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Politica

Dopo la manovra M5S-Lega guardano alle Europee, arriva Di Battista a dare man forte a Di Maio

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Attraversare il guado della manovra e guardare avanti, ai decreti su reddito di cittadinanza e quota 100, alla campagna delle Regionali e delle Europee. Luigi Di Maio e Matteo Salvini, nelle ore cruciali della legge di bilancio frutto dell’accordo con l’Ue, continuano a limitare le loro apparizioni forse consapevoli degli interrogativi legati all’effetto della manovra sull’elettorato. Tocchera’ a loro, una volta approvato il testo, difendere la ratio delle misure simbolo che, a cominciare dal reddito, rischiano di essere pesantemente decurtate nei tempi e nella platea. Salvini, viaggiando sull’ascesa nazionale del suo consenso, e’ chiamato a rilanciare i temi cari alla “sua” Lega – si partira’ dalla legittima difesa – e a blindare l’elettorato di quel Nord imprenditoriale che spesso mal sopporta l’alleanza tra Lega e M5S. Allo stesso tempo il leader leghista non ha dato il suo ok ufficiale al candidato Fdi per le Regionali in Abruzzo, dove il centrodestra dovrebbe correre unito. Di Maio, che nelle prossime tornate elettorali si gioca una buona fetta della sua leadership, e’ impegnato su piu’ fronti: da un lato deve tentare di “parare” il rischio di nuove fuoriuscite; dall’altro provera’ a rilanciare, sui suoi temi, un Movimento uscito ammaccato dai primi sei mesi di governo. E, su entrambi i fronti, potrebbe essere Alessandro Di Battista il jolly che i vertici si giocheranno. Il frontman M5S nelle prossime ore rientrerà in Italia dall’America Latina, da dove non ha mai risparmiato attacchi a Salvini e incitamenti a Di Maio. “Spero abbia un ruolo nella campagna per le Europee”, spiega il vicepremier che, con il “Dibba”, passera’ delle vacanze di Natale all’insegna della strategia del rilancio del M5S. Non e’ chiaro pero’ il ruolo di Di Battista: c’e’ chi parla di una sua candidatura alle Europee, come contraltare a quella di Salvini, e chi gli disegna, invece, un incarico piu’ vicino al “partito”. Il M5S, spiega lo stesso vicepremier, alle Europee puntera’ sul reddito di cittadinanza come misura in chiave Ue, su innovazione e ambiente. Tre temi sui quali, nelle prossime settimane, Di Maio lavorera’ alla stesura di un manifesto comune con altre forze politiche europee, non riconducibili ne’ alla destra ne’ alla sinistra. L’obiettivo e’ dare un’immagine non residuale del Movimento in una campagna in cui, invece, Salvini – che sara’ candidato – potrebbe puntare a rompere l’asse Pse-Ppe con una coalizione di maggioranza tra popolari e sovranisti. Proprio alla campagna elettorale Salvini ha fatto breve cenno oggi incontrando i senatori a Palazzo Madama e ringraziandoli per aver portato avanti la manovra. Un Senato dove le concitate ore sulla manovra ha aumentato i mugugni interni al M5S. Le voci di nuovi addii nel gruppo dei dissidenti (da Paola Nugnes a Elena Fattori) si rincorrono sebbene i diretti interessati neghino. Di Maio, con la mossa dell’agente provocatore (con tanto di registrazione) contro “l’operazione scoiattolo” di Silvio Berlusconi, ha cercato di stoppare le fuoriuscite mettendo in difficolta’ gli stessi possibili transfughi. Ma non e’ detto che basti, anche perche’, stando alle battaglie finora messe in campo, non e’ certo ad FI che guarderebbe buona parte dei dissidenti.

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Elly Schlein e i cacicchi: il Pd tra trattative, convivenze forzate e leadership fragile

Elly Schlein alle prese con i cacicchi del Pd. Trattative in Toscana, Campania e Puglia svelano una convivenza obbligata con i signori delle correnti.

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Due anni dopo la sua elezione, Elly Schlein è ancora lì, a trattare, mediare, contrattare. Il bersaglio del suo primo, vibrante attacco pubblico da segretaria – i famigerati cacicchi del Partito Democratico – non solo non è sparito, ma continua a occupare saldamente i nodi nevralgici del potere interno. Anzi, oggi sembrano diventati interlocutori indispensabili, con cui persino la leader – volente o nolente – deve fare i conti.

BEPPE SALA SINDACO DI MILANO, ELLY SCHLEIN SEGRETARIA DEL PD

I cacicchi, quei capi in via d’estinzione (ma solo altrove)

Mentre Forza Italia li ha smarriti con l’età e il M5S li ha sempre rigettati per natura, nel Pd i cacicchi sopravvivono, eccome. Sono esperti, cinici, astuti, radicati, e – come sostengono molti osservatori – ancora necessari al fragile equilibrio del partito. Elly Schlein, che all’Eur li aveva evocati con disprezzo, oggi è costretta a trattarci, soprattutto in vista delle prossime regionali in Toscana, Campania e Puglia.

