Collegati con noi

Politica

Draghi ad Amatrice parla ancora di ricostruzione tra macerie e delusione della gente abbandonata

Pubblicato

del

La torre civica ingabbiata da fili di acciaio, un paio di case vicine di cui restano solo le colonne portanti e il tetto. Dietro, macerie accatastate e in fondo una gru gialla che svetta fiera. Sono le poche ‘pedine’ di resistenza visibili ad Amatrice, poggiate su un asfalto che non c’e’ piu’ e circondate da cespugli ed erbacce.

Ci vuole coraggio oggi a immaginarsi il centro di Amatrice com’era 5 anni fa. Spazzato via dalla scossa di magnitudo 6 che sveglio’ tutti la notte del 24 agosto 2016, uccidendo 239 persone. Altre 60 sono morte nei borghi vicini, da Accumuli ad Arquata del Tronto. Oggi pero’ il borgo laziale prova a rinascere. La speranza e’ aggrappata a quella gru che domina il perimetro spettrale della zona rossa, qualcun altra si vede intorno.

“La ricostruzione sta procedendo piu’ velocemente”, assicura Mario Draghi, nel paesino per la cerimonia dell’anniversario. Il premier ammette e denuncia i ritardi del passato: “Se oggi sono qui e’ perche’ lo Stato vi e’ vicino. In passato e’ stato lento ma adesso la situazione e’ diversa: i lavori stanno procedendo”. Lo dice ai parenti delle vittime che incontra, garantendo l’impegno del governo. Prima, rende omaggio ai morti lasciando una corona d’alloro davanti al monumento di travertino che ricorda il motto di Amatrice, ‘Fidelix amatrix’ per la lealta’ che gli amatriciani dimostrarono agli Aragonesi nel 1400. Lo fa accompagnato dal suono struggente del Silenzio intonato dalla tromba di un carabiniere. Poco dopo partecipa alla messa nel campo sportivo. Quando entra, gran parte delle persone sedute in attesa – tutte distanziate causa Covid – si alzano in piedi. Sono per lo piu’ padri, madri, fratelli o amici di chi non c’e’ piu’. Qualcuno prova ad avvicinarlo dopo, lo fa una rappresentante dei terremotati di Ischia per ricordargli anche quell’emergenza.

Piu’ schivi gli amatriciani che guardano al presente con i dubbi degli ultimi 4 anni, ma anche un pizzico di speranza. E’ quella che mostra il commissario straordinario per la ricostruzione Giovanni Legnini, convinto che il meccanismo inceppato finora, si sia sbloccato. Complici le ordinanze ad hoc emanate e i soldi in piu’ a disposizione. “Questa e’ la grande sfida che abbiamo di fronte, insieme alla ricostruzione pubblica e allo sviluppo – spiega – Serve un uso serio ed efficace del miliardo e 800 milioni stanziato con il fondo complementare del Pnrr”. Nega le critiche espresse da alcuni quotidiani che fermano la ricostruzione a una sola gru attiva (“Basta guardarsi intorno, contarle e capire che sono bugie”) ma ammette che la ricostruzione pubblica e’ la vera Cenerentola. Ringrazia percio’ Draghi per il sostegno: la sua testimonianza e’ molto preziosa”. Sui centri storici si concentra la nostalgia dei residenti, specie gli anziani.

Lo racconta Alberto di 85 anni che di quella notte ha un ricordo netto: “E’ il rumore che ho sentito poco prima della scossa, come se la terra ci stesse avvertendo – racconta un po’ emozionato – Mai mi sarei aspettato di perdere casa mia, ma non l’ho voluta abbandonare e mi sono comprato una casetta di legno che ho messo in giardino. Da li’ la guardo ma non posso ancora entrarci. E intorno c’e’ poco altro”. Anche un paio di donne del coro lamentano la vita sociale che manca. “Ho perso mia nuora e mia nipote di 14 anni. Ho il mio dolore ma anche negli altri giorni e’ dura, perche’ siamo tutti dispersi, chi di qua chi di la’”, rivela Annamaria.

Scene di vita e socialita’ che fanno a botte con la spianata fantasma di quel corso Umberto divelto. Ancor di piu’ oggi, nel giorno del lutto cittadino che chiude tutti i bar e negozi del centro commerciale ‘II corso’, ricostruito appena fuori dalla zona rossa e rimasto quasi l’unica forma di vita nel paese. Ma che la ricostruzione sia avviata lo dice pure il vescovo di Rieti, Domenico Pompili che celebra la messa. “Non abbiamo bisogno di nuovi presepi ma di piccoli centri attivi a presidio di un territorio ancora straordinario e attraente per l’autenticita’ dei luoghi”, ammonisce durante l’omelia. E solleva un’altra urgenza: i collegamenti tra l’Adriatico e il Tirreno: “tenerli ancora separati per centinaia di chilometri e’ un’imperdonabile leggerezza”. Fiducioso nel futuro di Amatrice e’ il vicesindaco Massimo Bufacchi. Elenca gru e cantieri, che aumenteranno nei prossimi mesi, spiega i progetti ma ammette: “Ci vorranno due anni per finirli..”. Case e mattoni a parte, sono le persone che vorrebbe rivedere ad Amatrice: “Prima del terremoto avevamo 2600 abitanti, oggi poco piu’ di 2000. Abitano nella casette, circa 1200, ma altri preferiscono vivere altrove. Dobbiamo riportarli qui”.

