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È ufficiale, Renzi esce da Pd ma rassicura Conte: pieno sostegno al Governo

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Matteo Renzi lascia il Pd. Con una accelerazione potente l’ex premier ha deciso di stringere i tempi. E lo ha fatto formalmente attraverso una telefonata serale al premier Giuseppe Conte nella quale gli ha garantito “il pieno sostegno” del gruppo che nascera’ nei prossimi giorni. Mentre il Nazareno resta per ora in strettissimo silenzio (nessun contatto di Renzi ne’ con Zingaretti ne’ con i vertici della direzione) e’ Dario Franceschini a manifestare senza peli sulla lingua lo sconcerto Dem per una mossa giudicata rischiosissima. Tanto da evocare i tempi bui del ventennio: “Nel 1921-22 il fascismo cresceva sempre piu’, utilizzando rabbia e paure. Popolari, socialisti, liberali avevano la maggioranza in Parlamento e fecero nascere i governi Bonomi, poi Facta 1 poi Facta 2. La litigiosita’ e le divisioni dentro i partiti li resero deboli sino a far trionfare Mussolini nell’ottobre 1922. La storia dovrebbe insegnarci a non ripetere gli errori”. Ma non tutti i renziani sono con lui: oggi ci ha provato a fermarlo anche il sindaco di Firenze Dario Nardella, fedelissimo della prima ora. Ma ormai Matteo Renzi ha deciso: con un’intervista ad un quotidiano e poi nel salotto di Porta a Porta, annuncera’ le ragioni che lo spingono a lasciare il Pd e a mollare gli ormeggi per il suo nuovo movimento che, affiancando i comitati civici di ‘Ritorno al futuro’, nascera’ sia in Parlamento con un gruppo autonomo alla Camera e una componente nel misto al Senato, sia al governo con 2 ministri, Bellanova e Bonetti, e 2 sottosegretari, Ascani e Scalfarotto. E in serata le certezze dei renziani vanno oltre: ci sarebbero le basi numeriche per formare un gruppo autonomo sia alla Camera (20 deputati) sia al Senato (10 senatori), si sottolinea in ambienti vicini all’ex premier. In un’intervista di sabato scorso al Times, Renzi raccontava di aver lavorato quando era sindaco nell’antico studio di Machiavelli ma “posso dirvi che non sono machiavellico”. In molti, pero’, nel tempismo scelto nel decidere lo strappo dal Pd, vociferato da mesi ma ora imminente subito dopo la nascita del Conte bis, vedono l’accostamento con le tesi del filosofo fiorentino. Ma, assicurano i renziani, il nuovo movimento, che potrebbe chiamarsi ‘Italia del si”, non sara’ un pericolo per il governo anzi “paradossalmente – garantisce Renzi sempre nell’intervista al Times – ne amplierebbe il sostegno”. L’ex premier avrebbe assicurato lealta’ a Conte stesso, a quanto si apprende. Nessun contatto, invece, spiegano al Nazareno, con il segretario Nicola Zingaretti che anche ieri ha lanciato un nuovo appello ad evitare una scissione del Pd. E, mentre crescono esponenzialmente le possibilita’ di un addio dei renziani ai Dem gia’ nelle prossime ore dal Nazareno filtra un assoluto silenzio. E, si spiega, la situazione non dovrebbe cambiare fino a che non parlera’ Renzi. Per i fedelissimi che lo seguiranno sono molte le ragioni per separare le strade dal Partito democratico: “C’e’ uno spazio politico enorme – spiega uno dei dirigenti impegnati nell’operazione – sia nell’elettorato moderato visto l’appannamento di Berlusconi e la centralita’ di Salvini sia nell’elettorato di centrosinistra perche’ sentir cantare ‘Bandiera rossa’ alle feste del Pd per molti elettori non e’ folclore e mette a disagio”. Nessun timore della concorrenza al centro di un’eventuale soggetto creato da Carlo Calenda insieme a Matteo Richetti: “E’ un tema solo per il ceto politico non tra la gente”, liquidano i renziani. Nel Pd, pero’, continuano a negare che si tratti di una “separazione consensuale”. La scissione, per Enrico Letta, e’ “una cosa non credibile, non c’e’ alcuno spazio per una scissione a freddo, e parlare di separazione consensuale non ha senso”. E se il sindaco di Milano Giuseppe Sala non sembra disperarsi – “c’e’ chi entra e c’e’ chi esce nel Pd”, sostiene -, per Luigi Zanda “sarebbe un trauma”. Renzi ormai ha pero’ mollato gli ormeggi ed e’ convinto che, spiega al Times, “siamo 1 a 0 contro il populismo, e’ importante sconfiggere Salvini fra la gente, non solo politicamente” dopo averlo messo fuori gioco al governo con l’intesa M5S-Pd sul Conte bis. Non tutti i fedelissimi, pero’ lo seguiranno: Luca Lotti e Lorenzo Guerini, neo ministro della Difesa, restano nel Pd, in contrasto con la decisione dell’ex leader dem, cosi’ come Nardella e altri parlamentari. Una separazione dolorosa che Renzi ha deciso di velocizzare proprio per aver tempo di spiegare la decisione prima della Leopolda, dove, raccontano i suoi, si traccera’ la rotta del nuovo movimento.

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De Luca: andremo avanti perchè c’è lavoro immenso da fare

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“Noi andremo avanti perché stiamo lavorando su obiettivi fondamentali soprattutto nel campo della sanità. Entro questo mese apriamo il cantiere per il nuovo ospedale Ruggi d’Aragona, stiamo realizzando un ospedale dedicato alle lesioni spinali, stiamo facendo al Da Procida un lavoro straordinario per garantire una unità spinale che non avevamo in Campania, dobbiamo realizzare 170 case di comunità. C’è uno sforzo immenso che stiamo facendo ed è evidente che questo lavoro deve continuare, come deve continuare il lavoro nel campo dell’ambiente, del trasporto pubblico”.

Lo ha detto il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca a margine delle celebrazioni del 60esimo anniversario di Anffas Salerno. “Andremo avanti – ha aggiunto – guardando agli interessi della nostra comunità, non alle beghe della politica politicante, ai problemi delle correnti, delle sottocorrenti e così via. Il lavoro continua”.

In questo contestato, ha aggiunto il governatore, “ho convocato i capigruppo per fare un punto sul programma di lavoro, per aggiornarli sulle scadenze che noi abbiamo e per concordare con loro un calendario importante. Abbiamo la consegna dei cantieri, come quello del Ruggi, abbiamo inaugurato ieri la piscina dello Stadio Collana, abbiamo, il 1 febbraio, una manifestazione per il cessate il fuoco e per la pace che faremo nel Duomo di Napoli e poi avremo, a seguire, tutta una serie di altre iniziative che riguarderanno strutture ospedaliere, progetti territoriali. C’è davvero un lavoro immenso che dobbiamo fare e quindi concordiamo il piano di lavoro”. Alla domanda se in questi giorni abbia sentito la segretaria del Pd Elly Schlein, De Luca non ha risposto.

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Marina Berlusconi contro Report: I servizi su mio padre? Pattume mediatico

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Marina Berlusconi si schiera in difesa della memoria del padre Silvio, attaccando duramente il servizio di Report. In una nota ufficiale, definisce l’inchiesta trasmessa come un «pattume mediatico-giudiziario» e preannuncia «azioni legali» contro quello che giudica un «ignobile esercizio di pseudo-giornalismo».

Le accuse rivolte a Silvio Berlusconi

Il servizio, firmato da Paolo Mondiani, ha analizzato i presunti rapporti tra Silvio Berlusconi, Marcello Dell’Utri e Cosa Nostra, concentrandosi sulla riapertura dell’inchiesta fiorentina sulle stragi mafiose del 1993. Marina Berlusconi ha replicato duramente, definendo le accuse «sconnesse e illogiche», oltre a ricordare che sono state già smentite da più archiviazioni dei Tribunali di Palermo, Caltanissetta e Firenze.

Nella nota, Marina Berlusconi ha anche rivendicato i risultati ottenuti dai governi del padre nella lotta contro la criminalità organizzata, come la stabilizzazione del carcere duro (41 bis) per i boss mafiosi e l’introduzione del primo Codice antimafia nel 2011.

La replica di Report e le reazioni politiche

Il conduttore di Report, Sigfrido Ranucci, ha difeso il servizio, definendolo «rigoroso» e basato su documenti e testimonianze validate dai magistrati. Ha inoltre sottolineato come fosse stata offerta alla famiglia Berlusconi e a Dell’Utri la possibilità di intervenire o di rispondere tramite i loro legali.

