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Cronache

Fedez, operato per un tumore neuroendocrino al pancreas: sta bene e tornerà presto a casa

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“Settimana scorsa ho scoperto di avere un raro tumore neuroendocrino del pancreas. Uno di quelli che se non li prendi per tempo non e’ un simpatico convivente da avere all’interno del proprio corpo”. Era quello il “problema di salute” cui aveva accennato Fedez lo scorso 17 marzo, e che lo ha portato, due giorni fa, a essere operato all’ospedale San Raffaele di Milano, che lui e la moglie Chiara Ferragni avevano sostenuto economicamente durante la prima ondata pandemica, contribuendo con la loro raccolta fondi all’apertura di una nuova terapia intensiva. Oggi al San Raffaele c’e’ Federico, come si firma il rapper nel post con cui, su Instagram, si presenta ancora una volta in tutta la sua umanita’: in piedi, con le dita alzate in segno di vittoria, di fianco al letto di ospedale, dove in questi giorni non gli e’ mai mancato il supporto della moglie Chiara. La stessa Ferragni, appena il marito ha reso nota la sua patologia, ha postato una foto di loro due abbracciati sullo stesso letto, il giorno prima dell’operazione.

“Mi sono dovuto sottoporre ad un intervento chirurgico durato 6 ore per asportarmi una parte del pancreas (tumore compreso) – racconta Fedez, che compira’ 32 anni a ottobre – A due giorni dall’intervento sto bene e non vedo l’ora di tornare a casa dai miei figli. Ci vorra’ un po’”. “Grazie ai medici, chirurghi e infermieri che mi sono stati accanto in questi giorni intensi. Un grazie immenso anche per tutti i messaggi di supporto e di positivita’ che mi avete fatto arrivare. Vi voglio bene. Federico” conclude su Instagram. Anche Chiara racconta suo social la settimana particolare dopo la diagnosi, momento dopo momento e rivela: ””La maggior parte di questo tempo mi e’ sembrato sfocato: era come se il tempo si fosse fermato e avevo paura come non mai in vita mia che potesse accadere qualcosa di brutto. Grazie vita per aver ribaltato le cose al meglio”. “Ti vogliamo bene anche tutti noi” gli risponde Donatella Versace, interpretando il sentire dei tanti amici e colleghi, da Lorenzo Jovanotti a Francesca Michielin, da Loredana Berte’ a Noemi e Baby K, che hanno lasciato un cuore o un pensiero sotto il post. Tra loro anche la moglie di Fedez, Chiara Ferragni, che gli scrive ‘Daje amore’ e poi, sul suo profilo, pubblica una foto di loro due, abbracciati, sul lettino del San Raffaele.

“Questa foto – scrive l’imprenditrice – e’ stata fatta lunedi’ pomeriggio all’ospedale, il giorno prima della sua delicata operazione al pancreas. Eravamo spaventati per ogni cosa: la sua diagnosi, il suo intervento, la sua ripresa e per il futuro della nostra famiglia. L’operazione di martedi’ e’ andata bene, e lui si sta riprendendo e speriamo che questo diventi solo un brutto ricordo che ci insegni, ancora una volta, l’importanza di apprezzare la vita al meglio, ogni giorno”. Se Fedez ha scelto l’Ospedale San Raffaele non e’ solo per il rapporto che lo lega alla struttura, ma perche’ “e’ uno dei piu’ importanti centri al mondo per la diagnosi, la cura e la ricerca dei tumori neuroendocrini. L’ospedale – si legge sul suo sito – e’ stato infatti certificato come centro di Eccellenza europeo dalla European Neuroendocrine Tumor Society”. I tumori neuroendocrini (NET, Neuroendocrine Tumors) “sono neoplasie che originano da aggregati di cellule endocrine presenti a livello di diversi organi, piu’ frequentemente intestino, stomaco, pancreas o polmoni. Si tratta . spiega il San Raffaele, di tumori relativamente rari che rappresentano meno dello 0.5% di tutti i tumori maligni, sebbene le diagnosi di NET siano aumentate negli ultimi anni grazie al diffuso utilizzo di tecniche radiologiche ed endoscopiche. Si stima che in Italia vi siano 4-5 nuovi casi/anno ogni 100.000 persone, per un totale di circa 2.700 nuove diagnosi. Tuttavia, poiche’ la prognosi e’ spesso buona con una lunga aspettativa di vita, di fatto i pazienti con NET sono molti di piu'”.

