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Cronache

Femminicidio nell’Ascolano, Emanuela picchiata a morte

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Un violento pestaggio, compiuto ore prima di avvisare i genitori con una telefonata sconvolgente: “Emanuela non respira più”. Sono gli ultimi attimi di vita di Emanuela Massicci, 45 anni, massacrata di botte nella notte del 19 dicembre dal marito 48enne Massimo Malavolta nella loro abitazione a Ripaberarda, frazione di Castignano, in provincia di Ascoli Piceno, mentre in casa c’erano anche i due figli. Il gip di Ascoli, Annalisa Giusti, ha convalidato l’arresto dell’uomo, effettuato in flagranza di reato dai carabinieri, e ha disposto la custodia in carcere, accogliendo la richiesta della Procura. Malavolta, rimane al momento ricoverato all’ospedale Mazzoni di Ascoli, sorvegliato a seguito di un tentativo di suicidio commesso dopo il delitto.

Il trasferimento nel carcere di Marino del Tronto sarà disposto non appena i medici ne certificheranno le condizioni. La legale di difesa, avvocatessa Saveria Tarquini, aveva chiesto il trasferimento in una struttura sanitaria, sulla base di una perizia redatta nel 2015 relativa a precedenti problemi psichici e sollecitando una nuova valutazione psichiatrica sull’uomo. La gip ha invece respinto l’istanza, ritenendo la detenzione in carcere la misura più adeguata a prevenire ulteriori aggressioni, stante la natura violenta del 48enne. Secondo la ricostruzione della Procura, l’omicidio sarebbe avvenuto presumibilmente tra l’una e le due di notte, mentre i due figli della coppia dormivano nella loro cameretta.

La donna è stata colpita con una violenza tale da riportare fratture multiple al naso, a sette costole e all’ulna sinistra. Sulle mani della vittima segni che indicano un disperato tentativo di difendersi. Dopo l’aggressione, Malavolta ha rivestito il corpo della moglie e si è autoinflitto un taglio all’avambraccio. Alle 5:32 del mattino, l’uomo ha telefonato ai genitori per informarli della morte di Emanuela. Quando i carabinieri e i sanitari sono arrivati, lo hanno trovato seduto accanto al corpo della moglie, in stato di semi-incoscienza, con il coltello ancora in mano. I medici legali Sabina Canestrari e Francesco Brandimarti collocano il decesso della donna a circa sette ore prima della ricognizione cadaverica effettuata nella prima mattinata di giovedì scorso, dopo la scoperta del cadavere.

La morte è stata causata dalle percosse a cui il marito ha sottoposto la vittima con grande violenza. Nel disporre la custodia cautelare in carcere, la gip ha evidenziato i gravi indizi di colpevolezza e l’estrema pericolosità dell’indagato, ritenendo necessario che l’uomo sia piantonato finché è ricoverato in ospedale. Sarà in seguito trasferito in carcere, misura considerata idonea per garantire la sicurezza pubblica.

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Resta in cella ex boss collaboratore di giustizia Vincenzo Sarno

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Resta in carcere l’ex boss e collaboratore di giustizia Vincenzo Sarno: sono stati entrambi convalidati dai giudici di Brescia e Napoli i provvedimenti di fermo per tentato omicidio e omicidio notificati rispettivamente dalla Dia di Brescia e dalla Squadra Mobile di Napoli. Secondo gli inquirenti, malgrado “pentito”, stava riorganizzando l’omonimo clan del quartiere Ponticelli di Napoli, che una volta gestiva con i suoi fratelli, ed era pronto a tutti per riprendersi l’egemonia degli affari criminali della zona. A Sarno, e ad altri due suoi complici, viene contestato dalla Dda di Brescia il tentato omicidio di un ex collaboratore di giustizia, Domenico Amato, che nel 2022 si trovava in una località protetta di una delle province della Lombardia.

Per costringerlo a uscire di casa e colpirlo, è l’ipotesi degli investigatori, il commando decise di incendiare la sua vettura. Per fortuna il tentativo non andò a segno: l’obiettivo del raid, forse intuendo che si trattava di un agguato, rimase barricato in casa. Due giorni fa, a Massa Carrara, Sarno ha ricevuto anche un decreto di fermo, emesso dalla Dda di Napoli e notificato dalla Polizia di Stato, per un altro fatto di sangue, un cold-case risalente al 1996: si tratta dell’omicidio di Gerardo Tubelli, assassinato il 5 gennaio 1996, nella sua abitazione di Cercola (Napoli). Si tratta di un agguato che gli inquirenti inquadrano nella guerra di camorra tra i Sarno e il gruppo Maione/Tubelli, quest’ultimo legato all’Alleanza di Secondigliano. Secondo la Dda in quel gruppo di fuoco c’era anche Vincenzo Sarno.

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Guasto sulla linea Alta Velocità a Bologna: treni bloccati e ritardi fino a 100 minuti

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Mattinata di forti disagi per i viaggiatori dell’Alta Velocità ferroviaria, a causa di un guasto a un deviatoio nei pressi della stazione sotterranea di Bologna. Il problema ha causato rallentamenti significativi sulla linea, con ritardi pesanti per diversi treni diretti verso sud, in particolare da Milano a Roma e Napoli.

Treni bloccati e ritardi fino a 100 minuti

Per circa due ore, la circolazione ha subito forti rallentamenti. Alcuni convogli non hanno potuto essere deviati sulla linea di superficie e sono rimasti fermi per lungo tempo, accumulando ritardi fino a 100 minuti. Gli altri treni, invece, sono stati deviati, ma hanno comunque subito rallentamenti consistenti.

Situazione risolta, ma persistono i disagi

Il problema è stato risolto alle 10.50, permettendo ai treni di riprendere il loro percorso regolare. Tuttavia, gli effetti del blocco si stanno ancora facendo sentire, con code di ritardi che impattano sulla regolarità del traffico ferroviario anche nelle ore successive.

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Pubblica amministrazione, 650 licenziati all’anno: 1 su 3 assente ingiustificato

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featured, Stupro di gruppo, 6 anni ,calciatore, Portanova

Tra il 2018 e il 2023 sono stati circa 15mila i dipendenti della pubblica amministrazione incappati in sospensioni o licenziamenti. La maggior parte dei provvedimenti, il 30%, nel comparto sanità (4.666 provvedimenti disciplinari gravi) e nel gruppo Ministeri-Agenzie (4.181, 27%). Seguono: i comuni con 3.138 sospensioni e licenziamenti, pari al 20% del totale; le scuole (1.625, 11%), la categoria enti pubblici vari (4%), le regioni (3%) e, infine, le università e le province, ferme entrambe a quota 2%. E’ quanto emerge da un’analisi di Centro Studi Enti Locali basata sugli ultimi dati messi a disposizione dal ministero per la Pubblica Amministrazione. E nel 2023 come nell’anno precedente i licenziati sono stati circa 650: prima causa (35%) le assenze ingiustificate dal servizio: dipendenti che non hanno comunicato che non si sarebbero presentati a lavoro, che hanno giustificato la loro assenza con un certificato medico falso o che attestava una malattia inesistente .Al secondo posto, c’è la categoria licenziamenti connessi a dei reati, che rappresenta il 33% del totale e ancora, nel 26% dei casi, l’inosservanza di disposizioni servizio, la negligenza, le false dichiarazioni o un comportamento scorretto verso superiori, colleghi e utenti.

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