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Dumfries manda ko l’Atalanta, Inter in finale di Supercoppa

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L’Inter vola in finale di Supercoppa italiana nel segno di Dumfries, la cui doppietta nella ripresa manda ko l’Atalanta nella prima semifinale giocata a Riad. In Arabia Saudita (dove non va in scena il minuto di silenzio per la scomparsa dell’ex calciatore e allenatore Aldo Agroppi, dopo i fischi dell’anno scorso nel momento di ricordo per Beckenbauer e Riva) l’olandese si traveste da bomber in una serata in cui Lautaro dimostra di essere ancora in difficoltà e Thuram si ferma dopo 45′ per un problema muscolare.

L’attacco fatica e ci pensa così l’esterno a regalare alla squadra di Simone Inzaghi l’occasione di poter alzare il trofeo per la quarta stagione consecutiva (record mai raggiunto nella storia) nella finale che andrà in scena lunedì sempre in Arabia Saudita contro la vincente della gara tra Juventus e Milan. Sfide su cui però pesa anche l’obiettivo campionato, come dimostrato anche da Gasperini che sceglie un forte turnover nella formazione iniziale della sua Atalanta. Non è una sorpresa che l’Inter, con tutti i suoi big, parta forte, andando subito vicino al vantaggio.

Thuram dopo una sgasata serve Lautaro, che apre la sua serataccia calciando male due volte e servendo Mkhitaryan che trova il salvataggio di Zappacosta. Poi è un super Carnesecchi a dire no a Lautaro Martinez, che calcia da pochi passi su punizione laterale di Calhanoglu ma trova un gran riflesso del portiere bergamasco. L’Atalanta risponde con una clamorosa occasione sprecata da Scalvini, che dopo un rimpallo su cross si ritrova da solo in area piccola ma di testa la appoggia in mano a Sommer senza riuscire ad angolare il pallone.

Il grande protagonista tra i bergamaschi però resta Carnesecchi, che prima in tuffo salva su un destro di Lautaro, poi sulla respinta si esalta sulla ribattuta di Dimarco. E sul corner seguente, il capitano nerazzurro calcia a botta sicura ma colpisce male e la palla termina a lato. L’argentino poco prima dell’intervallo si inventa un tacco per Dumfries, che cade a tu per tu con Carnesecchi dopo un leggero contatto con Ruggeri su cui arbitro e Var lasciano correre. Nella ripresa Inzaghi perde Thuram, che resta negli spogliatoi (leggero affaticamento all’adduttore sinistro) e viene sostituito da Taremi.

L’Inter tuttavia non ne risente, anzi sblocca il risultato sugli sviluppi di un corner, quando Dumfries batte Carnesecchi con una rovesciata ravvicinata tra le proteste dei bergamaschi per una leggera spinta su Scalvini, ma Chiffi e il Var non intervengono concedendo il gol. In svantaggio, Gasperini lancia nella mischia Ederson, Lookman e De Katelaere.

Ma è l’Inter che colpisce ancora, con Dumfries nuovamente protagonista: l’olandese chiude un contropiede con un destro che sbatte sulla traversa e si infila in porta alle spalle di Carnesecchi. Bastoni e soprattutto Lautaro hanno l’occasione per chiudere la sfida, ma il portiere bergamasco salva ancora. Nel finale l’Atalanta, con i suoi big, spinge per riaprire la sfida. E troverebbe anche il gol per accorciare il risultato con Ederson, ma il Var annulla per una posizione di fuorigioco di De Ketelaere sullo sviluppo dell’azione. Poi serve un super Sommer all’Inter per tenere la porta inviolata, con lo svizzero che si salva con un doppio intervento su Djimsiti e Lookman. E in finale, così, ci torna di nuovo l’Inter.

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Napoli senza identità: Conte cambia sempre formazione e ora cerca un undici stabile

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C’erano una volta i titolarissimi, un blocco riconoscibile che i tifosi recitavano quasi a memoria. Oggi non più. Antonio Conte, al Napoli, non è ancora riuscito a schierare due volte di fila la stessa formazione. E quando avrebbe potuto farlo, ha scelto il turnover. Infortuni, rotazioni, scelte forzate: tutto ha contribuito a una squadra che ancora non ha una reale identità.

Il problema dell’amalgama mai trovato

Il momento negativo del Napoli nasce anche da qui: senza continuità, senza un undici base, diventa difficile generare quei meccanismi automatici che fanno crescere una squadra. L’amalgama, che Massimino diceva ironicamente di voler “comprare sul mercato”, oggi non c’è. Conte era partito con un’idea precisa, ma ha dovuto – e a volte voluto – cambiarla continuamente.

Il valzer delle punte e le scelte obbligate

All’esordio, senza Lukaku, aveva puntato su Lucca titolare. Dopo la vittoria con il Sassuolo, la prima rotazione: fuori Olivera, dentro Spinazzola. Alla terza giornata, contro la Fiorentina, l’esordio di Hojlund con pochissimi allenamenti, subito decisivo. Una scelta sorprendente ma efficace.

Difesa in affanno tra infortuni e rotazioni

Gli infortuni hanno pesato subito: Beukema costretto a sostituire Rrahmani, Marianucci lanciato a Milano e poi accantonato. La difesa, tra Champions e campionato, ha perso certezze e continuità. Il ritorno al 4-3-3 non ha aiutato a stabilizzare il quadro.

L’unica vera gerarchia sopravvissuta è in porta: Milinkovic ormai inamovibile al posto di Meret.

Emergenza come opportunità: nasce l’undici base?

Con molti infortuni ancora lontani dal rientro, paradossalmente l’emergenza può diventare una risorsa. Conte potrebbe finalmente stabilizzare la sua squadra affidandosi al blocco “storico”:

  • Di Lorenzo – Rrahmani – Buongiorno – Spinazzola

  • Lobotka – McTominay

  • Politano – Hojlund più due posti da definire

Due “pretoriani” da individuare e Conte potrà tornare ad avere un undici base, e magari riproporlo per almeno due partite consecutive, cosa mai accaduta finora.

Il Napoli attende stabilità. Conte pure. E la stagione, per ripartire, ha bisogno esattamente di questo.

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Conte torna a Castel Volturno: silenzio, tensione e resa dei conti dopo il caos di Bologna

Conte riappare dopo una settimana di silenzio totale: colloqui, tensioni e decisioni in arrivo nello spogliatoio del Napoli. De Laurentiis valuta l’intervento sul mercato di gennaio.

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Tutti lo hanno cercato, nessuno lo ha trovato. Antonio Conte si è dissolto per una settimana, diviso tra le sue due abitazioni, evitando telefonate, messaggi, contatti. Una primula rossa. Dopo il crollo di Bologna, il tecnico del Napoli ha scelto di sparire. Ma oggi torna: allenamento fissato alle 14.30, probabile arrivo in anticipo a Castel Volturno.

Parlerà solo venerdì, alla vigilia della sfida con l’Atalanta. Prima, però, una lunga serie di colloqui interni. Da solo, perché De Laurentiis non sarà presente.

Una settimana anomala, tra riposo e tensione

Il tecnico ha avuto tre giorni di permesso: un break rarissimo, simile a quello che prese Benítez nel 2014. Un segnale della tensione interna esplosa dopo Bologna. Decine di telefonate non ricevute, anche dai fedelissimi.

Il presidente ha scelto una linea morbida: stima pubblica e zero pressioni, pur temendo che nelle parole di Conte si nascondesse la tentazione dell’addio.

Conte, intanto, ha riavvolto il nastro: errori della squadra, errori suoi, analisi del rapporto con una parte del gruppo. E ha inviato un messaggio chiaro ai giocatori rimasti a Castel Volturno: due giorni di doppio allenamento, perché “nulla si tocca”.

Il metodo Conte resta intoccabile

Da quando è arrivato, Conte ha imposto il suo stile: regole ferree, intensità, disciplina, preparazione durissima. Chi viene da Premier o Olanda sa che la comfort zone non esiste.
Molti veterani e nuovi arrivati hanno sussurrato per settimane che la preparazione fosse troppo dura. Conte non intende cambiare: «Se ti sorprende, hai sbagliato a venire».

La spaccatura, però, esiste.

Il faccia a faccia con la squadra è imminente

Conte vuole lavare i panni sporchi davanti a tutti. Ha scelto di aumentare la tensione con la sua assenza, lasciando lo spogliatoio sospeso per giorni. Nessuna mediazione, neppure tramite Oriali.

Il tecnico non cercherà stretta di mano o pace pubblica: si presenterà con una sola arma, la sua: il lavoro.

Punta sugli infortunati in rientro (Gilmour e Spinazzola in panchina con l’Atalanta), e sul recupero di Lukaku entro due settimane per la sfida con la Roma. La convinzione è che la squadra possa risalire.

De Laurentiis prepara la risposta: il mercato di gennaio

Il presidente è pronto a confermare la sua “simbiosi totale” con Conte: sostenere il progetto e intervenire pesantemente sul mercato invernale.

Conte rientra oggi, ma il clima è cambiato. Dopo Bologna, nulla è più come prima. E lui è il primo ad averlo capito.

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Jannik Sinner domina Torino: il ragazzo d’oro del tennis batte Alcaraz e conquista le Atp Finals 2025

Sinner trionfa alle Atp Finals 2025 battendo Carlos Alcaraz in due set. Match spettacolare, pubblico in delirio e un finale di stagione da leggenda per il campione azzurro.

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Sinner trionfa alle Atp Finals 2025 battendo Carlos Alcaraz in due set. Match spettacolare, pubblico in delirio e un finale di stagione da leggenda per il campione azzurro.

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Sinner con il trofeo al centro della Inalpi Arena, braccia alzate e pubblico in festa.


Jannik Sinner re delle Atp Finals 2025

Jannik Sinner è ancora una volta il dominatore del tennis mondiale. Alla Inalpi Arena di Torino, nel match definito da molti la “partita dell’anno”, il campione azzurro ha sconfitto in due set il numero 1 del ranking Carlos Alcaraz, chiudendo 7-6(4) 7-5 dopo due ore e un quarto di spettacolo puro. Una vittoria che lo conferma re delle Finals e simbolo di una stagione straordinaria.

Una finale da brividi

Atmosfera caldissima fin dall’inizio, con l’Inno di Mameli cantato da Il Volo e il palazzetto trasformato in un catino. Sinner sceglie di rispondere e il duello parte a ritmi altissimi: scambi brevi, servizi incisivi, concentrazione assoluta.
Il primo set si decide al tiebreak, dopo un parziale equilibrato e due pause forzate: un malore sugli spalti e poi l’intervento del fisioterapista per Alcaraz. Nel momento decisivo, Sinner alza il livello e chiude 7-4 tra il boato del pubblico.

Il capolavoro del secondo set

Alcaraz prova a invertire l’inerzia con il primo break dell’incontro, ma sul 3-2 Sinner si prende la prima palla break: una risposta steccata e fortunosa, una palla corta chirurgica e si torna in parità.
Il resto è un susseguirsi di colpi di qualità, sofferenza e coraggio. Sinner infiamma il palazzetto portandosi la mano all’orecchio, Alcaraz inizia a perdere profondità nei colpi. Sul 6-5, match point: il rovescio dello spagnolo esce di pochi centimetri. La Inalpi Arena esplode.

Il trionfo e la voce dei protagonisti

Sinner corre ad abbracciare il suo team, poi la fidanzata Laila Hasanovic. Le sue parole sono piene di emozione:
«È incredibile. Venire e vincere qui a Torino, davanti al pubblico italiano, è stato fantastico. Con Carlos bisogna giocare al meglio, è stata una partita durissima. Significa tanto chiudere così la stagione».

Sportivissimo Alcaraz:
«Esco a testa alta. Sono felice per il livello che ho espresso. Jannik non perde indoor da due anni: dopo ogni sconfitta torna più forte. Complimenti».

Un duello destinato a continuare

I numeri raccontano quanto fosse sottile il confine tra vittoria e sconfitta: Sinner 78 punti, Alcaraz 72; 8 ace a 5; due break su due per l’azzurro.
A fine match, i due campioni si sono già dati appuntamento al 2026. Sarà ancora la loro rivalità a guidare il tennis mondiale.

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