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Cronache

È morto Francesco Saverio Borrelli, capo della procura di Milano che aprì la stagione di Tangentopoli

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E’ morto a Milano Francesco Saverio Borrelli, ex capo del pool Mani Pulite ai tempi in cui era Procuratore della Repubblica ed ex procuratore generale di Milano. Protagonista di una capitolo della storia d’Italia, per 47 anni ha indossato la toga, Borrelli si e’ spento in ospedale a 89 anni. Francesco Saverio Borrelli era nato a Napoli il 12 aprile 1930 ed e’ morto all’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano dove era ricoverato da un circa un paio di settimane. Lascia la moglie Maria Laura, i figli Andrea e Federica e quattro nipoti. Figlio e nipote di magistrati e a sua volta con un figlio magistrato, Borrelli, trasferitosi a Firenze, ha studiato al conservatorio (la musica, insieme alla montagna, e’ stata una delle sue passioni) e si e’ laureato in legge con una tesi su ‘Sentimento e sentenza’. Relatore fu Piero Calamandrei. Vinto il concorso nel 1955, e’ entrato in magistratura come giudice civile a Milano, nel palazzo dove il padre era la piu’ alta carica. Passato dal civile al penale, ha presieduto sezioni di tribunale e di Corte d’Assise, giudicando anche le Br. Negli anni Sessanta e’ stato tra i fondatori della corrente di Magistratura Democratica. Il 17 marzo 1988 Borrelli e’ succeduto a Mauro Gresti alla guida della Procura della Repubblica, dove dal 1983 era procuratore aggiunto. E’ diventato noto con Mani Pulite, la maxi-inchiesta che ha coordinato con il vice Gerardo D’Ambrosio, collega ed amico scomparso il 30 marzo 2014 e con il quale, peraltro, si e’ talvolta trovato in disaccordo sui temi di politica giudiziaria. Dal 1999 al 2002 come Procuratore Generale ha difeso con fermezza il principio costituzionale della indipendenza della magistratura.

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Cronache

Omicidio Borsellino, il pm: Arnaldo La Barbera figura centrale del depistaggio

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“Figura centrale di questo depistaggio è Arnaldo La Barbera. Mi auguro di non sentire affermazioni, da parte della difesa, sul fatto che si processano i morti, chi non è in grado di difendersi, sugli schizzi di fango, così come fatto in primo grado. Perché al di là delle frasi ad effetto mi piacerebbe capire cosa dovrebbe fare un pubblico ministero quando c’è l’ipotesi di un’azione delittuosa concorsuale nel momento in cui la figura centrale è deceduta. Dovremmo archiviare anche per gli altri? E nemmeno si possono omettere tutte le argomentazioni che riguardano la figura centrale”. Lo ha detto il pm Maurizio Bonaccorso, applicato alla procura generale, iniziando la sua requisitoria nel processo sul depistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio che si celebra a Caltanissetta nei confronti dei poliziotti Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo. Tutti ex appartenenti al gruppo di indagine Falcone-Borsellino con a capo Arnaldo La Barbera.

“Dobbiamo partire – ha continuato Bonaccorso – dalle risultanze su Arnaldo La Barbera che ci danno l’immagine di un soggetto che è un ponte tra due mondi, quello di Cosa Nostra e quello dei servizi deviati, entrambi interessati al mancato accertamento della verità. Alla scorsa udienza ho iniziato la requisitoria parlando dell’anomala collaborazione, per non dire inquietante, tra la procura di Caltanissetta e il Sisde nella fase preliminare delle indagini.

Questa collaborazione nasce dall’ostinazione del dottore Tinebra, allora procuratore di Caltanissetta, che all’indomani della strage sollecitò una collaborazione con il Sisde. La cosa singolare è che l’attività del Sisde, anziché entrare in collisione con l’attività della Squadra Mobile di Palermo, si salda perfettamente con essa. Il Sisde veste di mafiosità Vincenzo Scarantino, che fino ad allora era stato un delinquente comune”. Vincenzo Scarantino era definito come un “picciotto” del quartiere della Guadagna che si occupava all’epoca di furtarelli e sigarette di contrabbando.

