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Cronache

Ermal Meta: «Racconto l’oscurità del Kanun, ma l’amore può cambiare tutto»

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«Ho voluto raccontare una storia scura, dai toni molto cupi, che assomiglia alla mente dell’essere umano quando è privo di cultura». Ermal Meta presenta così, in un’intervista al Corriere della Sera, il suo secondo romanzo Le camelie invernali, edito da La nave di Teseo. Dopo l’esordio narrativo con Domani e per sempre, il cantautore sceglie ancora una volta la forma lunga per affrontare i temi dell’identità, del retaggio culturale e della violenza atavica.

Il peso del Kanun e la prigione delle faide

La storia è ambientata in una terra segnata dal Kanun, l’antico codice di diritto consuetudinario albanese che impone la vendetta come forma di giustizia. Una legge che ancora oggi costringe oltre mille famiglie a vivere in clausura per evitare ritorsioni. «È un codice che tutti conosciamo», spiega Meta, «una consuetudine rara e buia, dove l’orizzonte resta piccolo». Il libro racconta la vicenda di due amici diciottenni, Uksan e Samir, travolti da un conflitto che sembra inevitabile.

Tra due patrie, senza sentirsi mai pienamente a casa

Nato in Albania e trasferitosi in Italia a 13 anni, Meta ammette: «Mi sento in patria in entrambi i Paesi, ma forse sono le mie patrie a non riconoscermi». La sua vita è fatta di sospensione, tra «radici e foglie», come lui stesso dice. Un’infanzia disordinata, segnata dalla caduta del regime albanese, vissuta «a lume di candela» e con una memoria del padre segnata dagli abusi: «Non so nemmeno più che faccia abbia».

Il successo, il palco, la vetta

Il 2017 è stato per Meta l’anno della consacrazione: «Era quello che sognavo da bambino. Se fosse arrivato a 20 anni, forse sarei impazzito». Ma il successo ha anche le sue insidie: «Non è difficile arrivarci, il difficile è restarci. Quando la vetta è affollata, c’è sempre qualcuno che cade». La telefonata di Franca Modugno dopo l’interpretazione di Amara terra mia resta uno dei suoi ricordi più intensi: «È stata l’unica volta in cui ho pianto per la musica».

Fabrizio Moro, l’autotune e la libertà dell’arte

Con Fabrizio Moro ha condiviso la vittoria a Sanremo e una profonda amicizia: «Siamo due che si sono guadagnati tutto, nessuno ci ha regalato niente». Sull’autotune ha le idee chiare: «Non lo uso. Ma chi sono io per dire agli altri cosa fare?». E difende i rapper dai giudizi affrettati: «L’arte racconta la realtà. Se una canzone ti cambia la vita, forse il problema ce l’hai dentro. Non si censura l’arte, si cambia la realtà».

L’adozione e un nuovo inizio d’amore

L’annuncio più toccante riguarda la scelta, condivisa con la compagna Chiara, di adottare due ragazze albanesi di 17 e 18 anni. Le avevano conosciute durante una raccolta fondi per una casa famiglia. «Mi hanno detto: “A noi non ci vuole nessuno” e mi si è spezzato il cuore». La distanza, dopo una vacanza di due mesi insieme, è diventata insopportabile: «Non potevamo far finta di non averle mai conosciute». A giugno le ragazze saranno maggiorenni e andranno a vivere con loro. «Non vediamo l’ora, e nemmeno loro».


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La piccola orsa trovata in Molise ha completato lo svezzamento

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L’orsetta Nina, trovata a maggio da sola nei pressi di Pizzone (Isernia) è stata trasferita in un ambiente più simile alle condizioni naturali in cui dovrà vivere una volta libera. Lo ha reso noto il Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, con un post sui canali social. “Nina era stata trovata nei pressi di Pizzone (Isernia) all’inizio di maggio – si legge nel post – allevata con l’obiettivo di essere reintrodotta in natura non appena le condizioni lo permetteranno. Sabato scorso, i tecnici del Parco, biologi e veterinari, hanno provveduto a trasferire Nina in una nuova struttura.

