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Europa League, la Roma soffre ma passa: pareggio 2-2 col Wolsfberg

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 Alla Roma di Paulo Fonseca piacciono le emozioni forti. La squadra giallorossa e’ riuscita a trasformare una partita agevole – anche se solo sulla carta – in un concentrato di trepidazione, conquistando la qualificazione ai sedicesimi di Europa League sul filo del rasoio. Bastava una vittoria facile, facile, invece e’ arrivato un pareggio (2-2) ingarbugliato e appiccicoso, ma soprattutto pericoloso. Perche’, a un certo punto, i tifosi giallorossi hanno dovuto preoccuparsi delle notizie provenienti da Moenchengladbach, dove il Basaksehir si e’ guadagnato il passaggio del turno, regalando la Roma al secondo posto. Paulo Fonseca sceglie il turn-over versione light per non correre troppi rischi in una serata in cui la Roma ha il potere di decidere se farsi del male o meno. I giochi per la qualificazione sono quasi fatti, manca solo un timbro per certificare le previsioni della vigilia. Fuori per scelta il talento di Pellegrini, la potenza di Zaniolo e il dinamismo di Kolarov, dentro la rapidita’ di Under, la classe di Perotti e la voglia di riscatto di Florenzi. La serata sembra riservare fin da subito buoni auspici per i colori giallorossi, con il Wolfsberger che, dopo un avvio tutt’altro che cauto, in 5′ si ritrova sotto: Dzeko entra in area e viene messo giu’ dal portiere austriaco Kofler, che subisce anche una botta alla testa. L’arbitro indica subito il dischetto e Perotti non fallisce l’appuntamento col vantaggio, mandando il portiere da una parte e il pallone dall’altra. Gli austriaci si svegliano 9′ quando Liendl scalda le mani di Mirante, che devia in angolo, poi al 10′ rimettono la partita sui binari della parita’. E lo fanno grazie alla prima autorete in carriera di Florenzi che, nel tentativo di anticipare Weissman, manda il pallone alle spalle di Mirante, su cross dalla sinistra di Niangbo. La Roma ricomincia a giocare e al 22′ torna in vantaggio: Diawara – che successivamente da diffidato si fara’ ammonire scioccamente – verticalizza sulla sinistra per Perotti, che mette al centro un pallone che Dzeko deve solo spingere in rete. Questa volta il gol ha il potere di stordire gli ospiti che si fanno sotto solo al 24′ ma l’arbitro Pawson annulla un gol a Weissman per fuorigioco. Nel finale di tempo c’e’ spazio per qualche ‘buuu’ razzista all’indirizzo dell’ivoriano Niangbo, che gran parte del pubblico copre con dei fischi (ormai e’ una moda piu’ furba che utile). In apertura di secondo tempo, Weissman fa rabbrividire il gia’ intirizzito pubblico, timbrando il palo di Mirante. Il portiere romanista al quarto d’ora compie un mezzo miracolo per deviare in angolo un tiro a rientrare di Niangbo, poi lascia il campo per il riacutizzarsi di un problema alla spalla destra. Pau Lopez non fa in tempo a entrare che subisce il pari austriaco: Liendl pesca in area Weissman, che gira di testa con splendida torsione e firma il pari. Il finale e’ tutto della Roma che cinge d’assedio l’area avversaria, ma riesce a guadagnarsi solo una palla-gol con Dzeko sventata dal portiere Kofler. La qualificazione e’ salva, anche se con non poche perplessita’. (A

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Coppa Italia, Fiorentina ko: Atalanta in finale con la Juve

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L’Atalanta batte 4-1 la Fiorentina nella semifinale di ritorno, dopo aver perso di stretta misura tre settimane fa al “Franchi”, e raggiunge la finale di Coppa Italia, dove affronterà la Juventus, per la sesta volta nella sua storia. Obiettivo centrato grazie ai gol ben oltre il novantesimo di Lookman e Pasalic, quando ormai il match sembrava avviato ai supplementari. Pronti via, a lungo la verve viola si limita a un tentativo pretenzioso da fuori di Gonzalez e a quello più impegnativo per Carnesecchi, costretto al tuffo, di Belotti, aperto proprio dall’argentino. Due tiri mancini seguiti dal vantaggio di casa con l’autore del gol vittoria dell’andata a servire involontariamente l’olandese. Il possibile raddoppio rimane in canna a lungo alla squadra dello squalificato Gasperini, sostituito ancora una volta da Gritti in panchina, anche perché al 12′ il Var ha gioco facile nell’annullare il destro dal limite Scamacca su tocco di De Ketelaere, essendo evidentissimo il fallo precedente di Koopmeiners su Beltran.

