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Epistemologia della Pandemia

 Epistemologia della pandemia (V Modulo). Epidemia e società: la politica

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Epidemia e società: la politica

  1. Come preannunciato nel Modulo IV e seguendo sempre la struttura del “cluster problematico” presentato nel Modulo I (Fig.1.1.), sviluppiamo nel presente Modulo V la dimensione politica dell’epidemia. Ancora una volta osserviamo, accanto a un profilo più o meno ben focalizzato, la rete di connessioni che questo focus stabilisce con le altre componenti del cluster problematico: sia nell’ambito “sociale” che in quello “medico-epidemiologico”.
  2. Proponiamo per l’analisi di questo essenziale segmento del nostro Corso il “modello transcalare” (Fig. 5.1). L’attore centrale, un questo modello, è lo Stato che svolge la sua attività politica (in generale):
  • I) a scale più piccole, e quindi considerando territori più vasti—–aggregati spaziali di varia dimensione, istituzionali e non, insiemi sovranazionali
  • II) a scale più grandi, e quindi considerando territori più ristretti——-ritagli amministrativi all’interno di uno Stato.
  1. Cominciamo con l’applicare questo modello in ambito storico. Il nostro Paese offre al riguardo un ambito di osservazione estremamente istruttivo di come è venuto configurandosi il rapporto tra politica ed epidemia, tra Medioevo ed Età Moderna (Fig. 5.2). Il quadrilatero d’oro, quello in cui si inventa e si perfeziona la Sanità pubblica, si sviluppa tr Genova, Firenze, Venezia e Milano, con il rosario delle città che dentro e fuori vi si localizzano intorno (Bologna, Torino, Livorno, che peraltro è il porto del Granducato, dotato di una sua autonomia nel tema che ci occupa). Il nodo centrale di questo rapporto è certamente la creazione di un ambito di intervento dello Stato che si afferma con il nome di Sanità Pubblica (Fig. 5.3). Di che si tratta? E’ l’esito storico della presa di coscienza che dopo la Peste Nera (1348 e seguenti) gli Stati più ricchi e potenti d’Europa eseguono: le epidemie (la peste) non è solo un motivo di perturbazione fisica (decimazione delle popolazioni) e spirituale (paura) degli Stati, ma è un elemento centrale della loro vulnerabilità. In quanto tale, va considerato come un “nemico” non solo quando c’è, ma anche quando non c’è: esattamente come si fa con gli Stati vicini e lontani che possono minacciare in qualunque momento la sicurezza dello Stato. Per questo si sviluppano le “politiche estere”, si tessono i rapporti politici e commerciali, i trattati, le alleanze, le intese. La “Sanità pubblica” punta a difendere la salute dei cittadini e, insieme, la tenuta dello Stato in caso di epidemie. 
  • I) Per far questo, da una parte si affida alla medicina e all’organizzazione. Tra le due, la prima corre assai meno veloce della seconda: nel seicento, all’epoca della peste manzoniana, il medico è assai meno efficace (e dunque importante) dell’ufficiale di sanità (cioè degli apparati dello Stato che, sulla base di apposite norme e valendosi di specifiche istituzioni di confinamento e controllo (lazzaretti, ad esempio) cercano di limitare il contagio ed arginare gli effetti più devastanti sulle popolazioni e, nella stessa e forse superiore misura, sulle istituzioni e sulle economie.
  •  II) Dall’altra parte, sviluppa una politica internazionale specificatamente ispirata dalla Sanità Pubblica e da essa gestita: scambio di informazioni, missioni di verifica e di controllo negli Stati esteri, controlli in entrata e in uscita, politiche daziarie e tariffarie, procedure rigide di confinamento e di ammissione nei rispettivi territori nazionali. Tutto questo ha delle implicazioni fortissime in materia commerciale: sicché la Sanità pubblica diventa un tassello di quest’ultima. Un tassello ingombrante, per vero, perché non sempre gli interessi della mercatura coincidono con quelli della sanità per cui le differenti magistrature possono entrare in conflitto più o meno larvato.
  1. Tornando al modello transcalare e concentrandoci sulla pandemia di coronavirus, vediamo anzitutto lo sviluppo verso l’alto, cogliendo due aspetti.
  • I) Il primo (Fig. 5.4) ha a che fare con il “tavolo europeo”, dove accanto alla politica, si colloca l’economia, di cui parleremo nel prossimo modulo. Quanto alla politica, si tenta per un verso di armonizzare le politiche di sanità pubblica, una filiera dove si constata un quasi totale fallimento; per altro verso, di mettere a punto un sistema di “finanziamento dell’emergenza sanitaria” mettendo a disposizione degli Stati membri delle risorse specificatamente destinate a fronteggiare gli aspetti medici ed epidemiologici della crisi.
  • II) Il secondo aspetto (Fig. 5.5.) riguarda più ampiamente la politica internazionale, che sviluppa a sua volta due direttrici: 

– da un lato, le misure che regolano “politicamente” le relazioni pandemiche, ad esempio per quanto riguarda le forniture di materiali sanitari e farmacologici, secondo strategie selettive. In questa direzione si stanno muovendo, in modo per vero non troppo trasparente, la Cina, la Russia, la Turchia (forse l’unico grande produttore europeo/mediorientale di mascherine). Gli Stati Uniti, con la diffusione del contagio, hanno decretato a fine marzo l’embargo per TUTTE le esportazioni di materiale sanitario concernente la pandemia.

– Dall’altro, la ricomparsa sulla scena globale dell’umanitario (APPROFONDIMENTO 1), particolarmente sensibile l’aiuto composto non solo da dispositivi di protezione (mascherine, tute) e di supporto (respiratori) nonché all’occorrenza da farmaci, ma soprattutto da équipes mediche e infermieristiche. I Paesi indicati a quest’ultimo riguardo, si noti, sono tutti “comunisti” o “ex-comunisti”.

  1. APPROFONDIMENTO 1/La parabola dell’umanitario.

Se l’inizio del XXI sec. corrisponde all’età del securitario, la fine del XX sec. coincide con l’età dell’umanitario. “Nel corso degli anni 1990, si parla volentieri di esclusione, di sofferenza e di traumatismo di fronte ai quali appariva doveroso dispiegare dei dispositivi di assistenza, testimoniare un’attitudine compassionevole”. Così Fassin (2010, p. 411), che continua: “Governi di ogni tipo, conservatori come progressisti, si interessano ormai alla sofferenza dei dannati della terra e qualificano i loro programmi come ‘umanitari’”.  Di più, attraverso i meccanismi della “sofferenza a distanza”, l’umanitario scaglia “il politico” al cuore della vita quotidiana di ciascuno di noi (Boltanski, 2016).

In realtà, questa esplosione umanitaria ha una tradizione antica e consolidata in occidente, segnatamente in Europa e, quindi, in Italia. Tale tradizione si costruisce nel corso dei secoli lungo due tronconi, non sempre teneri l’uno verso l’altro e con radici culturali a volte persino antagoniste, ma uniti dall’oggetto: l’umanità sofferente, verso cui si porta attenzione e si mettono in campo azioni .

Il primo percorso è di tipo religioso e può farsi risalire al dettato evangelico. Gesù non ha certamente bisogno di spiegare perché occorra dedicarsi alle opere di misericordia, che si indirizzano a tutti e sono indipendenti dalle circostanze. Chi lo ascolta sente con il cuore e sa con la mente che l’attenzione a colui che soffre, all’altro in difficoltà, è un pensiero per Dio, il riconoscimento del suo amore per l’Uomo. “Nella tradizione cristiana, la misericordia è una componente maggiore del piano di Dio per la salvezza” osserva Van Bühren (2017, p. 4), “ed altresì un elemento importante per la responsabilità sociale e… per i poveri nell’universo cristiano”.

Il sentimento religioso della misericordia appartiene alla coscienza profonda dei singoli e dei popoli. È  un tema letterario di grande fascino, che ha attraversato l’Italia e l’Europa da Manzoni a Tolstoj, per fermarci ai contemporanei. La misericordia è altresì un’icona potente delle arti figurative, almeno dal XII sec., volta a rappresentare e promuovere le attività caritative nelle comunità cristiane: due opere quasi coeve, il dipinto di Caravaggio dedicato alle “Sette opere di Misericordia corporale”, conservato nella chiesa del Pio Monte della Misericordia a Napoli (1606/07), e quello di Pieter Brueghel il Giovane, dal medesimo titolo (1616) si pongono tra le espressioni forse più alte di questa tradizione iconografica. Antonio Canova, dal suo canto, richiama in uno dei gessi di villa Rezzonico l’obbligo di dar da mangiare agli affamati, obbligo vissuto non già come imposizione, ma adempiuto con una serenità che sembra crescere nel momento stesso in cui il pane viene donato dalla dama ai fanciulli. Per la musica, le evocazioni  vanno, a volo d’uccello, da Pachelbel a Bach, da Gluck a Mendelssohn e naturalmente a Mozart, con il suo Misericordias Domini in aeternum cantabo. Non stupisce dunque se, nell’età delle logiche securitarie, Papa Francesco che tanta sollecitudine mostra per il popolo migrante, dedichi alla Misericordia l’ultimo Giubileo (2015-2016). Senza dimenticare che Giovanni Paolo II già nel 1980 aveva consacrato un’enciclica alla misericordia divina (Dives in misericordia).    

