Dove un tempo c’era Beppe Vessicchio, oggi c’è lui: Enzo Campagnoli, musicista napoletano, polistrumentista nato ad Afragola nel 1967 e diplomato in oboe al Conservatorio di San Pietro a Majella. Dopo un lungo sodalizio con Mario Merola, è diventato una presenza fissa a Sanremo. Quest’anno è il direttore d’orchestra per Giorgia, Rocco Hunt e Tony Effe, aggiungendo così un altro capitolo alla sua lunga carriera festivaliera. Campagnoli ha rilasciato un’intervista a Il Mattino, raccontando il suo percorso e il lavoro dietro le quinte del Festival.
Un viaggio musicale tra classico e urban
Non è la prima volta che il maestro si trova a gestire generi diversi tra loro. “Sono abituato a saltare dal classico all’urban”, spiega. “L’ho fatto con Orietta Berti nel 2021, con Clementino nel 2016 e 2017, fino a Lazza con ‘Cenere’. Quest’anno torno con Giorgia, che con ‘Come saprei’ fu il mio primo Sanremo nel 1995 da percussionista. Un cerchio che si chiude”.
Il lavoro dietro un’esibizione sanremese
Campagnoli racconta che dietro ogni performance c’è un lavoro enorme: “Le partiture si scrivono molto prima, a gennaio iniziamo a lavorare con l’orchestra negli studi Rai di Roma. Poi arrivano le prove con i cantanti e a Sanremo ci sono altre due sessioni prima della generale. È un lavoro certosino, ogni dettaglio conta”.
Il grido di Rocco Hunt e il tributo a Pino Daniele
Uno dei momenti più intensi del Festival è stato il brano di Rocco Hunt, “Mille vote ancora”, un inno alla Napoli che piange i ragazzi morti troppo presto. “Le parole della madre di Giogiò, il musicista ucciso, sono state il riconoscimento più grande che potessimo ricevere. Speriamo che questo messaggio arrivi ai giovani”, dice Campagnoli.
Un’emozione che si è ripetuta nella serata delle cover, con Clementino e il tributo a Pino Daniele: “Un ritorno naturale, c’è un legame artistico e umano tra noi tre, ed era giusto celebrare la nostra terra con la nostra bandiera musicale”.
Tony Effe e la sfida del palco dell’Ariston
Ma il Festival ha visto anche il debutto sanremese di Tony Effe, con la sua reinterpretazione in stile Califano. “Ha lavorato per mesi sulla voce, l’emozione dell’Ariston si sente, ma ha affrontato il palco con grande serietà”, commenta il direttore d’orchestra.
Sanremo e le star internazionali
Sanremo ha ospitato tante icone mondiali negli anni. “I più grandi? Bono Vox, Al Jarreau, Sting, Brian May”, ricorda Campagnoli. “Ai tempi di Baudo, la star internazionale era d’obbligo. Oggi i Måneskin sono la dimostrazione di come Sanremo possa lanciare talenti globali”.
“Io erede di Vessicchio? No, ma c’è stima reciproca”
Con l’assenza di Beppe Vessicchio, viene naturale chiedersi se Campagnoli si senta il suo successore. “No, io e Beppe collaboriamo da più di 30 anni, c’è una grande stima reciproca. Spiace non vederlo sul palco, ma rispetto le sue scelte”, risponde con rispetto.
Dopo Sanremo, Campagnoli dirige “Masaniello”
Il Festival finisce, ma Campagnoli non si ferma: il 21 febbraio sarà al Politeama di Napoli per dirigere ‘Masaniello’, il musical di Tato Russo. “Un’opera che racconta la nostra Napoli, con una compagnia straordinaria. I giovani talentuosi devono avere spazio”, conclude.
Un direttore che sa muoversi tra tradizione e modernità, con una passione che lo porta dal palco dell’Ariston a quello del teatro, sempre con Napoli nel cuore.