E’ evidente che nel nostro Paese vige il principio della presunzione di innocenza e pertanto le contestazione del pm a La Barbera (deceduto) come a chunque altro in questo processo non sono sentenze. L’ultima sentenza sarà la Cassazione ad emetterla.

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Escort e regali di lusso per appalti smaltimento rifiuti

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Escort di lusso, bottiglie di champagne, pernottamenti in hotel e cene costose nonché buoni carburante e biglietti per le partite di calcio in cambio di appalti affidati in via esclusiva per lo smaltimento dei rifiuti. Corruzione e sfruttamento della prostituzione sono i reati contestati nell’operazione ‘Leonida’ condotta dalla guardia di finanza e coordinata dalla procura di Reggio Emilia che ha portato ad eseguire 5 misure cautelari (di cui una ai domiciliari e quattro interdittive) e 14 avvisi di garanzia nell’ambito di perquisizioni in corso dall’alba di stamattina, oltre che nel Reggiano, nelle province di Parma, Verona, Brescia, Lucca, Livorno, Sassari, Roma e Siena.

Agli arresti domiciliari è finito il socio unico e presidente del Cda di Greenlife srl ed di Ecologia Soluzione Ambiente Spa con sede a Bibbiano, nel Reggiano. Tra gli indagati anche due ufficiali dell’Esercito e un ingegnere civile, tutti e tre impiegati nello stabilimento militare ripristini e recupero del munizionamento di Noceto (Parma) e accusati di aver ricevuto le regalie per favorire l’azienda negli affidamenti diretti di lavori di smaltimento di rifiuti speciali (tra cui anche attività di demilitarizzazione di missili e di bombe al fosforo bianco) per una cifra complessiva di 650.000 euro tra l’aprile 2023 e gennaio scorso. Le commesse pubbliche affidate in via diretta e presunta illecita all’azienda reggiana sono state individuate nell’alveo dei servizi richiesti da alcune municipalizzate operanti in Toscana, Veneto, e Lombardia e per tali condotte sono indagate 10 persone (delle quali, 5 soggetti privati collegati a un’azienda reggiana e 5 pubblici ufficiali inseriti nelle tre aziende a partecipazione pubblica coinvolte nelle indagini).

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Non cammina più dopo il calcetto, un intervento gli salva l’arto

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Ha sentito un forte dolore alla gamba destra durante la partita di calcetto. Poi il dolore è passato, ma un trentacinquenne siciliano ha continuato a provare dolore camminando solo dopo pochi passi. Il suo calvario è continuato per un anno, servito ad identificare la rara malattia che gli causava tutti i problemi. Era infatti affetto da malattia cistica avventiziale dell’arteria poplitea: in pratica gli si erano formate delle cisti nell’arteria che si trova dietro il ginocchio, cisti che rendevano sempre più difficoltoso il passaggio del sangue.

Per salvargli la gamba, il trentacinquenne è stato operato ala Fondazione Irccs San Gerardo dei Tintori di Monza, con un complesso intervento durato circa tre ore in cui il tratto dell’arteria interessato dalle cisti è stato ‘sostituito’ con una vena prelevata allo stesso paziente. “Si tratta di un intervento delicato – ha spiegato Vittorio Segramora, direttore della Chirurgia vascolare – e reso difficoltoso delle tenaci aderenze che le cisti determinano con le strutture adiacenti e che impongono un meticoloso ed attento isolamento dei nervi (nervo sciatico-popliteo-esterno) e delle vene (vena poplitea) che devono essere preservati per garantire la normale funzionalità della gamba”.

Dopo pochi giorni dall’intervento, eseguito da Segramora con il dottor Savino Pasquadibisceglie, aiuto chirurgo vascolare, insieme alla dottoressa Margherita Scanziani, anestesista, il trentacinquenne è stato dimesso e, fanno sapere dal San Gerardo, è tornato ad una vita normale senza ulteriori disturbi.

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