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Politica

Dopo la sconfitta in Calabria, torna la tensione nel Pd: i riformisti attaccano, Schlein difesa da Boccia

Dopo la sconfitta in Calabria, nel Pd riaffiorano le divisioni interne. I riformisti criticano la linea di Schlein, mentre Boccia difende la segretaria: “Questo è il partito della giustizia sociale, non dell’establishment”.

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Il voto in Calabria ha riacceso le tensioni all’interno del Partito Democratico, riportando a galla i malumori che covavano già dopo la sconfitta nelle Marche. Due battute d’arresto nel giro di una settimana — con Roberto Occhiuto(centrodestra) avanti di 16 punti su Pasquale Tridico (centrosinistra) — hanno riaperto il dibattito sulla linea politica di Elly Schlein e sul ruolo del Pd nel campo largo.

Il Pd nasce come partito di centrosinistra e di governo, con l’idea che i problemi si affrontano – ha dichiarato la deputata Lia Quartapelle, esponente dell’area riformista – ma per tenere insieme la coalizione abbiamo perso la voce e la capacità di proporre soluzioni concrete”.


Boccia difende Schlein: “Non è più il partito dell’establishment”

A rispondere alle critiche è stato il capogruppo al Senato, Francesco Boccia, che ha difeso la segretaria con fermezza:
Capisco che qualcuno rimpianga il Pd dell’establishment, ma quel partito non esiste più. Oggi siamo il partito della giustizia sociale, del progresso e delle nuove generazioni”.

Poi la stoccata interna: “A quelli che oggi attaccano il Pd chiedo di fare le campagne elettorali come noi, senza sosta, in mezzo alla gente. Una cosa è stare nei salotti a dare giudizi teorici, un’altra è stare nelle piazze”.


Taruffi: “Come il Liverpool nel 2005, la partita non è finita”

Nessuna resa dei conti, almeno per ora. In vista del voto in Toscana, considerata una roccaforte del centrosinistra, il Pd prova a ritrovare compattezza.
Ricordo la finale di Champions del 2005: il Milan vinceva 3-0, ma poi la coppa la alzò il Liverpool”, ha scherzato Igor Taruffi, braccio destro di Schlein in segreteria, invitando a non considerare compromesso il percorso del partito.

Dopo la Toscana, lo sguardo è già rivolto alle prossime sfide regionali in Campania e Puglia, dove la coalizione punta a mantenere la guida dei governi locali.


Riformisti in pressing: “Il campo largo non è un totem”

L’alleanza con il Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi-Sinistra non è in discussione, ma crescono le perplessità tra i riformisti.
Il campo largo non è un totem”, ha ribadito l’eurodeputata Pina Picierno, mentre alcuni parlamentari dem ricordano che “nelle Marche si è perso con un candidato Pd, ma in Calabria si è perso con un candidato M5s”.

Dal fronte pentastellato, però, arriva la replica: “La lista collegata a Tridico ha ottenuto il 7,6%”, a dimostrazione, sostengono, che il Movimento ha tenuto.


Renzi attacca: “Non si vince con Gaza o il reddito di cittadinanza”

Nel dibattito si inserisce anche Matteo Renzi, che accusa la linea di Schlein di rincorrere temi mediatici e non programmi di governo:
Le sconfitte in Calabria e nelle Marche dimostrano che non si vince parlando di Palestina o di reddito di cittadinanza. Si vince al centro”.

Una posizione che il Pd di Schlein respinge. Taruffi ha ricordato che “nelle ultime elezioni hanno vinto Meloni, Salvini e i Cinque Stelle con messaggi forti e tutt’altro che moderati. L’idea che si vinca solo al centro non è suffragata dai fatti”.


Prossima tappa: Toscana

Dopo due sconfitte brucianti, il Pd si gioca una partita cruciale in Toscana, dove il centrosinistra punta a fermare l’avanzata del centrodestra. Un risultato positivo potrebbe raffreddare le polemiche interne e restituire ossigeno alla leadership di Elly Schlein, oggi più che mai sotto osservazione dentro e fuori dal partito.

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Meloni a Padova: applausi, attacchi a Prodi e tensione con il Colle. Il centrodestra si misura sulla “prova veneta”

Nel comizio di Padova Giorgia Meloni sostiene Stefani, attacca la sinistra e Prodi, cita Tortora e rivendica il premierato. Nel palazzetto si avverte l’eco dello scontro con il Quirinale.

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Doveva essere la giornata dell’orgoglio veneto, con il centrodestra impegnato a dimostrare compattezza e forza in una regione considerata roccaforte. A Padova il palazzetto è pieno, il pubblico esulta e FdI e Lega si misurano anche sul piano della partecipazione. Ma l’eco dello scontro politico fra la premier e il Quirinale, dopo l’articolo de La Verità, arriva fino al Veneto e pesa sul clima.

