Collegati con noi

In Evidenza

Elezioni a Napoli, ecco perché tutti tirano per la giacchetta il magistrato Catello Maresca

Pubblicato

del

Siamo a sei mesi dalle elezioni comunali di Napoli. E da mesi si fanno nomi di possibili candidati alle elezioni. Nella rosa dei nomi che si spendono nel mercato della politica di Napoli ce n’è uno che non può passare inosservato: Catello Maresca (nella foto in evidenza assieme a padre Maurizio Patriciello). La sua storia di magistrato antimafia è nota. Maresca è il pm che ha messo in cella Giuseppe Setola e Michele Zagaria, un boss sanguinario e stragista e un mafioso imprenditore che ha inquinato economia e società italiana con i suoi sporchi traffici. Catello Maresca, oggi sostituto procuratore presso Procura Generale di Napoli, viene spesso indicato come possibile candidato sindaco di Napoli. Che cosa c’è di vero in questo chiacchiericcio che lo voleva qualche tempo fa anche candidato alla Regione Campania? E perchè mai ricorre così spesso il suo nome? E perchè il suo profilo viene associato oggi ad un partito, domani ad altro partito, quindi a capo di uno o un altro schieramento?

Il Mattino. Il quotidiano diretto da Federico Monga da tempo si occupa dei temi più importanti della politica della città

Oggi il quotidiano Il Mattino pubblica un articolo a firma di Giuseppe Crimaldi che in qualche modo spiega  perchè Maresca viene tirato per la giacchetta a destra e a manca in qualunque competizione elettorale. Perchè “è un magistrato impegnato in prima linea anche nel sociale – e non a chiacchiere, ma come uomo del fare – viene tirato in ballo, forse anche a sproposito. Nel senso che in quel circo Barnum della politica del chiacchiericcio, del detto e non detto, lui proprio si rifiuta di addentrarsi” scrive Crimaldi.

Ma che cosa c’è di vero in questo chiacchiericcio? A leggere sempre l’articolo di Crimaldi “sono in molti a corteggiarlo, ma lui (Maresca), che veste  la toga restando lontano anni luce dalle logiche partitocratiche e correntizie di questa o quella fazione, non ci sta. Tirato nelle ultime settimane per la giacca da diversi partiti, esclude – sussurrandolo a bassa voce ai suoi pochi fidatissimi amici – di volersi far mettere una casacca di partito”. Eppure nonostante sia chiaro che Maresca per storia personale e professionale mai indosserebbe una casacca di partito non passa giorno che da qualche parte sui media e su social media qualcuno si inventi telefonate con Berlusconi, incontri con Renzi, accordi con Salvini, cene con Di Maio. Insomma tutto e il contrario di tutto. È il teatrino della politica.

Catello Maresca. Magistrato

“Catello Maresca – scrive Crimaldi su Il Mattino in edicola oggi – non è uomo da cadere nella trappola delle etichette politiche. E per quanto non abbia almeno sinora solcato i sentieri della politica – aggiunge uno dei suoi collaboratori – spesso pieni di trappole e trabocchetti, sa bene che chi oggi continua a coinvolgerlo nella delicata fase della riflessione sul futuro tenta in qualche modo anche di bruciarne le aspettative”.  Ma che cosa c’è di vero nelle tante storie di probabile impegno di Maresca in politica? Forse l’unica verità è che Maresca è uno di quei napoletani che da tempo fa qualcosa per Napoli invece di parlare dei mali di Napoli. Forse la verità è “quella che meno fa piacere ai leader politici nazionali in cerca di uno sponsor da spendere alle prossime elezioni comunali di Napoli” scrive Il Mattino.