Il secondo percorso è di tipo più decisamente secolare. L’inizio della sua tessitura intellettuale moderna può essere fatto risalire al XVIII sec., per quanto sia le “filosofie morali” che le pratiche “civili” di assistenza (ai poveri, ai malati, ai viandanti), rimontino certamente a tempi anteriori. Pur fondando i loro argomenti su basi differenti, e sviluppando punti di vista diversificati al loro interno, due nuclei maggiori di pensiero sembrano confrontarsi. Da una parte, l’empirismo scozzese, le cui principali figure sono, come è noto, Hume, Hutcheson, Smith. Come dice quest’ultimo in un passo celebre della Teoria dei sentimenti morali (1759): “Per quanto egoista l’uomo possa essere supposto, vi sono evidentemente dei principi nella sua natura che lo conducono a interessarsi alla fortuna degli altri e che gli rendono necessaria la sua felicità, benché egli nulla ne ricavi se non il piacere di vederli felici. Di questa sorta è la pietà, o la compassione, ossia l’emozione che noi sentiamo per la miseria degli altri, sia che la vediamo, sia che siamo portati a concepirla con molta vivacità”. Dall’altra parte, gli illuministi di Francia che se con Rousseau gettano le basi per una riflessione secolarizzata sulla pietà (Discorso sull’origine e i fondamenti dell’ineguaglianza tra gli uomini, 1754), con Voltaire, (segnatamente nel Poema sul disastro di Lisbona, 1755) rivendicano l’esigenza di una morale laica tanto compassionevole quanto rigorosa nella sua pretesa di non nascondersi dietro “l’antico assioma tutto è bene”. 

La trama della misericordia si disegna in tutta la sua complessità fino ai nostri giorni, passando attraverso l’altruismo di A. Comte, i movimenti e le istituzioni filantropiche, i contributi della Scuola di Francoforte e particolarmente di J. Habermas, il cosmopolitismo da I. Kant a U. Beck. La letteratura ha fatto sentire in questo filone voci potenti, come quella di E. Zola. Ma la trama della misericordia non è “solo” riflessione né solo esortazione. È azione, sono “opere”. La pubblica carità, la privata beneficenza, forti di questo potente intreccio di tradizioni religiose e filosofiche, sviluppano una economia della solidarietà, un diritto umanitario, un complessivo “ordine internazionale umanitario” (Eberwein, 2005). L’umanitario, tra pensiero, norme e pratiche, per quanto contrastato dal securitario, costituisce nondimeno una realtà forte e inaggirabile delle culture e delle società europee. In Italia, esso ha accompagnato l’intero percorso di sviluppo sociale dall’unificazione ad oggi, con incidenze fortissime sia sul sistema di welfare sia in termini di risposta imprenditoriale ai nuovi bisogni (Borzaga, Ianes, 2006): un’esperienza essenziale, al cuore del nostro presente nazionale, a cui non si saprebbe in alcun modo rinunciare.

[Da: A. Turco, L. Camara (a cura), Immaginari migratori, Angeli, milano, 2018, p. 314-317. ]   

  1. Riprendendo il modello transcalare nel suo sviluppo verso il basso, e quindi andando dallo Stato verso livelli territoriali ed amministrativi inferiori, l’aspetto che più colpisce dell’esperienza pandemica che stiamo attraversando è la seguente (Fig. 5.6.): nel quadro del decentramento delle competenze –e in primis la delega regionale in materia sanitaria- si osserva una forte conflittualità interistituzionale: tra Stato e Regioni; tra Regioni e livelli amministrativi inferiori (Provincie e soprattutto Comuni). Ciò è dovuto a cause molteplici ma convergenti:
  • I) Una sovrapposizione delle competenze, che in materia sanitaria appartengono allo Stato e, contemporaneamente, alle regioni. 
  • II) Una confusione persistente tra medicina e sanità pubblica, con l’epidemiologia/virologia che sta a cavallo dell’una e dell’altra. Una lettura condivisibile della normativa vigente (a partire dalla Costituzione, art 32 e passim), assume chiaramente questa distinzione ed avoca allo Stato le responsabilità in materia di sanità pubblica, in tempi epidemici e pandemici [con le implicazioni che ne seguono sul piano medico].
  • III) Il trasferimento dello scontro politico sul terreno della gestione epidemica, utilizzando in modo strumentale (APPROFONDIMENTO 3) ogni accadimento (anche solo informativo) per combattere l’avversario, screditandolo o minimizzando la portata degli interventi messi in campo (Fig. 5. 7).
  1. Il “modello transcalare” che richiama una fondamentale dimensione geografica del nesso epidemia/politica, si sviluppa a sua volta in un contesto ricco di temi, che vengono comunicati in modi estremamente variegati. Attraverso questa comunicazione, mediano il significato dell’agire politico einfluenzano le azioni stesse della politica. Proponiamo, in chiusura di questo modulo, tre APPROFONDIMENTI nei campi indicati. Uno, piuttosto tematico, riguarda l’immigrazione e può essere messo in stretto rapporto con l’APPROFONDIMENTO/1. I successivi due riguardano più specialmente la dimensione mediatica dell’agire politico e il feedback che la fuzziness informativa può avere tanto sulle policies quanto sulle politics epidemiche, trasformandosi così in elementi di quella “governamentalità” di cui abbiamo parlato nel modulo 2. Ancora alla “governamentalità, infine, si riferisce l’ultimo approfondimento, il cui la visione del futuro –la visione, dico- viene indicata come obiettivo politico, oltre le retoriche e le speranze.
  1. APPROFONDIMENTO/2- LA QUESTIONE DEGLI IMMIGRATI

Il primo tema del dibattito pubblico in Italia (e probabilmente in Europa), il ferro di lancia delle opposizioni e soprattutto della Lega (che nelle intenzioni di voto diventa il primo partito nazionale), si affievolisce molto nella prima metà di febbraio e nella seconda metà del mese viene totalmente spazzato via dal coronavirus nella comunicazione pubblica e nell’interesse politico. 

  • Gli echi provenienti dal confine greco-turco si fanno sporadici e lontani;
  • Si nota la “scomparsa” degli immigrati dalle strade delle nostre città: io stesso, l’ultima volta che –l’8 Marzo- sono stato alla Stazione Centrale di Milano, di solito molto frequentata da migranti, non ne ho visto uno.
  • C’è un ritorno di interesse in occasione della regolarizzazione totale dei migranti effettuata in via provvisoria (fino al 1 luglio) dal Portogallo il 28 Marzo scorso per favorirne il tracciamento e la cura, ma si tratta di un fuoco di paglia, senza un vero dibattito e con stanca propensione ad analizzarne le implicazioni per le nostre possibili politiche migratorie.
  • Ritorna a fine marzo un interesse sul tema e continua fino ad oggi, per effetto degli interventi del Ministro dell’Agricoltura, Teresa Bellanova, in un frangente nel quale TUTTA la filiera alimentare appare vitale per la tenuta di un Paese in quarantena, e nel quale, dunque, occorre garantire gli approvvigionamenti per l’intera popolazione a partire dal settore di base, quello produttivo, vale a dire l’agricoltura. La Ministra denuncia la carenza di manodopera in particolare per la raccolta di primizie (la campagna per le fragole comincia in questi giorni di settimana santa): mancano all’appello circa 370.000 persone (Repubblica 26/3). Ma il bisogno di manodopera nelle campagne è generalizzata, dalla Puglia alla Sicilia. La posizione della Ministra, che però non si sa quanto sia condivisa dal Governo si impernia sulla “regolazizzazione” e sulla “sanificazione” dei ghetti in cui “tradizionalmente” vivono i migranti agricoli. 

