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Cronache

Doppio trapianto a 6 mesi, salvata da fegato della mamma

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Il suo destino sembrava segnato da una rara e misconosciuta malformazione delle vene biliari, ma l’amore incondizionato della mamma, e un eccezionale doppio trapianto, hanno salvato una bambina di appena sei mesi. È una storia a lieto fine di generosità e coraggio, abbinate all’eccellenza sanitaria della Città della Salute di Torino, quella della piccola Sara – nome di fantasia -: ricoverata per un’insufficienza epatica così grave da non lasciare speranze di sopravvivenza, a due settimane dall’intervento ha già iniziato la riabilitazione nutrizionale e presto sarà dimessa. Nata lo scorso dicembre, ad aprile Sara è arrivata al Pronto soccorso dell’ospedale Infantile Regina Margherita di Torino in preda a un grave scompenso epatico con un ittero severo e liquido nell’addome.

Presa in carico dai gastroenterologi pediatrici diretti da Pierluigi Calvo, la bimba era apparsa fin da subito in condizioni cliniche tali da non poter essere operata. Inserita in lista d’attesa per il trapianto, dopo venti giorni senza offerte di organi le condizioni del suo fegato si sono aggravate. “Il tempo a disposizione era sempre meno, ho deciso per questo. Avrei fatto qualunque cosa per salvarla”, dice la mamma 32enne raccontando perché ha voluto donare il fegato alla sua Sara. Eseguiti gli accertamenti di compatibilità, e ottenuta l’autorizzazione del Tribunale di Torino e del Centro Nazionale Trapianti di Roma, due settimane fa madre e figlia sono entrate insieme nelle sale operatorie del Ce+ntro Trapianto Fegato delle Molinette di Torino.

L’equipe del professor Renato Romagnoli, neo direttore del nuovo Dipartimento di Chirurgia Generale e Specialistica e dei Trapianti della Città della Salute di Torino, hanno prelevato la parte sinistra del fegato, la più piccola sulla mamma donatrice. Poi si sono concentrati sulla bimba, trovando anche un grave restringimento della vena porta, il tronco venoso che raccoglie il sangue dall’apparato digerente e lo trasporta al fegato. Per sostituirlo è stata utilizzata con un vero e proprio autotrapianto la vena giugulare prelevata dal collo della stessa piccola. Per tredici interminabili ore in sala operatoria si sono avvicendati numerosi infermieri e operatori socio-sanitari esperti nel trapianto di fegato. Attivati anche i Laboratori analisi e la Banca del sangue.

“Ci avevano dato qualche settimana, invece adesso sembra che nostra figlia possa avere tutta la vita davanti. Un miracolo”, sottolinea il papà della piccola Sara, le cui condizioni sono migliorate al punto da essere già stata trasferita al Regina Margherita per la riabilitazione. “Il grande gesto d’amore della mamma coniugata con l’eccellenza dei nostri sanitari ha reso possibile ciò che non sembrava esserlo più”, sottolinea l’assessore alla Sanità della Regione Piemonte, Federico Riboldi. “Un esempio delle eccellenze della nostra Città della Salute, che conferma quanto meriti il ruolo di Irccs dei trapianti”, conclude il Commissario della Città della Salute Thomas Schael.

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Cronache

Morte di Riccardo Boni: il padre indagato per omicidio colposo, atto dovuto per chiarire la tragedia

Il padre di Riccardo Boni, 17 anni, è stato iscritto nel registro degli indagati per omicidio colposo. Il procuratore Liguori spiega: “Un atto dovuto per capire come è morto il ragazzo”.

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«La prima cosa che farò sarà abbracciarlo. Questo povero papà è devastato», dice con umanità il procuratore capo di Civitavecchia, Alberto Liguori. Il padre di Riccardo Boni, il ragazzo di 17 anni morto giovedì scorso mentre scavava una buca in spiaggia a Montalto di Castro, è stato iscritto nel registro degli indagati per omicidio colposo. Un passaggio inevitabile, spiega Liguori, «per svolgere tutti gli accertamenti previsti dalla legge».

