L’avvocato Giovanni Mastroianni da mesi segue per Juorno una battaglia legale in favore dei consumatori on-line, contro i Social Network, tra cui sicuramente Facebook.
L’avvocato delle vittime di Facebook. Giovanni Mastroianni
Come procede il percorso intrapreso?
Registriamo purtroppo un numero crescente di casi dove gli utenti subiscono obliterazioni dei propri profili, momentanee o definitive, senza avere la concreta possibilità di una reale comunicazione con i Social Network. Si moltiplicano azioni legali e estragiudiziali che però, troppo spesso, risentono delle lungaggini giudiziarie.
Ma questi atteggiamenti dei colossi del Web sono illegali?
Tecnicamente non lo sono poiché si giovano di un vuoto normativo, in quanto, questi fenomeni tecnologici, sono relativamente recenti. Di certo questi atteggiamenti sono comunque ingiusti, e spesso questi colossi societari, approfittano di avere sedi fuori dai nostri confini Nazionali, quando va bene in Irlanda o Lussemburgo, oppure in altri casi in paesi extra Unione Europea. Fortunatamente, il Codice del Consumo (Decreto Legislativo 206/2005), garantisce una generale quanto basilare tutela in capo ai consumatori/utenti on-line, ma mancano norme specifiche.
Quindi che cosa si può fare concretamente per cambiare segno a questa anarchia del Web che giova ai big Data?
Grazie alle associazioni dei consumatori e a recenti pronunce giurisprudenziali, tanto si è fatto, ma moltissimo c’è da fare ancora. Con il Comitato Tutela Utenti Online, di cui sono fondatore ed ho l’onore di essere presidente, stiamo tentando di contribuire alla tutela degli utenti in modo anche gratuito. Ma adesso c’è bisogno di una svolta normativa.
A che cosa state lavorando? C’è qualche proposta di legge?
Sì, come preannunciato nei mesi scorsi, ho preparato una Proposta di Legge che a breve cercherò di portare all’attenzione del Parlamento, attraverso ogni Deputato e Senatore della Repubblica Italiana che vorrà sposare una comune battaglia di civiltà, a protezione dei diritti e degli interessi degli utenti online, che siano non solo cittadini italiani, ma anche residenti o domiciliati nel nostro Paese.
Crede di trovare disponibilità da parte dei nostri Parlamentari?
Molti Politici hanno espresso il loro disappunto contro ingiuste pratiche dei Social Network, soprattutto negli ultimi mesi a fronte di tanti problemi emersi, anche in merito al blocco incontrollato di profili e pagine personali, però nessuno pare si sia ancora mosso con una proposta legislativa. Ecco il perché della nostra iniziativa, che credo possa trovare albergo tra coloro che hanno davvero a cuore la tutela degli utenti on-line.
In che cosa consiste la Proposta di Legge?
Vogliamo, innanzitutto, che venga introdotto il concetto di Socialità Online, che nel nostro Ordinamento manca nella sua specificità. Questo è un tema cruciale, perché oggi, attraverso i Social Network, miliardi di persone in tutto il mondo pongono in essere quotidianamente irrinunciabili relazioni personali, attraverso le quali esprimono e determinano la loro personalità.
Quale tipo di tutela proponete?
Una tutela immediata e senza fronzoli. Tutte le imprese, anche straniere, che raggiungono i nostri utenti online, dovranno innanzitutto garantire una interlocuzione diretta con i consumatori, i quali avranno il diritto di segnalare ogni disfunzione e disservizio ed ottenere, in tempi brevi, una specifica risposta in lingua italiana. In caso di sospensione temporanea o definitiva dei profili personali, i Social Network, avranno l’obbligo di manifestare preventivamente quale specifico comportamento intendono censurare e, contestualmente, attendere la risposta dell’utente che avrà così possibilità di chiarire in merito ai medesimi addebiti eccepiti. Il tutto sempre in lingua italiana. In caso di temporanea o definitiva sospensione dei profili personali, i gestori delle piattaforme social, avranno infine l’ulteriore obbligo di specificarne la motivazione, indicare quali norme e comportamenti sono stati ritenuti tanto gravi da supportarne la decisione e chiarire il ragionamento logico-regolamentare adottato.
