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Salute

Eternit: senza amianto avremmo 60 casi mesotelioma e non 1.400

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“Gli studi epidemiologici presentati a Torino nel processo d’appello ‘Eternit bis’ evidenziano l’enorme disastro causato dall’amianto in Italia: senza esposizione all’asbesto avremmo 60 casi di mesotelioma ogni anno invece di 1.400”. È quanto dichiara Massimiliano Quirico, direttore del comitato Sicurezza e Lavoro, in merito all’andamento dell’udienza di oggi, dedicata all’audizione dei consulenti tecnici. Il comitato si è costituito parte civile.

Il processo vede come imputato l’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny (nella foto), condannato in primo grado a dodici anni di carcere per omicidio colposo in relazione ai decessi che secondo le accuse sono avvenuti a Casale Monferrato per effetto dell’esposizione all’amianto lavorato dallo stabilimento locale della Eternit. “Siamo di fronte a una tragedia immane – denuncia Quirico – che dimostra, oltre alla necessità di fare giustizia per le vittime, l’urgenza di procedere con le bonifiche dell’amianto, che l’imputato Schmidheiny non ha mai fatto, abbandonando lo stabilimento con tonnellate di amianto. Il tema non può essere relegato alle aule di tribunale, ma deve coinvolgere le Istituzioni affinché si investa in informazione e sensibilizzazione sulla questione e, naturalmente, su rimozioni e discariche di amianto. Si potrebbero salvare migliaia di vite umane ed evitare ingenti costi sociali e sanitari a carico di tutta la collettività”.

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Alberto Mantovani: i vaccini sono la nostra cintura di sicurezza, serve investire nella comunicazione

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Mentre in Italia e in Europa si registra un preoccupante calo delle vaccinazioni, Alberto Mantovani (foto Imagoeconomica in evidenza), presidente della Fondazione Humanitas per la Ricerca e accademico dei Lincei, lancia un appello per sensibilizzare la popolazione sull’importanza della prevenzione. In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, lo scienziato evidenzia come disinformazione e stanchezza vaccinale post-Covid stiano mettendo a rischio la salute pubblica.

“Chi si vaccina è come se allacciasse ogni giorno la cintura di sicurezza. E i bambini vaccinati è come se fossero sempre al sicuro nel seggiolino dell’auto”, sottolinea Mantovani, ribadendo l’urgenza di contrastare le false credenze sui vaccini.

IL CASO MORBILLO: UN VIRUS CHE COMPROMETTE LA MEMORIA IMMUNOLOGICA

Negli ultimi anni, i casi di morbillo in Italia sono aumentati in modo allarmante, passando dai 44 del 2003 ai 1.045 del 2023. E il problema non è solo legato all’infezione in sé:

“Il virus del morbillo crea un’immunosoppressione della durata di due anni. Significa che, anche dopo la guarigione, rimaniamo suscettibili ad altre infezioni”, spiega Mantovani. Uno studio ha dimostrato che il morbillo compromette la memoria immunologica, rendendo l’organismo incapace di riconoscere agenti patogeni già affrontati in passato.

Nonostante la legge Lorenzin abbia introdotto l’obbligo vaccinale per l’iscrizione a scuola, la copertura sta nuovamente calando, con oltre mille infezioni registrate nel 2024.

ALBERTO MANTOVANI CON ANNA MARIA BERNINI (Foto Imagoeconomica) 

VACCINI E DISINFORMAZIONE: “LA BUGIA SUL LEGAME CON L’AUTISMO VA SMENTITA”

Le fake news continuano ad alimentare il rifiuto dei vaccini, nonostante le evidenze scientifiche. Negli Stati Uniti, il ministro della Salute Robert Kennedy Jr. ha annunciato una commissione per indagare sul presunto legame tra il vaccino contro il morbillo e l’autismo. Una teoria già smentita dalla comunità scientifica:

“Iniziativa inutile. È un falso scientifico acclarato, ma per anni i ricercatori hanno dovuto perdere tempo a smentirlo”, afferma Mantovani.

PERTOSSE E HPV: “GLI UOMINI DEVONO ESSERE RESPONSABILI”

Anche la pertosse rappresenta un grave pericolo, soprattutto per i neonati:

“Le future mamme devono vaccinarsi, perché durante la gravidanza trasmettono anticorpi al bambino”.

