per tentare di dimostrare che lui con la morte di George proprio non c’entra, e che ha tentato piu’ di una volta di evitare il peggio. Si chiama Thomas Lane, era una recluta, ed insieme ad altri tre ex colleghi rischia 40 anni di carcere. Primo fra tutti Chauvin, il capo pattuglia e carnefice di Floyd, accusato di omicidio volontario, il cui ritratto appare ora ancor piu’ spietato.

“Perche’ non lo giriamo signore?”, chiede a un certo punto Lane notando come Floyd fosse in serie difficolta’. Chauvin e’ categorico: “No, resta dov’e’!”. Intanto si sente George, ormai con un filo di voce, rivolgersi alla madre morta qualche anno fa: “Ti voglio bene. Di’ ai miei figli che gli voglio bene. Io sono morto”. Quando arriva l’ambulanza e’ ormai troppo tardi. Era stata chiamata dagli agenti quando la bocca di George aveva cominciato a sanguinare, ma in ‘codice 2′ anziche’ in ‘codice 3′ come si fa per i casi piu’ gravi. Eppure, sempre dal video della bodycam, emerge come fin dall’inizio George, appena fermato dalla pattuglia, avesse lamentato di non stare bene, di avere problemi respiratori e di aver paura di essere introdotto dentro la volante della polizia perche’ claustrofobico. Un disagio probabilmente dovuto anche all’assunzione di qualche sostanza stupefacente, tanto che si sente dire uno degli agenti: “Ma sei fatto? Rilassati, stai bene, riesci a parlare. Respira profondamente”. Poi la decisione di gettarlo a terra. Difficile che l’ex agente Lane vedra’ ridimensionate le accuse di aver aiutato e favorito l’omicidio di Floyd, mosse anche all’altra ex recluta Alexander Kueng e all’ex poliziotto Tou Thao. Di fatto impassibili anche di fronte alle urla dei passanti: “Basta! Non vedete che non respira piu’? Pensate che sia normale?”. Appelli disperati rimasti inascoltati.

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Parigi, arrestato l’uomo che minacciava di farsi saltare nel consolato dell’Iran: era disarmato

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È stato arrestato l’uomo che si era asserragliato nel consolato dell’Iran a Parigi: aveva minacciato di farsi saltare per aria ma quando è uscito dallo stabile, perquisito, non aveva nessun esplosivo addosso: l’uomo però era già stato indagato per un incendio nei locali del consolato nel 2023.  L’uomo,  61 anni, aveva giustificato il gesto spiegando che voleva sostenere il movimento di protesta in Iran nato  dopo la morte di una ragazza arrestata dalla polizia perché non portava bene il velo. Per quell’episodio venne condannato a otto mesi con la condizionale, oltre ad essere colpito da un divieto di recarsi nel 16esimo arrondissement di Parigi, proprio dove si trova il consolato iraniano.

Sul posto la polizia ha inviato unità di intervento rapido ed ha istituito un perimetro di sicurezza in diverse strade intorno a Place du Trocadero, dove si trova il consolato iraniano, un luogo affollato che è proprio di fronte alla Torre Eiffel. Il consolato iraniano a Parigi non è mai molto affollato e vengono rilasciati pochi visti, a causa della freddezza tra i due paesi.

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L’Australia esorta i suoi cittadini a lasciare Israele

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Il governo australiano ha esortato i suoi cittadini in Israele a “andarsene, se è sicuro farlo”. “C’è una forte minaccia di rappresaglie militari e attacchi terroristici contro Israele e gli interessi israeliani in tutta la regione. La situazione della sicurezza potrebbe deteriorarsi rapidamente. Esortiamo gli australiani in Israele o nei Territori palestinesi occupati a partire, se è sicuro farlo”, secondo un post su X che pubblica gli avvisi del dipartimento degli affari esteri e del commercio del governo australiano.

Il dipartimento ha avvertito che “gli attacchi militari potrebbero comportare chiusure dello spazio aereo, cancellazioni e deviazioni di voli e altre interruzioni del viaggio”. In particolare è preoccupato che l’aeroporto internazionale Ben Gurion di Tel Aviv “possa sospendere le operazioni a causa di accresciute preoccupazioni per la sicurezza in qualsiasi momento e con breve preavviso”.

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Ian Bremmer: l’attacco di Israele è una sorta di de-escalation

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C’è chi legge una escalation e chi invece pensa che sia una de escalation questo attacco israeliano contro l’Iran. “È un allentamento dell’escalation. Dovevano fare qualcosa ma l’azione è limitata rispetto all’attacco su Damasco che ha fatto precipitare la crisi”. Lo scrive su X Ian Bremmer, analista fondatore di Eurasia Group, società di consulenza sui rischi geopolitici.

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