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Ambiente

Drago di Komodo, restano solo 4.000 esemplari in Indonesia

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Una lucertola che sfiora i 3 metri di lunghezza e supera gli 80 chili di peso e vulnerabile di estinzione: l’intera popolazione del drago di Komodo attualmente si aggira intorno alle 4mila unita’. La scoperta e’ stata fatta in Indonesia da parte di un team di ricerca dell’universita’ di Firenze e se n’e’ parlato nel X Convegno Nazionale della Ricerca nei Parchi sulla conservazione delle specie animali a rischio di estinzione conclusosi oggi al Parco Natura Viva di Bussolengo (Verona) dove poche settimane fa ne e’ arrivato un esemplare ospitato fra i “giganti” nel parco zoologico. Predatore all’apice della catena alimentare in grado di nutrirsi di specie molte volte piu’ grandi di lui, come cervi e bufali d’acqua, il drago di Komodo sopravvive sulle ultime cinque isole dell’arcipelago indonesiano. “Lo scorso anno – spiega Claudio Ciofi, professore dell’Universita’ di Firenze impegnato nelle ricerche sull’Isola di Flores e nel Parco Nazionale di Komodo – abbiamo scoperto l’ultima popolazione vivente di questo varano, il che conclude le scoperte relative all’esistenza del drago di Komodo”.

Di fatti, nonostante si tratti di un rettile che calca il Pianeta Terra da 90 milioni di anni, la letteratura scientifica fa la sua conoscenza solo nel 1912, “nascosto” com’era su un arcipelago nel mezzo dell’Oceano Indiano, spiega il Parco. “I dati sulla nuova scoperta sono ancora in corso di pubblicazione – prosegue Ciofi – ma l’intera popolazione in natura attualmente si aggira intorno alle 4mila unita’. E mentre nell’area protetta del Parco Nazionale di Komodo il trend risulta stabile, sull’Isola di Flores – non soggetta a vincoli di protezione – risulta un declino del 40% a partire dalla fine degli anni ’60”. Fra le cause, spiega la nota del Parco, ci sono la sottrazione delle prede da parte dell’uomo, la pressione sull’habitat a causa del turismo di massa e la deforestazione provocata dall’espansione agricola delle piccole popolazioni locali mettono a serio rischio l’ecologia del drago di Komodo. I ricercatori stanno cercando di capire se il cambio del clima possa incidere sulla distribuzione degli esemplari sulle isole.

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Ambiente

Avvistata in Italia una nuova specie di uccelli

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Piccoli migratori con piumaggio fra il marrone e il grigio, finora mai visti in Italia, sono stati avvistati per la prima volta in Campania. Si allunga così l’elenco delle specie di uccelli presenti nel nostro Paese- Il risultato. annunciato in occasione della Giornata della Terra, è pubblicato sulla rivista Dutch Birding da Marco del Bene, Alessia Addeo e Rosario Balestrieri ,della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli. La specie avvistata per la prima volta in Italia si chiama Monachella dal cappuccio (Oenanthe monacha) ed è stata vista durante rilievi ambientali nei pressi di Bacoli (Napoli), il 24 maggio 2023. Per Balestrieri è la “prima testimonianza del passaggio della specie nel Mediterraneo Centrale”. Finora, infatti, la Monachella dal cappuccio era nota in Egitto, Israele, Penisola Arabica e Pakistan.

“L’esemplare osservato a Bacoli – dicono i ricercatori – si trovava su un muro di contenimento degli argini di un canale, vicino al mare. Presentava un piumaggio marrone camoscio/grigio chiaro, con coda marrone, sottocoda camoscio e timoniere scure”. La scoperta, osservano ancora i ricercatori, sottolinea l’importanza di monitorare costantemente la biodiversità e proteggere gli ambienti che l’accolgono, ma anche l’importanza di documentare quel che si vede e di confrontarsi fra specialisti del settore”. Del Bene rileva che si conferma “l’importanza dei monitoraggi ai fini della conservazione e gestione delle specie” e per Addeo questa scoperta permette di “ampliare sempre di più le reti di conoscenze che ci permettono di comprendere al meglio le rotte migratorie”.

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Ambiente

Rifiuti, planet contro plastic: obiettivo è il – 60% entro il 2040

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Ridurre il 60% delle plastiche sul pianeta entro il 2040, sensibilizzando i cittadini del mondo sui danni arrecati dalla plastica alla salute umana, animale e alla biodiversità; eliminare la plastica monouso entro il 2030, investire in tecnologie e materiali innovativi per costruire un mondo senza plastica: questi gli obiettivi della 54esima Giornata mondiale della terra sul tema Planet Vs Plastics. “Una Giornata e insieme una richiesta pressante per agire subito a salvaguardia della salute di ogni essere vivente sul pianeta non solo per limitare il più possibile l’uso della plastica, ma anche per chiedere iniziative e politiche di sensibilizzazione. Prendere consapevolezza è il primo passo”, spiega il direttore scientifico dell’Osservatorio Waste Watcher International Andrea Segrè, fondatore della campagna Spreco Zero.

