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Cronache

Ergastolo ostativo ai boss mafiosi, l’atteggiamento dell’avvocatura dello Stato desta l’allarme dei magistrati Maresca e Di Matteo

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Un’apertura inattesa. All’udienza pubblica davanti alla Corte costituzionale sull’ergastolo ostativo – la cui legittimità è stata messa in discussione dalla Cassazione – a sparigliare le carte è l’Avvocatura dello Stato, che nel giudizio rappresenta il governo. A sorpresa ha riscritto le sue conclusioni. Non ha chiesto più di bollare come inammissibile o infondata la richiesta degli “ermellini” di dichiarare incostituzionale la norma che preclude ai condannati all’ergastolo ostativo la liberazione condizionale se non collaborano. Ma ha invitato la Consulta, pur lasciando in vigore la norma , a sgombrare il campo dagli automatismi e a riconoscere, con una sentenza interpretativa di rigetto, il potere del giudice di sorveglianza di valutare caso per caso le ragioni della mancata collaborazione del condannato, che ha comunque portato a termine un percorso di ravvedimento. Gli effetti si vedranno domani quando i giudici cominceranno a discuterne in camera di consiglio e forse arriveranno alla sentenza. Intanto la svolta ha suscitato la preoccupazione di due noti pm antimafia Nino Di Matteo e Catello Maresca. E ha scatenato la reazione del principale partito della maggioranza, il Movimento Cinquestelle. “Poco alla volta, nel silenzio generale, si stanno realizzando alcuni degli obiettivi principali della campagna stragista del 1992-1994 con lo smantellamento del sistema complessivo di contrasto alle organizzazioni mafiose ideato e voluto da Giovanni Falcone” , la denuncia di Di Matteo, ora consigliere del Csm. Un allarme sottoscritto da Maresca: “qui non si tratta di garantismo o di forcaiolismo, si tratta di buttare a mare anni di contrasto al crimine organizzato” . All’attacco anche i parlamentari del M5S. Per quelli che siedono in Commissione Giustizia “e’ grave e incomprensibile” il cambio di orientamento dell’Avvocatura dello Stato. Sconcertati dalla presa di posizione della difesa del governo – rappresentata in udienza dall’avvocato dello Stato Ettore Figliolia – i colleghi dell’Antimafia: “immaginare che condannati per reati di mafia con ergastolo ostativo possano accedere alla liberta’ condizionale lascia stupefatti”. Al centro del caso che sta facendo tanto discutere un uomo condannato all’ergastolo ostativo per mafia. Ha gia’ scontato quasi 30 anni, 4 in piu’ dei 26 dopo i quali e’ possibile agli ergastolani comuni chiedere di scontare la pena residua in liberta’ vigilata e dopo altri cinque l’estinzione, se e’ dimostrato che si sono ravveduti. Ma nessun giudice puo’ pronunciarsi sulla sua richiesta perche’ c’e’ una presunzione assoluta di pericolosita’ per chi, come lui, non collabora. Per l’avvocata Giovanna Beatrice Araniti, che lo difende, negare questa possibilita’ a lui e agli altri nelle sue condizioni significa “etichettare questa categoria dei detenuti come non risocializzabili”, segnarli con una “lettera scarlatta”. E “buttare la chiave” in questi casi sarebbe “una resa per lo Stato”. Non solo il cambiamento di un condannato “non puo’ essere misurato con la collaborazione con la giustizia” , ma fare i nomi dei propri sodali non e’ prova di “sicuro ravvedimento”, ha avvertito Araniti, richiamando i casi dei collaboratori di giustizia “blasonati” che dopo aver parlato con gli investigatori sono tornati a delinquere. Alla fine della sua arringa l’avvocata si e’ fatta portavoce dell’appello dei 1.271 condannati all’ergastolo ostativo: sono il 71% di chi deve scontare il carcere a vita e “chiedono di avere l’opportunita’ di dimostrare di essere persone diverse”.

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Falso terapista accusato di stupro, vittima minorenne

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Accoglieva le sue pazienti all’interno di un finto studio allestito in una palestra di Fondi e, una volta solo con loro nelle stanze della struttura, le molestava nel corso di presunti trattamenti di fisioterapia, crioterapia e pressoterapia, facendo leva sulle loro fragilità psicologiche e fisiche affinché non raccontassero nulla. Dolori e piccoli problemi fisici che spingevano ciascuna delle vittime, tra cui anche una minorenne, a recarsi da lui per sottoporsi alle sedute, completamente all’oscuro del fatto che l’uomo non possedesse alcun titolo di studio professionale, né tanto meno la prevista abilitazione, e che non fosse neanche iscritto all’albo. È finito agli arresti domiciliari il finto fisioterapista trentenne di Fondi, per il quale è scattato anche il braccialetto elettronico, accusato di aver commesso atti di violenza sessuale su diverse donne, tra cui una ragazza di neanche 18 anni, e di aver esercitato abusivamente la professione.

Un’ordinanza, quella emessa dal giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Latina ed eseguita nella giornata di oggi dagli agenti del Comando Provinciale della Guardia di Finanza, arrivata al termine di un’indagine di polizia giudiziaria svolta su delega della Procura di Latina. Durata all’incirca un anno, quest’ultima ha permesso di svelare, attraverso le indagini condotte anche con accertamenti tecnici, acquisizioni di dichiarazioni ed esami documentali, i numerosi atti di violenza da parte dell’uomo nei confronti delle pazienti del finto studio da lui gestito. Tutto accadeva all’interno di un'”Associazione sportiva dilettantistica” adibita a palestra nella città di Fondi, nel sud della provincia di Latina: quella che il trentenne spacciava per il suo studio, sequestrata in queste ore dalle fiamme gialle quale soggetto giuridico formale nella cui veste è stata esercitata l’attività professionale, in assenza dei prescritti titoli di studio, della prevista abilitazione e della necessaria iscrizione all’albo, nonché dei locali, attrezzature e impianti utilizzati. Un’altra storia di abusi a Lodi.

