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Aggressioni omofobe in branco, indagati 11 minorenni

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In branco, tutti minorenni, aggredivano dei giovani omosessuali, ma sono stati scoperti, grazie all’aiuto delle stesse vittime, e identificati. Si tratta di undici ragazzi, quasi tutti minorenni. E’ accaduto a Vittoria, nel ragusano, dove la Squadra mobile diretta dal vicequestore aggiunto Antonino Ciavola, ha indagato gli undici giovanissimi appartenenti al branco. I giovani vittoriesi in due distinte occasioni hanno aggredito, per futili motivi e per ragioni connesse all’omofobia, alcuni ragazzi. Le indagini sono state coordinate dalla Procura della Repubblica per i Minorenni che ha delegato la Polizia di Stato ad espletare diverse attività di Polizia Giudiziaria. La prima aggressione risale al 14 dicembre 2018, nella centralissima via Cavour a Vittoria, quando un gruppo di giovani, tutti minorenni, ha aggredito e minacciato gravemente un ragazzo di 21 anni, il tutto per via del suo orientamento sessuale. Il giovane è stato seguito, braccato come una preda branco, insultato e subito dopo aggredito con calci e pugni. In quella occasione un cittadino vittoriese che gestisce una pizzeria in centro ha evitato il peggio prendendo le difese della vittima mettendo in fuga il branco. Il 17 di dicembre, sempre in via Cavour a Vittoria, tre giovani vennero ricevuti al comune di Vittoria per i gravi fatti reato commessi ai danni di un giovane pochi giorni prima. Non appena usciti dal palazzo comunale, i tre ragazzi sono stati aggrediti da un gruppo ancora più consistente di vittoriesi, quasi tutti minorenni. Facevano parte del branco anche i 4 ragazzi che 3 giorni prima avevano aggredito l’altro giovane. Anche in questa occasione le tre vittime sono state aggredite per futili motivi e con l’aggravante dell’omofobia. Proprio l’essersi recati in comune per ricevere la solidarietà da parte della Commissione prefettizia ha fatto scattare l’aggressione del branco. Gli uffici investigativi della Polizia di Stato, subito dopo i gravissimi fatti denunciati dalle vittime, ha dato avvio ad un’intensa attività d’indagine al fine di risalire all’identità dei giovani. La Squadra Mobile ed il Commissariato di Vittoria non hanno impiegato molto tempo per individuare i responsabili dei due fatti reato. Oltre ad avere analizzato le immagini degli impianti di videosorveglianza, è stata fondamentale la conoscenza del territorio e delle persone che frequentano le zone del centro storico di Vittoria. Quasi tutti i denunciati erano già conosciuti dalla Polizia di Stato e questo ha permesso una rapida individuazione degli indagati. Dopo aver riconosciuto gli autori del reato, gli investigatori hanno convocato le vittime negli uffici della Polizia di Stato per il riconoscimento. Imprescindibile anche in questo caso, la collaborazione delle vittime che con l’aiuto degli agenti hanno riconosciuto gli autori del reato.