Meloni sul palco: applausi, attacchi e il sostegno al candidato Stefani

Giorgia Meloni sale sul palco fra ovazioni, parla al pubblico e riserva parole di miele per il candidato leghista Alberto Stefani, nonostante le frizioni interne. Lo presenta come un giovane capace di guidare il Veneto, rivendicando il percorso comune iniziato “a 15 anni”, e sottolinea la continuità con quindici anni di governo regionale.

Gli attacchi della premier si concentrano sulla sinistra “autoreferenziale e salottiera”, accusata di remare contro il Paese e di avere “la cattedra in voltare le spalle all’Italia”, in riferimento a Romano Prodi, citato più volte in modo polemico.

Zaia e la “staffetta” con Stefani: il Doge difende i suoi 15 anni di governo

Luca Zaia riceve l’accoglienza più calorosa dal pubblico della Lega. Rivendica i risultati ottenuti e ribadisce la piena continuità amministrativa con Stefani. Matteo Salvini, dal canto suo, lo definisce “uno dei migliori uomini di governo d’Europa”, sottolineando l’unità del fronte leghista.

Il centrodestra esalta la sicurezza e attacca la sinistra

Salvini porta sul palco alcuni casi di cronaca, citati come esempi del “cambio di passo” introdotto con i decreti sicurezza. La platea reagisce con entusiasmo. Meloni, nel suo intervento, riprende il tema della sicurezza e associa la sinistra all’immobilismo, accusandola di “avvelenare i pozzi”.

La premier rivendica tre anni di governo e difende le riforme

Meloni ricorda il percorso di FdI, tornato oltre il 30% dopo tre anni di governo, e respinge ogni ipotesi di instabilità: “Il governo dura, non fatevi fregare”. Difende la riforma del premierato, oggi ancora ferma in Parlamento, presentandola come la chiave per eliminare giochi di palazzo e governi tecnici.

Cita Enzo Tortora, accolto da applausi, e lancia un attacco diretto alla sinistra, invitandola a fare opposizione “senza toccare gli eroi come Falcone e Borsellino”.

Le tensioni con il Quirinale fanno irruzione nel comizio

Sullo sfondo resta il caso scoppiato dopo l’articolo de La Verità sul presunto “piano del Colle”. Meloni non lo cita direttamente, ma la tensione è palpabile nella sala e nelle dichiarazioni dei dirigenti FdI. Il tema della sovranità e della difesa del governo eletto diventa uno dei filoni centrali del discorso.

FDI rivendica il sacrificio sul candidato Veneto e guarda alla prova delle urne

La premier ringrazia apertamente FdI per aver rinunciato alla candidatura autonoma in Veneto, “per il bene della coalizione”, e si dice certa che una nutrita pattuglia di consiglieri di Fratelli d’Italia sosterrà Stefani nel nuovo governo regionale. È un messaggio chiaro agli alleati: il partito della premier non intende farsi mettere ai margini.

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Politica

Nordio replica al pg Policastro: “La riforma non attua il piano della P2, la verità non dipende da chi la pronuncia”

Il ministro della Giustizia Carlo Nordio risponde al pg di Napoli Policastro, che aveva definito la riforma della giustizia un’attuazione del piano della P2. Nordio: “La verità non dipende da chi la enuncia”.

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Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha commentato la recente affermazione del procuratore generale di Napoli, Aldo Policastro, secondo cui la riforma della giustizia in discussione rappresenterebbe l’attuazione del cosiddetto piano della P2. Il ministro ha respinto la ricostruzione, definendola priva di fondamento e basata su un’analogia ritenuta impropria.

“La verità non dipende da chi la proclama”

Nordio ha precisato di non conoscere il piano della loggia P2, e ha aggiunto che l’origine di un’opinione non ne determina l’attendibilità. Ha utilizzato un esempio diretto: “Se l’opinione di Licio Gelli fosse giusta, non si capirebbe perché non seguirla solo perché l’ha detta lui. Le verità non dipendono da chi le proclama, ma dall’oggettività che rappresentano”.

La metafora di Gesù e dell’orologio fermo

Il ministro ha poi proseguito con due metafore, sostenendo che non si può rigettare un dato solo per via di chi lo formula: “Se Gelli ha detto che Gesù è morto in croce, non per questo dovremmo dire che è morto di polmonite”. E ancora: “Anche un orologio sbagliato segna due volte al giorno l’ora giusta. Se anche Gelli è inciampato nella verità, questo non cambia la verità”.

La polemica sul merito della riforma

Le dichiarazioni arrivano dopo che Policastro aveva espresso forti perplessità, ritenendo che l’impianto della riforma potesse richiamare alcune impostazioni contenute nei documenti della P2. Nordio ha ribadito che l’obiettivo del governo è una riforma moderna ed equilibrata, svincolata da riferimenti ideologici o storici che ritiene non pertinenti.

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Politica

Crosetto lancia l’allarme: “L’Italia è sotto attacco ibrido”

Il ministro della Difesa Guido Crosetto presenta un non paper di 125 pagine sulla guerra ibrida: più personale militare, un’Arma cyber, un comando unificato e un Centro per contrastare disinformazione e attacchi cognitivi.

