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Economia

Fisco, aiuti per chi riapre negozi nei piccoli Comuni

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In arrivo aiuti a chi riapre negozi chiusi da almeno sei mesi in Comuni sotto i 20 mila abitanti. La commissione Finanze della Camera ha approvato la misura che prevede il rimborso dei tributi comunali per quattro anni. Le risorse a disposizione risultano pari a 5 milioni per il 2010, 10 per il 2021, 13 per il 2022 e 20 a decorrere dal 2023. Sono escluse le attivita’ di compro oro, di vendita di articoli sessuali e le sale per scommesse. La novita’ e’ inserita nel provvedimento per la semplificazione fiscale (Ruocco-Gusmeroli).

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Economia

Produzione industriale, affondano auto e tessile

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Non si ferma il gelo della produzione industriale, cristallizzata ad ottobre sugli stessi livelli del mese precedente ma che mostra un altro brutto segno meno su base annuale: -3,6% rispetto ad ottobre 2023, il ventunesimo calo consecutivo. Un vento freddo che spira su fabbriche e aziende di tutti i settori ma che è spinto soprattutto da auto e tessile, scesi con numeri a due cifre da capogiro: oltre il 40% per la produzione dei soli autoveicoli rispetto ad un anno fa, -16,4% per tutto il settore dei mezzi di trasporto, -7,6% secco per le industrie tessili con punte da oltre il 20% per alcuni comparti della moda.

I segnali di rigore soffiano d’altronde anche altrove con la Germania che a settembre, ultimo dato disponibile, ha registrato un calo tendenziale del 4,6% della produzione industriale mentre la Francia registra una lieve discesa dello 0,4%. Non va meglio a livello comunitario: sempre a settembre la produzione industriale ha segnato un -2,8% nell’area euro e -2,4% a livello Ue. Ma se la locomotiva tedesca si è fermata e il treno europeo è rallentato, anche l’Italia – pur ai massimi storici per livello d’occupazione – ha ridotto le sue prospettive di crescita e segna il passo in alcuni dei settori industriali più tradizionali.

Ad ottobre rispetto a settembre sono andati bene i comparti dell’energia (+1,7%) e dei beni di consumo (+1,5%); maluccio i beni strumentali (-0,2%) male i beni intermedi (-1,0%). Spinta positiva in particolare dagli alimentari e dai farmaceutici e dalla fornitura di servizi energetici, mentre scendono attività estrattiva e mezzi di trasporto, settori che mostrano anche un calo trimestrale. La situazione è la stessa proiettata anche a livello annuale dove però il calo è più generalizzato ed interessa anche i beni di consumo e l’energia (-0,8% per entrambi i settori),pure se la riduzione risulta più rilevante per i beni intermedi (-5,2%) e per i beni strumentali (-4,4%). Cartina di tornasole dei dati dell’Istat sono i diversi tavoli di crisi dei quali si sta occupando il ministero dell’Industria.

Una delle chiavi di volta, si sa, è la complicata situazione dell’automotive non solo per il nodo Stellantis. Una situazione che sta travolgendo tutta la filiera europea e alla quale tutta l’Europa tenta di mettere riparo. Ma oltre alla produzione di autoveicoli, quasi dimezzata rispetto ad ottobre di un anno fa e ridotta quasi del 30% (27,9%) nei 10 mesi 2024, preoccupa anche la moda, con interi sotto comparti ormai in ginocchio. Le industrie del settore tessile, abbigliamento, pelli e accessori che da settembre a ottobre hanno segnato un rialzo dello 0,9%, hanno visto un calo del 7,6% rispetto ad ottobre 2023 e del 10,5 dall’inizio dell’anno con profondi rossi per alcune specializzazioni, come quelle della valigerie e articoli da viaggio (-32,8) o il settore della concia e preparazione del cuoio(-20,8%). Di ‘uno tsunami’ parlano i consumatori.

Preoccupati gli artigiani che evidenziano come sia pericolosa la riduzione del peso dell’industria sul prodotto interno lordo, per un Paese manifatturiero come l’Italia, la seconda manifattura d’Europa dopo la Germania, dove l’industria fa da traino anche ai servizi e che chiedono un intervento congiunto al governo. “Dati attesi” dice la Cgil: “La crisi dell’industria la misuriamo quotidianamente ai tanti tavoli istituzionali di crisi al Mimit e a quelli che quotidianamente affrontiamo sui territori. Tavoli che ormai hanno un tratto comune fatto di chiusure e delocalizzazioni di fabbriche e imprese, di riconversioni industriali che impoveriscono qualità di produzione e occupazione, di licenziamenti e cassa integrazione, ammortizzatore che a settembre (ultimo dato disponibile) registra poco meno di 45 milioni di ore, con un incremento del 18,87% sullo stesso mese del 2023”.