 

  1. APPROFONDIMENTO/3- FUZZINESS INFORMATIVA E GEOGRAFIA DELLA COMUNICAZIONE DI CRISI

La crisi è un ambiente di apprendimento, come spieghiamo nel Corso di “Epistemologia della pandemia”, ospitato da questo giornale. E difatti, l’epidemia del coronavirus riempie ormai i nostri media, la nostra quotidianità reclusa, la nostra vita. E’ una fabbrica di informazioni in cui annega la nostra voglia di comprendere. Già, tante informazioni, uno sciame turbolento e rumoroso, con notizie che s’intersecano, a volte ripetitive, a volte contradditorie, a volte solo roboanti. Se appena ci ficchiamo il naso in questo tino fermentante, ci rendiamo conto che la crisi pandemica ci pone di fronte sicuramente a una overinformation. Questa tuttavia non riguarda solo la quantità delle news, ma anche la qualità. Un primo, notissimo criterio di selezione informativa riguarda il binomio vero/falso: e infatti molti si stanno esercitando in questo periodo nell’intercettazione di “fake news”, con risultati anche molto buoni. Il fatto è, tuttavia, che l’overinformation, di là dalla verità o falsità, ci mette di fronte a categorie ben più articolate di news, che si originano dall’epidemia, trapassano il fatto medico e il recinto della sanità pubblica, impattano sulla società nei suoi molteplici aspetti: culturali, etici, religiosi, politici, economici. Il concetto fondamentale sul quale stiamo lavorando è dunque quello di fuzziness informativa, in cui non vale l’opposizione binaria bianco/nero, ma la palude brumosa dei grigio: ciò che è falso ma contiene un pò di verità; ciò che è vero ma è inquinato da qualche falsità. Diventa cruciale, in questo quadro, considerare due elementi supplementari per l’analisi della qualità dell’informazione, per capire ciò di fronte a cui ci troviamo. E cioè, da un lato, il modo in cui le news si combinano tra loro: e per esempio come si contaminano reciprocamente nei loro contenuti di verità e falsità. E, dall’altro lato, il modo in cui esse circolano in termini di cross-medialità, velocità, ritmi. La mappa che presentiamo costituisce un primo risultato di queste ricerche sulla fuzziness informativa.

 

[https://www.scribblemaps.com/maps/view/Mappa_Geografia_della_comunicazione_di_crisi_informazione_disinformazione_controinformazione_di_Angelo_Turco_e_Rachele_Piras/qEHK2I63PL]

 Abbozza una distribuzione geografica di news che non possono dirsi in sé vere o false, ma mescolano elementi diversi, li combinano e li proiettano in ambiti discorsivi anche differenti da quelli in cui sono nati e si sono sviluppati. Troviamo, sulla mappa, cinque categorie di informazioni fuzzy, riconducibili nei diversi Paesi a vari personaggi e situazioni. La prima ha a che fare con una comunicazione di tipo manipolativo o strumentale, più o meno chiaramente riconoscibile: ad esempio, la mia apparente dichiarazione sulla crisi è in realtà un tassello dalla mia campagna elettorale. Segue il bikeshedding, il concetto che rivela la clamorosa vacuità politica delle opposizioni di fronte all’azione, pur manchevole e molto criticata dei governi. L’etica mediale, dal suo canto, indica la responsabilità che gli stessi media si assumono nel non divulgare informazioni socialmente pericolose in quanto non sufficientemente corroborate sul piano tecnico-scientifico: e ciò, anche se l’origine è un’alta autorità dello Stato. Il negazionismo indica quelle situazioni in cui l’epidemia viene negata o sottostimata, in toto o in qualcuno dei suoi aspetti (contagi, letalità…). Infine, il complottismo, che per ora si identifica soprattutto con la tesi dell’origine laboratoriale del coronavirus, attribuita alla Cina, oppure agli Stati Uniti, oppure a entrambi. Tutte questioni si cui dovremo tornare, si capisce…..    

[Angelo Turco su: https://www.juorno.it/covid-19-informazione-e-contagio/?fbclid=IwAR2ZZ1g2DINe7LRZrYGdvoErNXOUQtDKr-o59X_mPRlBVLVtaPoBMoVcSmE

10.APPROFONDIMENTO/4 – BIKESHEDDING

Supponiamo che si stia discutendo, in un’importante riunione di esperti e politici, della costruzione di una centrale nucleare di nuova generazione che comporterebbe un investimento di 1 milardo di euro. Ciascuno porta il suo contributo sugli aspetti nucleari, ingegneristici, securitari, ambientali, economico-finanziari finché qualcuno solleva il problema della tettoia sotto la quale il personale dovrebbe ricoverare le proprie biciclette: il colore, per esempio, oppure la dimensione, oppure la posizione rispetto all’ingresso del perimetro della centrale. Che succede? Continuate voi, con l’avvertenza che questa storiella riassume la “legge di Parkinson sulla futilità” dal nome del colui che la formulò nel 1957. Ecco, il bikeshedding rappresenta esattamente il profilo politico che sta assumendo la destra di fronte alla crisi del coronavirus. Rivela la sua incapacità di contribuire, come opposizione, alla soluzione dei problemi centrali, di natura sociale e di sanità pubblica, generati dalla pandemia. Soffermandosi invece sulla “tettoia per le biciclette”: il governo ha cominciato in ritardo, le mascherine non sono a norma, i comunicati vengono fatti la sera tardi, il Parlamento non si riunisce per discutere le misure del Governo, il Presidente del Consiglio non può affidare le sue dichiarazioni a una diretta Facebook, quando riaprono le scuole, troppo presto, troppo tardi! E tentando di far apparire questo come “il problema” per il quale il Governo dimostrerebbe la sua sostanziale e gravissima incompetenza tecnico-sanitaria, la sua inefficacia economica e persino la sua pericolosità per le istituzioni democratiche. Francamente, la casalinga di Voghera, per ricordare Alberto Arbasino che ci ha appena lasciati, avrebbe saputo fare meglio. Di fatto, il bikeshedding rappresenta il clamoroso fallimento culturale della destra italiana confrontata a un problema gravissimo che avrebbe richiesto un contributo tanto utile quanto intelligente da parte di tutti, nell’intento di creare un clima di union sacrée per la salvezza della casa comune. Chiedendo non già di partecipare al tavolo in cui si prendono le decisioni (quali, tra le molte che il Governo prende quotidianamente?). Non già, quindi, di entrare in pratica nella maggioranza, ma sviluppando sostanzialmente tre prospettive su cui ci aspetteremmo “idee” da un’opposizione responsabile e dotata di senso della politica. La prima ha a che fare con la difesa della democrazia: vigilare, senza strepiti, per fare in modo che la “strategia brancolante”, necessaria per la comprensione e la gestione della crisi, non trasformi la decretazione d’urgenza -di cui ha bisogno per funzionare- in un temibile “Stato d’eccezione”. Rendersi conto, inoltre, che la crisi è un “ambiente di apprendimento” e che, pertanto, ci sono dei punti di rottura, delle biforcazioni determinate dall’accatastamento delle informazioni le quali hanno, accanto a risvolti tecnici (che bisogna lasciare ai tecnici), delle ricadute politiche importanti: per esempio sul tavolo europeo. Infine, e per chiudere qui, vegliare sul rispetto di un principio di equità sociale affinché la fattura di questa crisi, attualmente in carico ad anziani, malati, personale sanitario, e che sarà pesantissima sul piano economico, sociale e territoriale, non sia buttata sulle spalle dei soliti noti, delle fasce più deboli della popolazione, del tessuto produttivo di base che rimane nel pantano mentre la finanza fa quello che ha sempre fatto e che del resto sa fare con la sua cieca pulsione speculativa. Quale che sia il modello di società verso cui andiamo, o speriamo di andare, nessuna visione può fiorire, nessun progetto si può edificare in un mondo di disoccupati, di piccole e medie imprese in ginocchio, di partite Iva allo sbando, di territori drammaticamente indietro rispetto al resto del Paese. La giustizia sociale non può continuare ad essere “solo” una preoccupazione della sinistra: diventando un autentico valore nazionale, può e deve trasformarsi in un driver inderogabile nell’agenda di tutte le forze politiche. Insomma, avendo le capacità, ci si può occupare d’altro rispetto alla pur interessante questione delle tettoie per le biciclette. 

[Angelo Turco su: https://www.juorno.it/bikeshedding-il-profilo-politico-della-destra-italiana-di-fronte-alla-crisi-del-coronavirus/?fbclid=IwAR2Htoa15TU64fPXgmw2ZZQTb0dheVzwuwRdgVtxgs5lTye8yw3wNSD

  1. APPROFONDIMENTO/5 – DOPO IL CORONAVIRUS: IL DESIGN DELLA POLITICA

Che cosa diventerà la politica dopo l’epidemia? Quali ne saranno i principi-guida? Come si articoleranno le diverse scale di potere? Come si svolgeranno le sue pratiche? Si osservano differenti approcci e prospettive che si fanno luce: di seguito, ne indichiamo alcuni.