L’orsetta ha completato con successo lo svezzamento, seguendo il protocollo sviluppato con il supporto di esperti internazionali, sia europei sia nordamericani. Ora può vivere in un ambiente più adatto alle sue esigenze attuali, molto più simile a ciò che incontrerà una volta tornata libera. Si tratta di un ampio recinto immerso nella natura, dove potrà continuare a crescere e prendere peso”. Nel post si ricorda anche che il nome dato all’orsetta “è stato selezionato dopo il concorso lanciato in occasione della seconda edizione della giornata dedicata all’orsa Amarena. Abbiamo deciso di accogliere la proposta degli studenti dell’Istituto Comprensivo “Gesuè” di San Felice a Cancello (Caserta), che hanno suggerito proprio il nome Nina”.

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Omicidio Giulia Tramontano, legali di Impagnatiello: nessun agguato, fu un errore dettato dal narcisismo

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Non un agguato pianificato, ma un delitto “maldestro”, frutto di “errori” e di una personalità narcisistica incapace di sopportare il crollo della propria immagine. È questa la linea della difesa di Alessandro Impagnatiello, l’ex barista dell’Armani Café condannato all’ergastolo per l’omicidio della compagna Giulia Tramontano, incinta al settimo mese, assassinata a Senago il 27 maggio 2023.

Mercoledì si apre il processo d’appello davanti alla Corte d’Assise d’Appello di Milano. L’avvocata Giulia Geradini, che difende l’imputato, chiederà di riformare la sentenza di primo grado, sostenendo che l’omicidio non fu premeditato ma la conseguenza tragica di una relazione doppia che Impagnatiello “avrebbe voluto interrompere”, ma che non è riuscito a gestire, sopraffatto dalla necessità di preservare un’immagine pubblica costruita con cura.

Le richieste della difesa: escludere le aggravanti

La difesa punta a escludere le aggravanti della premeditazione e della crudeltà, non riconosciute dal gip Angela Laura Minerva già nella convalida del fermo, e chiederà il riconoscimento delle attenuanti generiche. Se accolte, queste richieste potrebbero ridurre la condanna a 30 anni.

Secondo l’avvocata, non ci sarebbe “alcuna prova” di un omicidio studiato nei dettagli: la dinamica sarebbe invece “grossolana e maldestra”, come dimostrerebbe il modo in cui Impagnatiello ha cercato di disfarsi del cadavere — bruciandolo con alcol e benzina — e di simulare la scomparsa della 29enne per quattro giorni, spostandone il corpo tra il box, la cantina e l’auto prima di abbandonarlo in un’intercapedine.

L’accusa: 37 coltellate e un corpo dato alle fiamme

La ricostruzione fatta dalla Corte in primo grado parla di 37 coltellate inferte tra le 19.05 e le 19.30 del 27 maggio. Un gesto di violenza estrema, seguito dal tentativo di cancellare ogni traccia, mentre il corpo della giovane, scopertasi poco prima tradita da una collega del compagno, veniva occultato per giorni.

A sostenere l’accusa in aula sarà la sostituta procuratrice generale Maria Pia Gualtieri, che si opporrà alla richiesta della difesa e chiederà la conferma dell’ergastolo.

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Attentati a commissariato e caserma CC per vendetta, un arresto

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Arrestato il presunto autore degli attentati incendiari avvenuti a febbraio scorso nelle sedi della compagnia carabinieri di Castel Gandolfo e del commissariato di polizia di Albano Laziale, vicino Roma. I carabinieri del Nucleo Investigativo del Gruppo di Frascati, del ROS, e gli agenti della Digos di Roma hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip di Velletri su richiesta della Procura, nei confronti di un 34enne di origine egiziana, regolare sul territorio nazionale e con precedenti di polizia. E’ accusato di strage politica, ovvero commessa allo scopo di attentare alla sicurezza dello Stato. Il movente sarebbe legato a un rancore profondo e persistente nei confronti delle forze dell’ordine locali, maturato nell’ambito di vicende personali.

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