Vittima una ragazza siriana di 17 anni arrivata in Italia per sfuggire alla guerra e al sisma del 2023: finita nelle mani dei trafficanti è stata sottoposta a violenze e maltrattamenti e poi abbandonata. La Polizia, coordinata dalla Procura di Lodi e dalla Procura presso la Direzione distrettuale antimafia di Bologna, ha arrestato i due aguzzini.

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Aggressione omofoba a Federico Fashion style, ‘botte e insulti’

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Preso a schiaffi e pugni sul treno e insultato da un passeggero solo perchè gay. Un’aggressione omofoba che ha visto sul treno Milano-Napoli vittima Federico Lauri, conosciuto come Federico Fashion Style, parrucchiere e volto tv. Lo racconta lui stesso sui social e un’intervista al Corriere della Sera on line. “Preso a schiaffi e pugni in faccia su un treno Italo davanti agli occhi di tutti — scrive Federico, che è anche un volto di Real Time —Essere insultato, denigrato e aggredito per l’orientamento sessuale è vergognoso. Vi prego smettetela di chiamare la gente fr… L’omosessualità non è una malattia». L’aggressione è avvenuta sul Milano Napoli all’altezza di Anagni. Il treno si ferma per un guasto, Lauri chiede informazioni e un passeggero prima lo insulta con frasi omofobe e poi lo picchia. Lauri finisce all’ospedale a Colleferro cn un trauma cranico e una prognosi di 15 giorni. Ora promette che denuncerà tutto. “Questa bestia mi ha dato un cazzotto, ma se avesse avuto un coltello mi avrebbe accoltellato -dice al Corriere- Il rischio è uscire di casa e non rientrare più. L’omofobia è la malattia, non l’omosessualità. Loro si devono curare”.

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Lo stupro di Palermo, la difesa vuole la vittima in aula

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Dentro l’aula è scontra tra accusa e difesa. Fuori dal tribunale di Palermo i familiari dei detenuti che arrivano con il pullman della polizia penitenziaria sono in attesa di salutare ‘i loro ragazzi’ mentre non lontano una decina di associazioni hanno dato vita ad un sit in per chiedere di essere ammesse come parti civili. Sono in aula cinque dei sei giovani indagati per lo stupro di gruppo a una 19enne avvenuto lo scorso 7 luglio a Palermo in un cantiere abbandonato del Foro Italico. Uno solo segue l’udienza in videoconferenza, collegato da una sala del carcere dove è recluso. Assente la vittima dello stupro, ospite in una comunità protetta, fuori dalla Sicilia. L’unico minorenne del branco è in un istituto minorile, dopo essere stato già condannato a 8 anni e 8 mesi in abbreviato. L’udienza preliminare davanti al gup Cristina Lo Bue per i sei maggiorenni – Elio Arnao, Cristian Barone, Gabriele Di Trapani, Angelo Flores, Samuele La Grassa e Christian Maronia – si apre in un clima di scontro aperto tra le parti. I legali degli indagati hanno già preannunciato le contromosse per ribaltare le accuse nei confronti dei loro assistiti.

La linea difensiva è chiara ed è legata alla richiesta di ascoltare nuovamente la vittima alla luce delle “nuove prove” che gli avvocati avrebbero raccolto. Alla prossima udienza chiederanno l’abbreviato condizionato a una nuova audizione della vittima, già ascoltata dal gip di Palermo Clelia Maltese due mesi fa nel corso dell’incidente probatorio. Il materiale raccolto dalla difesa già in un’udienza stralcio a marzo non era stato ammesso fra le carte del procedimento, ma i legali insistono. Secondo gli avvocati le nuove prove dimostrerebbero in sostanza che la giovane era consenziente. Una linea difensiva che non sorprende l’avvocato Carla Garofalo, legale della ragazza. “Questa è letteratura – spiega -, lo fanno in tutti i processi per stupro. Lo farei anche io, ma è improbabile perché mai difenderò un indagato per stupro. In ogni caso questa tesi è insostenibile, perché ci sono i filmati che parlano (i video girati con i cellulari dagli stessi indagati ndr)”.

La legale parla di “un ambiente tossico” attorno alla sua assistita “che a Pasquetta è stata pesantemente minacciata e aggredita” e denuncia “una campagna denigratoria nei confronti della ragazza durata tutta l’estate”. “Io, purtroppo – aggiunge -, sono entrata nel processo solo a gennaio per cui non ho potuto gestire e seguire la parte precedente”. L’avvocato Garofalo sottolinea anche lo stato di profonda prostrazione vissuto dalla giovane: “ha alti e bassi, momenti di angoscia e di speranza. Per fortuna abbiamo un buon rapporto. Sta raccogliendo i cocci di tutto lo sfacelo attorno a lei, con aggressioni continue. E a volte si chiede chi glielo ha fatto fare”. Attorno alla ragazza vittima dello stupro si sono strette una decina di associazioni che oltre a manifestare davanti al tribunale hanno chiesto di costituirsi parte civile, così come ha fatto il Comune di Palermo. Il Gup ha rinviato ogni decisione alla prossima udienza, fissata per il 29 aprile. Se il giudice non ammetterà l’abbreviato condizionato i legali degli imputati dovranno scegliere tra l’abbreviato “secco” o l’ordinario.

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