Giuseppe Crimaldi. ll giornalista de Il Mattino in una foto assieme all’ex procuratore Franco Roberti

“La verità – conclude chi gli sta vicino in queste ore – è che Maresca sta sì pensando di candidarsi a sindaco di Napoli. Ci sta riflettendo, cosa giusta e auspicabile per una città ridotta allo sbando e alla ricerca di un nocchiero valido e capace di assumersi responsabilità future altamente impegnative. Ma lo sta facendo immaginandosi attorno una squadra di persone intellettualmente e politicamente libere da tessere di partito e – soprattutto – con un pedigree di volontariato certificato dai fatti e dalle capacità” conclude il giornalista Crimaldi nel suo articolo, dove ricorda l’impegno civico di Maresca che con “Arti e mestieri”, onlus fondata nel dicembre 2017 insieme a Rosario Bianco e Danilo Iervolino, si impegna per il sostegno dei giovani a rischio, fa volontariato e segue da vicino indigenti e giovani usciti dal tunnel del disagio indirizzandoli verso il lavoro ed un futuro sicuro.

Advertisement

Cronache

Superbonus, maxi truffa miliardaria: indagati tra Avellino, Salerno, Milano, Torino e altre città

Pubblicato

del

Una rete di truffatori che, utilizzando prevalentemente prestanome, tra cui senza fissa dimora, percettori di reddito di cittadinanza, persone decedute o con precedenti penali, aveva creato un numero imprecisato di imprese inesistenti per riscuotere crediti di imposta fittizi per “Ecobonus” e “Bonus Facciate” per 1,7 miliardi di euro. A fare luce sulla truffa è stata la Guardia di Finanza di Avellino e di Napoli, nell’ambito di un’indagine coordinata dalla Procura di Avellino. Si tratta del sequestro di crediti d’imposta più alto di sempre e che ha portato a perquisizioni nelle province di Napoli, Avellino, Salerno, Milano, Lodi, Torino, Pisa, Modena e Ferrara nei confronti di 21 indagati per il reato di associazione per delinquere finalizzata alla truffa aggravata ai danni dello Stato. “Non si può parlare di imprenditori, dato che le società esistevano soltanto sulla carta e in qualche caso erano da tempo non operative”, sottolinea il comandante provinciale della Guardia di Finanza di Avellino, Salvatore Minale, che insieme alle Fiamme Gialle di Napoli, ha disarticolato l’organizzazione che nel corso degli ultimi mesi e su base quotidiana ha inviato alla Agenzia delle Entrate un elevatissimo numero di comunicazioni di cessione del credito di imposta. Nei confronti degli indagati si ipotizzano i reati di associazione a delinquere, truffa, riciclaggio, emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. Gli investigatori escludono il loro collegamento con organizzazioni criminali, ma evidenziano la rodata ‘specializzazione’ raggiunta dagli indagati: in molti casi, le particelle catastali corrispondevano ad immobili inesistenti e a turno, gli stessi soggetti si scambiavano i ruoli di cedenti e cessionario dei crediti. Ad innescare l’indagine è stata un’analisi di rischio del Settore Contrasto Illeciti dell’Agenzia delle Entrate. Sono state inoltrate istanze anche per immobili inesistenti, senza fatture oppure riportanti importi “incoerenti”. In duemila casi, è stato accertato, i lavori si sarebbero dovuti realizzare addirittura in comuni inesistenti. I lavori dichiarati per i quali sono stati inoltrate richieste di bonus avrebbero avuto un costo di circa 2,8 miliardi di euro. I sequestri eseguiti oggi – uno preventivo emesso dal gip e un altro d’urgenza della Procura di Avellino – hanno di fatto impedito che i crediti possano essere utilizzati in compensazione o monetizzati presso gli intermediari finanziari. In corso anche indagini per verificare la posizione di una persona, residente in Irpinia ma non indagata, finita nell’operazione portata a termine stamattina dalla Guardia di Finanza di Asti che in diverse regioni, per gli stessi reati, ha portato al sequestro di 1,5 miliardi e all’emissione di un’ordinanze di custodia cautelare per dieci persone.

Gli sviluppi delle indagini hanno permesso di accertare un ammontare di crediti fittizi per circa 1,7 miliardi di euro, parte dei quali usati in compensazione.

Gli interventi edilizi dai quali sarebbero sorti i crediti (per un importo complessivo di lavori dichiarati di circa 2,8 miliardi di euro) erano riferibili a immobili inesistenti, con indicazione nelle comunicazioni di cessione, in oltre 2.000 casi, di comuni anch’essi inesistenti.