I viola provano ad addormentare un confronto continuamente spezzettato da falli, ma condotto dall’Atalanta. Al 24′ il firmatario dell’1-0 ci riprova girandosi di destro sul contropiede a due Scamacca-De Ketelaere, ma i riflessi di Terracciano tengono. Passano undici minuti e ancora l’asse Scamacca-De Ketelaere produce l’occasione di quest’ultimo, che dalla lunetta allarga il diagonale ignorando Zappacosta libero alla sua destra. Se al 38′ Hien ferma Kouamé, bravo a tagliare sulla rifinitura di Gonzalez, e cinque minuti più tardi l’ex Bonaventura mira troppo da lontano per infastidire il portiere nerazzurro, è Ruggeri a fallire il 2-0 spostandosela sul destro dopo il pallone dal fondo di Zappacosta rinviato corto da Milenkovic in scivolata sulla pressione di Ederson. Al rientro dagli spogliatoi, di nuovo prove generali di bis locale con Ruggeri a stringere davanti all’area piccola per colpire di testa in caduta il cross di Zappacosta: la palla si spegne a lato.

All’ottavo, la seconda svolta della sfida con Milenkovic a lasciare i suoi in dieci per l’aggancio al limite a Scamacca, smarcato dal filtrante di De Ketelaere: entra Quarta per Belotti, la punizione del romano è alzata in corner da Beltran di testa. Duncan sostituisce Beltran abbassando ulteriormente il baricentro toscano e oltre il quarto d’ora tocca a De Roon sbagliare la misura sull’azione aperta da Koopmeiners per la doppia sponda all’indietro di Scamacca e De Ketelaere. Riacciuffa il risultato Quarta, tuffandosi di testa al 23′ per trasformare lo schema da fermo di Mandragora. Gritti inserisce Lookman e Miranchuk, ma è Scamacca a risolvere la mischia sul traversone di Ruggeri spondato da De Ketelaere rovesciando imparabilmente alla mezzora. L’ex West Ham, però, diffidato, si fa ammonire per un fallo a metà campo su Gonzalez.

I bergamaschi ne sbagliano un paio di più, con Lookman che si gira debolmente di sinistro su iniziativa di Miranchuk e De Ketelaere che parte dalla sua metà campo per alzare dall’area senza opposizione. Tutto fra 43′ e 44′; al 3′ di recupero Scamacca, contrastato da Comuzzo, mastica la deviazione sulla palla dal fondo del russo; al 5′, il gol di Lookman rivisto al check ricevendo da Scamacca. Tre minuti dopo, è proprio il nigeriano a lanciare in porta Pasalic per il trionfo atalantino con Gasperini a esultare sotto la Curva Nord.

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Gravina-Lega di A e non solo, è tutti contro tutti

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San Siro per un giorno torna ad ospitare un ring. Niente sport, però, ma uno scontro da tutti contro tutti intorno al mondo del calcio e alle riforme: da un lato la Lega Serie A, dall’altra la Figc. Ma accanto all’incontro di cartello, c’è stato pure quello tra il presidente del Coni, Giovanni Malagò, e il ministro per lo Sport e i giovani, Andrea Abodi. In particolare, però, ad infiammarsi è stato lo scontro intestino nel pallone. La miccia era stata accesa ieri dal presidente della Lega Serie A, Lorenzo Casini, che, intervenuto in commissione Cultura al Senato, aveva parlato di “rischio di derive autoritarie” da parte dei vertici della Figc. Parole che non sono andate giù al numero uno della federazione, anche perché pronunciate davanti a Claudio Lotito, presente alla seduta in quanto senatore pur non facendo parte della commissione. “Ci sono soggetti che pensano di gestire il mondo del calcio a proprio piacimento. Mi riferisco a Lotito e al lotitismo”, l’accusa di Gravina durante l’evento organizzato da Il Foglio a San Siro.

“Quando si parla di autonomia – ha aggiunto – bisogna capire come sia possibile che in Italia qualcuno sia allo stesso tempo presidente di una società, partecipa all’assemblea della Lega A, al Consiglio di Lega e al Consiglio Figc, è senatore, è vicepresidente commissione Bilancio, non fa parte della commissione Cultura ma partecipa ponendo domande”. Mettendo poi nel mirino anche Casini. “Parlare di derive di autoritaria è una mancanza di rispetto istituzionale. Si confonde con l’esercizio della democrazia”. Respingendo infine anche le lamentele per la scarsa autonomia: “La Serie A gode già della massima autonomia. Lo è nell’ organizzare i propri tornei, nella determinazione e nella valorizzazione dei suoi brand, nella gestione dei diritti tv”. Nemmeno due ore dopo, a salire sul palco è lo stesso presidente della Lega Serie A. Che respinge la palla nel campo avversario. “Non c’è nulla di personale, la Serie A nei poteri federali è sottodimensionata e questo porta a delle conseguenze, con rischi di derive autoritarie – ha ribadito Casini -. L’unico tentativo in tal senso è l’ipotesi di eliminare il diritto di veto. Se un sistema consente di proporre quello, significa che c’è qualche problema di equilibrio di poteri”. Finita qui? Tutt’altro, perché nel pomeriggio è arrivata la replica anche del patron della Lazio.

