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Politica

Fitto in Ue, trattativa su filo su Pnrr-flessibilità

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Un mese per trattare sulla terza rata da 19 miliardi, qualcuno in più per negoziare la flessibilità sui fondi: la partita sul Pnrr tra Italia e Ue si avvicina al bivio. E’ una partita che, per Roma, è certamente in salita e, forse, non è neanche agevolata dai diversi fronti aperti tra governo e Bruxelles, dal Green Deal o dal Mes. “Non c’è preoccupazione, c’è consapevolezza, e stiamo lavorando in maniera propositiva con la Commissione”, è l’invito alla calma arrivato da Bruxelles dal ministro per gli Affari Ue, la Coesione e il Pnrr, Raffaele Fitto. L’ex eurodeputato è tornato nella capitale belga per aggiornare il negoziato con l’esecutivo Ue con un duplice obiettivo: incassare il via libera alla terza tranche e arrivare ad uno spazio di manovra che consenta di spostare dal Pnrr alla programmazione di Coesione quei progetti che, entro il 2026, sono irrealizzabili. A Bruxelles Fitto ha visto tre commissari, Margaritis Schinas, Nicolas Schmit e Stella Kyriakides. Ha avuto incontri tecnici e ha incontrato la delegazione di Fdi all’Eurocamera. Il messaggio, più o meno, è stato lo stesso: il governo è impegnato a difendere l’intera gamma di progetti per l’ok dell’Ue alla terza rata e, al tempo stesso, ha posto un problema: nel Pnrr italiano ci sono target che, entro il 2026, “è impossibile realizzare”. Sul primo punto ad essere in bilico sono soprattutto due progetti, quello per il nuovo stadio a Firenze (sul quale ci sarebbero dubbi legati all’ammissibilità del piano nelle regole di concorrenza europee) e quello del ‘Bosco dello sport’ a Venezia.

Il ‘no’ della Commissione è tutt’altro che da escludere anche perché l’esecutivo non può permettersi di perdere i miliardi che sarebbero già dovuti arrivare a inizio marzo. Certo, nel governo non nascondono un dato: si tratta di progetti che sono parte del Pnrr targato Mario Draghi, sui quali Bruxelles aveva dato via libera. In serata il commissario agli Affari Economici Paolo Gentiloni è tornato a sottolineare come l’Ue “lavora assieme all’Italia e non ha alcuna voglia di riproporre a Bruxelles divisioni interne” alla politica italiana. Ma forse, all’interno dell’Ue e su spinta dei ‘frugali’, qualcosa nell’atteggiamento dell’Europa verso l’Italia è cambiato. Di certo, ha assicurato Fitto, da parte dell’esecutivo non c’è volontà di fare polemica. “D’intesa con i sindaci e con i ministeri dell’Interno e dell’Economia il governo predisporrà delle risposte di chiarimento” all’Ue sui progetti sotto esame, auspicando che si trovi una soluzione”, ha spiegato. Sull’altro fronte, quello della modifica del Pnrr, Roma presenterà invece “una relazione completa che andrà a fotografare lo stato attuale anche con delle proposte di cambiamento che andranno affrontate d’intesa con l’Ue”.

Un cambiamento che terrà conto del capitolo aggiuntivo del RepowerEu ma anche del fatto che, per il piano strategico energetico dell’Ue, le risorse a fondo perduto per l’Italia proverranno solo dal sistema Ets. E, al momento, Roma non ha diritto ad alcun prestito ulteriore. La flessibilità nell’uso dei fondi, laddove Paesi come la Germania possono contare sul nuovo allentamento sugli aiuti di Stato, diviene così una “logica convergenza”. “Potremmo immaginare un coordinamento unico per il Pnrr che scade a giugno del 2026, i fondi di Coesione che vanno spesi entro il 2029 e il Fondo di sviluppo e Coesione, che è nazionale e non ha scadenza”, ha spiegato Fitto. Bruxelles, su questo punto, ha già mostrato aperture. Ma il lavoro su quali siano i progetti da ‘trasferire’ alla Coesione è complesso e potrebbe incrociare l’ira di diversi amministratori locali. Ma per il governo la strada è questa: porre il problema ora è stato un gesto di responsabilità perché evita che sarebbe scoppiato fra qualche mese o un anno, è la linea di Fitto. Che l’Ue dilazioni la scadenza del Pnrr a dopo il 2026, anche a Roma, ormai è escluso. Mentre cresce la consapevolezza che la maggiore trappola legata al Recovery Fund si nascondeva proprio nella sua deadline.

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Politica

Offese a Kyenge, Calderoli condannato a 7 mesi

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Il ministro per gli Affari regionali e le autonomie Roberto Calderoli è stato condannato a 7 mesi, con pena sospesa e non menzione nel casellario giudiziario, in Tribunale a Bergamo nel nuovo processo per la vicenda delle offese all’allora ministro dell’Integrazione Cecile Kyenge, che il 13 luglio 2013 definì “orango” alla festa della Lega di Treviglio (Bergamo) durante un comizio. L’accusa era diffamazione aggravata dalla matrice razziale. Kyenge non si era costituita parte civile. La Cassazione aveva annullato le precedenti condanne in primo e secondo grado. A dicembre il reato andrà in prescrizione.

