Collegati con noi

Esteri

Droni contro sito militare in Iran, ‘è stata Israele’

Pubblicato

del

Un attacco con droni contro un laboratorio militare iraniano a Isfahan fa salire alle stelle la tensione nel paese, lacerato dalle proteste, insanguinato dalla repressione e sempre nel mirino delle sanzioni occidentali, in un clima ulteriormente infiammato dalle forniture di droni alla Russia in guerra con l’Ucraina.

Sabato sera tre droni Mav quadrirotori armati con esplosivo hanno preso di mira una installazione nella città, 350 chilometri a sud di Teheran, nota per una base dell’aviazione e un centro di ricerca e produzione di combustibile nucleare. Secondo la versione iraniana, due droni sono stati neutralizzati dai sistemi difensivi – installati dopo “un incidente simile” non meglio precisato – mentre un terzo è stato colpito dalle guardie della struttura esplodendo sul tetto, “provocando solo lievi danni e nessuna vittima”. Sulla base delle immagini alcuni esperti hanno localizzato l’edificio nella zona nordoccidentale della città, a due passi da un centro commerciale.

Secondo esperti Usa è un sito di ricerca spaziale collegato al programma di missili balistici, mentre sarebbe stato causato da un guasto l’incendio presto domato in una raffineria di petrolio vicino a Tabriz, nel nordovest, che in un primo momento si era pensato fosse collegato al raid di Isfahan.

“Questo attacco vile è parte dei tentativi portati avanti negli ultimi mesi dai nostri nemici per destabilizzare l’Iran. Ma non avrà alcun effetto sulla volontà e le intenzioni dei nostri specialisti per lo sviluppo di un nucleare pacifico”, ha tuonato il ministro degli Esteri della Repubblica islamica Hossein Amir-Abdollahian. Il responsabile ha puntato l’indice contro i nemici storici che fomenterebbero le proteste popolari nel paese scoppiate all’indomani della morte di Mahsa Amini, “assassinata come martire” per non aver indossato il velo come l’ha definita il presidente francese Emmanuel Macron, annunciando i 14 vincitori dell’iniziativa Marianne.

Ma è stato il Wall Street Journal a lanciare il j’accuse più forte: è Israele ad aver compiuto il raid, ha scritto il quotidiano citando fonti statunitensi. Il contesto è quello dei colloqui tra dirigenti israeliani e americani per contrastare le operazioni destabilizzanti della Repubblica islamica, incluso il rafforzamento della cooperazione militare con la Russia.

“Tutte le opzioni sono sul tavolo per impedire all’Iran di ottenere l’arma nucleare”, ha ribadito il segretario di Stato statunitense Antony Blinken alla vigilia della missione in Medio Oriente. Atomica, rapporti con Mosca, legami con la Siria, tutti temi al centro degli incontri tra il capo della Cia William Burns e quello del Mossad, David Barnea, la scorsa settimana a Tel Aviv. Complice la fornitura di droni iraniani a Mosca, il consigliere presidenziale ucraino Mikhaylo Podolyak ha scritto dopo il raid che “la logica della guerra è inesorabile ed omicida” e “presenta il conto in modo rigoroso agli autori e ai complici”.

L’esercito israeliano non commenta, scrive Hareetz, convinto però che dalla tipologia del raid “si possa stimare che ci sia il Mossad dietro”. Mentre il New York Times sottolinea che il tipo di velivolo utilizzato ha un raggio molto ridotto, quindi i droni sono stati lanciati dal territorio iraniano, e che è utilizzabile anche da personale non militare, essendo molto simile a quelli comunemente reperibili sul mercato. I media di Teheran ricordano poi che un episodio simile si è verificato nel giugno 2021, quando venne attaccata una fabbrica di centrifughe nucleari e un altro contro una installazione di Hezbollah a Beirut nell’agosto del 2019. Insomma, pur senza citarlo, è chiaro il riferimento a Israele. Se confermato, sarebbe il primo attacco della nuova era di Benjamin Netanyahu.

Advertisement

Esteri

Cina: infondate le accuse Usa di supporto militare a Mosca

Pubblicato

del

La Cina ha definito “infondate le accuse degli Usa sul sostegno militare” di Pechino alla Russia, impegnata nella sua guerra contro l’Ucraina. E’ quanto ha detto il portavoce del ministero degli Esteri Wang Wenbin, nell’imminenza della visita del segretario di Stato americano Antony Blinken.

