Obesità e malattie croniche non trasmissibili (come patologie cardiovascolari, respiratorie, diabete, tumori) rappresentano il principale fattore di rischio per forme piu’ gravi di Covid-19, sia in eta’ adulta che pediatrica. Lo conferma uno studio multicentrico appena pubblicato su ‘Journal of Pediatrics’, nel quale sono stati analizzati i dati di 281 pazienti pediatrici ricoverati per infezione da SARS-CoV-2. Gli autori hanno rilevato che anche in eta’ pediatrica l’obesita’ e la presenza di ipossia (carenza di ossigeno) rappresentano fattori predittivi di un maggiore interessamento respiratorio (Fernandes DM et al., J Pediatr. 2021 Mar;230:23-31.e10). Allo stesso modo, spiega la vicepresidente della Societa’ italiana di pediatria (Sip), Annamaria Staiano, “una revisione sistematica e meta-analisi pubblicata a febbraio 2021, che ha incluso dati di 285.004 soggetti pediatrici con infezione da SARS-CoV-2, ha evidenziato che un decorso severo di Covid-19 e/o il ricovero in terapia intensiva si e’ verificato nel 5,1% dei soggetti con pregresse comorbilita’ rispetto allo 0,2% dei soggetti senza comorbilita’”.

Nello specifico, prosegue, “per un bambino obeso rispetto ad un bambino senza comorbilita’ il rischio relativo di sviluppare una forma grave di Covid-19 e’ pari a 2,87 confermando l’ipotesi che l’obesita’ rappresenti un importante fattore di rischio per manifestazioni cliniche piu’ severe” (Tsankov BK et al., Int J Infect Dis. 2021 Feb;103:246-256). Il 4 marzo si e’ celebrata la Giornata mondiale dedicata a questa patologia che, per l’impatto a breve e lungo termine sulla salute dell’individuo, e’ ormai universalmente riconosciuta come il male del secolo. L’Italia, con il 9,4% dei bambini obesi (inclusi i bambini gravemente obesi che rappresentano il 2,4%) e il 20,4% in sovrappeso e’ al 4° posto in Europa, dopo Cipro, Grecia e Spagna, tra i Paesi con i piu’ alti valori di eccesso ponderale nell’infanzia. Per questo la Sip sottolinea, in un comunicato, “la necessita’ di azioni di contrasto all’obesita’ infantile, anche seguendo l’esempio di altri Paesi”. Un recentissimo articolo “ha dimostrato come il supporto delle politiche sociali per l’infanzia (es. asili nido, assegni familiare, detrazioni fiscali) sia in grado di determinare una riduzione nella prevalenza di obesita’ infantile, indipendentemente da eventuali fattori confondenti (prodotto interno lordo pro capite, tasso di disoccupazione, tasso di poverta’)- spiega la nota della Sip- Infatti, analizzando i dati raccolti nel quinquennio 2000-2015 e’ emerso che un incremento medio delle spese annue dedicate all’infanzia pari a 100 dollari per bambino era associato ad una riduzione nella prevalenza di obesita’ infantile di 0,6 punti percentuale nelle femmine e 0,7 punti percentuale nei maschi” (Miyawaki et al., BMJ Open. 2021 Feb 23;11(2):e044205). “Tali dati- precisa in conclusione Staiano- forniscono ulteriori evidenze, se ancora ce ne fosse bisogno, dell’importanza di politiche sociali volte all’educazione sanitaria ed alla promozione di uno stile di vita sano (alimentazione equilibrata ed attivita’ fisica regolare fin dalla prima infanzia) che rappresenta l’arma principale per combattere questa silenziosa epidemia”.