Una proposta ambiziosa che tocca nervi scoperti della questione e grandi interessi economici.
La norma segue il solco tracciato da Bruxelles che vuole perseguire la “Sovranità Digitale” dell’Unione Europea. A tal uopo segnaliamo che già attraverso la proposizione dei pacchetti normativi come il Digital Services Act e Digital Markets Act, l’Europa chiede agli Stati Membri, di tutelare in modo più incisivo gli utenti-consumatori online e garantire una reale e libera concorrenza nel mercato di riferimento. Resta purtroppo certo che sia la Proposta di Bruxelles agli Stati membri, sia la Proposta Legislativa che ci accingiamo ad inoltrare in Parlamento, toccano interessi giganteschi dei Colossi del Web, ma è proprio per questo che vogliamo portare avanti questa battaglia che riteniamo giusta e sacrosanta per l’interesse della collettività e quindi siamo certi che Parlamentari di buona volontà e coraggio, ci daranno il loro apporto.
Emilio Carelli. Vice capogruppo alla Camera di Coraggio Italia
A quando la Proposta di Legge allora?
La bozza è pronta già da qualche settimana. In queste ore abbiamo registrato già l’interesse e la sensibilità di un importante Deputato Italiano e del suo gruppo, con il quale speriamo di poter intraprendere il percorso legislativo già dai prossimi giorni.
Chi sarebbe questo deputato?
Per ora ho riscontrato il serio interesse di Emilio Carelli di Coraggio Italia. Sono sicuro che questo interesse potrà tradursi in qualcosa di concreto e non in chiacchiere. Spero quindi di potervi a brevissimo aggiornare dandovi notizia dell’avvio di questo nuovo percorso.
Bufera sul Garante per la Privacy, Stanzione respinge le accuse: “Non ci dimetteremo, attacco politico”
Il presidente del Garante per la Privacy Pasquale Stanzione respinge le accuse di contiguità politica e nega le dimissioni. Pd e M5S chiedono l’azzeramento dell’Autorità dopo il caso Report.
Il presidente del Garante per la Privacy, Pasquale Stanzione (foto Imagoeconomica), ha respinto con fermezza le richieste di dimissioni arrivate dalle opposizioni dopo il caso Report, assicurando che il collegio non si dimetterà.
“Le accuse sono totalmente infondate”, ha dichiarato Stanzione, aggiungendo che “quando la politica grida allo scioglimento o alle dimissioni dell’Autorità, non è più credibile”.
La polemica e il caso Report
La bufera è nata dopo un servizio della trasmissione Report, condotta da Sigfrido Ranucci, che ha ipotizzato contiguità politiche e conflitti d’interesse all’interno dell’Autorità. Nel mirino è finito in particolare Agostino Ghiglia, membro del collegio, accusato di vicinanza a Fratelli d’Italia e collegato da Report alla multa inflitta alla stessa trasmissione dopo la messa in onda di un audio privato tra l’ex ministro Gennaro Sangiuliano e la moglie.
“La narrazione di un Garante subalterno alla maggioranza di governo è una mistificazione che mira a delegittimarne l’azione – ha replicato Stanzione –. Il Garante assume decisioni talvolta contrarie, talvolta favorevoli al governo. Questa è la vera autonomia”.
Le reazioni delle opposizioni
Le opposizioni – Pd, M5S e Avs – hanno chiesto l’azzeramento del collegio e le dimissioni immediate del presidente, definendo “indegna” l’intervista di Stanzione al Tg1. I parlamentari del Movimento 5 Stelle in Commissione di Vigilanza Rai hanno annunciato un’interrogazione sull’episodio, accusando la testata di essersi “prestata a un comizio difensivo”.
“Non ha più credibilità per andare avanti”, ha detto Stefano Patuanelli, capogruppo M5S al Senato, mentre Giuseppe Conte, a DiMartedì, ha parlato apertamente di “azzeramento necessario”.