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Guido Crosetto definisce l’Italia “sotto attacco”. Attacchi silenziosi, continui, invisibili come bombe che esplodono senza lasciare crateri ma colpiscono istituzioni, economia, reti digitali e opinione pubblica. È il cuore del non paper di 125 pagine presentato al Quirinale durante il Consiglio Supremo di Difesa: una strategia nazionale per affrontare una minaccia che il ministro definisce “subdola, adattiva, multidominio”, capace di operare sotto la soglia della guerra tradizionale.

Secondo il documento, la guerra ibrida sfrutta vulnerabilità strutturali delle democrazie: lentezza decisionale, dipendenza tecnologica, fragilità della percezione collettiva. Una combinazione di cyber attacchi, infiltrazioni economiche, operazioni informative e guerre cognitive.


La minaccia attribuita a Russia e Cina

Nel documento Crosetto individua come principali attori ostili gli Stati autoritari che operano contro l’Occidente. Russia e Cina, secondo la relazione, ricorrono a tecniche coordinate che spaziano dal sabotaggio digitale alla manipolazione informativa, fino alla penetrazione di settori economici strategici.

Le campagne di disinformazione russe vengono indicate come mirate a “colpire la testa e il cuore della società”, indebolendo fiducia, consenso e coesione interna. La minaccia, rileva il ministro, sarebbe sottostimata dall’opinione pubblica e spesso anche dal dibattito politico.


La proposta: 10-15 mila militari in più per cyber e nuove tecnologie

Il punto centrale del non paper è la richiesta di un “significativo potenziamento degli organici militari”, tra 10 mila e 15 mila nuove unità. Il personale dovrebbe essere impiegato nei settori più sensibili della guerra ibrida: cyber difesa, gestione dello spettro elettromagnetico, tecnologie emergenti e capacità operative integrate.

Si tratta di un aumento definito “essenziale” per garantire una risposta nazionale continua, specializzata e all’altezza della complessità delle minacce.


Verso un’Arma cyber civile e militare

Nel documento Crosetto propone la creazione di una nuova Arma cyber, composta da circa 5.000 addetti. La prima fase potrebbe partire con 1.500 specialisti, il 75% dei quali destinati a operazioni continuative h24 su 365 giorni.

La nuova struttura integrerebbe personale civile e militare e concentrerebbe funzioni di intelligence digitale, difesa delle infrastrutture, contrasto alle incursioni informatiche e capacità di risposta attiva.

Il ministro sottolinea che agli specialisti dovranno essere garantite “adeguate tutele funzionali”, per operare in contesti sensibili e altamente tecnici.


Un comando unificato per cyber, elettromagnetico e cognitivo

Il non paper prevede la costituzione di un Comando congiunto responsabile di tutti i domini rilevanti della guerra ibrida: quello cyber, quello elettromagnetico e quello cognitivo. A questo comando verrebbe affidata la guida di tutte le operazioni cibernetiche militari e di coordinamento con le altre strutture dello Stato.

L’obiettivo è evitare frammentazioni, sovrapposizioni e ritardi. Per Crosetto, un attacco ibrido richiede una risposta “istantanea”, non il tempo lungo delle procedure burocratiche.


Un Centro nazionale contro la guerra ibrida

Il ministro propone inoltre l’istituzione di un Centro per il contrasto alla guerra ibrida, che dovrebbe svolgere funzioni di scambio informativo, cooperazione interistituzionale e contrasto alla propaganda disinformativa.

Si tratterebbe di una cabina di regia dedicata alla difesa della dimensione cognitiva: percezioni, narrazioni, spazi digitali e informativi. Un ambito considerato cruciale perché oggi, secondo il ministero, gli attori ostili “colpiscono quotidianamente con grande efficacia nel dominio cognitivo”.


Passare alla prevenzione: “Non possiamo restare fermi”

Il documento insiste su un cambio di postura strategica. L’Italia e l’Occidente, secondo Crosetto, non possono più limitarsi a contenere attacchi, ma devono potersi muovere in prevenzione. Il ministro paragona la situazione a un velivolo ostile che viola lo spazio aereo: “Non terremo gli intercettori fermi a terra”.

Il messaggio è netto: subire non basta, reagire è necessario.


Una minaccia costante che richiede una strategia multisettoriale

Per Crosetto la guerra ibrida è già in corso. Colpisce infrastrutture energetiche, trasporti, catene di approvvigionamento, pubblica amministrazione, processi democratici e mercati strategici. Per questo la risposta dovrà essere “multisettoriale e integrata”, coinvolgendo non solo la difesa, ma anche imprese, ministeri, reti critiche e mondo dell’informazione.

Una sfida che, avverte il ministro, non può essere rinviata: le bombe, anche se invisibili, “stanno cadendo ogni giorno”.

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