Gli Stati Uniti, ha aggiunto Wang nel briefing quotidiano, “hanno presentato una legge sugli aiuti su larga scala per l’Ucraina, lanciando allo stesso tempo accuse infondate contro il normale commercio tra Cina e Russia. Questo tipo di approccio è estremamente ipocrita e del tutto irresponsabile, e la Cina vi si oppone con fermezza”. Sulla questione ucraina, “la Cina ha sempre mantenuto una posizione obiettiva e giusta, ha sostenuto attivamente i colloqui di pace e ha spinto per la soluzione politica”, ha rincarato Wang, per il quale Pechino “implementa costantemente le normative sull’esportazione di beni a duplice uso.

La Cina non è né artefice né parte della crisi ucraina e non ha mai gettato benzina sul fuoco e per questo con accetteremo che altri scarichino la responsabilità o diano la colpa a noi”. Negli ultimi anni, in particolare dall’aggressione di Mosca all’Ucraina di febbraio 2022, Cina e Russia hanno intensificato la cooperazione economica e i contatti diplomatici, portando la loro partnership strategica a livelli elevati, mai raggiunti prima. Pechino ha rivendicato un ruolo neutrale nel conflitto ucraino, ma evitato condanne di Mosca e ha offerto sostegno diplomatico ed economico, facendo schizzare l’interscambio commerciale nel 2023 al record di 240 miliardi di dollari.

Prima dell’imminente visita in Cina del 24-26 aprile, il segretario di Stato americano Antony Blinken ha detto che Pechino sta indirettamente alimentando la guerra in Ucraina con la fornitura di componenti a Mosca usati per espandere le sue capacità militari. “Quando si tratta della base industriale della difesa russa, il principale contributore in questo momento è la Cina”, ha detto Blinken venerdì, dopo l’incontro ministeriale del G7 a Capri, aggiungendo che ciò “permette alla Russia di continuare l’aggressione contro l’Ucraina”.

Continua a leggere

Esteri

Musk rifiuta di eliminare da X video dell’attacco a Sidney

Pubblicato

del

Elon Musk ha reagito all’ordine di un tribunale australiano di eliminare da X i video dell’attacco nella chiesa di Sidney dopo che il commissario per la eSafety dell’Australia ha chiesto un’ingiunzione. Il miliardario patron di Tesla ha risposto con un post sulla sua piattaforma accusando il premier Anthony Albanese di “censura”. “La nostra preoccupazione è che se qualsiasi Paese è autorizzato a censurare i contenuti di tutti i paesi, allora cosa impedirà a qualsiasi paese di controllare Internet?”

Musk ha detto che X farà appello contro l’ingiunzione australiana. “Abbiamo già censurato il contenuto in questione per l’Australia, in attesa di ricorso legale, ed è archiviato solo su server negli Stati Uniti”, ha aggiunto. Il primo ministro australiano Anthony Albanese ha affermato che Musk è cieco di fronte all’angoscia causata dai video. “Faremo ciò che è necessario per affrontare questo miliardario arrogante che pensa di essere al di sopra della legge, ma anche al di sopra della comune decenza”, ha detto Albanese all’emittente pubblica Abc. “L’idea che qualcuno vada in tribunale per il diritto di pubblicare contenuti violenti su una piattaforma mostra quanto il signor Musk sia fuori dal mondo”, ha aggiunto.

Continua a leggere

Esteri

L’ambientalista indigeno Victorio Dariquebe assassinato nell’Amazzonia peruviana

Pubblicato

del

Un ambientalista indigeno, Victorio Dariquebe, è stato assassinato in una comunità amazzonica del Perù sudorientale dove lavorava come guardia forestale: lo riferiscono le autorità locali. L’uomo, dell’etnia Harakbut-Wachiperi, è stato aggredito nei pressi della riserva naturale di Amarakaeri, nella provincia di Manú.

“Riaffermiamo il nostro impegno affinché questo crimine non rimanga impunito e i responsabili siano individuati e ricevano tutto il peso della legge”, ha affermato il governo peruviano in una dichiarazione firmata da diversi ministeri. L’ambientalista “ha fatto un ottimo lavoro nella conservazione della riserva di Amarakaeri”, ha sottolineato l’Associazione interetnica della giungla peruviana (Aidesep) in un comunicato sui social, secondo cui Dariquebe “aveva ricevuto minacce”.

I popoli originari del Perù combattono l’estrazione illegale e si oppongono a una recente legge approvata dal Congresso che, a loro avviso, incoraggia la deforestazione. Secondo l’ong Global Witness, dal 2012 nel Paese sono stati uccisi almeno 54 difensori delle terre e dell’ambiente, di cui più della metà appartenevano a popolazioni indigene.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto