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Ecco il nuovo Parlamento di Spagna, non c’è una maggioranza di governo

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Dalle elezioni di ieri in Spagna emerge un nuovo parlamento che ribalta le proporzioni di forza tra i due principali partiti, quello socialista di Pedro Sanchez e quello popolare di Pablo Casado. I risultati segnano anche un balzo in avanti di Ciudadanos di Albert Rivera e una lieve flessione della sinistra di Podemos di Pablo Iglesias. Ma la novità è l’ingresso al Congresso, per la prima volta nella storia democratica del Paese, del partito di ultradestra Vox di Santiago Abascal. Tuttavia nessuno dei due schieramenti, di sinistra e destra, riesce a formare la maggioranza assoluta di 176 seggi.

Pablo Iglesias. Leader di Podemos

La distribuzione dei seggi nel nuovo parlamento infatti ne attribuisce al Psoe 123 (erano 84 nella precedente legislatura con Sanchez che ha guidato il Paese con un governo di minoranza, dopo le drammatiche dimissioni del premier popolare Mariano Rajoy in giugno) e 42 al suo possibile alleato Podemos: quest’ultimo ha conquistato 35 seggi su base nazionale piu’ i 7 degli alleati catalani Ecp. Totale: 165. Peggior risultato invece della storia del Partido popular che dimezza i suoi seggi, passando da 137 a 66. Ai centristi di Ciudadanos, a cui guardava Casado per eventuali alleanze, vanno 57 seggi (ne aveva 32). Insieme arriverebbero a un totale 123 seggi, insufficienti a formare un nuovo governo anche se si alleassero con Vox, che fa il suo debutto in parlamento con 24 seggi.

 

Pablo Casado. Il neo leader del partito popolare spagnolo (partito sconfitto)  assieme al presidente dell’Europarlamento Tajani

Un’eventuale coalizione tra i tre partiti si fermerebbe a 147 seggi. A fare la differenza potrebbero essere i partiti indipendentisti, che hanno gia’ aiutato Sanchez a rimuovere Rajoy dalla Moncloa ma che poi lo hanno costretto a indire elezioni anticipate bocciando la sua manovra finanziaria. L’Erc di Oriol Junqueras, uno dei leader secessionisti oggi in carcere, balza da 9 a 15 seggi, attirando probabilmente quei catalani delusi dall’ex president Carles Puigdemont rifugiatosi in Belgio. La sua coalizione Junts per Cartalunya, nata per le elezioni regionali del 2017, ha raccolto solo 7 seggi. Il partito nazionalista basco Pnv, che ha finora sostenuto il governo Sanchez, ha invece ottenuto 6 seggi. I baschi di sinistra dell’Eh Bildu 4. Infine, tra le piccole formazioni regionali, i nazionalisti delle Canarie (CCa-Pnd) e la coalizione di centrodestra della Navarra (Na+) hanno ottenuto 2 seggi ciascuno. Il Compromis di Valencia avrà un solo deputato (su cui potrebbe contare Sanchez), così come il Partito regionalista di Cantabria (Prc).

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L’Australia esorta i suoi cittadini a lasciare Israele

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Il governo australiano ha esortato i suoi cittadini in Israele a “andarsene, se è sicuro farlo”. “C’è una forte minaccia di rappresaglie militari e attacchi terroristici contro Israele e gli interessi israeliani in tutta la regione. La situazione della sicurezza potrebbe deteriorarsi rapidamente. Esortiamo gli australiani in Israele o nei Territori palestinesi occupati a partire, se è sicuro farlo”, secondo un post su X che pubblica gli avvisi del dipartimento degli affari esteri e del commercio del governo australiano.

Il dipartimento ha avvertito che “gli attacchi militari potrebbero comportare chiusure dello spazio aereo, cancellazioni e deviazioni di voli e altre interruzioni del viaggio”. In particolare è preoccupato che l’aeroporto internazionale Ben Gurion di Tel Aviv “possa sospendere le operazioni a causa di accresciute preoccupazioni per la sicurezza in qualsiasi momento e con breve preavviso”.

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Ian Bremmer: l’attacco di Israele è una sorta di de-escalation

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C’è chi legge una escalation e chi invece pensa che sia una de escalation questo attacco israeliano contro l’Iran. “È un allentamento dell’escalation. Dovevano fare qualcosa ma l’azione è limitata rispetto all’attacco su Damasco che ha fatto precipitare la crisi”. Lo scrive su X Ian Bremmer, analista fondatore di Eurasia Group, società di consulenza sui rischi geopolitici.

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Usa bloccano bozza su adesione piena Palestina all’Onu

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Gli Usa hanno bloccato con il veto la bozza di risoluzione del Consiglio di Sicurezza Onu che raccomandava l’adesione piena della Palestina alle Nazioni Unite. Il testo ha ottenuto 12 voti a favore (Algeria, Russia, Cina, Francia, Guyana, Sierra Leone, Mozambico, Slovenia, Malta, Ecuador, Sud Corea, Giappone), 2 astensioni (Gran Bretagna e Svizzera) e il no degli Stati Uniti.

La brevissima bozza presentata dall’Algeria “raccomanda all’Assemblea Generale che lo stato di Palestina sia ammesso come membro dell’Onu”. Per essere ammessa alle Nazioni Unite a pieno titolo la Palestina doveva ottenere una raccomandazione positiva del Consiglio di Sicurezza (con nove sì e nessun veto) quindi essere approvata dall’Assemblea Generale a maggioranza dei due terzi.

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