I dati dell’indagine Waste Watcher, realizzata su monitoraggio Ipsos ed elaborazione dell’Università di Bologna-Distal, segnalano che in Italia oltre otto cittadini su 10, l’85%, sono disposti a ridurre l’acquisto di prodotti con packaging plastico, malgrado il consumatore italiano riconosca al packaging un’importante funzione per la conservazione del cibo e quindi per la prevenzione e riduzione degli sprechi. E quasi un terzo dei consumatori italiani è disposto a rinunciare all’acquisto di un prodotto di cui ha bisogno, qualora fosse contenuto in un packaging non riciclabile. Sempre secondo Waste Watcher, quasi il 75% dei consumatori nella scelta di un prodotto considera la tipologia dell’imballaggio e l’impatto che quest’ultimo ha sull’ambiente grazie alla sua potenziale riciclabilità. “Un piccolo passo avanti nella sensibilità diffusa sul tema delle plastiche, anche se molto resta da fare”, per Segrè.

Planet Vs Plastics ci ricorda che non c’è un’altra Terra: dalla prima edizione della Giornata Mondiale, il 22 aprile 1970, nostro pianeta non ha certo migliorato il suo stato di salute. Fra meno di 30 anni, ai ritmi attuali, negli oceani ci sarà il quadruplo della plastica e uno degli hotspot globali per le microplastiche è il Mediterraneo. Nelle sue acque si trova la più alta concentrazione di microplastiche mai misurata nelle profondità di un ambiente marino, ben 1,9 milioni di frammenti per metro quadrato, secondo l’ultimo rapporto Wwf. Ogni anno il Mediterraneo ingurgita 229.000 tonnellate di rifiuti di plastica, come se ogni giorno 500 container scaricassero in acqua il proprio contenuto.

Di queste, ben il 15% arriva dall’Italia. Se i mari del pianeta sono invasi dalle plastiche, non sta meglio la Superficie Agricola Utilizzata (SAU), quella su cui si producono gli alimenti: la perdita di terreni coltivati determina un deterioramento degli ecosistemi, che porta a dissesti ambientali e sociali. Waste Watcher International ha calcolato quanti terreni coltivabili stanno producendo rifiuti alimentari domestici: in Italia lo spreco medio pro capite pari a 566.3 g secondo le rilevazioni del “Caso Italia” Waste Watcher (febbraio 2024), vanifica e ‘brucia’ il raccolto di una Superficie Agricola Utilizzata (SAU) pari a 1,643 milioni di ettari e quindi quasi come l’estensione agricola di Belgio + Slovenia (1,833 milioni di ettari).

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Perchè il 22 aprile è la “giornata della terra”

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La giornata della terra a’ stata creata nel 1970, quando i movimenti ambientalisti erano ancora alle loro origini, dalle Nazioni Unite, che ha stabilito che si dovesse celebrare un mese e un giorno dopo l’equinozio di primavera, quindi il 22 aprile. All’origine della iniziativa c’e’ la teoria ambientalista della biologa americana Rachel Carson, autrice del testo Primavera silenziosa nel 1962; fino a quel momento la sensibilita’ ambientalista era quasi assente negli Stati Uniti cosi’ come nel resto del mondo industrializzato.

Successivamente, la questione divenne politica fino all’istituzione della giornata, che porto’ alla creazione dell’Agenzia per la Protezione Ambientale degli Stati Uniti e all’approvazione di altre leggi ambientali prime nel loro genere, tra cui il National Environmental Education Act, l’Occupational Safety and Health Act, e la legge sull’aria pulita. Due anni dopo il congresso approvo’ il Clean Water Act. Il piu’ importante accordo internazionale sul clima, quello raggiunto a Parigi nel dicembre 2015 alla Cop21 per limitare l’aumento della temperatura terrestre entro 1,5 gradi rispetto al livello preindustriale, fu aperto alla firma dei Paesi Onu proprio in una “giornata della terra”, il 22 aprile 2016.

Quest’anno l’Onu, che in inglese la chiama “giornata della madre terra”, sottolinea che “Madre Terra sta chiaramente sollecitando un invito all’azione. La natura sta soffrendo. Gli oceani si riempiono di plastica e diventano piu’ acidi. Il caldo estremo, gli incendi e le inondazioni hanno colpito milioni di persone.

I cambiamenti climatici, i cambiamenti naturali causati dall’uomo e i crimini che distruggono la biodiversita’, come la deforestazione, il cambiamento dell’uso del territorio, l’intensificazione dell’agricoltura e della produzione di bestiame o il crescente commercio illegale di specie selvatiche, possono accelerare la velocita’ di distruzione del pianeta”.

L’Onu ricorda anche che quella di oggi “e’ la terza Giornata della Terra celebrata nell’ambito del Decennio delle Nazioni Unite per il ripristino degli ecosistemi. Gli ecosistemi supportano tutta la vita sulla Terra. Piu’ sani sono i nostri ecosistemi, piu’ sano e’ il pianeta e i suoi abitanti. Il ripristino dei nostri ecosistemi danneggiati aiutera’ a porre fine alla poverta’, a combattere il cambiamento climatico e a prevenire l’estinzione di massa. Ma ce la faremo solo se tutti daranno il loro contributo”, e’ l’appello delle Nazioni Unite.

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