Il caso Giani: la segretaria si ferma al primo ostacolo

In Toscana, Elly avrebbe voluto archiviare Eugenio Giani, il governatore uscente. Il partito romano già faceva girare nomi alternativi. Ma Giani, politico di lunghissimo corso, annusa l’aria e si presenta all’appuntamento con la segretaria più solido che mai. Il faccia a faccia dura quattro ore. Alla fine, Giani esce soddisfatto, tronfio, e lancia un messaggio beffardo: «Volete sapere com’è andata? Chiedete a lei». Elly non risponde, incassa e passa oltre. Lo scontro è evitato, per ora.

ELLY SCHLEIN SEGRETARIA PD, EUGENIO GIANI PRESIDENTE REGIONE TOSCANA

Campania e la trattativa con il sultano

Il secondo campo minato è la Campania, dove Enzo De Luca, non più ricandidabile, urla da settimane contro la possibile investitura di Roberto Fico, già presidente della Camera in quota M5S. Ma poi De Luca incontra Schlein. E la musica cambia. Niente più urla, solo trattativa: De Luca accetta Fico, ma pone condizioni: un ruolo per il figlio Piero, la vicepresidenza della giunta regionale e l’assessorato alla Sanità. La politica del compromesso, versione dem.

I padroni del partito e le loro stanze segrete

Nel Pd, le correnti non sono più quelle di una volta, ma i cacicchi non sono mai davvero spariti. Andrea Orlando è ancora lì, a presidiare i rapporti con gli industriali. Dario Franceschini lavora nell’ombra dell’Esquilino, in un ex officina diventata quartier generale. Goffredo Bettini riceve nella sua biblioteca romana e dispensa consigli, interviste, critiche e visioni. Nessuno ha una carica ufficiale, ma tutti pesano. E Schlein, che voleva cambiare tutto, ha scelto la convivenza come strategia di sopravvivenza.

Puglia, serie tv in diretta

Nel tacco d’Italia, la situazione è da copione. Il candidato naturale, Antonio Decaro, non vuole con sé Michele Emiliano, governatore uscente e cacicco in purezza. Volano scintille. Dall’entourage della segretaria arriva una minaccia semi-seria: «Se non si calmano tutti, candidiamo Boccia!». Il clima è teso, ma vitale. La macchina del Pd non si ferma mai, pur tra scontri, trattative e colpi di teatro.

Oltre i cacicchi: nuovi volti e fermento nei territori

Nonostante tutto, il Pd è vivo. E attento a ciò che accade nei territori. A Roma Roberto Gualtieri cresce nei consensi, guidato dall’ombra influente di Claudio Mancini. A Napoli, Gaetano Manfredi è sempre più centrale. E mentre Beppe Sala è in difficoltà a Milano, si osserva il quadro con discrezione. Segno che, nonostante i cacicchi, il partito è in fermento. E la Schlein, pur schivando i conflitti diretti, ha imparato a muoversi dentro questo equilibrio fragile, sapendo che in fondo il Pd è (ancora) anche dei cacicchi.

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Roma Capitale, il governo accelera: poteri speciali alla città eterna

Il governo Meloni porta in Cdm la riforma costituzionale per Roma Capitale: poteri speciali su trasporti, turismo, urbanistica e sicurezza.

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Il governo si prepara a riscrivere la storia amministrativa della Capitale con una riforma costituzionale che assegnerà poteri speciali a Roma, rendendola capace di legiferare su materie finora riservate alle Regioni, come turismo, trasporti, urbanistica, commercio e sicurezza. Un progetto accarezzato da anni dalla politica italiana, ma mai concretizzato. Ora, però, il Consiglio dei ministri è pronto a dare il via libera al disegno di legge costituzionale voluto fortemente da Giorgia Meloni e messo a punto con Elisabetta Casellati e Roberto Calderoli.

Il nuovo status di Roma

Nelle intenzioni dell’esecutivo, Roma entrerà nell’articolo 114 della Costituzione come ente autonomo, accanto a Stato, Regioni, Comuni, Province e Città metropolitane. Il Campidoglio potrà finalmente scrivere leggi proprie su competenze chiave, evitando il labirinto burocratico di autorizzazioni regionali. Sarà possibile, ad esempio, decidere il prezzo dei biglietti del trasporto pubblico o la gestione dei rifiuti senza passare per il filtro della Regione Lazio.

Il ruolo politico di Giorgia Meloni

Per la premier, la riforma ha anche un significato personale: la sua carriera politica prese slancio dalla candidatura a sindaco di Roma nel 2016. Oggi, a distanza di quasi dieci anni, la firma su questo provvedimento rappresenta un compimento simbolico e concreto di un impegno politico di lunga data, condiviso anche da parte del Partito Democratico.