Tutte le vittime hanno raccontato agli agenti ogni particolare dell’aggressione e soprattutto quei terribili insulti omofobi al loro indirizzo, insulti gratuiti, calci e pugni dettati solo dall’omofobia e per nessun altra causa, ad esempio vecchi rancori o litigi scaturiti pochi attimi prima della violenza. Quanto raccontato dalle vittime ha trovato riscontro nelle immagini di videosorveglianza. I giovani in un’occasione hanno seguito la vittima provocandola, insulti, spinte, fino a quanto uno di loro non ha sferrato un primo calcio, poi la difesa, una spinta per allontanarli e quindi la ferocia da parte di tutti gli aggressori, calci e pugni fino all’intervento di un onesto cittadino e subito dopo della Polizia di Stato. La Procura della Repubblica per i Minorenni di Catania, competente anche per la provincia di Ragusa, ha delegato diverse attività agli uffici investigativi iblei che prontamente hanno eseguito. Tra le attività svolte, anche gli interrogatori degli indagati, durante i quali alcuni dei giovani indagati, scoppiati in lacrime hanno ammesso le loro responsabilità, anche perché esortati dai genitori indignati per ciò che avevano commesso i figli. ”La Polizia di Stato di Ragusa presta la massima attenzione ai fenomeni di discriminazione, impiegando poliziotti specializzati in questa delicata materia. È necessario non sottovalutare chi è pronto a commettere reati spinto dall’omofobia o qualsiasi altra forma di discriminazione”, dicono dalla Squadra mobile. ”Ancora una volta è stato fondamentale collaborare con le vittime per individuare gli autori di questi ignobili gesti commessi dal branco. Quando soli non hanno la forza di agire e di affrontare le loro vittime, solo in gruppo trovano la ‘forza’ per umiliare e ferire chi ritengono diverso”. ”A distanza di pochi mesi dalle numerose rapine consumate a Vittoria sempre con l’aggravante dell’omofobia, ancora altri due casi immediatamente risolti di odio verso giovani ragazzi omosessuali”.

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L’ipnosi in sala operatoria per due anziane a Torino

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L’ipnosi in sala operatoria si consolida come una risorsa in più per combattere il dolore in sala operatoria. Per la prima volta a Torino, all’ospedale delle Molinette, due donne in età avanzata (75 anni e 79 anni) sono state sottoposte a un intervento in ipoanestesia, una pratica che alla Città della Salute definiscono “l’ultima frontiera degli approcci destinati a garantire ai pazienti un trauma chirurgico sempre minore”. L’ipoanestesia, che ha già preso piede in numerosi Paesi europei per operazioni di chirurgia complessa, è considerata una valida alternativa all’anestesia generale: non pretende un carico pesante di farmaci invasivi, modula la percezione del dolore e, soprattutto, allontana la percezione del bisturi, riducendo lo stress emotivo. Effetti che, a quanto pare, si riverberano anche sul recupero post operatorio, più rapido ed efficace, con conseguente riduzione dei tempi di ricovero.

Nel caso delle due pazienti torinesi si è trattato di abbinare l’ipnosi all’anestesia locale per poi procedere, tramite delle ‘tradizionali’ incisioni al collo di minima entità (2,5-3 cm), all’asportazione di tumori benigni delle paratiroidi. L’intervento ha richiesto la composizione di un’equipe composta da specialisti di varie discipline: Maurizio Bossotti (responsabile della Chirurgia tiroidea-paratiroidea del Dipartimento di Chirurgia Generale e Specialistica della Città della Salute di Torino, diretto dal professor Mario Morino) è stato affiancato da Pietro Soardo e Valentina Palazzo, specializzanda in Chirurgia Generale ed ipnologa, e dagli anestesisti del gruppo di Roberto Balagna.

In Italia il ricorso all’ipnosi clinica è una realtà da diverso tempo e in diversi ambiti. Nel 2020 l’ospedale San Paolo, a Savona, se ne servì a scopo analgesico su un uomo sottoposto a un intervento al cuore, mentre nel 2022 fu il San Michele di Cagliari ad impiegarla nel corso di un trapianto di fegato: il paziente, dopo una serie di incontri preparatori, venne ‘risvegliato’ in stato di ipnosi in sala operatoria anziché in rianimazione, cosa che scongiurò una quantità di complicazioni. Nel 2023, ad Ancona, un tumore cerebrale fu asportato con procedura awake: il paziente, sveglio e cosciente, indossò un visore che lo inondò di immagini e musiche capaci di ridurre l’ansia pre e post operatoria. La sedazione digitale è stata utilizzata al ‘Ferrari’ di Castrovillari (Cosenza) per coronarografie e impianti di peacemaker.

