I fatti erano stati oggetto di una contestata inchiesta della Procura federale della Figc archiviata “con riserva”. Una inchiesta che però convinse Miccichè nel novembre 2019 a dimettersi. Il problema è la dinamica che quel 18 marzo portò alla sua elezione. Una elezione quasi bulgara o forse bulgara. Elezione per acclamazione, senza lo spoglio, a scrutinio segreto. Per dirla tutta: una sorta di voto palese, quindi contro lo statuto.
Ma perché si arrivò a quel tipo di votazione? Quel giorno, i presidenti erano divisi sul nome di Miccichè e questo poteva diventare un problema per la sua elezione: normalmente bastano 14 voti per eleggere il presidente, ma nel caso specifico era richiesta l’unanimità per superare il conflitto di interesse dovuto agli incarichi del candidato (nel cda di Rcs e da presidente di Banca Imi). La denuncia del presidente del Genoa Enrico Preziosi fu forte: “L’elezione non è stata corretta”. E ora sulla vicenda indaga Milano, cui la segnalazione è arrivata dall’ex procuratore federale Pecoraro. E in imbarazzo, più che Miccichè, assente a quell’assemblea, potrebbe trovarsi chi la presiedeva, ossia il presidente del Coni Giovanni Malagò, all’ epoca commissario della Lega. Lo scorso autunno, mentre quell’elezione veniva utilizzata come strumento per tenere sotto scacco i vertici della Lega, al giudice sportivo Mastrandrea fu suggerito di mettere in sicurezza quei voti consegnandoli al notaio Calafiori.
Cosa succederà se si scoprisse che Micciché non aveva davvero i voti per essere eletto? Che cosa potrebbe succedere ai club che potrebbero aver dichiarato il falso? Intanto potrebbero essere impugnate tutte le delibere firmate da Miccichè. Per esempio assegnazione dei diritti tv a Sky e Dazn, con cui oggi è in corso una battaglia legale. E chissà che la procura non trovi qualche strada per occuparsi dei diritti tv. In fondo è un affare miliardario.