La notifica tra dolore e incredulità

L’atto è stato notificato ieri mattina dai carabinieri della compagnia di Tuscania, al Camping California dove la famiglia soggiornava. Quando ha sentito di essere indagato, il padre di Riccardo è rimasto impietrito, sotto choc: «Ma come, indagato? È disumano». Poi, compreso il senso tecnico del provvedimento, si è messo a disposizione degli inquirenti: «Voglio capire cosa è successo, se Riccardo ha avuto un malore, se ha chiesto aiuto… Io ero lì».

Le ragioni dell’indagine

Il fascicolo aperto dalla Procura si fonda su due articoli del codice penale: il 589, che riguarda l’omicidio colposo, e il 40, che stabilisce che “non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo”. In quanto genitore di un minore, il padre di Riccardo è per legge responsabile di ciò che accade al figlio.

«Non c’erano altre fattispecie ipotizzabili», ribadisce Liguori, sottolineando che l’obiettivo principale è capire le cause reali della morte: «Vogliamo sapere se Riccardo è morto per un malore, per il caldo, o per il peso della sabbia che lo ha travolto».

La pressione mediatica e il peso dei social

In queste ore sui social si è scatenato un accanimento feroce, con post duri e spesso crudeli: “Il padre dormiva mentre il figlio moriva”, è solo uno dei commenti che circolano in rete. Per questo la procura ha raccomandato alla polizia giudiziaria di comunicare l’iscrizione nel registro con il massimo tatto, temendo anche rischi autolesionistici.

Una famiglia in silenzio, travolta dal dolore

La madre, il padre e i tre fratellini di Riccardo si dividono tra la casa di Roma e il camper lasciato al campeggio. Proteggono i più piccoli dal clamore mediatico, cercando riparo in una quotidianità spezzata dal dramma.

«Ha già la sua pena infinita», conclude il procuratore Liguori. «Noi faremo solo ciò che la legge ci impone. Con rispetto e umanità».

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Cronache

Nozze da sogno a Capri per Rocco Basilico e Sonia Ben Ammar: cerimonia romantica e festa blindata con ospiti internazionali

Rocco Basilico e Sonia Ben Ammar si sono sposati ad Anacapri. Cerimonia elegante, festa con musica popolare, ricevimento alla Certosa di San Giacomo. Ospiti top secret, attesi anche Jeff Bezos e Zuckerberg.

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Un fine settimana all’insegna dell’amore, dell’eleganza e della riservatezza ha incorniciato il matrimonio tra Rocco Basilico, 35 anni, chief wearables officer di EssilorLuxottica e amministratore delegato del brand di occhiali di lusso Oliver Peoples, e la modella Sonia Ben Ammar, 26 anni, figlia del produttore franco-tunisino Tarak Ben Ammar, figura nota nell’élite culturale e imprenditoriale internazionale.

Cerimonia ad Anacapri tra tradizione e bellezza

I due giovani si sono uniti in matrimonio sabato pomeriggio nella chiesa di Santa Sofia ad Anacapri, davanti a un centinaio di ospiti selezionati. A celebrare la funzione è stato monsignor Vincenzo Paglia. All’uscita, tra petali bianchi e applausi, ad accoglierli una festa musicale in stile napoletano con tamburelli e melodie popolari, tra cui l’intramontabile ’O surdato ’nnamurato.

Protagonisti sorridenti e coinvolti, gli sposi hanno ballato e cantato insieme agli amici, regalando un’immagine fresca e spontanea di un’unione che ha unito glamour e tradizione. Lui in un completo sartoriale firmato Luca Rubinacci, lei in un abito romantico con maniche a campana e lungo velo in pizzo.

Ricevimento blindato alla Certosa di San Giacomo

Dopo la cerimonia, i neosposi hanno lasciato la chiesa a bordo di una Autobianchi Bianchina cabrio addobbata per l’occasione. Un giro simbolico tra le strade di Capri, con saluti e sorrisi al pubblico, prima di arrivare alla Certosa di San Giacomo, dove si è svolto un ricevimento top secret e totalmente off social.

Una lista di invitati riservatissima

Nonostante l’altissimo profilo della coppia, nessuna foto ufficiale del ricevimento è stata diffusa. Ma le voci sui possibili ospiti circolavano da giorni. Si parlava della presenza di Jeff Bezos e Lauren Sanchez, oltre che di Mark Zuckerberg, che ha rafforzato la sua partecipazione in EssilorLuxottica fino al 3,5% del capitale.