Un altro tema critico è il vaccino contro il papilloma virus (HPV), che protegge dal cancro alla cervice. In Italia si registra una forte disparità di genere nella copertura vaccinale:

“Le ragazze si vaccinano di più, mentre i maschi devono capire che il virus non arriva alla cervice volando. Si trasmette con i rapporti sessuali e può provocare anche tumori testa-collo e all’ano negli uomini”.

COME INVERSIRE LA ROTTA? “LA MIGLIOR VACCINAZIONE È PARLARE CON LE PERSONE”

Per arginare la crescente diffidenza, Mantovani propone un’azione concreta:

“Bisogna investire in comunicazione. Tutti noi scienziati dovremmo impegnarci di più. Spiegare agli scettici in modo pacato l’importanza dei vaccini è come immunizzarli”.

Tre messaggi chiave per chi è ancora dubbioso:

  1. Vaccinarsi è come allacciare la cintura di sicurezza ogni giorno.
  2. Non date retta alle bugie.
  3. Proteggere se stessi significa proteggere anche chi non può vaccinarsi, come i bambini malati di cancro.

L’ITALIA NON È L’UNICA IN CRISI: COPERTURE IN CALO IN TUTTA EUROPA

Nonostante i dati preoccupanti, l’Italia non è il paese più colpito dal calo delle vaccinazioni:

“Regno Unito e Irlanda sono nei guai. Il problema è diffuso in tutta Europa”.

Mantovani sta attualmente lavorando in Mozambico con il Cuamm – Medici con l’Africa, dove ha riscontrato entusiasmo e voglia di imparare tra i giovani studenti di medicina. La prossima settimana sarà in un liceo di Milano, dove parlerà proprio di vaccini.

“La speranza per il futuro sta nei giovani. Investire sulla loro formazione è il modo migliore per contrastare la disinformazione e proteggere la salute pubblica”.

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La denuncia Ema, sul web cure anti-cancro non approvate

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I pazienti più fragili ancora una volta preda di chi offre trattamenti di dubbia efficacia. In diversi Paesi europei alcune cliniche stanno offrendo loro terapie avanzate – come cure a base di cellule immunitarie – non approvate dalle autorità regolatorie e la cui efficacia e sicurezza non sono state ancore dimostrate. La denuncia arriva direttamente dall’Agenzia Europea del Farmaco (Ema) che mette in guardia i pazienti dai rischi di questi trattamenti.

Al centro dell’attenzione dell’autorità europea ci sono soprattutto terapie basate su cellule dendritiche offerte come trattamento per il cancro. Si tratta di un particolare tipo di cellule del sistema immunitario, che hanno il compito di allertare le altre componenti dell’immunità circa la presenza di un elemento estraneo nell’organismo. Da tempo se ne studia un possibile utilizzo in oncologia, per esempio come ‘vaccini’. Diverse ricerche hanno mostrato, per esempio, che, se modificate con le informazioni caratteristiche del cancro e successivamente iniettate nel paziente, possono stimolare una reazione del sistema immunitario contro il tumore.

Sono in corso diverse sperimentazioni cliniche, anche in fase avanzata, ma al momento nessuna di queste terapie è in commercio in Europa (soltanto una in Usa). Nonostante ciò, “un certo numero di individui, aziende e cliniche” le sta offrendo ai pazienti denuncia l’Ema. Questi prodotti, spiega l’agenzia, “vengono solitamente venduti su siti web o canali social come ultima speranza, sfruttando le preoccupazioni dei pazienti e delle loro famiglie”.

Sul web, senza troppe difficoltà, si trovano diverse cliniche che propongono trattamenti di questo tipo: in Svizzera, Irlanda, Germania. Alcune anche con sezioni in italiano. Non di rado promettono tassi di successo elevatissimi in tutte le fasi della malattia: quando il tumore può essere rimosso garantiscono di curare la malattia e prevenire recidive; quando il cancro si è esteso e non può essere rimosso, di cronicizzarlo impedendogli di progredire e colpire altri organi. Il tutto offerto per differenti neoplasie e con “effetti collaterali minimi o nulli”.

