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Esecuzione di massa in Arabia Saudita, uno crocifisso

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Trentasette persone sono state messe a morte oggi, in un solo giorno, in Arabia Saudita per terrorismo e almeno uno di essi e’ stato crocifisso in pubblico come esempio. A farlo sapere e’ stato lo stesso governo di Riad in una nota del ministero dell’Interno, citata dall’agenzia di stampa ufficiale Spa, che non ha specificato come i condannati siano stati uccisi, in uno Stato dove normalmente si applica la decapitazione con la scimitarra. Oltre che a Riad, le esecuzioni sono avvenute nelle citta’ sante di Mecca e Medina e nelle province Orientale e di Qassim, nel centro del regno, su sentenze corroborate in appello dalla corte suprema e, in ultima istanza, dal re. Si tratta, ha fatto sapere la Saudi Press Agency, di cittadini sauditi: “La pena di morte e’ stata comminata ad alcuni criminali per aver adottato ideologie estremiste terroristiche, per aver formato cellule terroristiche e per aver messo a repentaglio la sicurezza oltre che per aver cercato di spargere il caos e provocare conflitti ideologici”. In aggiunta alle esecuzioni, ha annunciato inoltre il governo del regno, uno dei condannati, Khaled Abdulkarim Saleh Al-Tuwaijri, e’ stato “crocifisso”, forse dopo l’esecuzione. Secondo diversi media, fra cui Al Jazeera, il suo corpo, e forse anche quello di un altro condannato, e’ stato esposto in pubblico, con la testa infilzata in una picca. Secondo alcune fonti i condannati sono stati impiccati, secondo altre decapitati, ma Riad, nel suo laconico comunicato, non ha specificato. Come non ha specificato a quali episodi di terrorismo facciano riferimento le sentenze. Ma secondo Amnesty International, “le esecuzioni di massa di oggi sono l’agghiacciante dimostrazione non solo del cinico disprezzo della vita umana”, ma anche di come “la pena di morte sia impiegata come strumento politico per schiacciare il dissenso della minoranza interna sciita”, ha scritto l’organizzazione umanitaria. Per Amnesty, nella lista dei 37 messi oggi a morte figurano almeno 11 uomini accusati di spionaggio a favore dell’Iran e condannati dopo un processo “clamorosamente ingiusto”. Altri 14, sempre secondo la ong, “erano accusati di atti violenti in relazione alla loro partecipazione a manifestazioni contro il governo, nel 2011-12, nella provincia orientale dell’Arabia Saudita”, l’unica a maggioranza sciita del regno bastione dell’ortodossia sunnita piu’ intransigente, ma alleato strategico degli Stati Uniti e di Israele, soprattutto in funzione anti-iraniana. L’Arabia Saudita figura nella triste rosa dei campioni dell’applicazione della pena di morte, con 149 esecuzioni solo lo scorso anno. Inoltre, secondo Amnesty, a tutti le confessioni sarebbero state estorte con la tortura o comunque con maltrattamenti e lunghe detenzioni.

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Giornalista Usa Austin Tice rapito 12 anni fa forse è stato liberato a Damasco

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E’ stato liberato a Damasco Austin Tice, giornalista americano rapito dalle forze del regime siriano nel 2012. Lo riferisce la tv al Jazira, mentre sui social circolano foto di Tice appena liberato da civili siriani in una prigione alla periferia di Damasco. L’autenticità delle foto e della notizia non è stata ancora confermata dalla famiglia di Tice.

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Trump propone una forza di pace europea per l’Ucraina: ma chi pagherà il prezzo?

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La proposta di Trump: duecentomila uomini lungo la linea di contatto

Duecentomila soldati sotto le bandiere dei principali Paesi europei, schierati lungo la linea di contatto tra Russia e Ucraina. È questa l’ambiziosa proposta del team di politica estera di Donald Trump, che si prepara a tornare alla Casa Bianca con un piano per congelare rapidamente il conflitto in Ucraina. Tuttavia, il piano dipenderà dal cessate-il-fuoco, dalla disponibilità di Mosca e Kiev e soprattutto dalla capacità degli alleati europei di sostenere un contingente così imponente.

