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Cronache

Firenze, imbrattato Palazzo Vecchio, due fermati: a ripulire anche il sindaco Nardella

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Ci sono voluti ben 5 mila litri d’acqua per ripulire il muro di Palazzo Vecchio a Firenze, imbrattato da un gruppo di ambientalisti (certo far sprecare tanta acqua da parte loro…): lo ha spiegato il sindaco Dario Nardella dopo aver prima ‘placcato’ uno dei due attivisti-imbrattatori e poi aiutato a ripulire quanto sporcato.

I due giovani fermati sono stati denunciati dalla polizia municipale. Si tratta di una ragazza di 23 anni e di un giovane di 32 anni. Sono accusati del reato di imbrattamento a edifici di rilevanza culturali o paesaggistici, per manifestazione non autorizzata, per il mancato rispetto del foglio di via emesso da questore per tre anni.
“L’attacco all’arte, la cultura e la bellezza, che sono inermi davanti alla violenza e che nascono per il bene dell’umanità non può mai giustificare la battaglia per una causa, anche la più condivisibile”. così scrive Dario Nardella, sindaco di Firenze, sul suo profilo Facebook. È stato proprio lui ad aiutare gli agenti di polizia municipale a fermare i due attivisti.

 

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Capri blindata per il G7 Esteri, 1.400 uomini per la sicurezza e spazio aereo chiuso

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Sarà la solita bellissima Capri insolitamente blindata quella che si appresta ad accogliere i ministri degli esteri dei sette paesi del G7: circa 1400 uomini delle forze dell’ordine che in queste ore stanno raggiungendo l’isola dovranno garantire la sicurezza dell’evento. Un contingente di cui fanno parte anche gli specialisti delle bonifiche da ordigni esplosivi e che verrà replicato in tutti e tre i giorni del vertice. L’Arma dei Carabinieri è presente in forze con donne e uomini dispiegati ovunque sull’isola. Molti anche in abiti borghesi per assicurare serenità anche ai residenti e ai turisti presenti sull’isola.

Diverse le misure adottate, anche in relazione alla situazione in Medioriente: lo spazio aereo sull’isola sarà chiuso e protetto da un dispositivo idoneo a scongiurare eventuali minacce dal cielo, così come il mare sarà sorvegliato dalle motovedette della Guardia di Finanza con uomini armati a bordo.

La stessa Guardia Costiera e la Capitaneria di Porto si occuperanno della sicurezza del porto commerciale. In tutta l’area dell’isola saranno disseminate le unità sanitarie di emergenza della Polizia di Stato. Pronti ad entrare in azione anche i subacquei dei vigili del fuoco. Durante la manifestazione divieto di attracco per i turisti nel porto di Marina Grande.

Anche la Grotta Azzurra, monumento simbolo dell’isola, sarà presidiata da una motonave della Capitaneria di Porto. In campo anche i motociclisti di carabinieri e polizia e gli uomini dei reparti antisommossa: verrà effettuato dalle forze dell’ordine un filtraggio dinamico sugli arrivi in collaborazione con la polizia locale e le altre forze dell’ordine territoriali.

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Cronache

Schianto sulla Statale 100, muoiono mamma e figlio di 12 anni

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Tragico schianto sulla statale 100 Taranto-Bari, all’altezza dello svincolo per San Basilio, poco distante dal ristorante Sala Azzurra. In seguito allo scontro fra un’auto e un tir, hanno perso la vita una donna e suo figlio di 12 anni mentre il padre, che guidava la vettura, è stato trasportato in codice rosso all’ospedale Santissima Annunziata. Le sue condizioni, a quanto si apprende, sono gravi. Ferito anche l’autista del camion, ricoverato all’ospedale di Castellaneta. Sul posto il 118, i carabinieri di Massafra e i vigili del fuoco.

Secondo una prima ricostruzione, sembra che il tir, che viaggiava in direzione Taranto, si sia scontrato frontalmente con un Suv Ford che procedeva nella direzione opposta e a bordo del quale viaggiava la famiglia, originaria di Palagiano. L’impatto è stato violentissimo e si è reso necessario l’intervento dei vigili del fuoco per estrarre le due vittime dalle lamiere. Definite critiche anche le condizioni del conducente del Suv, di 37 anni, trasportato d’urgenza all’ospedale di Taranto. La strada è stata temporanemante chiusa al traffico veicolare.