Solo al San Raffaele, il gruppo NET dell’ospedale ogni anno esegue oltre 140 nuove diagnosi di tumore neuroendocrino e gestisce piu’ di 250 casi. Anna Maria Colao, presidente della societa’ italiana di endocrinologia (Sie), spiega che “i tumori neuroendocrini sono rari, i due terzi sono localizzatii nel tratto digestivo e a livello del pancreas. Sono tumori che possono avere un grado diverso di aggressivita’. Quando c’e’ una produzione ormonale sono in genere tumori ben differenziati con un’ottima prognosi. Quasi sempre possono essere resecati chirurgicamente e non hanno altra terapia, mentre nell’altra meta’ dei casi necessitano di una terapia medica con farmaci o radioterapia. Ad oggi nei centri di eccellenza che sono presenti nel territorio nazionale, questi tumori sono trattati in modo molto preciso e modo molto avanzato e la prognosi, quanto piu’ presto arriva la diagnosi e meglio viene importata la terapia, e’ davvero ottima”.

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Cronache

Tragedia a Muggia: madre ucraina uccide il figlio di nove anni, il bambino era stato affidato al padre

A Muggia, in provincia di Trieste, una madre ucraina ha ucciso il figlio di nove anni tagliandogli la gola. Il bambino, affidato al padre dopo la separazione, era in visita alla donna.

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Una tragedia sconvolgente ha scosso la comunità di Muggia, alle porte di Trieste. Una donna di nazionalità ucraina ha ucciso il figlio di nove anni, tagliandogli la gola con un coltello all’interno della loro abitazione in via Marconi, nel centro cittadino.

L’allarme è stato lanciato nella serata di ieri dal padre del bambino, che vive fuori dal Friuli Venezia Giulia e non riusciva a mettersi in contatto con l’ex compagna. Quando la Squadra Mobile di Trieste è arrivata nell’appartamento, il piccolo era già morto.


Una famiglia seguita dal tribunale e dai servizi sociali

La vicenda familiare era nota ai servizi sociali ed era seguita anche dal tribunale minorile. Dopo la separazione, la custodia del bambino era stata affidata al padre, ma la madre aveva mantenuto il diritto di incontrare il figlio, secondo quanto stabilito dalle disposizioni del giudice.

I rapporti tra i due genitori erano difficili, come hanno riferito persone vicine alla famiglia. Ieri sera, l’incontro si è trasformato in tragedia.


Il corpo trovato in bagno, la madre in stato di choc

Quando i Vigili del Fuoco e gli agenti di polizia sono entrati nell’abitazione, il corpo del bambino era già senza vita da diverse ore e si trovava nel bagno di casa.

La donna è stata trovata in stato di choc e soccorsa sul posto. Gli inquirenti stanno ricostruendo la dinamica dei fatti e le eventuali motivazioni del gesto, mentre la Procura di Trieste ha aperto un’inchiesta per omicidio volontario aggravato.

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Inchiesta sui cellulari in carcere: perquisizioni ad Avellino, 18 indagati tra detenuti ed ex detenuti

I Carabinieri di Avellino e la Polizia Penitenziaria hanno eseguito perquisizioni nel carcere “Antimo Graziano” e in altre sedi: 18 indagati per uso illecito di cellulari in carcere, uno anche per stalking.

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I Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Avellino, insieme alla Polizia Penitenziaria della Casa Circondariale e al Nucleo Investigativo Regionale per la Campania, hanno eseguito un decreto di perquisizione locale e personale a carico di 18 indagati, tutti detenuti o ex detenuti dell’istituto penitenziario “Antimo Graziano” di Avellino.

Gli indagati sono gravemente sospettati del reato di accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti (articolo 391 ter del codice penale). In un caso si procede anche per atti persecutori (articolo 612 bis).


L’operazione nel carcere “Antimo Graziano”

Le perquisizioni, disposte dalla Procura della Repubblica di Avellino, hanno interessato le celle ancora occupate dagli indagati con l’obiettivo di rintracciare e sequestrare dispositivi elettronici e schede SIM detenuti illegalmente.