Decentramento, non spezzettamento

Uno dei temi più discussi è l’autonomia dei municipi romani. Forza Italia aveva proposto bilanci separati per ciascun municipio, ma l’idea non ha convinto il sindaco Gualtieri, che ha insistito per mantenere l’unità della governance capitolina. Il compromesso trovato nel testo finale parla di un più sobrio “decentramento amministrativo”, da attuare in collaborazione con il Comune.

Il doppio binario normativo

La riforma costituzionale definirà i principi generali, ma una legge ordinaria dovrà stabilire i dettagli operativi e, soprattutto, le risorse economiche necessarie per rendere effettivi i poteri speciali. Il rischio, altrimenti, è che tutto resti sulla carta. Il governo assicura che la questione delle risorse verrà affrontata seriamente per evitare di creare una nuova scatola vuota istituzionale.

L’unità del centrodestra e il sostegno leghista

La riforma gode dell’appoggio compatto del centrodestra. Anche la Lega, che un tempo urlava “Roma ladrona”, oggi sostiene con convinzione il progetto. Calderoli, ministro delle Autonomie, ha sottolineato come la concessione di poteri speciali alla Capitale rientri in un disegno più ampio di autonomia e responsabilità. Il clima politico, dunque, è favorevole.

Verso il Parlamento

Dopo il probabile via libera in Consiglio dei ministri entro la pausa estiva, il disegno di legge sarà trasmesso al Parlamento. Meloni punta su un’ampia maggioranza trasversale, contando anche su consensi nell’opposizione. La sfida, ora, è mantenere l’equilibrio tra autonomia e funzionalità, per restituire finalmente a Roma il ruolo che le spetta come Capitale della Repubblica.

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Politica

Regionali Campania, Cirielli: «No ai trasformisti, la scelta sarà sui sondaggi»

Il viceministro Cirielli sul vertice del centrodestra: «Decisivi i sondaggi per la Campania. No ai trasformisti. Priorità: sanità, lavoro e trasporti».

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È attesa per domani la riunione dei leader del centrodestra per decidere le candidature alle prossime elezioni regionali. Ma secondo Edmondo Cirielli, viceministro degli Esteri e coordinatore nazionale di Fratelli d’Italia, non sarà ancora il giorno della scelta definitiva per la Campania: «Dubito che la partita si chiuda domani. Serve prima capire cosa farà l’altro campo. La decisione finale deve basarsi sui sondaggi, che vanno fatti anche in relazione all’avversario».

Candidature: sì ai più forti, ma no ai trasformisti

Cirielli, nome forte di Fratelli d’Italia per la presidenza della Regione Campania, non chiude la porta a soluzioni alternative, ma con una condizione: «Chi è il più forte lo diranno i sondaggi. Se emergerà un nome più forte del mio, lo sosterrò. Ma il candidato non potrà essere un trasformista che ha sostenuto De Luca». Porte aperte, dunque, ai civici o ad altri politici, ma solo se credibili e coerenti, non a chi ha condiviso il percorso con il presidente uscente e oggi tenta di riciclarsi.

De Luca, Pd e accuse di “clientelismo feudale”

Nel commentare la rinnovata unità del centrosinistra, Cirielli attacca frontalmente sia Vincenzo De Luca che il Partito Democratico: «Avevo detto che De Luca stava ricattando la sua coalizione e ho avuto ragione. Il Pd gli ha dato molto più di quanto avrebbe chiesto. Questo dimostra che la sinistra è solo alla ricerca del potere. De Luca ha perso ogni etica politica: dopo aver attaccato Fico, ora è pronto ad allinearsi pur di conservare il suo potere». Secondo il viceministro, il vero errore del governatore uscente è stato quello di «aver costruito un sistema feudale che ha esasperato il clientelismo in Campania».

Le priorità programmatiche di Fratelli d’Italia

Tre i punti fondamentali del programma delineato da Cirielli:

  1. Sanità: «Il diritto alla salute è violato. Serve meritocrazia per valorizzare i professionisti e far funzionare il sistema».

  2. Lavoro: «Giorgia Meloni ha favorito la crescita e l’occupazione, ma restano ritardi da recuperare, in particolare sull’occupazione giovanile e per chi è uscito dal mercato del lavoro».

  3. Trasporti: «La Circum è in crisi, le linee ferroviarie regionali disastrose e le arterie stradali abbandonate. Anche opere già finanziate sono state bloccate».

A questi temi, Cirielli aggiunge un impegno trasparente nella gestione della cosa pubblica, come tratto distintivo rispetto ai dieci anni di gestione deluchiana.

Liste elettorali: apertura a politica e società civile

Sul tema delle liste, Fratelli d’Italia punta a coinvolgere sia esponenti politici sia rappresentanti della società civile, con l’obiettivo di selezionare candidati radicati nei territori: «Ad oggi in ogni provincia abbiamo il triplo delle richieste di candidatura rispetto ai posti disponibili».

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