I) Le retoriche: alquanto vacue, esse presentano declinazioni multiple:

  • Nulla sarà come prima
  • Saremo tutti più buoni
  • Lacrime e sangue

II) Il pragmatismo della “fase 2”: si concentra sul “ritorno alla nuova normalità” e consiste nel definire i passi e le condizioni per riportare il Paese (i Paesi) alla sua vita ordinaria. Due i modelli di riferimento: 

  1. L’indirizzo epidemiologico in forza del quale occorre prepararsi a “convivere con Covid 19”, in condizioni controllate e fidando sostanzialmente su due elementi di fondo:
  • Il calo di attivtà/aggressività del virus nella stagione calda (nessuna evidenza empirica, nessuna spiegazione teorica perché ciò accade, solo valutazioni “analogiche” con il virus dell’influenza): dovrebbe “dormire” da noi e dirigere la sua virulenza verso l’inverno australe.
  • In attesa del vaccino (che tuttavia nelle ipotesi migliori sarà pronto per l’autunno, in somministrazione ai soli sanitari) lo sviluppo di una cura specifica (ad oggi inesistente: ricordiamo che si interviene praticamente con interventi di salvataggio nelle terapie intensive e immono-modulanti/anti-infiammatori aspecifici)
  1. Il modello cinese: la “riapertura” di Wuhan, graduale e molto circospetta. E’ notizia di oggi 7 Aprile che l’Austria si starebbe preparando ad inaugurare la “Fase 2”, primo Paese in Europa.  

III) La dominante economica: la “Fase 2” e quel che ne seguirà, di fatto consisterà eminentemente nello stimolo e nella gestione della ripresa economica. Ci si concentra ora eminentemente sulle misure di primo impatto e, in specie, sulle condizioni di accesso al credito da parte delle imprese. Questi punti, che affronteremo nel prossimo modulo, si collegano al filore retorico del “lacrime e sangue” indicato più sopra.

IV) Un nuovo design della politica: tutti questi elementi, e in particolare il ii. e iii. si profilano in un contesto di “continuità”: quando l’epidemia sarà passata, o entreremo nella “Fase 2”, riprendiamo esattamente come prima, ricostruiamo il mondo di prima, in condizioni migliorate in termini di resistenza alle crisi. Cioè le “condizioni date” non vengono messe in discussione. Tanto più significativa appare dunque l’iniziativa di un nutrito gruppo di parlamentari francesi (58), appartenenti a differenti schieramenti (maggioranza, sinistra, ecologisti), volta a “ripensare” il modo in cui fare politica e, in primis, il modo in cui costruire nella post-pandemia e a partire da subito, quindi già nella “Fase 2” il percorso decisionale (chi fa cosa, come, quando) in termini sicuramente più trasparenti e partecipativi (Le Figaro, 4 Aprile).  

 

12. BIBLIOGRAFIA DI SFONDO

(si può dare una sbirciatina, si può tenere sottomano per approfondire, anche solo singoli punti)

Cipolla C.M., Miasmi e umori, Il Mulino, Bologna, 2012

Quammen D., Spillover, Adelphi, Milano, 2014

Turco A., Immaginari migratori, FrancoAngeli, Milano, 2018

 

13. IL ROMANZO DELL’EPIDEMIA

(mettere tra i romanzi da leggere, o da rileggere, prima o poi)

Saramago J., Cecità, Feltrinelli, Milano, 2013 

 

14. SITOGRAFIA ESSENZIALE

Fuzziness informativa e geografia della comunicazione in tempo di pandemia

https://www.scribblemaps.com/maps/view/_Geografia_della_comunicazione_di_crisi_informazione_disinformazione_controinformazione/qEHK2I63PL

  

 

Angelo Turco, africanista, è uno studioso di teoria ed epistemologia della Geografia, professore emerito all’Università IULM di Milano, dove è stato Preside di Facoltà, Prorettore vicario e Presidente della Fondazione IULM.

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Cultura

Torna Juorno Live Interview: parliamo di informazione e comunicazione ai tempi della pandemia col professor Angelo Turco 

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Torna l’appuntamento con Juorno Live Interview, la rubrica di approfondimento in diretta di Juorno. Stasera, alle ore 18:30, sui canali social del portale, ospiteremo il professor Angelo Turco, geografo africanista e studioso di teoria ed epistemologia della geografia, professore emerito all’Università IULM di Milano, nonché editorialista del nostro giornale. 

Durante gli ultimi dodici mesi, il professor Turco ha saputo fornirci le coordinate per orientarci nel mare magnum dell’informazione e del sapere scientifico sul Covid-19. Durante i primi mesi di pandemia, mentre medici, virologi, epidemiologi, politici si contendevano le luci della ribalta, subissandoci di pareri, informazioni e dettami spesso discordanti fra loro, il professor Turco ideava sul nostro giornale il corso digitale “Epistemologia della pandemia”. Lo scopo era proprio quello di spiegare in che modo il sapere scientifico viene prodotto e poi diffuso presso il grande pubblico. 

Un anno dopo, le cose non sembrano essere cambiate. Scienza e informazione continuano a giocare un ruolo fondamentale ma al tempo stesso non scevro da contraddizioni. Ne è una prova il cortocircuito della comunicazione sul vaccino AstraZeneca. Seppur in assenza di dati in grado di certificare un nesso di causalità fra la somministrazione del vaccino di Oxford e alcuni decessi, i media nostrani hanno offerto una comunicazione allarmistica che ha alimentato diffidenza e psicosi nella popolazione. Analizzeremo poi lo stato dell’arte della campagna di vaccinazione nel nostro Paese. Anche qui la comunicazione politica sarà vivisezionata per distinguere fra parole e fatti, propositi e programmi. Infine uno sguardo alla geopolitica dei vaccini: come cambiano gli equilibri internazionali con la più grande campagna di vaccinazione della storia?

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  1. Come preannunciato, e seguendo sempre la struttura del “cluster problematico” presentato nel Modulo I (Fig.1.1.), sviluppiamo nel presente Modulo VI la dimensione politica dell’epidemia. E’ il nostro ultimo tassello, tanto vasto quanto complesso, destinato a marcare il nostro futuro certamente nel breve periodo, diciamo per il resto di quest’anno, ma con scansioni e contenuti diversi, anche nel medio e lungo periodo. La rete di connessioni che questo focus stabilisce con le altre componenti del cluster problematico non ha bisogno di essere sottolineata. Sicchè, procediamo con una breve introduzione storica, sempre tra medioevo tardo ed Età Moderna, per proseguire con i vari temi che oggi animano il dibattito pubblico e si presentano non solo all’attenzione ma, in un modo o nell’altro, all’esperienza di ciascuno di noi (Fig. 6.1.).
  2. Squarci di storia, tra Medioevo ed Età Moderna. 

I) Dopo la Peste Nera, tutta l’Europa è in ginocchio. Città floride, orgogliose della propria ricchezza, delle proprie istituzioni, della propria cultura, come Siena immortalata dagli affreschi “politici” di Lorenzetti, si apprestavano a dare l’assalto alle roccaforti del potere regionale, prima di essere ricacciate nel limbo dell’irrilevanza dall’epidemia. Le pestilenze si succedono in Europa e si sviluppa pertanto, come abbiamo più volte detto nei precedenti moduli, la “Sanità pubblica”, ossia il sistema di protezione sanitaria dello Stato, concetto più vasto e complesso di quello di difesa della salute della popolazione: che è ricompresa nei compiti delle “Magistrature di Sanità”, ma non ne esauriscono lo scopo. Il primato europeo viene raggiunto in questo campo in Italia, e si realizza nel quadrilatero Milano, Venezia, Firenze, Genova, con importanti addentellati quali Bologna, Torino, Livorno (si veda la Fig. 5.2). 

II) Un componente essenziale della “sanità pubblica”, con conseguente acquisizione di poteri specifici da parte della Magistratura di Sanità, è l’economia, che è al cuore della sicurezza e della prosperità dello Stato. Si realizza così, all’incrocio tra politica estera e politica economica, il sistema di “regolamentazione sanitari” e di sorveglianza dei commerci, attraverso la produzione di informazioni sulla “sanità pubblica” degli Stati con cui si hanno rapporti commerciali e l’uso quanto mai accorto -perché volto a garantire un equilibrio tra le esigenze della salute dei cittadini e le esigenze dell’economia garantite dai traffici commerciali- di strumenti di controllo e protezione di tipo sia:

– normativo, come la sospensione dei rapporti con le località infette (che rapidamente provoca il blocco dell’intero sistema degli scambi e quindi la rovina economica delle potenze) e la rapida ripresa dei commerci quando ne siano state accertate le condizioni di sicurezza sanitaria;

-strutturale, con la costruzione di strutture (portuali e terrestri) di espurgo delle merci e dei passeggeri sospetti, come i lazzaretti; ma anche con provvedimenti di igiene pubblica e di ripristino o costruzione di fognature.   

  1. L’EPIDEMIA OGGI

Perché non può essere considerata “una sorpresa”? (Fig. 6.2)

Quale è la mappa della vulnerabilità alla scala mondiale? (Fig. 6.3) 

—-Perché questa crisi è così brutta? (Fig. 6.4.) 

—-Cosa differenza questa crisi da quelle generate da passate epidemie? Globalizzazione, interconnessione e “supply chain” (Fig. 6.5.) 