“Le dichiarazioni si commentano da sole: chiare manifestazioni di pura ostilità e scomposto rancore nei miei confronti, al fine di difendersi dalle responsabilità circa lo stato attuale del calcio in Italia che tutti gli attribuiscono”, dice Lotito, in una nota. E in serata, alla stessa Agenzia, una fonte della Figc precisa: “Nessun rancore, è solo una questione di rispetto per la Federazione. Il presidente ha manifestato preoccupazione per la gravità delle parole di Lotito in Commissione quando ha parlato di ‘ritorsioni’ verso chi non si allinea alla politica di Gravina. Basta riascoltare – si conclude da via Allegri – la registrazione sul sito del Senato”. Mentre dal mondo politico arrivavano dichiarazioni per l’una o l’altra parte, non sono mancati i tentativi di rasserenare l’ambiente: “La Lega A può rivendicare diritti che possono essere migliorati, ma quando subentra la litigiosità questa situazione non può portare giovamento”, ha detto l’ad dell’Inter, Giuseppe Marotta, sempre durante l’evento a San Siro.

“Cerchiamo di evitare contrapposizioni, perché è tutto a danno del calcio e non ci saranno né vincitori e né vinti”, gli ha fatto eco Malagò. Ma anche lo stesso numero uno del Coni è finito al centro di un botta e risposta col ministro Abodi, in merito al suo mandato, che scadrà nel maggio 2025, a nove mesi dalle Olimpiadi di Milano-Cortina. “Io non credo agli uomini e alle donne della provvidenza. Per cui quando un mandato finisce la vita continua e il mondo va avanti”, la dichiarazione in mattinata di Abodi. “Cambiare a pochi mesi dalle Olimpiadi non mi sembra una buona idea. Poi in questo Paese però non credo ci sia abbastanza da stupirsi”, “la replica di Malagò.

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La Lazio vince ma è la Juventus che va in finale di Coppa Italia

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Serviva la partita perfetta alla Lazio per passare il turno e rimontare lo svantaggio di due gol dell’andata. Lo è stata per 83 minuti, fino a quando la doppietta di Castellanos ha permesso ai biancocelesti di sognare. A svegliarli, però, ci ha pensato Milik con il sinistro sotto misura che fa la Juventus  sconfitta, per 2-1, ma felice e in finale di Coppa Italia. Tudor deve fare ancora i conti con le assenze di Provedel, Lazzari e Zaccagni ai quali si aggiunge all’ultimo minuto Kamada per un problema al polpaccio con il giapponese tenuto fuori a scopo precauzionale mentre Allegri sceglie Perin tra i pali e conferma i giustizieri dell’andata, Vlahovic e Chiesa. “I ragazzi ci credono” aveva avvisato Tudor in conferenza. E la Lazio lo dimostra subito passando alla prima vera occasione. Il calcio d’angolo battuto da Luis Alberto è perfetto per lo stacco di Castellanos, il protagonista più atteso, la sua incornata vale l’1-0, oltre ad essere benzina sul fuoco della speranza. Il gol scalda la fredda serata romana, l’Olimpico diventa incandescente spingendo i biancocelesti alla ricerca del raddoppio che significherebbe pareggiare il doppio svantaggio dell’andata. LJuventus a quasi rinuncia a giocare, l’unico acuto è firmato Vlahovic che, di sinistro, gira in area trovando il piede di Mandas a sbarrargli la strada. Ma è sul finale che Castellanos ha l’occasione giusta, sparando però addosso a Perin. All’intervallo Tudor toglie Gila e inserisce Patric. La ripresa, però, si apre così come era finito il primo tempo, solo che stavolta l’esito è diverso. Ancora Castellanos, ancora a tu per tu con Perin: stavolta l’argentino è freddo, il suo destro vale il raddoppio ma soprattutto pareggia i conti con l’andata. Si sveglia la Juventus che sfiora il gol con Vlahovic prima anticipato da Marusic sulla linea, poi impreciso con il destro. La Lazio sembra amministrare, Tudor getta nella mischia anche Immobile cercando di dare nuova linfa all’attacco laziale, Allegri risponde con il doppio cambio Milik-Yildiz. E’ la mossa vincente. Perché quando la prospettiva dei supplementari sembrava un’idea che le squadre iniziavano a prendere in seria considerazione, ecco l’acuto proprio di Milik che, sul tiro cross di Weah, devia in porta spegnendo i sogni laziali e proiettando la Juventus  alla finale, da giocare contro un tra Atalanta o Fiorentina, concedendo ad Allegri la possibilità di alzare un trofeo in una stagione che, ai bianconeri, può ancora regalare soddisfazioni.

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