L’efficacia di questi trattamenti in realtà non è nota. “Come tutti i medicinali, le terapie avanzate – compresi i prodotti personalizzati realizzati negli ospedali – sono regolamentati nell’Ue per garantire che i pazienti ne traggano beneficio e che si siano dimostrati adeguatamente sicuri”, spiega l’Ema. Queste regole prevedono l’esecuzione di rigorosi studi clinici e una successiva valutazione da parte delle autorità regolatorie che, solo al termine di questo percorso, ne autorizzano l’immissione in commercio. Ciò non è avvenuto per questi trattamenti. Oltre all’efficacia, avverte l’Ema, queste terapie pongono anche rischi legati alla sicurezza.

La procedura di realizzazione prevede che le cellule vengano prelevate dal sangue del paziente, ‘addestrate’ in laboratorio per immagazzinare l’identikit delle cellule tumorali e infine infuse nuovamente nel paziente allo scopo di portare le informazioni sul tumore alle altre cellule del sistema immunitario. Per le terapie approvate, questi passaggi sottostanno a rigide regole. In questo caso, precisa l’agenzia, non è sicuro che ci sia “una rigorosa supervisione e conformità normativa nel processo di produzione”. Ciò “può portare a contaminazione, composizione incoerente del prodotto e conservazione impropria”. Questi trattamenti, dunque, “potrebbero mettere a rischio i pazienti, causando gravi effetti collaterali senza fornire benefici”, conclude l’Ema, che invita i pazienti a segnalare casi sospetti alle autorità regolatorie nazionali (l’Aifa per l’Italia).

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Salute

Trovati 64 geni registi del cervello che invecchia

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Trovati 64 geni che accelerano l’invecchiamento del cervello e che potrebbero quindi spiegare il divario che spesso si osserva fra l’età stimata e quella cronologica del più complesso degli organi; nello stesso tempo sono state individuate 29 molecole capaci di rallentare questo processo. Lo indica una delle ricerche più vaste mai condotte su questo tema, pubblicata sulla rivista Science Advances e il cui primo autore è Fan Yi, della Zhejiang University di Hangzhou, in Cina.

La ricerca si è basata sull’analisi delle scansioni cerebrali di circa 39mila individui, contenute nella Uk Biobank, la grande banca dati britannica che contiene dati genetici, campioni biologici e informazioni utili alla ricerca relativi a mezzo milione di individui. Le scansioni sono state analizzate anche con l’aiuto di un modello di intelligenza artificiale addestrato a stimare l’età cerebrale. “E’ una scoperta significativa perché potrebbe aprire la strada a nuove terapie in grado di mantenere il cervello in salute più a lungo”, osserva il neuroscienziato Agustín Ibáñez del Trinity College di Dublino, commentando la ricerca sul sito della rivista Nature.

“Tuttavia – ha aggiunto – c’è ancora tanto lavoro da fare prima che queste scoperte possano avere un’applicazione pratica”. Il primo passo dei ricercatori è stato analizzare un sottogruppo di 31.520 individui sani e i relativi dati genetici in modo da identificare quali fossero i geni responsabili della differenza fra l’età cerebrale stimata e quella cronologica.

Il passo successivo dello studio è stato identificare quali, tra queste possibili spie dell’invecchiamento precoce del cervello, potesse diventare un obiettivo per nuovi farmaci o per vecchi farmaci da utilizzare in modo nuovo. E’ così che l’attività di quasi 2.700 geni è stata analizzata nelle cellule del sangue e quella di altri 2.900 nel tessuto cerebrale. Il punto di arrivo è stata l’identificazione di 64 geni sicuramente collegati all’invecchiamento precoce del cervello.

Di questi, alcuni giocano un ruolo nella coagulazione del sangue e nella morte cellulare e sette hanno un legame diretto con l’invecchiamento cerebrale. Una volta identificati i 64 geni, i ricercatori si sono messi in cerca di molecole capaci di contrastarne l’azione. Hanno quindi esaminato 466 composti, alcuni dei quali già approvati come farmaci e altri sperimentati in studi clinici, e hanno selezionato 29 possibili armi contro l’invecchiamento cerebrale. Di queste, 20 sono riconosciute come geroprotettori, ossia come sostanze icapaci di rallentare il ritmo dell’invecchiamento e di ridurre l’incidenza di malattie associate all’età avanzata. Indivuate anche 13 molecole allo studio in sperimentazioni cliniche per problemi legati all’invecchiamento.

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