  1. OCCUPAZIONE. 

E’ certamente il settore più preoccupante, anche er gli effetti sociali che può comportare. Osserviamolo a due scale:

I) Mondiale. L’ILO (International Labour Organization) prevede per l’anno una perdita di 195 milioni di posti di lavoro, considerando i settori formali e informali (Fig. 6.6), saranno soprattutto i paesi a medio reddito (3/4 delle perdite), concentrati in Asia e nell’area pacifica (poco meno di 2/3 delle perdite. Il salasso europeo ammonterebbe a 12 milioni di posti di lavoro, equivalente al 40% delle perdite ascritte ai Paesi ad alto reddito. I settori produttivi più colpiti riguardano il TURISMO (APPROFONDIMENTO /1) e i comparti collegati (ristorazione, trasporti, hospitality); il commercio, sia all’ingrosso che al dettaglio; le attività amministrative e di business, le abitazioni); infine alcuni tipi di manifatture (Fig. 6.7).

II) Italiana. Ancora a dicembre, a fronte di due scenari previsti, l’occupazione in Italia era data in crescita. Attualmente, si stima una perdita di 422.000 posti di lavoro su base annua.

Punto di forza della stima-> scenario intermedio di uscita di crisi da maggio

Punto di debolezza-> Non tiene conto degli effetti delle misure del Governo appena varate e UE/BCE.

Entrando nel dato complessivo, si osserva che si tratta del solo settore privato e che:

– Dipendenti sono 232.000; indipendento, 190.000

– I servizi perdono i ¾ degli impieghi; il turismo, da solo, paga un tributo pari al 50% del totale.

– Tra le industrie più penalizzate, le costruzioni (30.000) e l’a moda (19.000).

– Tra le industrie in crescita, la Sanità (26.000) e le ICT (8.000) 

  1. PRODUZIONE E COMMERCIO 

Quando si dice che questa è una crisi “dal lato dell’offerta” ci si riferisce al drammatico calo della produzione (di beni e servizi) dovuto all’arresto forzoso delle attività per effetto di misure di sanità pubblica, quindi del tutto estranee a considerazioni economiche:

-di mercato (industriali e commerciali

-di politica economica

-di politica finanziaria e monetaria

-di politica commerciale

Come sempre quando si muove la “Sanità pubblica”, esattamente come nel Rinascimento, il colpo sulla produzione è durissimo. Se il lockdown rappresenta un peso complessivo per l’economia di 47 miliardi al mese (fonte SVIMEZ), il crollo dei ricavi nel solo settore manifatturiero vale 159 miliardi su base annua: il che equivale alla perdita di 1/3 del nostro export. 

L’economia della globalizzazione subirà una contrazione gravissima: il commercio mondiale, secondo stime WTO, calerà in un arco compreso tra il 13% e il 33%, uno shock ben peggiore di quello causato dalla crisi del 2007-2008 (Fig. 6.8. e Fig. 6.9).

All’estero, i grandi danneggiati dalla pandemia sono, sul terreno della produzione, la Cina e gli Stati uniti. In Cina la crescita rallenta ormai, nonostante gli sforzi; negli USA sarebbero azzerati i benefici di tre anni di crescita della presidenza Trump.

Secondo Goldman Sachs, il PIL europeo potrebbe attestarsi a -9% quest’anno e +8% il prossimo anno. La situazione dell’Italia è tra le peggiori in Europa: 12% nel 2020 (con uno scenario alternativo a -16%) e un rimbalzo all’8% nel 2021.    

Per portare a compimento le misure di “distanziamento sociale” (e quindi in pratica la “quarantena domiciliare”) hanno chiuso la più gran parte delle fabbriche e sono rimasti a casa la stragrande maggioranza dei lavoratori. Sono rimaste aperte solo le industrie considerate “strategiche” e quelle, come le alimentari e i trasporti, destinate a far funzionare il Paese durante l’epidemia, seppure al minimo. Già si sa che un certo numero di fabbriche non riaprirà, purtroppo: se si considera che con il lockdown sono entrate o entreranno in crisi più o meno profonda da 100.000 a 145.000 aziende, secondo fonti giornalistiche. 

A queste chiusure, diciamo così, imposte per legge, si sommano quelle relative:

  • Al comparto turistico, con le attività connesse (ristorazione, ospitalità, trasporto, cultura e tempo libero)Approfondimento/1.
  • All’informale, che in certe aree del nostro Paese (particolarmente a Sud) fa registrare incidenze elevate.  

 

  1. APPROFONDIMENTO/1 – IL TURISMO INTERNAZIONALE

Quel che possiamo dire sul Turismo internazionale (Fonte UNWTO) è che:

I) Si tratta del settore economico più fortemente toccato e danneggiato da Covid 19:

-da 290 a 440 turisti internazionali in meno quest’anno;

-da 300 a 450 miliardi di US$ di perdite

II) Si tratta di uno dei settori più significativi dell’economia globalitaria ed anche quello a più alto valore simbolico:

-tutti vanno dappertutto: 1,5 miliardi di persone si muovono nel mondo nel 2019; 

-il turismo mette in circolazione molti soldi: 1.700 miliardi di US$ nel 2018.

III) I 10 Paesi più toccati dall’epidemia (contagi) sono anche quelli turisticamente più importanti del mondo che, per un verso, non alimenteranno l’outbound mondiale e, per altro verso, subiranno forti limitazioni nell’inbound:

-questi Paesi rappresentano il 34% degli arrivi totali;

-devono al turismo il 39% del loro PIL complessivo (si va dallo 0% dell’Iran al 15% degli USA e al 3% della Cina e dell’Italia)

-a loro volta rappresentano oltre la metà della spesa turistica mondiale (si va dal 19% della Cina al 10% degli USA, al 2% dell’Italia)

IV) La crisi sarà tanto più pesante in quanto il turismo è un grande ed accelerato produttore di impieghi: dal 2010 al 2018, i posti di lavoro sono cresciuti globalmente del 10% nel mondo mentre il turismo ne ha prodotto il 35% . In Europa la crescita è stata del 7% e, rispettivamente, del 42%. 

V) In questo quadro a tinte fosche va notato che il turismo manifesta una marcata tendenza alla crescita, nonostante le crisi in cui può occasionalmente inciampare: dal 2000 ad oggi, nonostante l’11 Settembre del 2001, la SARS del 2003, la Crisi economica globale del 2009, è aumentato globalmente del 117%.

  1. FINANZA

Sempre importante nel funzionamento di un sistema economico, la finanza svolge in questa circostanza un ruolo cruciale. Si tratta di assicurare la ripresa dell’economia iniettando liquidità abbondante e rapida nel sistema. Ciò riguarda soprattutto le imprese, che devono poter avere un accesso rapido e abbondante al credito, per far fronte ai debiti pregressi, pagare i fornitori, finanziare i processi produttivi, la ricerca innovante, il welfare aziendale e la progettazione produttiva idonea a rispondere alle nuove condizioni, particolarmente concernenti la ripresa della domanda.

Da dove provengono le risorse ingenti risorse finanziarie di cui si ha bisogno? Da un lato ci sono le misure sulla fiscalità di cui diremo più oltre (al par. 11): si tratta del mancato rastrellamento di fondi, che lo Stato lascia dunque nella disponibilità del sietema. Dall’altro lato, si tratta di misure che vanno concertate ed armonizzate a due scale:

I) La scala nazionale->con manovre finanziarie (a cui non si può ricorrere efficacemente, in questa fase, a meno di mobilitare una fiscalità straordinaria, come l’imposizione sui patrimoni (patrimoniale) ovvero con finanziamenti in deficit, vale a dire con l’aumento del debito pubblico nazionale, emettendo BOT i cui interessi aggiuntivi andrebbero a gravare sui futuri oneri di finanza pubblica (per quanto i tassi di intesesse possano essere assai contenuti).

II) La scala internazionale-> che senza escludere il ricorso a specifiche raccolte di mezzi finanziari sui mercati mondiali, si risolve oggi preminentemente nel reperimento di risorse a livello europeo, trasformando:

un negoziato economico—–in un negoziato politico. (V. Approfondimento/2).

Non si può chiudere questo pur sommario discorso sulla finanza 

senza fare un cenno alle attività di borsa che per un verso subiscono i contraccolpi delle vicende che attanagliano l’economia reale e finanziaria, dall’altra parte ne generano, di contraccolpi, a causa degli andamenti interni dell’istituzione e delle logiche speculative che la reggono (Approfondimento/3)

     

  1. APPROFONDIMENTO/2 – L’UE e la BCE

I) Nella sua comunicazione istituzionale, l’UE sottolinea la molteplicità dei suoi campi di intervento (Fig. 6.10.). Certo la percezione dell’efficacia resta modesta da parte dei cittadini. Come che sia, almeno 3 punti sono espressamente dedicati all’economia, più altri interventi contenuti nelle diverse azioni.