Il provvedimento nasce da un’indagine condotta dai Carabinieri di Avellino a partire da febbraio 2025, mirata a contrastare il fenomeno dell’uso di smartphone e cellulari all’interno delle carceri, spesso utilizzati per comunicazioni non autorizzate o per accedere ai social network.


La rete dei contatti e i profili social

Le investigazioni hanno rivelato una vera e propria rete di telefoni connessi, una “connected cell” che consentiva ai detenuti di mantenere rapporti continui con l’esterno. Attraverso l’analisi di tabulati telefonici e telematici, spesso riferiti a utenze intestate a soggetti fittizi, gli investigatori hanno ricostruito il circuito relazionale dei detenuti, identificando familiari e amici contattati illegalmente.

Su alcuni profili social riconducibili agli indagati sono stati trovati messaggi e immagini di rilievo investigativo, che confermano l’uso illecito dei dispositivi per comunicazioni e attività potenzialmente criminali.


Un caso di stalking tra i reati scoperti

Le indagini hanno inoltre evidenziato che i telefoni venivano utilizzati anche per commettere altri reati. In particolare, un detenuto è risultato gravemente indiziato di atti persecutori ai danni della vedova dell’uomo da lui ucciso, utilizzando lo smartphone per continuare a molestarla anche dal carcere.

L’inchiesta resta aperta, mentre la Procura di Avellino valuta ulteriori sviluppi per accertare eventuali responsabilità all’interno dell’istituto penitenziario.

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Scoperto bunker-serra di marijuana nell’Aspromonte: denunciati padre e figlio a Platì

I carabinieri scoprono un bunker sotterraneo nascosto sotto una stalla a Platì: coltivavano marijuana con un impianto elettrico abusivo. Denunciati padre e figlio.

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Un bunker sotterraneo nascosto sotto una stalla in mezzo alla vegetazione aspromontana è stato scoperto dai carabinieri della Stazione di Platì, insieme ai militari dello Squadrone Eliportato Cacciatori “Calabria” e del 14° Battaglione “Calabria”, nel corso di un’operazione di controllo del territorio contro la produzione di sostanze stupefacenti.

Padre e figlio, entrambi denunciati in stato di libertà, sono ritenuti responsabili di aver realizzato una vera e propria serra “indoor” per la coltivazione di cannabis, trasformando un capanno agricolo in disuso in un sofisticato laboratorio sotterraneo.

Il cavo elettrico che ha svelato il bunker

L’operazione è scattata dopo una lunga attività di osservazione. Durante una perlustrazione in un’area rurale, i carabinieri hanno notato un cavo elettrico che si perdeva tra gli alberi. Seguendone il tracciato per centinaia di metri, sono giunti all’ingresso di un capanno apparentemente abbandonato.

Dietro un pannello basculante azionato da un sistema di contrappesi, nascosto alla vista, si celava l’accesso a un bunker sotterraneo. All’interno, i militari hanno trovato una piantagione di marijuana con piante alte tra 70 e 110 centimetri, illuminate e ventilate da un impianto elettrico e di aerazione alimentato da un allaccio abusivo alla rete pubblica.

Una serra illegale tecnologicamente avanzata

La struttura era interamente realizzata abusivamente e dotata di tutto il necessario per garantire la crescita indisturbata delle piante: trasformatori, ventilatori, lampade e sistemi di ventilazione ricreavano le condizioni ottimali di una serra professionale.
Tutto era stato studiato nei minimi dettagli per nascondere l’attività e mantenerla attiva in modo costante, lontano da occhi indiscreti.

L’operazione dei carabinieri di Locri

L’intervento rientra in una più ampia strategia di contrasto al narcotraffico condotta dai carabinieri della Compagnia di Locri, che da tempo intensificano i controlli nelle aree più impervie dell’Aspromonte, spesso utilizzate per la produzione e lo stoccaggio di droga.

In una nota, l’Arma ha sottolineato come “la conoscenza del territorio e l’esperienza operativa dei militari restano un baluardo fondamentale contro l’illegalità”, ribadendo l’impegno quotidiano nel controllo delle zone rurali più isolate della Calabria.

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