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Economia

Affitti brevi: rilasciato 70% dei Cin per le strutture censite

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Con oltre 549.900 strutture registrate e più di 385.000 Codici Identificativi Nazionali (Cin) rilasciati, superando il 70% delle strutture registrate , i risultati ottenuti in pochi mesi sono significativi. Questi numeri testimoniano il grande impegno volto a creare la prima banca dati nazionale delle strutture ricettive . A partire da oggi, è anche attivo il rilascio automatico del Cin, per le strutture che hanno segnalato nei giorni scorsi “struttura non trovata” e per le quali sono già trascorsi 30 giorni dalla richiesta.

Questo caso si riferisce all’eventualità in cui il soggetto richiedente non coincide con il soggetto in anagrafe regionale, motivo per cui le Regioni invitano a collegarsi prima sui loro applicativi e censirsi e poi collegarsi al MiTur per il Cin. Queste strutture possono ora accedere tranquillamente alla piattaforma per richiedere il Cin. La nuova procedura è progettata per garantire che le Regioni possano verificare le strutture senza penalizzare coloro che sono in regola. Inoltre, il ministero ha contattato tutti i richiedenti che non si ritrovano in banca dati per il Cin automatico.

“Abbiamo quindi raggiunto – spiega il MiTur in una nota – un censimento quasi completo e un allineamento storico tra la banca dati nazionale e quelle regionali. Pertanto, si è raggiunto un risultato senza precedenti che non solo facilita la regolarizzazione, ma contribuisce anche a far emergere il sommerso, uno degli obiettivi principali della normativa. Invitiamo tutti i titolari di strutture ricettive che non hanno ancora effettuato la richiesta del codice a farlo al più presto. Gli strumenti sono disponibili, e il lavoro svolto consente a tutti di essere in regola con la normativa vigente”.

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Economia

Lo scandalo Stellantis: licenziamenti in Italia e investimenti miliardari in Spagna

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Mentre in Italia decine di operai dell’indotto Stellantis vengono licenziati, con centinaia di posti di lavoro a rischio e il ricorso alla cassa integrazione, il gruppo automobilistico annuncia un investimento record di 4,1 miliardi di euro in Spagna, in collaborazione con il colosso cinese Catl, per la costruzione di una fabbrica di batterie per auto elettriche a Saragozza.

L’entusiasmo del governo spagnolo

L’annuncio ha suscitato entusiasmo nel governo spagnolo. Il premier Pedro Sanchez, in un messaggio su X, si è detto “molto soddisfatto” per la decisione di Stellantis e Catl, sottolineando l’importanza della collaborazione pubblico-privata che ha portato a questo accordo. Sanchez ha ringraziato i presidenti di Stellantis, John Elkann, e di Catl, Robin Zeng, per aver puntato sulla Spagna come luogo chiave per il futuro della decarbonizzazione.

La situazione in Italia: licenziamenti e crisi

In Italia, però, la realtà è ben diversa. Stellantis continua a tagliare posti di lavoro nell’indotto, mettendo a rischio centinaia di famiglie e utilizzando la cassa integrazione per fronteggiare il calo della produzione. Queste misure alimentano il malcontento tra i lavoratori e le critiche verso un gruppo che sembra delocalizzare opportunità e investimenti, penalizzando il mercato italiano.

Un futuro che penalizza l’Italia?

L’investimento miliardario in Spagna rappresenta un duro colpo per l’Italia, tradizionalmente uno dei centri di produzione del gruppo Stellantis. Mentre Saragozza si prepara a diventare un polo strategico per la mobilità elettrica, l’Italia rischia di perdere il treno della transizione ecologica e dell’innovazione industriale, restando relegata a tagli occupazionali e misure temporanee come la cassa integrazione.

Una domanda cruciale

La decisione di Stellantis pone una questione fondamentale: perché l’Italia non riesce ad attrarre investimenti di questa portata? Il contrasto tra la politica industriale adottata in Spagna e la situazione italiana evidenzia una mancanza di strategie efficaci per mantenere e sviluppare l’occupazione nel settore automobilistico.

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