II) Il piano degli interventi è duplice: tecnico e politico. Diciamo che sul piano tecnico si muove la BCE che ha stanziato ad oggi la cifra di 890 miliardi per:

-ridurre il debito pubblico durante la crisi (750 miliardi)

-quantitative easing e acquisti del debito (140 miliardi)

III) Più complesso il piano politico che vede il movimento diversi soggetti istituzionali:

–Parlamento Europeo (37 miliardi Fondi Strutturali)

-Commissione Europea (100 miliardi per finanziare la Cassa integrazione degli stati bisognosi-meccanismo SURE a cui si affianca la proposta di una relaborazione del bilancio a lungo termine per un valore di 1.000 miliardi (da sottomettere all’approvazione del Parlamento Europeo)

-Eurogruppo, vale a dire l’organismo che raggruppa i Ministri dell’economia dei diversi Stati dell’Unione che, dopo diverse settimane di trattative infruttuose, sembra arrivato nella giornata del 9/4 a un accordo che, fatte salve le altre misure indicate più sopra, si fonda principalmente: a) sui prestiti del MES (Fondo salvastati) ai diversi Paesi Europei (soluzione a cui è ostile l’Italia)—-può raggiungere il 2% del PIL; b) su un fondo finanziato da obbligazioni congiunte (eurobond/coronabond) adottato su proposta francese. 

  1. APPROFONDIMENTO/3 –La Borsa

I) L’espressione che meglio riassume l’impatto dell’epidemia sulle borse mondiali e, con una certa semplificazione, la seguente:

     Virus su——Borse giù

Per avere un’idea dell’incidenza di Covid 19, prendiamo Wall Street, la Borsa più importante del mondo. Nella famosa crisi del 29, che mise in ginocchio tutto il mondo, la Borsa americana impiegò 42 giorni per perdere il 20% del suo valore. Covid 19 è riuscito a raggiungere questo risultato in appena 16 giorni.

II) Certo occorre tener conto che questa crisi, che pur si riflette massicciamente in Borsa, non è generata da una crisi dell’economia reale e neppure da quella finanziaria. Si può dire, paradossalmente, che essa è violenta, certo, e subitanea (come in occasione delle grandi epidemie storiche), ma probabilmente, nelle circostanze tecnologiche, produttive e normative attuali, è più flessibile, a patto che si intervenga con tempestività, con strumenti appropriati e in modo coordinato.

II) Le tendenze e pulsioni speculative sono ovviamente centrali nelle analisi di Borsa. Tanto più lo sono in questa circostanza, in cui il crollo (momentaneo) delle azioni può, da una parte, spingere gli investitori a vendere, preferendo investire in beni-rifugio (come l’oro), oppure tenere i soldi fermi in banca, con conseguenze ulteriori sul deprezzamento dei titoli; dall’altra parte, può accentuare tendenze speculative come le vendite allo scoperto, dove chi vende oggi per consegnare domani, ha tutto l’interesse a far abbassare i titoli che ancora non ha e che deve quindi acquistare sperabilmente al prezzo più basso.

IV) Infine, in questa breve carrellata, menzioniamo lo spread. Si tratta, come sappiamo, della differenza di rendimento tra i BTP italiani a 10 anni e gli equivalenti titoli tedeschi. Se lo spread sale, vuol dire che la fiducia degli investitori nella stabilità di un Paese e nella tenuta della sua economia scende. Di solito, un aumento dello spread, spinge giù tutti gli altri titoli-i quali dunque determinano un affossamento della borsa in conseguenza della sfiducia degli investitori nella capacità di ripresa dell’Italia.

  

  1. 10.CONSUMI

Questa crisi, si dice, è gravissima perché è a tenaglia: non solo proviene dal lato dell’offerta, come si è visto (Produzione), ma proviene altresì dalla domanda. I consumi infatti subiscono una disastrosa contrazione per tre cause sostanziali:

I) Diminuiscono i redditi (disoccupazione, sparizione di una gran quantità di attività informali–ciò si traduce n una diminuzione dei consumi delle famiglie, con tagli che avvengono in primis a livello della cultura, del turismo, dell’entertainement e colpisce drammaticamente il business delle arti, quali che siano;

II) Diminuisce la domanda delle imprese (materie prime e beni strumentali)__>la caduta della domanda riduce ilvolume degli acquisti delle imprese dalle imprese;

IV) Entrano in recessione interi comparti, primo fra tutti il TurismoApprofondimento/1. Ciò comporta, come visto, da un lato un riassetto delle componenti di domanda e di offerta; dall’altro, il coinvolgimento di tutti i settori legati all’industria del divertimento e del tempo libero, dai viaggi (e quindi trasporti) alla ristorazione, dall’ospitalità e accoglienza all’editoria.

  

  1. IL RITORNO DELLO STATO.

Per decenni si è sviluppata una critica all’azione dello Stato nel campo dell’economia, considerata più che altro un intralcio sotto il profilo normativo e un costo non solo finanziario ma anche sociale per la sua incapacità di gestire efficacemente le attività su cui esercitava il via diretta la propria competenza (pensiamo al tema delle dismissioni e delle privatizzazioni). L’epidemia ha spostato il focus della riflessione su un ruolo nuovo che lo Stato deve avere nel contemperare, un po’ come è avvenuto tra Medioevo ed Età moderna, la “salute pubblica” con la sicurezza economica. In questo quadro, i temi posti all’attenzione crescente del dibattito pubblico hanno a che fare con (Fig. 6.11):

  • I) la finanza, e quindi un ridisegno del ruolo pubblico, specialmente di negoziatore delle condizioni di accesso alle disponibilità finanziarie in caso di necessità straordinarie, presso le istanze sovranazionali—–maggior bilanciamento con la perdita del potere di emettere moneta.
  • II) Le politiche fiscali: con agevolazioni, sospensioni, cancellazioni degli oneri a carico dei soggetti in difficoltà, si tratti di persone fisiche o imprese.
  • III) Le provvidenze per le persone e le famiglie che non riescono a soddisfare i bisogni primari, primo fra tutti il nutrimento. Si fa strada l’idea di corrispondere un “reddito di emergenza” a tutti coloro che esprimono un bisogno, indipendentemente da quale sia stata la posizione reddituale in precedenza. 
  • IV) I servizi, in specie sanitari, attraverso un ridisegno del rapporto Stato/Regioni in questo campo—il SSN ritorna -come il suo nome dice- di competenza preminentemente statale, anche in periodi “ordinari” e non solo in occasione di epidemie, con ruoli importanti ma secondari affidati alle regioni.
  • V) Le produzioni strategiche, che eccedono i settori tradizionalmente considerati tali (energia, difesa, ITC), ed includono anche settori produttivi che provvedono alle necessità emergenziali (ad esempio filiera alimentare) e a quelle della della sanità pubblica (supportistica medico-sanitaria, farmacologia) con pianificazioni conseguenti (medici, specializzazioni, infermieristica). 
  • VI) La ri.considerazione di queste produzioni strategiche prevederebbe una ri-localizzazione delle industrie, e più precisamente un ritorno della produzione industriale già esportata e localizzata sul territorio nazionale, per controllare meglio e, all’occorrenza, dal corso alle forniture eccezionali di cui si può aver bisogno (nel caso presente, ad esempio, mascherine, tute, macchinari di respirazione assistita).
  • VII) Più in generale, l’azione dello Stato dovrebbe accompagnare con misure adeguate (incentivazioni fiscali, sostegno della domanda) l’imprenditorialità innovativa sul triplice piano:

-tecnologico (digitale, biotecnologia, robotica, trattamento e processamento di “big data” sono alcuni dei settori di cui si parla di più);

-organizzativo (rendere più efficiente il funzionamento della macchina-Paese, sia attraverso la semplificazione e l’efficientamento della burocrazia, sia attraverso un riequilibrio delle “dotazioni” tra le diverse parti del Paese, in primis tra Nord e Sud.

-di sostenibilità, operando una decisa svolta verso il greenwash (reale e non solo proclamato), grazie al quale si opererebbe un aggancio durevole con le politiche volte a fronteggiare la “transizione climatica”).

  1. 12. AZIONI POSSIBILI?——–Fig. 6.12 
  1. 13. BIBLIOGRAFIA DI SFONDO

(si può dare una sbirciatina, si può tenere sottomano per approfondire, anche solo singoli punti)

Cipolla C.M., Miasmi ed umori, il Mulino, Bologna, 1989

ID., Cristofano e la peste, il Mulino, Bologna, 1976

Snowden F.M., Epidemic and society, Yale UP, 2019

Turco A., Turismo&Territorialità, Unicopli, Milano, 2012

Vanzan Marchini N.E., Venezia, la salute e la fede, Dario de Bastiani, Vittorio Veneto, 2011

  1. 14. IL ROMANZO DELL’EPIDEMIA

(mettere tra i romanzi da leggere, o da rileggere, prima o poi)

Mann T., La morte a Venezia, Einaudi, Torino, u.e. 