Contestualmente al sequestro sono in corso perquisizioni nelle province di Napoli, Avellino, Salerno, Milano, Lodi, Torino, Pisa, Modena e Ferrara nei confronti di 21 soggetti indagati per il reato di associazione per delinquere finalizzata alla truffa aggravata ai danni dello Stato.

Continua a leggere

Esteri

Rebus summit dopo il mandato d’arresto per lo zar

Pubblicato

del

 “Che fai, mi arresti?”. Il mandato di cattura spiccato dalla Corte Penale Internazionale (Cpi) ai danni di Vladimir Putin rischia di trasformarsi in un incubo diplomatico. Certo, tra i non aderenti allo Statuto di Roma – che regola il funzionamento e la giurisdizione della Corte – ci sono molti grandi del mondo. La Russia, ovviamente. Ma anche l’India, la Cina e gli Stati Uniti. Se si confronta però la lista dei firmatari ai vari format di dialogo multipolare nati da quando ha debuttato la Corte, ecco spuntare delle belle sorprese. Il primo a finire sulla graticola sarà il Sudafrica. Fa parte dei Brics – il club delle economie emergenti di fatto creato da un paper del 2001 di Goldman Sachs – e il prossimo agosto dovrà ospitare il summit annuale, a livello dei capi di Stato. In tempi di Covid la scappatoia sarebbe stata facile: Zoom e via. Ma ora che la pandemia è finita i vertici sono tornati in presenza. Il Sudafrica ha ratificato lo Statuto di Roma e, dunque, sarebbe chiamato ad eseguire l’arresto se lo zar dovesse mai decidere di sedersi al tavolo. Improbabile, ma chi lo sa. Oppure i colleghi gli faranno la cortesia di comparire in video (come del resto fa Volodymyr Zelensky, per motivi diametralmente opposti, dall’inizio della guerra). Un rompicapo, appunto. All’Aja spiegano che i mandati di arresto della Cpi sono “validi dal momento in cui vengono emessi”.

“Gli Stati firmatari dello Statuto di Roma hanno l’obbligo di cooperare con la Corte. In caso contrario la Corte può informare l’Assemblea degli Stati partner, che deciderà poi l’approccio migliore”, nota un portavoce. Nessuna sanzione automatica insomma. E non può che essere così. La strada poi di un appello al Consiglio di Sicurezza dell’Onu non è praticabile, dato che Mosca ha il veto. Come si diceva prima, però, neppure gli Usa hanno aderito alla Corte. Putin potrebbe quindi recarsi tranquillamente all’Assemblea Generale della Nazioni Unite, quando ci sarà la prossima plenaria, per una delle sue tirate contro “la fine del mondo unipolare”. Ma andiamo avanti. L’altro format di vero peso ormai è il G20. A Nuova Delhi, a settembre, lo zar potrà andare tranquillamente, se proprio vuole togliersi lo sfizio di vedere dal vivo la faccia degli altri 19 leader (a Bali, e non era ancora un latitante, sebbene imperiale, ci mandò comunque Lavrov). Già nel 2024 però si mette male: toccherà al Brasile e il Brasile sostiene l’Aja. Che farà Lula se Putin busserà al suo palazzo? Eppure la situazione più impossibile è quella del Tagikistan. L’ex repubblica sovietica è l’unico Paese dell’Asia Centrale, cortile di Mosca, ad aver ratificato lo Statuto di Roma. E fa parte di ogni singola associazione a trazione russa (o russo-cinese). S’inizia con il Trattato per la Sicurezza Collettiva e si passa dalla Comunità degli Stati Indipendenti: nel primo caso il summit del 2023 è previsto in Bielorussia, nel secondo in Kirghizistan. Non si sa cosa accadrà nel 2024 (una sola certezza: non toccherà al Tagikistan). Resta la Shanghai Cooperation Organization. Putin ha preso parte all’ultimo vertice, a Samarcanda, quando la presidenza toccava all’Uzbekistan. La regola vuole che si ruoti su base alfabetica (in cirillico) e per Dushanbe vale un vero e proprio colpo di fortuna: gli è toccata nel 2021, è a posto per altri otto anni.