Le proposte di riforma
Nel dibattito è intervenuto anche il senatore Dario Parrini (Pd), vicepresidente della Commissione Affari Costituzionali, proponendo di introdurre un quorum qualificato dei tre quinti del Parlamento per eleggere i membri delle autorità indipendenti, come avviene per la Corte Costituzionale o il Csm.
“Oggi l’attuale Garante è stato eletto nel 2020 con meno del 40% dei voti degli aventi diritto”, ha ricordato Parrini.
Anche l’eurodeputato Sandro Ruotolo ha definito la situazione “paradossale”:
“Abbiamo la possibilità di far dimettere il Capo dello Stato, ma non il collegio del Garante della Privacy. Serve un passo indietro e una riforma per garantire indipendenza e qualità”.
Il limite istituzionale
Come ha ricordato il giurista ed ex presidente Rai Roberto Zaccaria, né il governo né il Parlamento possono imporre lo scioglimento del Garante.
“L’unica ipotesi è che la maggioranza dei componenti, quindi tre su quattro, si dimetta. Altre non ne vedo in questo momento”.
Per ora, Stanzione non arretra: il Garante resta al suo posto, mentre lo scontro politico intorno all’Autorità continua ad alimentarsi.
Dopo il caso Report, le opposizioni chiedono l’azzeramento del Garante della Privacy. Il presidente Pasquale Stanzione respinge le accuse e difende l’autonomia dell’Autorità. Si apre il dibattito sulle regole di nomina.
Scoppia la bufera attorno al Garante per la protezione dei dati personali dopo il servizio di Report che ha messo in dubbio l’indipendenza dell’Autorità e ipotizzato rapporti di contiguità politica tra alcuni componenti e la maggioranza di governo.
Le opposizioni, guidate da Giuseppe Conte e dal Movimento 5 Stelle, chiedono un “azzeramento” del collegio, mentre Fratelli d’Italia apre a un confronto sulle regole di nomina. Ma il presidente Pasquale Stanzione respinge con forza ogni ipotesi di dimissioni:
“Il collegio non presenterà le proprie dimissioni, le accuse sono totalmente infondate. Quando la politica grida allo scioglimento dell’Autorità, perde credibilità”.
Il caso Report e le accuse di conflitto d’interesse
L’inchiesta di Report, condotta da Sigfrido Ranucci, ha messo nel mirino in particolare Agostino Ghiglia, membro del collegio e vicino a Fratelli d’Italia, ipotizzando un conflitto d’interesse legato alla multa inflitta alla trasmissionedopo la messa in onda di un audio dell’ex ministro Gennaro Sangiuliano.
Stanzione ha parlato di “mistificazione” e di un tentativo di delegittimare l’Autorità:
“Il Garante è indipendente. Le nostre decisioni possono essere talvolta sgradite al governo, ma questo è il senso dell’autonomia istituzionale”.
Le opposizioni: “Serve un nuovo metodo di nomina”
Nel centrosinistra cresce la richiesta di riformare le regole di nomina dei garanti. Il costituzionalista Stefano Ceccantiha proposto di introdurre un quorum dei tre quinti del Parlamento per garantire un consenso più ampio. D’accordo anche Alleanza Verdi e Sinistra, con Angelo Bonelli che parla di “necessità di una maggioranza qualificata”.
Il Pd, attraverso il senatore Dario Parrini, rilancia:
“Oggi basta poco più di un terzo dei voti per eleggere i membri del Garante. Serve una regola che preveda almeno i tre quinti, come per i membri laici della Corte Costituzionale o del Csm”.
Parrini ha ricordato che nel 2020, sotto il governo Conte, gli attuali componenti furono eletti con percentuali inferiori al 40% degli aventi diritto: “Un consenso troppo esiguo per un organismo che deve rappresentare l’equilibrio delle istituzioni”.
Il centrodestra: “Ipocrisia del Pd”
Freddo il centrodestra alle richieste di riforma. “Quando il Pd era in maggioranza, non è venuto in mente a nessuno di cambiare le regole”, ha ribattuto Lucio Malan, capogruppo di Fratelli d’Italia al Senato, respingendo le accuse di ingerenza politica.