  1. 15. SITOGRAFIA ESSENZIALE

Occupazione ILO e UNIONCAMERE 

https://www.ilo.org/wcmsp5/groups/public/@dgreports/@dcomm/documents/briefingnote/wcms_740877.pdf

file:///Users/Turco/Downloads/Report%20previsivo%202019-2023.pdf

RAND

https://www.rand.org/pubs/research_reports/RR1605.html

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Epistemologia della Pandemia

Epistemologia della pandemia (IV Modulo), epidemia e società: la cultura

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Epidemia e società: la cultura

  1. Seguiamo ancora la struttura del “cluster problematico” presentato nel Modulo I (Fig.1.1.), uscendo con questo modulo dall’area più strettamente medico-epidemiologica (e di sanità pubblica), per posizionarci in quella sociale. Nel disegnare il quadro d’insieme in cui si individua e si analizza il rapporto tra epidemia e società, parliamo da una panoramica ampia sulla “cultura”. A questa, seguiranno i temi concernenti la “politica” e, infine, l’”economia”. 
  2. L’epidemia è un fatto “intrinsecamente” sociale, nel senso che riguarda tutti membri di una comunità (Fig. 4.1). Viene dal greco epidemos, un termine con cui si indicavano coloro che non erano della città, i forestieri, in opposizione agli endemos, coloro che risiedono stabilmente in città, i cittadini, il popolo. Veicola un importante contenuto semantico, di tipo giuridico-politico e, insieme, geografico. L’epidemia non è un male endemico, cioè proprio del luogo, che vive con e come i cittadini, ma è qualcosa che viene da qualche parte e va verso qualche parte, come gli epidemos: scivola sopra l’insediamento demico, investe la città da fuori e ne esce qualche tempo dopo.  Insomma stabilisce un “dentro” e un “fuori”, con conseguente richiamo al confine, ed è temporaneo, passa “sopra” l’insediamento. E’ una prima, ma sostanziale individuazione del pensiero ippocratico in tema di epidemie, centrato sull’idea di un’origine alloctona del morbo. Quest’ultimo, peraltro, è dovuto all’influsso delle condizioni ambientali o astronomiche, le quali agiscono indipendentemente, ancorché contemporaneamente, su ciascun singolo essere umano. Si esclude, da ciò, l’idea stessa del “contagio”, cioè del passaggio della malattia per contatto interumano, diretto o mediato dagli oggetti (panni, mobili, ecc…).

 

  1. La visione ippocratica delle epidemie persiste in Europa almeno fino al tardo Medio Evo, nonostante i resoconti di osservatori non medici, come Tucidide per la peste di Atene, avessero chiaramente messo in rilievo l’importanza della propagazione del morbo per contatto interumano. La pandemia della Peste Nera, iniziata nel 1348) acuisce l’attenzione medica e politica sull’origine e la diffusione delle epidemie. Dopo il 1348 e nei tre secoli successivi, la peste diviene endemica in Europa:

 

              EPIDEMOS———-ENDEMOS

L’evidenza empirica, in questo pur lungo periodo, investe con tutta la sua forza dimostrativa il sapere medico consolidato: “falsifica” -come si direbbe oggi in termini popperiani- la teoria ippocratica di natura eminentemente geografica e pone l’esigenza di elaborare nuove teorie. In questo processo di ri-elaborazione teorica, un ruolo di grande rilevanza assume l’opera di Girolamo Fracastoro (1476-1553), medico veronese, professore all’Università di Padova, di cui oltre al trattato sul “morbo gallico”, ossia la sifilide, scritto in esametri latini e pubblicato nel 1530, si segnala il “De contagionibus et contagiosis morbis et eorum curatione” (1546), nel quale si formula per la priva volta la teoria secondo la quale la malattia contagiosa sia causata da esseri viventi microscopici e che la trasmissione interumana sia il risultato del passaggio di “semi” di questi esseri viventi dal malato al sano.   

  1. Il nesso tra epidemia e cultura si può declinare in molti modi. Qui ne mettiamo in risalto alcuni (Fig. 4.2.), cominciando proprio con il sottolineare quelli che hanno a che fare la cultura medica, non dimenticando che l’epidemia, come abbiamo detto ad inizio di questo Corso, è un ambiente di apprendimento (Fig. 4.3, 4.4). Le vicende richiamate sopra nel paragrafo 3 ci fanno gia capire come laprofessine medica si basi su un miscuglio di pratiche e di riflessioni su di esse. Oggi come ieri, il medico “apprende” dall’epidemia, con i suoi saperi e attraverso la sua pratica, riversa poi sulla società le nuove conoscenze attraverso i suoi propri “discorsi”, da sempre alla base dell’atto ippocratico: discorsi che il medico ascolta (anamnesi), discorsi che il medico fa (diagnosi, prognosi). E che pertanto, proprio in quanto “discorsi”, rientrano nelle categorie interpretative della “analisi del discorso” (Foucault).
  1. Complesso ed importante è il nesso che l’epidemia sviluppa con la territorialità (Fig. 4.5). 
  • I) Da un lato, si pongono le informazioni geografiche di tipo medico ed epidemiologico (contagi, ricoveri, rianimazioni, letalità, guarigioni, dotazioni sanitarie, compresi i dispositivi di protezione come tute e mascherine). Dall’altro lato, si pongono quelle di tipo socio-economico, in termini di impatto della crisi e di risposta dei territori.
  • II) Ma c’è un aspetto nel quale la geografia della crisi può giocare un ruolo importante attraverso la mappa della diffusione epidemica: come avviene lo spread territoriale del contagio, quale è la sua velocità, la sua intensità: e cioè questi valori sono continui o discontinui. Nel primo caso, ci muoviamo in un contesto spaziale paratattico, nel secondo si tratterebbe di spazio liminare. Ma oltre al contagio, c’è anche un elemento cruciale di tipo diffusivo: la morbilità e la letalità. E quindi, qual è il rapporto tra gli ammalati e i contagiati?) Qual è il rapporto tra gli ammalati e i decessi?  
  1. La religione sovrasta, si può dire, la cultura dell’epidemia (4.6), ispirando opere d’arte, monumentali, architettoniche numerosissime e di immenso valore. Nella tradizione occidentale, le attestazioni sono antiche e vanno dalla poesia epica di Omero ai resoconti storici: Tucidide (Guerra del Peloponneso) ricorda le invocazioni e i sacrifici agli dei in occasione dell’epidemia attica. 
  • I )L’epidemia è considerata non di rado come una punizione di Dio nei confronti di un’umanità peccatrice, indegna del suo amore e, dunque, della sua protezione [anche nel caso del coronavirus qualche voce si è levata in questo senso, invero con poca credibilità e poco seguito].
  • II) Come che sia, di fronte a un male terribile e misterioso, he decima le popolazioni e infligge tanta sofferenza, ci si rivolge a Dio invocandone il perdono per gli eventuali peccati e soprattutto la benevolenza perché allontani al più presto la pestilenza dalla città e dal territorio [vedi più oltre ai punti 7 e 8).
  • III) Si pone il dilemma delle invocazioni e delle preghiere collettive che se da una parte sono molto più potenti di quelle individuali [e quindi da incoraggiare], dall’altra parte sono occasioni di contagio [e quindi da scoraggiare].
  • Esempi:
  • Nella storia, la tormentata decisione del cardinal Federigo Borromeo di esporre in pubblica processione le spoglie di San Carlo
  • Nella circostanza del coronavirus: a) la solitaria cerimonia di preghiera e di invocazione del Papa in piazza San Pietro; b) la sospensione in diversi Paesi islamici della Grande Preghiera collettiva del Venerdì; c) la posizione degli evangelicci brasiliani –e segnatamente del pastore fluminense Silas Malafaia che, invitando i fedeli a “non entrare in una nevrosi folle”, li richiama alla preghiera in chiesa  giacché: “Noi crediamo che Dio ha il controllo di ogni cosa. Noi crediamo al potere della preghiera. E’ la nostra arma”.    
  1. L’etica intercetta a diverse riprese e sotto molte forme l’esperienza epidemica (4.7). Qui richiamiamo tre nodi importanti che hanno a che fare: 

I) col tema già sollevato della “medicina d’urgenza” quando si trova a dover scegliere quale paziente curare e salvare tra due, non potendoli assistere entrambi;

II) col tema della “sperimentazione accelerata” quando, per mettere a punto un più efficace sistema di cura, non rispetta integralmente i protocolli e punta al “risultato efficace” a discapito del “risultato sicuro”, cioè privo di effetti collaterali per il paziente:

III) infine, col tema dell’”occultamento statistico” del valore della vita, venuto alla luce precipuamente in occasione del coronavirus. Si tratta del confronto tra due ragioni, che vale la pena seguire. 