Continua a leggere

Esteri

Xi a Putin: guidiamo insieme cambiamenti epocali

Pubblicato

del

Pochi secondi per saldare l’unione d’intenti sino-russa su “un nuovo ordine mondiale” in opposizione all’Occidente a guida Usa. E’ martedì sera, la cena di stato al Cremlino si è conclusa e il presidente Vladimir Putin accompagna l’illustre ospite Xi Jinping lungo la scalinata verso la sua auto. “In questo momento ci sono cambiamenti che non si vedevano da 100 anni”, dice il presidente cinese tramite un interprete. “Sono d’accordo”, annuisce Putin, ricambiando con una stretta di mano. “Per favore, abbi cura di te, mio ;;caro amico”, aggiunge Xi. “Fai buon viaggio”, lo saluta lo zar con un sorriso stampato in volto. Un ultimo scambio di cortesie tra i due leader, ripreso dalle telecamere, che ha proiettato nuove ombre sulla guerra in Ucraina e sui presunti piani di pace.

Questa mattina, mentre Xi si preparava a lasciare Mosca, la Russia ha lanciato un’ondata di missili e droni armati in Ucraina, provocando danni e morti. La Cina aveva definito la missione a Mosca come “un viaggio per la pace”, ma di fatto si è presentata proponendo una nuova visione mandarina per se stessa e per il suo ruolo nel mondo: Pechino e i suoi amici non sono più obbligati a conformarsi all’ordine globale – sfidando gli Stati Uniti mentre cercano di plasmare un mondo diviso tra democrazie e autocrazie -, fino a ignorare il mandato d’arresto della Corte penale internazionale a carico di Putin per crimini di guerra. “La crisi ucraina e il peggioramento dei legami tra Russia e Occidente non incidono sullo sviluppo dei legami tra Cina e Russia e questo è un messaggio chiave inviato al mondo”, ha osservato un editoriale del Global Times, il tabloid del Quotidiano del Popolo. Un concetto corretto da Alexander Gabuev, uno dei principali osservatori russi della Cina – ora in esilio – del Carnegie Endowment for International Peace: “La pace in Ucraina – ha scritto su Twitter – è una foglia di fico per la dimostrazione di potere di Xi. L’ottica di una Russia come partner minore, senza opzioni oltre alla Cina, è enormemente vantaggiosa per Pechino che ritiene di essere in un confronto a lungo termine con gli Stati Uniti”.

Del resto, al XX Congresso del Partito comunista di ottobre che gli ha affidato un inedito terzo mandato alla segreteria generale, Xi ha promesso di fare della Cina il primo Paese al mondo per “forza nazionale” e “influenza internazionale” entro il 2049, anno del centenario della fondazione della Repubblica popolare. A differenza di quanto accaduto tra Arabia Saudita e Iran, il leader cinese non è in condizioni di mediare in una guerra tra parti pronte a trovare l’intesa. Pechino non è un attore neutrale: si è astenuta o ha votato contro all’Onu sulla condanna dell’aggressione di Mosca e ha spesso usato la terminologia russa per descrivere il conflitto, condannando “il bullismo” americano e l’espansione della Nato verso Est. Il documento per la soluzione politica di pace cinese, composto di 12 punti, del resto non dice nulla sul ritiro russo dall’Ucraina occupata. Se Xi proponesse un cessate il fuoco, i russi potrebbero fingere entusiasmo, sapendo che Kiev non accetterebbe l’idea. E anche per l’imperatore rosso la mossa sarebbe utile per presentare la Cina come un pacificatore pragmatico, interessato soprattutto al commercio e alla prosperità condivisa. L’America, al contrario, è ritratta come un guerrafondaio ideologico che divide il mondo in amici e nemici, determinato a preservare la propria egemonia: una narrazione che aiuta Pechino a conquistare il Sud del Mondo a discapito proprio degli americani.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto