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Doppia partita Colle-governo, spunta anche Casini

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E’ la garanzia di durata della legislatura, il fattore che brucia i nomi dei papabili per ilQuirinale. Finisce in questo tritacarne anche il profilo di Pier Ferdinando Casini. Spunta nei ragionamenti dei leader del centrodestra e dei centristi, non convince affatto Matteo Salvini, preoccupa molti tra i Dem e i Cinque stelle. Non regge, Casini, alla ‘prova del governo’: i grandi elettori potrebbero anche votare per lui, alla quarta chiama, ma la spaccatura della maggioranza farebbe probabilmente cadere l’esecutivo. Ecco perche’ i nomi si rincorrono, da Patroni Griffi a Frattini, ma i ragionamenti poi tornano a Mario Draghi. E all’accordo di governo che, in parallelo, i leader dovrebbero siglare per la sua elezione. Magari – dice una fonte M5s – con una donna, come Elisabetta Belloni o Marta Cartabia, a Palazzo Chigi. E’ nella direzione del duplice accordo che spinge il Pd lettiano, nella convinzione che l’unica alternativa in grado di portare al 2023 sarebbe il Mattarella bis. Draghi in mattinata riunisce una cabina di regia e un Consiglio dei ministri sulle misure contro il caro bollette e sui sostegni alle attivita’ in crisi per il Covid. Arriva anche il via libera – su richiesta del Parlamento e solo dopo l’accordo di tutti i partiti, per evitare scelte divisive – al decreto per permettere ai grandi elettori positivi al Covid di votare. I ministri vorrebbero aggiungere carne al fuoco, dalla revisione delle norme sulla quarantena a scuola al bonus psicologi: c’e’ la sensazione, racconta uno di loro, che questo possa essere l’ultimo Cdm di questo governo. Ma il presidente del Consiglio, raccontano, non concede neanche una battuta sulla partita del Colle e si mostra, racconta la ministra Maria Cristina Messa, “molto tranquillo e sereno”. E i provvedimenti sospesi? “Draghi ha detto ‘li portiamo la prossima volta’”, dice Messa quasi stupita. Il premier lascia Palazzo Chigi poco dopo il Cdm ed e’ difficile che vi torni prima di lunedi’. Quel che doveva dire ai partiti, ricorda chi gli e’ vicino, l’ha detto un mese fa: un accordo sul Quirinale con una maggioranza piu’ stretta di quella di governo, renderebbe difficile andare avanti con lo stesso esecutivo. Ecco perche’, mentre da Fi trapela un’apertura sul nome di Casini, chi preme per un accordo su Draghi al Colle sottolinea che il M5s difficilmente potrebbe votarlo (dal Movimento confermano). Per il Pd dire no a Casini sarebbe piu’ difficile, perche’ e’ stato eletto tra le fila Dem. Ma fonti Pd sottolineano che per quanto il profilo sia trasversale ci sono perplessita’ sul fatto che possa essere votato da tutti i gruppi progressisti, nonche’ da tutta Fi, visto che Berlusconi l’aveva definito “uno dei centrini”. Il nome di Casini non sembra piacere a Salvini, cosi’ come quello di Giuliano Amato, che sarebbe stato citato tra i papabili nell’incontro tra Matteo Renzi ed Enrico Letta. Altri sono i profili ‘terzi’, sottolineano fonti renziane, da Paola Severino a Franco Frattini e Patroni Griffi. Alla Lega piacerebbero piu’ nomi come Marcello Pera, Letizia Moratti, Elisabetta Casellati. Letta pero’ in ogni incontro ribadisce il suo no a profili “di centrodestra o area centrodestra”. Nel M5s circolano Patroni Griffi, Liliana Segre (ma ha gia’ detto di no), Andrea Riccardi. Ancora un passaggio si deve consumare, Silvio Berlusconi deve sciogliere la riserva. Ma i Dem proveranno a scongiurare nomi che possano metterli in difficolta’, tanto che c’e’ chi ipotizza che Letta possa fare a Salvini il nome di Draghi nell’incontro che dovrebbero avere dopo il vertice di centrodestra. Nella Lega c’e’ freddezza sul premier attuale ma non il muro di qualche giorno fa. Uno dei problemi – sottolineano fonti Fi – e’ che Draghi non puo’ essere il nome del centrodestra perche’ ormai e’ il nome dei Dem. Ecco perche’ il Cav continuerebbe a preferire una soluzione come il Mattarella bis, che per tutti resta in pista come extrema ratio. Ma Draghi, obiettano da sinistra, e’ il ‘piano B’ di tutti (nel Pd c’e’ chi frena come i franceschiniani ma nel M5s il consenso per il premier cresce). E il governo? L’intesa sulla sua ‘natura’ deve essere siglata prima del voto per il Colle, nessuno ha dubbio. Renzi gia’ dice che servirebbe un premier ‘istituzionale’, con Draghi al Colle. Vuol dire escludere nomi tecnici alla Vittorio Colao, che sarebbero diretta emanazione di Draghi. Si fa l’ipotesi Belloni: e’ molto stimata, ma sembra difficile il salto dai Servizi segreti a palazzo Chigi. Continua a circolare Cartabia o Brunetta. C’e’ chi ipotizza per Casini la guida del governo. E chi non esclude ancora un politico, alla Dario Franceschini. Comporre la squadra poi non sarebbe indolore, sia che si sostituiscano solo i tecnici (lo auspicano i ministri politici in carica) sia che si faccia da zero. La Lega vuole il Viminale, ma potrebbe ‘accontentarsi’ delle Infrastrutture o della Difesa. I centristi (da Iv a CI) chiedono un ministro con portafoglio e uno senza. Ancora presto.

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Stop a numero chiuso a Medicina, il no dei camici bianchi

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Primo passo verso lo stop al numero chiuso per Medicina. Anche se la strada per arrivare ad una riforma complessiva della legge si annuncia ancora lunga. Il Comitato ristretto della Commissione Cultura e Istruzione del Senato adotta un testo base praticamente all’unanimità, ma sono molti i dubbi che solleva l’ opposizione. Per non parlare del no netto che arriva subito dall’Ordine dei medici, secondo il quale se si toglierà il numero chiuso “entro 10 anni si produrranno solo dei disoccupati”. Il testo che adotta il Comitato ristretto, di cui dà notizia, esprimendo “soddisfazione”, il presidente della Commissione Roberto Marti, contiene di fatto una sorta di delega in bianco al governo su come rimodulare l’accesso alla facoltà di Medicina, Odontoiatria e Veterinaria. Delega da adottare entro 12 mesi dall’entrata in vigore della legge.

Per il resto, le novità sostanziali sono l’abolizione dei test d’ingresso, che dovrebbe scattare dal 2025/2026, e i nuovi ostacoli che l’aspirante medico dovrà affrontare. Se lo studente, infatti, entro 6 mesi, non supererà prove che riguardano discipline in area biomedica, sanitaria, farmaceutica e veterinaria (ancora da individuare) non potrà più accedere a Medicina. Sin dall’inizio, gli sarà consentito iscriversi anche a un’altra facoltà scientifica, come ad esempio Biologia, e nel caso in cui il semestre a Medicina si concluda con un nulla di fatto, potrà sempre continuare con la seconda scelta vedendosi riconosciuti dei crediti formativi. E sono proprio i nuovi paletti a non convincere troppo l’opposizione che annuncia “emendamenti” per migliorare il testo. Nell’attesa, i partiti fanno a gara per intestarsi il provvedimento.

La prima a cantare vittoria è la Lega. Matteo Salvini parla di “storica battaglia”, mentre il governatore del Veneto Luca Zaia di “cambio di passo”. Poi è la volta di FdI che con la prima firmataria del ddl Ella Buccalo difende anche l’idea del semestre in prova definendolo “una selezione basata sul merito”. E “orgogliosa” del primo passo compiuto in Commissione la ministra dell’Università Anna Maria Bernini secondo la quale si riusciranno “a formare 30mila medici senza il numero chiuso”. Convinti della necessità di togliere i test, pur individuando criticità sono i senatori del centrosinistra. Di “delega troppo vasta” parla ad esempio Cecilia D’Elia, capogruppo Pd in Commissione, che esprime anche dubbi sulla “definizione di una graduatoria nazionale dopo aver frequentato solo un semestre”. Nel testo, secondo il Dem Andrea Crisanti, restano “incertezze anche sulle modalità di accesso ad altri corsi di esame per coloro che non sono stati ammessi a Medicina”.

Lo stop al numero chiuso, intervengono i medici Anaao, sindacato degli ospedalieri, è “il colpo di grazia alla formazione medica”. “La scelta di superare il modello della legge del ’99”, commenta l’Unione Studenti, “è sicuramente un primo passo, ma siamo delusi dalle modalità”. Intanto, alla Camera il Pd presenta la proposta di legge sulla sanità firmata dalla segretaria Elly Schlein che chiede di investire nella sanità pubblica nei prossimi 5 anni fino al 7,5% del Pil che è la media europea. Schlein quindi accusa Meloni di mentire “sui dati”, ricordando il “taglio di 1,2 miliardi dai fondi del Pnrr”.

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Biden firma gli aiuti, i missili Atacms sono già a Kiev

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Un nuovo maxi invio di armi all’Ucraina per rendere gli Stati Uniti e il mondo “più sicuri” di fronti ai pericoli della tirannia. Dopo mesi di stallo a Capitol Hill, Joe Biden mette a segno un’importante vittoria sia in chiave elettorale che sul fronte della politica estera con l’approvazione definitiva della sua legge di spesa da 95 miliardi, di cui una prima tranche da un miliardo destinata alle forze di Volodymyr Zelensky nell’ambito di un totale di 60,8 per l’Ucraina che comprende anche aiuti umanitari ed economici. Ma la notizia è anche che Washington un mese fa ha segretamente inviato i missili a lungo raggio Atacms, che Kiev chiede da quasi due anni. Gli aiuti, ha assicurato il commander-in-chief subito dopo aver firmato il provvedimento, partiranno “nei prossimi giorni” ed arriveranno in Ucraina entro la fine di questa settimana.

Nella lista ufficiale diffusa dal Pentagono sulla prima tranche da un miliardo ci sono sistemi di difesa aerea, proiettili di artiglieria, veicoli corazzati e armi anticarro che si trovano già nei depositi americani in Europa. Tuttavia, secondo indiscrezioni di Politico, un mese fa gli americani avrebbero già spedito a Kiev gli agognati Atacms, che Washington ha sempre negato a Zelensky per il timore di un’escalation con la Russia. E anche se lo scorso ottobre il dipartimento della Difesa aveva mandato in Ucraina, senza troppa pubblicità, quelli a medio raggio, il leader di Kiev aveva continuato a premere per un’arma che potesse colpire oltre le linee di Mosca. I circa 200 missili a lungo raggio sarebbero arrivati a marzo, all’interno di un pacchetto da 300 milioni di dollari, e sarebbero già stati utilizzati due volte dall’esercito ucraino per colpire un aeroporto militare russo in Crimea mercoledì scorso e le truppe russe nel sud-est del Paese durante la notte di martedì.

All’epoca membri chiave del Congresso erano stati informati della spedizione segreta di Atacms ma l’amministrazione Biden non aveva fatto nessun annuncio pubblico. Stando a quanto ha rivelato un alto funzionario dell’amministrazione americana, inoltre, anche in questo nuovo pacchetto ci saranno i potenti missili, capaci di colpire fino a 300 km. Per Biden, che ha ringraziato lo speaker repubblicano Mike Johnson per aver sbloccato la legge alla Camera sfidando gli estremisti trumpiani, si tratta di “un investimento” nella sicurezza degli Stati Uniti e dei loro alleati. “L’America non si piega a nessuno, men che meno a Vladimir Putin”, ha avvertito il presidente americano assicurando che gli Stati Uniti “sconfiggeranno i dittatori nel mondo”. “Se i nostri partner sono più forti lo siamo anche noi”, ha sottolineato promettendo, ancora una volta, di non “lasciare da soli” i Paesi amici. Zelensky da parte sua ha ringraziato il Senato americano per aver approvato la legge definendo il prossimo invio di armi un “aiuto vitale” per le sue forze.

“Le armi a lungo raggio, l’artiglieria e la difesa aerea sono strumenti fondamentali per ripristinare la pace il prima possibile”, ha dichiarato il leader ucraino che non ha menzionato esplicitamente gli Atacms. Con questo tipo di armi comunque gli ucraini sono stati in grado di infliggere gravi danni alle forze del Cremlino, come dimostrano i video pubblicati dagli abitanti delle zone colpite mercoledì scorso, dove si vedevano incendi devastanti e le finestre delle case vicino all’aeroporto distrutte dall’esplosione. “La chiave ora è la velocità. La velocità di attuazione degli accordi con i partner sulla fornitura di armi per i nostri guerrieri. La velocità con cui si eliminano tutti i piani russi per eludere le sanzioni. La velocità nel trovare soluzioni politiche per proteggere le vite dal terrorismo russo”, ha sottolineato ancora il presidente ucraino. “Ogni leader che non perde tempo è un salvavita. Ogni Stato che sa agire rapidamente salvaguarda l’ordine mondiale basato su regole. Ringrazio tutti coloro – ha detto Zelensky – che nel mondo aiutano il nostro popolo a ripristinare una vita normale dopo gli attacchi russi. Ringrazio tutti coloro che aiutano i nostri guerrieri a difendere le città e i villaggi dell’Ucraina dal male russo”.

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Premierato: ecco cosa prevede il ddl Casellati

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Con l’approvazione del mandato al relatore in Commissione Affari costituzionali si delinea il testo della riforma del premierato elettivo. Ecco i cardini principali della riforma costituzionale che però sul punto centrale, l’elezione diretta del premier, contiene solo alcuni principi rinviando il resto ad una legge ordinaria.

PREMIER ELETTO: “Il presidente del Consiglio è eletto a suffragio universale e diretto per cinque anni.

Le elezioni delle Camere e del presidente del Consiglio hanno luogo contestualmente”.

LIMITE A DUE MANDATI: Si può essere eletti premier “per non più di due legislature consecutive, elevate a tre qualora nelle precedenti abbia ricoperto l’incarico per un periodo inferiore a sette anni e sei mesi”.

SISTEMA ELETTORALE: Una legge ordinaria disciplinerà “il sistema per l’elezione delle Camere e del presidente del Consiglio, assegnando un premio su base nazionale che garantisca una maggioranza dei seggi in ciascuna delle Camere alle liste e ai candidati collegati al presidente del Consiglio, nel rispetto del principio di rappresentatività”.

NOMINA E REVOCA DEI MINISTRI: “Il presidente della Repubblica conferisce al presidente del Consiglio eletto l’incarico di formare il Governo; nomina e revoca, su proposta di questo, i ministri”. Nell’attuale costituzione non c’è il potere di revoca dei ministri.
FIDUCIA: “Entro dieci giorni dalla sua formazione il governo si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia”. Se non viene approvata la mozione di fiducia, “il presidente della Repubblica rinnova l’incarico al Presidente eletto di formare il governo”. Quindi il premier eletto può fare un nuovo tentativo con un altra squadra di ministri, o anche cercando un’altra maggioranza. “Qualora anche in quest’ultimo caso il governo non ottenga la fiducia delle Camere, il presidente della Repubblica procede allo scioglimento delle Camere”.

CRISI DI GOVERNO: Se il governo, nel corso della legislatura, viene sfiduciato “mediante mozione motivata, il presidente della Repubblica scioglie le Camere”. “In caso di dimissioni del presidente del Consiglio eletto, previa informativa parlamentare, questi può proporre, entro sette giorni, lo scioglimento delle Camere al presidente della Repubblica, che lo dispone”. “Qualora non eserciti tale facoltà e nei casi di morte, impedimento permanente, decadenza, il presidente della Repubblica può conferire, per una sola volta nel corso della legislatura, l’incarico di formare il governo al presidente del Consiglio dimissionario o a un altro parlamentare eletto in collegamento con il presidente del Consiglio”. In entrambi i casi il nuovo governo può avere una maggioranza diversa da quella uscita della urne. L’articolo sulle crisi di governo – il 4 del ddl Casellati – potrebbe essere riformulato in Aula.

ADDIO SENATORI A VITA: E’ abrogato il potere del Quirinale di nominare cinque senatori a vita. Quelli attualmente in carica mantengono il loro incarico. Non viene invece toccato l’articolo che stabilisce che i presidenti della Repubblica al termine del settennato diventano senatori a vita.

CONTROFIRMA: E’ abolita la controfirma del governo in una serie di atti del presidente della Repubblica: nomina del presidente del Consiglio, la nomina dei giudici della Corte Costituzionale, la concessione della grazia e la commutazione delle pene, il decreto di indizione delle elezioni e dei referendum, i messaggi al Parlamento e il rinvio delle leggi alle Camere.

ELEZIONE PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA: Per eleggere il capo dello Stato occorre il quorum dei due terzi dei grandi elettori non più nei primi tre scrutini, bensì nei primi sei.

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