Gli obiettivi americani: tregua rapida per concentrarsi sulla Cina

Secondo gli emissari di Kiev, Trump ha fretta di chiudere il dossier ucraino per concentrare gli sforzi degli Stati Uniti sull’Indo-Pacifico e sul contenimento della Cina. La strategia americana è chiara: ottenere una tregua “rapida e sporca” (quick and dirty), rinviando a un momento successivo le complesse questioni politiche e territoriali.

Tuttavia, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha espresso preoccupazione: congelare il conflitto senza garanzie di sicurezza significative lascerebbe l’Ucraina vulnerabile a futuri attacchi russi, come già accaduto dopo gli accordi di Minsk e il Memorandum di Budapest.

Il peso della sicurezza sugli europei

Con gli Stati Uniti che evitano di impegnarsi direttamente e l’adesione dell’Ucraina alla NATO sempre più lontana, spetta ora all’Unione Europea assumersi il ruolo di garante della sicurezza. Parigi e Londra stanno già valutando l’ipotesi di inviare un contingente europeo. Tuttavia, il Cremlino difficilmente accetterebbe una forza sotto l’ombrello NATO, il che complica ulteriormente le discussioni.

Un contingente europeo all’altezza della sfida?

La proposta del team di Trump prevede duecentomila uomini per presidiare una linea di contatto di circa duemila chilometri, da Chernhiv a Kherson. Questo numero rappresenterebbe circa la metà delle forze disponibili degli eserciti europei, con costi enormi. Non sorprende quindi che ambienti vicini al presidente francese Emmanuel Macron ipotizzino un contingente molto più ridotto: ventimila uomini, insufficienti per garantire un reale controllo del territorio.

Gli ucraini si dicono pronti a integrare le forze europee con i propri soldati, ma resta da capire se Mosca accetterà questa soluzione. Inoltre, le minacce americane di fornire a Kiev missili Tomahawk per colpire obiettivi in Russia potrebbero complicare ulteriormente le trattative.

Un conflitto che resta “sporco”

Tra il “quick” e il “dirty”, al momento sembra prevalere il secondo. La guerra sporca in Ucraina continua a essere l’unica missione che conta per il Cremlino, mentre l’Europa si trova a dover affrontare la sfida di una missione di pace che potrebbe ridefinire i suoi equilibri politici e militari.

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Trump esulta: le dimissioni di Christopher Wray da capo Fbi sono un grande giorno per l’America

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“Le dimissioni di Christopher Wray sono un grande giorno per l’America, perché porranno fine all’uso come arma di quello che è diventato noto come dipartimento di ingiustizia degli Stati Uniti”. Cosi’ Donald Trump su Truth. “Non so proprio – scrive – cosa gli sia successo. Ora ripristineremo lo stato di diritto per tutti gli americani. Sotto la guida di Christopher Wray, l’Fbi ha fatto irruzione illegalmente a casa mia, senza motivo, ha lavorato diligentemente per mettermi sotto accusa e incriminarmi illegalmente e ha fatto di tutto per interferire con il successo e il futuro dell’America”.

“Hanno usato i loro vasti poteri – prosegue – per minacciare e distruggere molti Americani innocenti, alcuni dei quali non saranno mai in grado di riprendersi da ciò che è stato fatto loro. Kash Patel è il candidato più qualificato a guidare l’Fbi nella storia dell’Agenzia e si impegna ad aiutare a garantire che la Legge, l’ordine e la giustizia vengano riportati di nuovo nel nostro Paese, e presto. Come tutti sanno, ho grande rispetto per la base dell’Fbi e loro hanno grande rispetto per me. Vogliono vedere questi cambiamenti tanto quanto me, ma, cosa più importante, il popolo americano chiede un sistema di giustizia forte ma equo. Vogliamo indietro il nostro Fbi, e questo accadrà ora. Non vedo l’ora che Kash Patel sia confermato, così che il processo di rendere di nuovo grande l’Fbi possa iniziare”.

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