Fa più rumore una frase di Draghi oggi che mille parole di cento politici, tra cui sicuramente quelle del nostro Presidente del Consiglio espresse sul “Coronavirus”. Un segnale per l’Europa? Per il Governo? Forse, plausibilmente, ma di certo le parole di Draghi non possono essere comprese solo come un soccorso al Governo o la traccia per una nuova scia Politica, al di là del sicuro positivo riflesso politico e finanziario che già hanno e avranno per i prossimi mesi.
Banca Centrale Europea. In questo palazzone di vetro c’è il cuore della politica monetaria del vecchio continente
Esse rappresentano un segnale forte per ogni italiano, una vera e propria “chiamata alle armi” in un clima da vera guerra globale (sicuramente finanziaria), un incitamento alla rinascita, un bagliore in un grigiore politico durato troppi anni, dove l’unica vera strategia dei partiti o gruppi assimilati è stata ed è tutt’ora quella rissa mediatica proiettata verso il basso, combattuta tra fake news e sempre più improbabili promesse da misera propaganda elettorale.
Mario Draghi. Altri tempi quando alla guida della BCE c’era l’italiano Mario Draghi
Non può destare dunque clamore se ad una frase di Draghi ha fatto eco un vero e proprio uragano che sta finalmentetravolgendole timide incertezze di una classe politica priva di rispetto, da decenni affievolita su se stessa, capace solo di galleggiare e tentare di intercettare qualche corrente favorevole e così trascinare i propri dirigenti fino alla prossima poltrona da ricoprire. Ecco che allora gli effetti dell’autorevolezza delle frasi di Draghi rappresentano anche qualcosa di più, la prova che la competenza forgiata da anni di studio, di impegno e di onorata carriera possono valere più di ogni altra cosa. E’ questa la grande lezione di vita che dovremmo definitivamente assimilare, un concreto segnale di come poterci rialzare e tornare ad essere il centro del nostro mondo prima, e quindi di quello che ci circonda poi.
L’Europa al bivio. Nella foto le donne e gli uomini ai vertici delle istituzioni continentali
Perché solo chi si è distinto sul “campo” può meritare rispetto, quel sentimento irrinunciabile in un mondo che corre veloce, spesso piegato alla distorta economia globalizzata che miete vittime tra i più deboli. Del resto la Grecia è stata spazzata via dalla carta della Geopolitica in quanto rea di non aver tenuto un passo troppo veloce, voluto ed imposto lontano dal paradiso ellenico.
Ecco perché quando parli con cognizione, quando hai l’arma della conoscenza e non sfrutti solo la paura e l’ignoranza di chi dovresti proteggere, allora puoi sedere al vero tavolo delle decisioni, quel tavolo invisibile che sfugge anche ad internet ed ai satelliti, ma che oggi come sempre vive nel flusso continuo delle relazioni finanziarie capaci di travolgere intere nazioni, economie, popoli.
Perché se sei un Mario Draghi con una sola frase puoi riparare ciò che una massima burocrate europea (Cristine Lagarde, ndr), priva di lealtà verso il ruolo che ricopre, ha distrutto (coscientemente o meno) con una precedente frase e tanto ciò senza provare il minimo timore di dover dare vero conto, quello delle dimissioni immediate.
Questa è l’unica via che abbiamo per la salvezza, perché solo se saremo rappresentati da uomini di rispetto otterremo il rispetto che meritiamo, l’unico rispetto che potrà consentirci di restare in una Europa che non dovremo solo subire, ma guidare e governare anche nel nostro legittimo e primario interesse. Ma quel ruolo va conquistato con una rappresentanza politica degna di questo nome, perché nessuno sarà disponibile a cedere nulla, perché questa Europa è ancora fondata sull’interesse delle singole nazioni federate, altro che solidarietà, ma uscirne farebbe gioire proprio chi ci vuole annientati, perché in quel caso i nostri carnefici saremo noi stessi.
La Russia non rinuncerà alla Crimea e alle altre regioni annesse in Ucraina. A chiarirlo durante un bagno di folla sulla Piazza Rossa è Vladimir Putin, forte del trionfo annunciato al termine dei tre giorni di elezioni presidenziali che gli hanno regalato, secondo i risultati ufficiali, la più grande vittoria per un capo dello Stato nella storia del Paese, con l’87,3% dei voti. Un plebiscito che può servire a Putin sia per continuare il conflitto sia, se l’occasione si presenterà, per avviare negoziati da posizioni di forza. Per rimarcare l’unità del Paese, il capo del Cremlino ha portato con sé sul palco i tre candidati sconfitti con percentuali umilianti, al di sotto del 5% ciascuno. Davanti a decine di migliaia di persone accorse per assistere a un concerto nel decimo anniversario dell’annessione della Crimea, Putin ha affermato che la Russia andrà avanti “con le nuove regioni, mano nella mano”.
E’ vero, ha ammesso, che il viaggio delle genti del Donbass “verso la loro terra natale”, cioè la Russia, si è rivelato “più difficile e tragico” di quello della Crimea. “Ma comunque ce l’abbiamo fatta”, ha assicurato, prima di intonare con tutta la piazza l’inno nazionale, in un tripudio di bandiere russe. Difficile capire fino in fondo il signficato di queste parole. Se Putin intenda cioè dire che la Russia si potrebbe accontentare dei territori conquistati finora, o voglia allargare il conflitto. Mosca continua ad insistere di essere pronta a negoziati che tengano conto della situazione sul terreno, cioè del controllo russo su parte dell’Ucraina.
Lo ha ribadito il ministro degli Esteri Serghei Lavrov ricevendo l’inviato cinese Li Hui, che nei giorni scorsi ha visitato vari Paesi europei. Il capo della diplomazia russa, ha fatto sapere il ministero degli Esteri, ha “confermato l’apertura della parte russa a una soluzione negoziata”. Ma è “inaccettabile” la cosiddetta ‘formula Zelensky’, che prevede il ritiro completo dei russi dalle regioni occupate durante il conflitto e dalla Crimea.
A questo si è aggiunta una dichiarazione al giornale Izvestia del portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, secondo il quale la Russia è “pronta a negoziati su tutte le questioni della sicurezza, compreso il disarmo nucleare e la non proliferazione”. Queste dichiarazioni fanno seguito a quelle dello stesso Putin che la scorsa notte aveva indicato la Francia come un Paese che “può ancora svolgere un ruolo” nella ricerca di una soluzione negoziata, perché “non tutto è ancora perduto”. Una sorpresa dopo le parole del presidente Emmanuel Macron su possibili “operazioni sul terreno” di Paesi Nato in Ucraina “per far fronte alle forze russe”. Il leader russo si era anche detto pronto a prendere in considerazione l’ipotesi di una tregua per le Olimpiadi, a patto che non si tratti solo di una pausa per dar modo a Kiev di “riarmarsi”. Il portavoce Peskov ha intanto respinto come “assurde” le affermazioni occidentali relative alla “illegittimità” delle elezioni. Accuse rilanciate dal gruppo indipendente russo di monitoraggio Golos, secondo il quale queste sono state le consultazioni “più fraudolente e corrotte” della storia del Paese, perché “la campagna si è svolta in una situazione in cui gli articoli fondamentali della Costituzione russa, che garantiscono i diritti e le libertà politiche, essenzialmente non erano in vigore”. In un messaggio dal carcere, l’oppositore Ilya Yashin ha scritto che Putin ha voluto una vittoria trionfale perché non può liberarsi dai “suoi complessi freudiani”.
Il vero obiettivo dell’operazione, ha aggiunto Yashin, è “far sprofondare nell’apatia quella parte della società che è contro la guerra”. A Mosca circolano intanto voci su possibili rimpasti nel governo per portare alla ribalta forze giovani. L’agenzia Reuters, citando quattro fonti vicine agli ambienti del potere, ha scritto che tra coloro che potrebbero avanzare di grado vi è il ministro dell’Agricoltura Dmitry Patrushev, 46 anni, figlio di Nikolai Patrushev, segretario del Consiglio di Sicurezza nazionale. Ma due delle fonti si dichiarano convinte che, almeno fino a quando durerà il conflitto in Ucraina, non saranno sostituiti né Lavrov, né il ministro della Difesa Serghei Shoigu, né il primo ministro Mikhail Mishustin.
“Lo sforzo sinergico e solidale delle istituzioni ad ogni livello ha consentito di arginare un nemico intangibile all’insegna di una rinascita globale”. È stato un forte richiamo al valore della collaborazione di tutti per vincere la sfida della pandemia il cuore del messaggio del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in occasione della Giornata nazionale in ricordo della vittime del Covid. Un’occasione particolare soprattutto per Bergamo, che fu l’epicentro della prima ondata della pandemia, e che ha ricordato quei giorni con una cerimonia al cimitero monumentale. Nel messaggio per la Giornata, il capo dello stato ha sottolineato che il coronavirus “ha generato una crisi che è suonata terribile esperienza delle sfide di fronte alle quali può trovarsi l’umanità e di come solo una risposta coordinata a livello globale sia stata in grado di farvi fronte, con l’accelerazione nella messa in opera delle più recenti scoperte della ricerca in cui protagonista – ha sottolineato Mattarella – è stata l’Unione europea”.
La premier Giorgia Meloni ha sottolineato che “la pandemia ha sconvolto le nostre vite, ma il popolo italiano ha trovato la forza di reagire. E lo ha fatto con umanità, solidarietà, unità e abnegazione. Questa è l’eredità più preziosa di quella crisi, che dobbiamo saper ricordare e che ci può insegnare ancora molto. Il dolore per le tantissime vite perse è una ferita ancora aperta”. L’Unione europea citata da Mattarella per il suo ruolo nel superamento dell’emergenza era rappresentata oggi a Bergamo dal commissario all’economia, Paolo Gentiloni che, a margine della cerimonia, ha fatto riferimento al corteo dei camion militari che, esattamente quattro anni fa, portavano in varie città d’Italia centinaia di bare perché il crematorio di Bergamo non era più sufficiente. “Quelle immagini – ha sottolineato Gentiloni – hanno risvegliato qualcosa nella coscienza dell’Europa: la necessità di un grande intervento comune di solidarietà dopo le prime settimane di chiusura ed egoismi nazionali”.
“A Bruxelles – ha ricordato ancora il commissario – la prima risposta fu di chiusura assoluta: Francia e Germania vietarono l’esportazione di mascherine e respiratori ed è incredibile come da quelle chiusure si sia passati alla solidarietà più grande”. Ad accogliere Gentiloni e le altre autorità, fra le quali il presidente del Consiglio superiore di sanità Franco Locatelli, c’era il sindaco Giorgio Gori, che ha usato parole forti a difesa della sanità pubblica: “Onoreremo fino in fondo la memoria dei bergamaschi e degli italiani che sono caduti a causa della pandemia se e quando riaffermeremo, con i fatti, il valore insostituibile della salute pubblica e del Servizio sanitario nazionale”. Mentre l’assessore al welfare della Lombardia, Guido Bertolaso, ha ricordato “medici, infermieri, operatori del 118 che hanno perso la vita lavorando per contrastare l’avanzata del virus. Quell’emergenza è alle spalle – ha detto Bertolaso – e ha lasciato in eredità la spinta per migliorare e riorganizzare la gestione dei servizi socio-sanitari: in Lombardia lo stiamo facendo col massimo impegno per dare le risposte che i cittadini si attendono”.
E’ uscito negli Stati Uniti il documentario ‘Stormy’ nel quale la pornostar racconta le conseguenze dell’incontro con Donald Trump nel 2006. Il film arriva sulla piattaforma a pagamento Peacock a poche settimane dall’inizio del processo per i pagamenti in nero all’attrice durante la sua campagna per la conquista della Casa Bianca. Daniels, che nel documentario diretto da Sarah Gibson, dichiara di essere repubblicana, accusa Trump di non aver “mai considerato che donne come lei” potessero contare. E poi aggiunge: “Non sono così speciale, mi sento un’ipocrita”.
Nel frattempo il giudice Juan Merchan ha respinto il tentativo del tycoon di bloccare la testimonianza del suo ex avvocato e faccendiere Michael Cohen e di Daniels. Nella sentenza, ha scritto di “non essere a conoscenza di alcuna motivazione loigiuca per la quale un testimone dell’accusa dovrebbe essere tenuto lontano dalla sbarra perché la sua credibilità è stata messa in discussione”. Trump aveva accusato Cohen e la porno star di essere “bugiardi ed opportunisti”, attacchi che evidentemente per il giudice non avevano un peso legale.