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“Sviarono indagini morte Borsellino, condannare agenti”

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Per la procura generale di Caltanissetta i tre appartenenti alla polizia di Stato imputati per il depistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio, il 19 luglio 1992, in cui vennero uccisi il procuratore aggiunto Paolo Borsellino e 5 poliziotti della scorta, sono colpevoli di calunnia aggravata dall’aver favorito Cosa nostra e vanno condannati: il commissario Mario Bo a 11 anni e 10 mesi, l’ispettore Fabrizio Mattei a 9 anni e sei mesi e a 9 anni e sei mesi anche l’agente Michele Ribaudo. “Un tradimento da parte degli apparati dello Stato che non può essere perdonato – ha detto nell’aula della corte d’appello nissena il procuratore generale Fabio D’Anna al termine della requisitoria.

“Perchè questo depistaggio? – si chiede D’Anna – L’unico interesse che spiega la pervicacia del gruppo investigativo Falcone-Borsellino è che loro sapevano perfettamente che con il loro comportamento stavano allontanando dalla verità delle indagini, vuoi per proteggere apparati dello Stato vuoi per proteggere apparati mafiosi”. Ruota intorno alla figura ambivalente del poliziotto Arnaldo La Barbera capo della squadra mobile e poi questore di Palermo, al vertice del pool investigativo sulle stragi di Palermo del 1992, morto nel 2002, la vicenda del depistaggio sulle indagini per la strage di via D’Amelio. Era lui il capo dei tre imputati e insieme avrebbero indotto il falso pentito Vincenzo Scarantino, piccolo delinquente della borgata Guadagna, a dare una ricostruzione dei preparativi della strage totalmente falsa accusando mafiosi che però con l’autobomba di via d’Amelio non c’entravano nulla.

Applicato alla procura generale il pm Maurizio Bonaccorso, che ha sostenuto l’accusa nel processo di primo grado che ha visto la prescrizione per Mattei e Bo (in quanto era caduta l’aggravante del favoreggiamento a Cosa nostra) e l’assoluzione per Ribaudo, ha detto che la “figura centrale di questo depistaggio è Arnaldo La Barbera. “Mi auguro di non sentire affermazioni, da parte della difesa, sul fatto che si processano i morti – ha aggiunto – chi non è in grado di difendersi, sugli schizzi di fango, così come fatto in primo grado”. “Dobbiamo partire – ha continuato Bonaccorso – dalle risultanze su La Barbera che ci danno l’immagine di un soggetto che è un ponte tra due mondi, quello di Cosa Nostra e quello dei servizi deviati, entrambi interessati al mancato accertamento della verità”. Per Bonaccorso “La Barbera era finanziato dal Sisde in nero. Sono soldi che lui prendeva non per pagare i confidenti ma per cose personali.

Per pagarsi l’albergo, dove amava stare. Un tenore di vita assolutamente considerevole in relazione a quello che poteva essere la capacità reddituale di un funzionario di polizia. E veniva pagato anche dai boss Madonia”. Il pm ha ricordato che l’agenda rossa di Borsellino era nella borsa del magistrato in via D’Amelio e venne presa ma “non dalla mafia”. E la borsa è ricomparsa nella stanza di La Barbera e fu restituita ai familiari ma senza l’agenda. E il sostituto Pg Gaetano Bono ha sostenuto che “Il depistaggio è stato fatto”. “La finalità non era quella banale – ha spiegato – di favorire la carriera di Arnaldo La Barbera ma agevolare la mafia. Gli imputati erano consapevoli che Vincenzo Scarantino inventasse. Supportare il collaboratore nello studio di ciò che doveva dire era necessario perché non stava dicendo la verità”. Ecco ha detto Bono, perchè “la sentenza di primo grado va riformata. Sia per i profili di fatto che di diritto. La pronuncia assolutoria è incoerente”

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