“Presto li sradicheremo con i nostri carri armati, la nostra artiglieria e i nostri soldati”. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che si vuole mediatore nella guerra in Ucraina, annuncia un’imminente grande offensiva militare di terra contro le forze curde in Siria e in Iraq, mentre dal Cremlino arriva l’invito alla moderazione per non destabilizzare ulteriormente l’alleato siriano. L’operazione “Spada ad artiglio”, avviata domenica per ora solo con raid aerei su “obiettivi terroristi” nel nord dell’Iraq e della Siria, è solo la prima risposta della Turchia all’attentato del 13 novembre che ha ucciso 6 persone a Istanbul, attribuito da Ankara al Partito dei lavoratori del Kurdistan Pkk. Gli attacchi aerei continuano e la Turchia ha già fatto sapere di avere ucciso almeno 189 “terroristi”, in appena due giorni, colpendo le basi del Pkk nel nord dell’Iraq e le postazioni delle milizie curde Ypg nel nord della Siria. “Speriamo di convincere i nostri colleghi turchi ad astenersi dal ricorrere all’uso eccessivo della forza sul territorio siriano” per “evitare l’escalation delle tensioni”, ha detto Alexander Lavrentiev, inviato speciale del presidente russo Vladimir Putin ad Astana, la capitale del Kazakistan dove è iniziata una due giorni di incontri tra funzionari di Russia, Turchia e Iran proprio riguardo alla Siria.
“Abbiamo opinioni differenti sulla situazione”, ha sottolineato anche il portavoce di Vladimir Putin, Dmitri Peskov, ma “grazie a Dio, le relazioni amichevoli e di partenariato con la Turchia rendono possibile discutere di queste differenze in modo aperto e costruttivo”. È dal 2017 che Mosca, Ankara e Teheran tengono regolarmente colloqui per trovare una soluzione al conflitto siriano. Anche in occasione dell’ultimo vertice, l’estate scorsa nella capitale iraniana, sia la Russia che l’Iran avevano dichiarato la propria contrarietà a una grande operazione militare di Ankara contro i militanti curdi in Siria, che il presidente Erdogan aveva annunciato in maggio. Dopo i raid di Ankara sferrati domenica, il contrattacco delle forze curdo-siriane ha risposto con razzi lanciati nel villaggio turco sul confine di Karkamis, che hanno ucciso tre civili tra cui un bambino. Oggi dopo il nuovo annuncio di Erdogan, un altro attacco dello Ypg ha colpito Azaz, in Siria ma a ridosso della frontiera turca.
Secondo la Turchia l’attacco diretto su obiettivi civili ha causato morti e feriti. Anche Washington ha lanciato un appello affinché non aumentino le tensioni in Siria, e si è opposta a “qualunque azione militare non coordinata in Iraq” ma Erdogan continua a dire che la Turchia non ha bisogno di chiedere il permesso a nessuno per intervenire. Durante gli attacchi, un drone turco ha colpito una base condivisa dagli Usa e dal partito del lavoratori del Kurdistan Pkk, a Istirahat al Wazir, vicino al capoluogo siriano nord-orientale di Hasake, in un’area controllata dalla coalizione curdo-araba. Da anni Pkk e Stati Uniti collaborano nella zona nell’ambito della lotta al sedicente Stato islamico: un’alleanza che Ankara non ha mai sopportato, dal momento che il suo esercito è in conflitto da 40 anni con il partito curdo armato.
Il Centcom americano ha tuttavia fatto sapere che le proprie truppe non sono state messe in pericolo dall’attacco, trovandosi in quel momento a una ventina di chilometri da dove ha colpito il drone, ma per l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria tre militanti curdi sono rimasti uccisi. “Sappiamo bene chi arma i terroristi, chi li sostiene e li incoraggia”, ha ribadito il presidente turco, facendo implicito riferimento non solo agli Stati Uniti ma anche a Svezia e Finlandia, a cui Ankara ha chiesto un cambio di passo rispetto ai curdi e l’estradizione di sospetti militanti in cambio del via libera alla loro adesione alla Nato. Richiesta non ancora ratificata dalla Turchia proprio perché Helsinki e Stoccolma non avrebbero ancora soddisfatto queste richieste.