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Abusi su 13enne, spedizione punitiva amici contro l’ex

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Non si è ribellata quando lui le ha imposto un rapporto sessuale perché “avevo paura che lui mi lasciasse”. Protagonista di questa brutta storia che arriva da Genova una ragazzina di 13 anni che ha raccontato di esser stata obbligata ad avere rapporti con il suo fidanzato del tempo, di due anni più grande, nella sua casa quando i genitori non c’erano. Una storia che durava da qualche mese e che è stata scoperta dalla polizia intervenuta per la chiamata al 112 dell’ex fidanzatino della vittima, accerchiato dagli amici della ragazzina intenzionati a portare a termine una vera e propria spedizione punitiva. Tutto nasce un pomeriggio di qualche tempo fa quando la ragazzina va a casa del fidanzatino che ha, appunto, 15 anni.

I genitori di lui non ci sono e avvengono gli abusi. Lei non lo lascia perché ha paura che lui l’abbandoni poi l’infatuazione è finita e lei racconta tutto ai suoi amici. Amici che, dopo essersi radunati, in tutto una decina di ragazzi tra i 13 e i 16 anni, imbastiscono una specie di spedizione punitiva a casa dell’ex. Quel giorno il 15enne è solo nell’appartamento al primo piano del condominio in cui abita con i genitori.

Quando arrivano gli amici della ragazzina iniziano a dare pugni contro le sue finestre e uno cerca addirittura di entrare in casa. Il ragazzo si spaventa, prende un coltello da cucina e poi chiama il 112. Quando la polizia interviene ci vuole un po’ per capire cosa stesse succedendo e che cosa aveva portato a quella reazione esasperata di un gruppo di giovanissimi. I ragazzini amici della vittima vengono tutti identificati e accompagnati negli uffici della polizia: ovviamente ciascuno racconta quello che sa e quello che invece gli è stato solo riferito ma sarà la ragazzina di 13 anni a dover raccontare il retroscena.

Tra l’altro, la vittima aggiunge che aveva tentato di parlarne a casa con i genitori ma che aveva avuto scarso successo. Genitori che, convocati e sentiti dalla polizia, affermano: “Ci aveva accennato qualcosa, ma pensavano fossero questioni tra ragazzi”. Tutta la vicenda adesso è sottoposta a indagini della procura presso il tribunale dei Minori, Un fascicolo in cui un quindicenne è accusato di violenza sessuale aggravata. E negli ultimi giorni la vittima è stata sentita durante un incidente probatorio, fornendo – secondo quanto appreso – ‘significative conferme’.

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Arcivescovo Napoli ad amministratori: bisogna fare di più

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La Costituzione “ci obbliga ad adempiere le nostre funzioni “con onore e disciplina” e l’onore non può che essere quello del “dovere della verità e dell’impegno per la giustizia” non solo formale ma anche sostanziale. In un territorio che, pur cercando faticosamente di adottare “un diverso paradigma”, soffre ancora di tante diseguaglianze e in tante periferie umane e sociali si attendono opportunità civili e dignitose, chi ha responsabilità pubblica ha il dovere di fare di più e bandire ipocrisie e luoghi comuni. Ancora troppa ricchezza mal distribuita, ancora troppo lavoro nero, ancora la prepotenza della criminalità organizzata, sirena per chi, con scarse opportunità, in particolare i giovani, anela al cambiamento del proprio status sociale, cerca scorciatoie”. Lo ricorda nella lettera ai fedeli della diocesi partenopea per l’Avvento 2024 l’arcivescovo di Napoli, don Mimmo Battaglia, che nel prossimo concistoro del 7 dicembre sarà creato Cardinale.

“A noi, il Cristo che viene, ci chiede quel gesto di amore di cui parlò Paolo Borsellino, nella chiesa di Sant’Ernesto, a Palermo il 23 giugno 1992, in occasione del trigesimo della strage di Capaci, ricordando Falcone “Perché non è fuggito, perché ha accettato questa tremenda situazione…. Per amore!” E tali parole richiamano alla mente l’attualità del documento diffuso proprio a Natale dell’anno precedente, il 1991, in tutte le chiese di Casal di Principe e della zona aversana da don Peppino Diana e dai parroci della forania di Casal di Principe, per spingere a prendere coscienza del problema mafioso, ‘Per Amore del mio popolo'”, prosegue ancora l’arcivescovo di Napoli.

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