Ad attendere la sentenza, fuori dal palazzo di giustizia di Trapani, c’erano decine di persone. Una piccola folla che ha accolto con applausi e cori la notizia che dopo 7 anni di indagini, costate alla giustizia 3 milioni di euro, l’inchiesta per favoreggiamento all’immigrazione clandestina a carico di 10 membri dell’equipaggio di tre ong – Save The Children, Medici Senza Frontiere e Jugend Rettet – è finita in un nulla di fatto. Il proscioglimento perchè il fatto non sussiste, la formula assolutoria più ampia, pronunciato dal gip per tutti chiude un caso che, oltre che giudiziario, è diventato politico. I componenti degli equipaggi delle tre organizzazioni umanitarie erano accusati dai pm di Trapani di aver stretto accordi con i trafficanti libici e di non aver prestato in realtà soccorso in mare ai profughi, ma di aver fatto loro da “taxi”, trasbordandoli dalle navi degli scafisti, alle quali poi avrebbero permesso di tornare indietro indisturbate. Una tesi contrastata dai legali delle associazioni umanitarie che negli anni hanno più volte chiesto l’archiviazione di una indagine definita dai difensori insussistente.
Alla fine, a udienza preliminare prossima al termine, alle conclusioni degli avvocati sono arrivati anche i pm che a sorpresa hanno chiesto il non luogo a procedere per i 10 imputati perchè il fatto non costituisce reato. Ma il gup, alla fine di una camera di consiglio durata pochi minuti, è andato oltre, sostenendo non che gli imputati non avessero avuto la consapevolezza di infrangere la legge, come detto dall’accusa, ma proprio che il reato non c’è stato. Nel procedimento si era costituito parte civile il ministero dell’Interno che si è rimesso alla decisione del gup. I pm nel 2016 avevano anche disposto il sequestro dell’imbarcazione Iuventa della ong Jugend Rettet, una delle tre organizzazioni umanitarie coinvolte, che nel frattempo ha subito danni enormi ed è inutilizzabile. Ora con i proscioglimenti toccherà al custode giudiziario, la Guardia Costiera, riparare i danni. Ma come nasce l’indagine? A dare input furono le rivelazioni fatte dalla security privata della nave noleggiata da Save the Children, su presunte irregolarità commesse nel corso delle attività di soccorso.
Gli inquirenti sostennero di aver accertato almeno tre casi in cui alcuni membri degli equipaggi avevano avuto contatti con trafficanti ed erano intervenuti in operazioni senza che i profughi fossero in reale situazione di pericolo. I migranti sarebbero stati trasbordati sulla nave della ong, scortati dai libici e, una volta avvenuto il trasferimento a bordo delle imbarcazioni umanitarie, gli scafisti sarebbero stati fatti allontanare. Nel corso del procedimento è emersa l’assoluta inattendibilità dei testimoni, cacciati dalle forze dell’ordine e ingaggiati per la security. Solo una delle spie che l’inchiesta faceva acqua da tutte le parti. “Questa sentenza mi fa sentire sollevato, dopo 7 anni accuse infondate basate su illazioni e testimonianze fallaci che hanno dipinto le attività di soccorso come criminali”, dice Tommaso Fabbri di Msf, uno degli imputati. “Oggi – aggiunge – si cancella ogni dubbio e si smette di parlare di taxi del mare o di collusioni tra ong e scafisti”.
“E’ un momento importante per tutto il mondo dell’aiuto umanitario, perché si restituisce giustizia alle attività di soccorso e ai tanti operatori impegnati nel salvataggio di vite”, commenta Rafaela Milano, portavoce di Save The Children. Mentre per Jugend Rettet parla il legale Alessandro Gamberini: “Questo processo è una delle origini del male, della diffamazione delle ong chiamate spesso a essere complici dei trafficanti. Oggi si chiude un’epoca anche se non chiedo che il nostro ministro Salvini si fermerà”. Molte le reazioni politiche. “Questo dimostra che soccorrere è un obbligo e che come abbiamo sempre detto la solidarietà non è reato”, dice la segretaria del Pd Elly Schlein, mentre la deputata del Pd Laura Boldrini commenta: “questa sentenza mette a tacere anni fango”.