Pressioni politiche ma nessun potere di revoca
Nonostante le pressioni, né il governo né il Parlamento hanno il potere di sciogliere il Garante. Come ha ricordato il giurista Roberto Zaccaria, “l’unica possibilità è che la maggioranza dei componenti, tre su quattro, decida di dimettersi volontariamente”.
Una situazione che l’eurodeputato Pd Sandro Ruotolo ha definito “paradossale”:
“Abbiamo la possibilità di far dimettere il Capo dello Stato, ma non il collegio del Garante. Serve un passo indietro e poi una riforma che migliori la qualità e la trasparenza delle nomine”.
Per ora, però, il presidente Stanzione resta fermo al suo posto, deciso a difendere l’autonomia dell’Autorità da quella che definisce una “tempesta politica e mediatica infondata”.
Manovra, scontro sulla rottamazione e coperture: la Lega spinge, il Mef frena
Inizia il confronto sulla manovra economica: la Lega chiede di ampliare la rottamazione, ma il Mef frena per mancanza di coperture. Tutti i partiti al lavoro sugli emendamenti in vista dell’esame al Senato.
Il percorso della manovra economica è entrato nel vivo in Parlamento e già emergono le prime tensioni tra i partiti di maggioranza e il Ministero dell’Economia e delle Finanze, deciso a mantenere invariati i saldi di bilancio. A innescare lo scontro è stata la proposta della Lega di ampliare la rottamazione delle cartelle, un tema su cui via XX Settembre ha posto un netto freno per mancanza di coperture.
La posizione del Mef: “Conti pubblici sotto controllo”
Il viceministro dell’Economia Maurizio Leo ha espresso prudenza: “Il problema delle coperture si fa ancora più intenso. Valutiamo tutto, ma mantenendo la barra dritta sui conti”. Una posizione che non frena l’entusiasmo del Carroccio: “Le coperture non è impossibile trovarle – replica il leghista Claudio Borghi, relatore della manovra – l’importante è che i saldi restino invariati e lo saranno”.
Leo ha inoltre confermato gli ambiti di intervento già delineati dal ministro Giancarlo Giorgetti, tra cui la possibilità di rendere strutturali iper e superammortamento, modificare le compensazioni dei crediti e rivedere l’aumento dell’Irap, con l’ipotesi di escludere le holding industriali non finanziarie.
I partiti al lavoro sugli emendamenti
Mentre il Mef impone prudenza, i partiti si preparano a presentare gli emendamenti. La Lega insiste su rottamazione, pensioni e sicurezza, chiedendo inoltre di cancellare l’aumento al 26% della cedolare secca sugli affitti brevi. Forza Italia, che si riunirà giovedì, punta su casa, sicurezza e imprese, con l’obiettivo di cancellare la norma sui dividendi. Fratelli d’Italia lavora su proposte di aggiustamento tecnico, mentre Noi Moderati chiede incentivi per gli affitti a lungo termine e la detassazione dei libri.
Un ulteriore nodo è quello del tesoretto da 100 milioni di euro, che dovrà essere distribuito tra i gruppi parlamentari. In arrivo anche la “tagliola” dei 400 emendamenti segnalati, destinati a essere discussi e votati.
Obiettivo: chiudere entro Natale
L’iter in Parlamento dovrà rispettare tempi serrati. L’obiettivo è portare la manovra in Aula al Senato il 15 dicembre e chiudere con il via libera definitivo alla Camera entro Natale. “Questo è l’auspicio – ha detto il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani – ma dipenderà dalla buona volontà di tutti”.
Sindacati e imprese, nuove tensioni
Sul fronte sindacale, la Uil ha annunciato una manifestazione nazionale per il 29 novembre, mentre il leader della Cgil, Maurizio Landini, ha discusso le sue proposte con la segretaria del Pd Elly Schlein e con Avs.
Intanto, monta la polemica sul programma Transizione 5.0, i cui fondi risultano ormai esauriti. Il ministro delle Imprese Adolfo Urso ha replicato a Confindustria, rivendicando i risultati ottenuti e sottolineando che l’esaurimento delle risorse “è la prova del successo della misura”. Tuttavia, anche i fondi di Transizione 4.0 risultano ormai completamente prenotati.