Advertisement

Politica

Draghi irrompe sulle europee, partiti spiazzati

Pubblicato

del

Il suo discorso l’hanno ascoltato, o letto, praticamente tutti. E tutti ne parlano nel Transatlantico di Montecitorio affollato per il voto di fiducia sul decreto Pnrr. Ma quasi nessuno commenta a microfoni aperti. E nemmeno con comunicati che quotidianamente intasano le mail delle redazioni. Mario Draghi che racconta la sua idea di un cambio “radicale” dell’Europa spiazza i partiti, a partire da quelli di maggioranza, che non sapevamo bene cosa aspettarsi dal suo intervento all’evento organizzato dalla presidenza belga dell’Unione.

Tra le opposizioni Elena Bonetti, che era ministra del governo Draghi, plaude all’intervento dell’ex premier mentre Emma Bonino vede un futuro per Draghi non tanto alla commissione ma a capo del Consiglio europeo. “Ha i titoli per ambire a ogni ruolo”, dice interpellato proprio su questa ipotesi dai cronisti il presidente del Senato Ignazio La Russa, precisando però di non aver letto il discorso e di non avere niente da dire “sull’ipotesi concreta” che l’ex presidente della Bce possa veramente avere un incarico di primo piano nel nuovo assetto europeo che uscirà dopo il voto di giugno. Non si può dimenticare, come osserva il ministro Francesco Lollobrigida (altro solo tra i colonnelli di Fdi a esprimersi) che Draghi è stato tra “i protagonisti del passato di politiche ben diverse” da quelle che va proponendo ora ma “siamo ben contenti” che vengano riconosciuti “gli errori del passato”. Ma sono le uniche due voci della maggioranza, oltre a Maurizio Lupi.

Giorgia Meloni resta in silenzio, per tutto il giorno chiusa a Palazzo Chigi tra incontri (c’è un via vai di vari ministri) e la preparazione del nuovo viaggio in Tunisia e del Consiglio europeo, che proprio di competitività (il dossier che sta preparando Draghi) si dovrà occupare. Difficile, dicono i suoi, che fosse stata informata della mossa del suo predecessore che certo, uno dei ragionamenti, non facilita un eventuale percorso per portare davvero la sua candidatura quando ci si siederà al tavolo delle trattative dopo il 9 giugno. Nel tam tam parlamentare ricorre spesso, tra l’altro, il ricordo di quella che fu letta come una autocandidatura al Quirinale (il celebre “sono un nonno al servizio delle istituzioni”) che non portò poi all’esito di Draghi al Colle ma al bis di Sergio Mattarella.

La premier, dice chi le ha parlato, resta concentrata sull’attività di governo, che la vede anche presidente del G7 nella delicatissima congiuntura internazionale. E se anche dovesse decidere di candidarsi alle europee cercherebbe prima di tutto di non sottrarre tempo e impegno al suo ruolo a Palazzo Chigi. L’annuncio, che in molti nel suo partito danno oramai quasi per scontato, dovrebbe arrivare a fine mese alla conferenza programmatica di Pescara che sarà chiusa da lei, come dice Fdi sui social postando altri manifesti con la foto della premier e lo slogan ‘l’Italia cambia l’Europa’.

Nel frattempo Meloni sta sentendo a uno a uno i suoi alleati di Ecr in Europa, come ha fatto sapere il polacco Mateusz Morawiecki. Sul tavolo oltre all’ipotesi di un approdo del partito di Viktor Orban nei conservatori europei (la domanda formale non è stata ancora avanzata e in ogni caso i nuovi ingressi sarebbero stati rinviati a dopo il voto), ci sarebbe anche quella dell’indicazione da parte di Ecr di uno Spitzenkandidat. Al momento le quotazioni di questa ipotesi sarebbero in calo, anche perché la candidatura di Ursula von der Leyen si starebbe indebolendo e non sembrerebbe più necessario indicare formalmente, ora, una alternativa.

Continua a leggere

Cronache

Accolta richiesta risarcimento ingiusta detenzione per Cateno De Luca

Pubblicato

del

“Oggi è arrivata una notizia che aspettavo da tempo. La richiesta di risarcimento danni presentata da me e da Carmelo Satta per ingiusta detenzione sarà trattata in udienza con alta probabilità di accoglimento.” Così il leader di Sud chiama Nord e federatore della lista Libertà, Cateno De Luca commenta il decreto notificato dal collegio riparazione ingiusta detenzione della Corte d’appello di Messina che ha fissato al prossimo 23 maggio l’udienza. I due erano stati reclusi ai domiciliari per 12 giorni. Cateno De Luca insieme a Carmelo Satta, presidente nazionale Fenapi, e altri, erano già stati assolti in primo e secondo grado dall’accusa di evasione fiscale.