  • La prima dice: non fermiamo niente, niente misure di confinamento, non rechiamo danni pesantissimi all’economia che produrranno a loro vota temibili conseguenze sociali——-perché abbiamo visto che, alla fine, la letalità è infima in rapporto alla popolazione totale, è modesta in rapporto agli infetti (reali e non solo quelli censiti) e perché le categorie a rischio sono gli ultrasessantacinquenni, su cui concentriamo gli sforzi di prevenzione del contagio con i confinamenti (4.8.)—— corriamo dunque il rischio di un’espansione incontrollata del contagio, poco letale, che peraltro dovrebbe essere temperata da una “immunità di gregge”.
  • La seconda dice: affronto i disagi sociali e i costi economici del contenimento capillare del contagio (modello cinese o modello coreano)——perché conosciamo poco sul comportamento del virus e, dunque, anche sulla sua aggressività (tutte le categorie sono a rischio) e sulla sua letalità (le morti possono essere superiori anche di molto a quanto oggi prevedibile)— ein ogni caso, “una vita è una vita” e salvarne anche solo una, piuttosto che perderla, è un obiettivo che vale la pena perseguire, anche politicamente, quali che siano i costi economici e sociali da pagare.
  1. Nelle sue molteplici espressioni -dalla letteratura alla musica, passando per le arti visuali, plastiche, performative, come la recitazione o la danza- l’arte riflette ed alimenta l’esperienza pandemica (4.9). Nutre l’immaginario sociale e potentemente se ne nutre, attingendo alle conoscenze scientifiche, alla memoria collettiva, alle situazioni locali, allo spirito del tempo, senza dimenticare le esigenze della committenza. Va sottolineato peraltro che, di là dai contenuti estetici, stilistico-formali, iconologici, la rappresentazione artistica dell’epidemia si connette ad un possente network ideologico, politico, economico che coinvolge praticamente l’intera società. In questo senso, possiamo dire che l’arte rappresenta un nucleo inaggirabile degli orientamenti e dei saperi, dei bisogni e delle aspirazioni espresse dai corpi collettivi.
  1. ESERCITAZIONE 1—PITTURA/Selezionare almeno due dipinti incentrati sull’epdemia (peste o altro) per i diversi casi, e sviluppare le proprie riflessioni sugli aspetti estetici, descrittivi, simbolici, iconologici (e altri, a scelta) relativamente alle seguenti città:

I) Milano

II) Firenze

III) Roma

IV) Napoli

  1. 10.ESERCITAZIONE 2—- CINEMA/ Elaborare la recensione di uno dei film seguenti, ponendo al centro dell’attenzione l’epidemia:

I) Contagion, di Steven Soderbergh (2011)

II) Il settimo sigillo, Ingmar Bergman, 1957

 

  1. APPROFONDIMENTO—–COMPLESSITA’ DELLA RAPPRESENTAZIONE ARTISTICA—–ARTE SCULTOREA ED EPIDEMIA A VENEZIA

Il corpo delle donne: epidemia, iconografia, ideologia. Tutti conoscete la Madonna della Salute a Venezia, sulla punta di Dorsoduro, tra il Canal Grande e quello della Giudecca. E, anche se non ci siete andati apposta per quello, tutti vi siete fermati ad ammirare la grande macchina scultorea dell’altare. E’ l’opera somma del “fiamengo scultore” Giusto Le Court (1627-1679), e porta infine a compimento un voto, qualche decennio dopo la costruzione della chiesa su progetto del brillante architetto lagunare Baldassar Longhena (1596-1682), che disegna “un’opera d’inventione nuova et non mai fabricata niuna a Venetia”. E’ il voto del doge Nicolò Contarini che nel 1630, di fronte all’incalzare della pestilenza, si affida alla Madonna promettendo di erigerle “una chiesa magnifica con pompa”. Quest’opera di straordinaria bellezza, è densissima di significati culturali. L’altare, intanto, è il racconto scenicamente perfetto di una storia al femminile, con figure maschili relegate in piano defilato. Figure femminili, a cominciare dal quadro incorniciato, proveniente da Candia, che rappresenta un’icona bizantina: la Madonna Mesopanditissa. Vedete dunque in alto la Vergine che, rispondendo alla supplica di Venezia, rappresentata da una fanciulla in età fertile, scaccia la peste, rappresentata da una vecchia laida, che urla la sua paura e la sua cattiveria. Un’autentica rivoluzione iconografica se consideriamo che tradizionalmente i riferimenti apotropaici della peste sono rappresentati dai santi Sebastiano e Rocco, sotto l’alto patrocinio dell’evangelista Marco. Perché questa trasformazione iconica? Il fatto è che Venezia è impegnata nella ricostruzione della sua economia e, soprattutto, della sua demografia visto che in poco più di un anno, tra il luglio del 1630 e l’ottobre del 1631, ha perso 1/3 della sua popolazione, cioè quasi 50.000 abitanti. Protagoniste di questa ricostituzione della vitalità urbana diventano, nei pubblici propositi, le donne, coloro che generano i nuovi piccoli veneziani, li accudiscono, li educano, li proteggono. Tutto questo, non è solo retorica. E’ ideologia della ripresa economico-produttiva e sociale, che si trasforma in “buona politica”. La Venezia che aveva inventato nel ‘400 il sistema dei lazzaretti per il trattamento differenziato del malato (uno per la quarantena e la prima cura; e l’altro, per la fase più grave della malattia, sull’isola di S. Maria di Nazareth, da cui deriva il termine che utilizziamo), quella stessa Venezia attentissima al benessere fisico ed economico dei cittadini, inventa le istituzioni mediche per la maternità e l’infanzia. Un lungo percorso, si capisce, che rafforza sempre più il controllo della mortalità neonatale e porta all’apertura della Scuola di Ostetricia nel 1770. Grandi lezioni d’arte e di politica dalla nostra cultura medica e sociale delle epidemie.

  1. 12.Capitolo fondamentale del nesso Epidemia/Società è la “Comunicazione” (Fig. 4.10). Vastissimo tema, che suggeriamo di trattare nei suoi aspetti generali, articolando tra “Informazione” (sovrabbondante), “disinformazione” (più o meno intenzionale) e controinformazione. A questi aspetti generali, ne vanno aggiunti di specifici: tra essi, da non mancare:

I) le teorie del complotto [pensiamo che il 31 marzo, dopo che è stato detto tutto quanto si poteva dire su questo punto, “Le Monde” rivela che 1 francese su 4 crede che COVID 19 sia stato fabbricato in laboratorio]

II) il negazionismo: esempi illuminanti offrono l’Algeria e la Turchia

III) la censura mediale dell’informazione politica socialmente rischiosa (Trump e Bolsonaro).

  1. 13. EPIDEMIA E SOCIETA’ (Fig. 4.11): dalle retoriche del magistero—- nulla sarà più come prima; riscopriremo valori dimenticati (la solidarietà, il contatto umano); alle lezioni per le politiche economiche (es.: rivedere la nozione di “produzioni strategiche” e non delegare più le industrie che potrebbero rivelarsi strategiche a Paesi terzi) e per le politiche sanitarie (più equilibrata ripartizione territoriale dei presidi ospedalieri e potenziamento di taluni servizi, in specie le rianimazioni).  
  1. 14. BIBLIOGRAFIA DI SFONDO

(si può dare una sbirciatina, si può tenere sottomano per approfondire, anche solo singoli punti)

Carpentier E., Une ville devant la peste. Orvieto et la peste noire de 1348, De Boeck, Paris, 1993

Cipolla C.M., Contro un nemico invisibile, Il Mulino, Bologna, 2007 

Cipolla C.M., Cristofano e la peste, Il Mulino, Bologna, 2013

Cliff A., Haggett P., Smallman-Raynor M., World Atlas of Epidemic Diseas, Arnold, London, 2004

Vanzan Marchini N.-E, Rotte mediterranee e baluardi di sanità. Venezia e i lazzaretti mediterranei, Skira, Milano, 2004

  1. 15. IL ROMANZO DELL’EPIDEMIA

(mettere tra i romanzi da leggere, o da rileggere, prima o poi)

I) Camus, La peste, Bompiani, Milano, u.e.

  1. 16. SITOGRAFIA ESSENZIALE

Ministero della Salute

http://www.salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus/dettaglioNotizieNuovoCoronavirus.jsp?lingua=italiano&menu=notizie&p=dalministero&id=4386

Il termometro dell’epidemia della Fondazione Hume

http://www.fondazionehume.it/societa/coronavirus-come-stanno-andando-le-cose-3/

Comunicare in tempo di crisi: l’Osservatorio di S. Rolando

https://www.iulm.it/it/sites/osservatorio-comunicazione-in-tempo-di-crisi/comunicare-in-tempo-di-crisi

Articoli su juorno.it di A. Turco su “cultura” e “comunicazione” con riferimento all’epidemia.

https://www.juorno.it/epidemia-cultura-e-societa-si-minacciano-repliche-di-cose-gia-viste/

https://www.juorno.it/la-comunicazione-pubblica-al-tempo-del-coronavirus-cross-mediale-asimmetrica-prismatica/

 

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