La vicenda ha provocato forti reazioni politiche. Forza Italia ha chiesto un intervento dei vertici Rai per fermare quello che definisce «uno scempio mediatico». La Lega ha criticato il programma come «fazioso», mentre Fratelli d’Italia lo ha descritto come una manifestazione di «ideologia anti-destra».

Difesa di Report dalle opposizioni

Dal fronte dell’opposizione, diverse voci hanno espresso solidarietà a Report. Barbara Floridia, presidente della commissione di Vigilanza Rai, ha ribadito la necessità di difendere il giornalismo d’inchiesta, considerandolo un «presidio di indipendenza». Anche il Partito Democratico, attraverso Sandro Ruotolo, ha difeso il programma, accusando la destra di voler censurare il giornalismo investigativo.

Un dibattito destinato a continuare

Lo scontro tra Marina Berlusconi e Report non sembra destinato a chiudersi rapidamente. La vicenda evidenzia una profonda divisione politica e solleva interrogativi sul futuro del giornalismo d’inchiesta e della libertà di informazione in Italia.

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Politica

Associazione magistrati Corte Conti contro accorpamento

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L’associazione dei magistrati della Corte dei Conti, riunito in assemblea permanente, ha approvato un documento nel quale ribadisce la netta contrarietà all’impianto normativo del pdl Foti e all’emendamento, firmato dai relatori, che prevede tra l’altro la cancellazione di Sezioni giurisdizionali e di controllo e l’accorpamento delle stesse in sei macroaree. “Una modifica integrale e radicale degli attuali assetti geografici della Corte – affermano i magistrati – porterebbe nel breve e medio periodo alla paralisi delle funzioni, in particolare del servizio giustizia contabile”. Nel documento i magistrati, che si appellano alle forze politiche e parlamentari, chiedono di essere nuovamente auditi sulle proposte emendamenti e rinnovano la richiesta di “intraprendere un effettivo confronto sulla riforma anche previa adozione di una legge delega che istituisca una commissione di studio all’uopo designata”.

I magistrati, che criticano nel suo complesso il progetto di legge che riforma la Corte, sono contrari in particolare all’emendamento che considerano ‘peggiorativo’ firmato dai relatori Kelany-Pittalis. Nell’emendamento, viene ricordato nel documento, “sono previste importanti modifiche, tra cui: 1) l’abolizione dell’attuale assetto della distribuzione degli uffici a livello regionale mediante cancellazione di Sezioni giurisdizionali e di controllo e l’accorpamento delle stesse in sei macroaree, disponendo che le nuove Sezioni territoriali svolgano funzioni promiscue (consultive, di controllo, referenti, giurisdizionali, giurisdizionali) con turnazione periodica dei magistrati assegnati tra le varie funzioni; 2) la verticalizzazione, la gerarchizzazione e la centralizzazione dell’ufficio del pubblico ministero contabile, con perdita di quella territorialità imprescindibile nel garantire il corretto ed efficacie utilizzo delle risorse pubbliche in ambito regionale, compromettendo, altresì, l’autonomia e l’indipendenza della funzione requirente; 3) la previsione di un vincolo nomofilattico del pubblico ministero agli indirizzi dettati dalle Sezioni Riunite; 4) l’introduzione della separazione delle carriere dei magistrati requirenti dai magistrati delle sezioni giurisdizionali e di controllo; 5) il depotenziamento del controllo concomitante in un accertamento a mera richiesta”.

Secondo i magistrati amministrativi “l’efficacia delle funzioni della Corte non può prescindere dalla vicinanza ai cittadini ed alle amministrazioni nei confronti dei quali sono svolte, in coerenza con il disegno introdotto dalla Carta Costituzionale e che trova maxima espressione nelle Autonomie speciali”. Viene ritenuto che “l’accorpamento delle funzioni di controllo e giurisdizionali in un’unica Sezione territoriale è in violazione con lo spirito degli articoli 100 e 103 della Carta Costituzionale”. “Una modifica integrale e radicale degli attuali assetti geografici della Corte porterebbe nel breve e medio periodo- affermano i magistrati – alla paralisi delle funzioni, in particolare del servizio giustizia contabile, in presenza di costi sociali ed economici non previsti e non quantificati, in netto contrasto con la dichiarata invarianza della spesa dell’emendamento (si ipotizzano trasferimenti d’ufficio di oltre 900 unità di personale amministrativo e di circa 200 magistrati)”.

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