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Politica

Stop ai controlli sul Pnrr,tensione Corte conti-governo

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Nessun passo indietro, ma la promessa di trovare un nuovo “modello” di relazioni, “nel rispetto delle competenze”. E per elaborare, insieme, un “codice dei controlli”, che fissi una volta per tutte le regole. Nel giorno in cui ufficialmente cambia i poteri della Corte dei Conti sul Pnrr, escludendo il “controllo concomitante” per i progetti legati al Piano, il governo incontra i magistrati contabili per spiegare la ratio dell’intervento e cercare di chiudere uno scontro istituzionale che si è trascinato per giorni. Proprio mentre il presidente della Corte, Guido Carlino, siede di fronte a Raffaele Fitto e al sottosegretario Alfredo Mantovano a Palazzo Chigi, alla Camera le commissioni votano l’emendamento della discordia, che esclude il Pnrr dal check in corso d’opera dei magistrati contabili e che, in aggiunta, proroga di un altro anno, fino a giugno 2024, lo scudo alla responsabilità erariale, bocciato ripetutamente dalla Corte.

“Il controllo concomitante può accelerare le opere” anche del Pnrr, aveva spiegato poco prima Carlino alla commissioni congiunte Affari costituzionali e Lavoro, difendendo la bontà dell’azione della Corte a supporto delle attività delle amministrazioni. Una azione preventiva utile anche a non incorrere in errori, bocciature successive e pure nel rischio di essere perseguiti per danno erariale. Ma sul Pnrr alla Corte è affidato “il controllo ex post”, ha precisato Fitto in Aula, cercando al contempo di smorzare la polemica e di assicurare che non era in corso alcuno “scontro” tra poteri. Lo stesso ragionamento che il titolare del Piano ha esposto anche ai giudici a Palazzo Chigi, affiancato da Mantovano. Il risultato di un’ora e mezza di confronto è un messaggio, veicolato da Palazzo Chigi, di pace fatta. Di condivisione della necessità di una “leale collaborazione” assieme a quella di stringere i bulloni di una interlocuzione che, evidentemente, in queste settimane ha subito qualche intoppo. La promessa è di rivedersi già la prossima settimana per aprire un tavolo per la “revisione della disciplina della responsabilità erariale, del meccanismo di controllo concomitante e dell’adozione di un codice dei controlli”.

Bisogna poi impostare “un modello di relazione e scambio di informazioni più intenso e puntuale”. La volontà, insomma, è quella di gettare acqua sul fuoco di uno scontro stigmatizzato duramente dalle opposizioni, che invano hanno cercato la via della non ammissibilità dell’emendamento del governo al decreto Pa. Criticata duramente, in particolare dai Dem, anche la scelta di votare proprio mentre era in corso l’incontro a Palazzo Chigi. Il governo è pronto a mettere mano anche allo scudo erariale per dare “stabilità” alla disciplina, ferma restando la proroga attuata pur avendo “preso atto della contrarietà della Corte”. Si tratta di una norma “transitoria” in attesa della riforma in materia di responsabilità amministrativa e contabile”, ha assicurato sempre Fitto, ribadendo che l’intenzione dell’esecutivo è quella di accelerare sull’attuazione del Pnrr.

Nel frattempo è anche già stata avviata “dal 18 maggio”, come precisa via Twitter, l’interlocuzione con Bruxelles sul nuovo capitolo legato al RepowerEu, che avrà due linee di intervento sostanziali, sulle “infrastrutture energetiche” e sugli “incentivi per dare una risposta per l’efficientamento energetico per famiglie e imprese”. “Siamo pronti a collaborare”, ha assicurato da Torino il commissario europeo Paolo Gentiloni. Precisando però, interpellato sulla scelta dell’esecutivo italiano rispetto alla Corte dei Conti, che non spetta all’Europa il controllo di “fenomeni di frode, di corruzione, di doppia spesa dei diversi fondi”.

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Economia

L’ultima di Visco, ora si apre il nodo successione a Bankitalia

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Poche parole ‘a braccio’ di ringraziamento ai colleghi di 50 anni di lavoro nella Banca, una relazione senza sconti su quei temi e proposte che non condivide ma con toni pacati e un lungo applauso finale. Le ultime considerazioni finali del governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco si svolgono, nel salone dei partecipanti di Palazzo Koch, come da tradizione dopo la parentesi del Covid: platea gremita di banchieri, industriali, autorità e sindacalisti. In prima fila gli alti vertici della banca e l’ex premier e numero uno di Via Nazionale e della Bce Mario Draghi. Assente, come d’abitudine, il governo che da ora fino a novembre, quando scadrà il secondo mandato del governatore, dovrà trovare il nome del sostituto. Una casella ‘pesante’ nel puzzle delle nomine che molti indicano verrà occupata da Fabio Panetta, ora nel board della Bce ma con un lungo e inappuntabile curriculum in Banca d’Italia.

A Via Nazionale è arrivato fino alla carica di direttore generale prima di essere chiamato a Francoforte a inizio 2020. Altre soluzioni, quella interna con l’attuale dg della banca Luigi Federico Signorini o di un outsider esterno riscuotono quotazioni inferiori negli ambienti finanziari e della maggioranza parlamentare. L’iter della nomina tuttavia vede un ruolo non notarile del Presidente della Repubblica al quale, secondo la legge, spetta il decreto di nomina su “proposta del presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio superiore della Banca d’Italia”. Va poi ricordato come la banca sia parte dell’Eurosistema Bce che non deflette sulle caratteristiche di autonomia e indipendenza. Per il momento Visco incassa le parole di elogio dei diversi attori della scena finanziaria. Per Gros Pietro “il governatore è un grande economista, un bravissimo economista” mentre il presidente di Unciredit Pier Carlo Padoan (che occupava la carica di ministro dell’economia ai tempi delle crisi bancarie con Visco governatore), “”il paese deve essere grato a Ignazio Visco” per ” il suo contributo personale a quello che ha fatto la Banca d’Italia in questi anni”.

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