Il profilo di Basilico, il talento nel lusso

Entrato nel colosso dell’occhialeria nel 2013, Rocco Basilico è figlio del finanziere Rocco Basilico e di Nicoletta Zampillo, attuale vedova di Leonardo Del Vecchio. Nel 2016 è diventato CEO di Oliver Peoples, guidando progetti ambiziosi come la collaborazione con Facebook per gli smart glasses e le partnership con Brunello Cucinelli e Roger Federer.

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Cronache

Anna Pavignano racconta il suo amore per Massimo Troisi: «Divertente, creativo, ma soffrivo»

Anna Pavignano svela al Corriere della Sera l’intimità del suo rapporto con Massimo Troisi: otto anni di amore libero, scrittura condivisa e dolori silenziosi.

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Anna Pavignano (foto Imagoeconomica in evidenza), sceneggiatrice, scrittrice e compagna di vita e penna di Massimo Troisi, in una lunga intervista al Corriere della Sera ha aperto il cassetto dei ricordi. Ne emerge il ritratto di un amore profondo, irregolare e creativo, vissuto tra Torino, Roma e l’Italia degli anni Settanta e Ottanta.

Il primo incontro e l’innamoramento

«Io con minigonna e parrucca rosa, lui con calzamaglia e vestaglia», racconta Pavignano, rievocando il primo incontro sul set del programma Non Stop, a Torino nel 1977. Troisi, insieme a Lello Arena ed Enzo Decaro, stava emergendo con La Smorfia. Lei, giovane studentessa, era lì come comparsa. «Disse solo: “Cheppalle” – e io capii che ci saremmo capiti».

Una coppia di scrittori

Da quel momento nacque un sodalizio umano e artistico che ha segnato una stagione del cinema italiano. «Scrivevamo insieme i suoi film, e nei personaggi mettevamo le nostre tensioni, i nostri nodi. C’è tanto di noi in Pensavo fosse amore invece era un calesse», dice. Anche il vivere insieme fu una scelta non detta: «Io stavo a casa sua, punto. Non c’era bisogno di formalizzarlo».

Una coppia aperta, ma non senza dolore

Troisi aveva altre relazioni. «Me le raccontava tutte, e io cercavo di trasformare la gelosia in un esercizio politico: erano anni in cui si credeva davvero nel disimpegno. Ma io soffrivo». Nonostante tutto, Pavignano non si allontanò. «Se avessi ceduto alla rabbia, forse non saremmo durati otto anni».

La vita, la malattia, il sogno infranto

Troisi soffriva per un problema cardiaco serio, conseguenza di un’operazione alla valvola mitrale. «Diceva che lui e i suoi amici rubavano orologi, perché il suo cuore faceva un ticchettio metallico», racconta con tenerezza. Sapeva di avere un’aspettativa di vita ridotta e per questo rinunciò al sogno del calcio e decise di non avere figli. «Non voleva responsabilità, già il lavoro lo schiacciava».

Ricordi di una giovinezza creativa

Ci sono episodi dolci, quasi comici: «Una volta mi scrisse su un foglio prestampato: “Nell’ultima riga c’è scritto ti amo”». E aneddoti esilaranti: «A Palinuro dormimmo in auto, con tutta La Smorfia. Uno sopra l’altro». Durante la stesura di Non ci resta che piangere, Troisi e Benigni si sfidavano a biliardo impersonando Freud e Marx. Bertolucci non riusciva a scrivere nulla.

I legami con la musica

Troisi amava Pino Daniele, che per lui era «una luce». Fu lui però a far scoprire a Pavignano Rino Gaetano, mentre lei gli fece conoscere Guccini: «All’inizio non gli piaceva, poi però lo adorò. Si scambiarono elogi per dieci minuti in una trattoria bolognese».

Un addio mai davvero compiuto

Massimo Troisi morì il 4 giugno 1994. Pavignano non ha mai smesso di ricordarlo. «Il suo rammarico? Non essere riuscito a costruire un legame stabile», confessò lui stesso. E oggi, alla domanda su cosa gli direbbe se potesse rivederlo, lei risponde con una frase sola: «Torna, ti prego».

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