La sentenza di assoluzione era passata in giudicato perché la Procura di Messina aveva rinunciato a ricorrere in Cassazione, dopo aver ottenuto l’arresto l’8 novembre 2017, subito dopo la rielezione al Parlamento Siciliano di Cateno De Luca e un giorno prima dell’ultima udienza del processo per il quale era stato arrestato una prima volta nel 2011.

“Dopo 16 processi e 2 arresti sono incensurato e continuo a lottare contro i poteri forti e il sistema politico mafioso a testa alta – prosegue De Luca -. Già il 20 novembre 2017, subito dopo la revoca degli arresti domiciliari avevo anticipato che avrei portato avanti un’azione per chiedere ed ottenere di ristabilire la giustizia. Oggi con questo decreto siamo sempre più vicini alla verità dei fatti, ed al trionfo della giustizia”. “E il 23 maggio sarò ancora una volta in quell’aula di tribunale per ottenere una volta per tutte la certificazione che Cateno De Luca non doveva essere arrestato” conclude.

Continua a leggere

Economia

Ponte sullo Stretto, i dubbi del Ministero dell’Ambiente

Pubblicato

del

Il ministro Matteo Salvini lancia la Conferenza dei servizi sul Ponte sullo Stretto, per avviare entro l’estate i cantieri della sua opera-bandiera. Ma il primo sgambetto gli arriva proprio da un altro ministero, quello dell’Ambiente, guidato da Gilberto Pichetto di Forza Italia. Alla prima riunione della Conferenza dei servizi, che riunisce tutti i soggetti interessati per sveltire le procedure (imprese, Ministeri, enti locali), il Mase ha chiesto alla Società Stretto di Messina S.p.a. ben 239 integrazioni di documenti. Per il ministero, la documentazione presentata dalla concessionaria è superficiale, insufficiente e non aggiornata, e va approfondita su tutti i fronti.

I tecnici della Commissione Via-Vas, quelli che devono fare la valutazione di impatto ambientale dell’opera, in 42 pagine di relazione hanno chiesto nuove informazioni praticamente su ogni aspetto del progetto. Le richieste di integrazione di documenti riguardano la compatibilità coi vincoli ambientali, la valutazione dei costi e benefici, la descrizione di tutti gli interventi previsti, il sistema di cantierizzazione, la gestione delle terre e rocce di scavo. Il Mase chiede dati più approfonditi e aggiornati sul rischio di maremoti, sull’inquinamento dell’aria, sull’impatto del Ponte sull’ambiente marino e di terra e sull’agricoltura, sulle acque, sui rischi di subsidenza e dissesto, sulla flora e sulla fauna, sul rumore e i campi magnetici, sulle aree protette di rilevanza europea Natura 2000. Le associazioni ambientaliste come Wwf e Legambiente e i comitati locali anti-Ponte parlano di “passo falso” e di “farsa”, e ribadiscono “il progetto non sta in piedi”.

Ma sono soprattutto le opposizioni a cavalcare la vicenda. Per Marco Simiani del Pd, “il ministero dell’Ambiente sconfessa clamorosamente Matteo Salvini, bloccando di fatto il progetto”. Proprio il leader della Lega era assente alla Conferenza dei servizi, che si è tenuta al suo ministero delle Infrastrutture. “Dal ministero dell’Ambiente arriva un macigno sul progetto del Ponte sullo Stretto”, commenta il leader Cinquestelle Giuseppe Conte, che parla di “un progetto vecchio, risalente al 2011/2012, pieno di falle sul piano ingegneristico, ambientale, trasportistico e finanziario”. Angelo Bonelli di Avs rincara la dose: “La commissione tecnica Via del Ministero dell’Ambiente ha demolito il progetto definitivo sul ponte. Ma esiste un progetto definitivo? O quello che avete presentato è quello di 15 anni fa, che era stato bocciato nel 2012 dal ministero dell’Ambiente?”. Mentre il Codacons chiede l’intervento della Corte dei Conti, l’amministratore delegato della Stretto di Messina, Pietro Ciucci, non si mostra preoccupato per le osservazioni del Mase: “Sono richieste congrue, data l’entità dell’opera. In 30 giorni daremo tutti i chiarimenti richiesti”.

Il ministro Gilberto Pichetto si trova all’improvviso in una posizione scomodissima, con gli uffici del suo ministero che bastonano un progetto che è il cavallo di battaglia di un suo collega. “Con queste istanze abbiamo dato via alla procedura di valutazione di impatto ambientale”, commenta asettico. La richiesta di integrazioni “è atto tipico della prima parte di ogni procedimento di valutazione di impatto ambientale”. Per il Ponte “si è tenuto conto, come di consueto, anche di elementi tratti dai contributi di Ispra e di soggetti non pubblici aventi diritto, per legge, ad esprimersi”. “Le richieste della Commissione Via-Vas del Mase non rappresentato assolutamente una bocciatura del Ponte sullo Stretto, ma sono legittime integrazioni proporzionate ad un progetto enorme – ha commentato Matilde Siracusano, sottosegretario di FI ai Rapporti con il Parlamento – Ho sentito il ministro Pichetto e anche Pietro Ciucci, e non ci sono criticità”.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto