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Economia

Dopo i Beatles nuova causa musicale per Apple

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Dopo i Beatles, Apple fronteggia un’altra causa musicale che ha i connotati della storia di Davide contro Golia. Un trombettista ha fatto causa al colosso di Cupertino e, per il momento, la Corte d’appello Usa gli ha dato ragione. Oggetto del contendere è parte del marchio Apple Music, che l’azienda americana utilizza per il servizio di canzoni in streaming e che il musicista non vuole venga esteso alle esibizioni dal vivo, in quanto si ritiene suo legittimo proprietario avendo depositato il marchio Apple Jazz, prima di quanto abbia fatto Apple col suo Music. Nel 2007 la società della Mela chiuse una lunga battaglia giudiziaria con la casa discografica dei Beatles la cui effige era una mela verde. I fatti di questa nuova diatriba risalgono al 2015, anno in cui Apple lancia ufficialmente sul mercato la piattaforma Music per identificare diverse categorie di servizi, tra cui la musica in streaming.

È stato allora che Charlie Bertini, questo il nome del musicista, un trombettista jazz anche organizzatore di festival, ha avviato la battaglia legale nei confronti di Cupertino per la musica dal vivo del suo marchio Apple Jazz: nel 2021 il tribunale dello US Trademark Office ha dato ragione all’azienda californiana in quanto, sosteneva, il marchio era da correlare ad Apple Corps, registrato dai Beatles nel 1968 poi confluito in Apple e dunque ben prima di quello di Bertini depositato nel 1985. Pochi giorni fa, invece, la sentenza è stata ribaltata dalla Corte d’appello Usa, come riporta Reuters online: in sostanza Apple non può estendere i diritti del marchio Apple Corps alle esibizioni dal vivo, categoria ben diversa dalle registrazioni audio per cui il marchio stesso è stato depositato in origine. Il musicista ha sostenuto che il marchio Apple Music applicato alle esibizioni dal vivo non farebbe altro che creare confusione con il suo Apple Jazz. “Forse questa decisione aiuterà anche altre piccole aziende a proteggere i loro diritti sui marchi”, ha detto l’avvocato di Bertini. Nel 2007 si è chiusa a favore di Cupertino, dopo una estenuante battaglia giudiziaria, la causa tra le due mele più famose del mondo – la Apple Inc di Steve Jobs e la Apple Corps dei Beatles – divise dall’assegnazione del marchio.

L’accordo giudiziale aveva portato allo sblocco dei diritti per la vendita sulle canzoni dei Beatles su iTunes, il negozio di musica digitale creato da Apple. All’epoca fu ipotizzato che Steve Jobs, un fan del quartetto di Liverpool, avesse sborsato mezzo miliardo di dollari per rilevare i diritti sul marchio della Apple Corps dei Beatles, lasciandono comunque al gruppo musicale e agli eredi la licenza per l’uso in campo musicale. Resta da capire, nella causa del trombettista jazz per il suo marchio di musica dal vivo, quale sarà la prossima mossa di Apple. La decisione – come fa notare il sito specializzato 9to5Mac – potrebbe non avere molta importanza per la società californiana, dopo che ha abbandonato il suo annuale Apple Music Festival dal vivo nel 2017.

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Economia

Xi ammette, ‘fase critica per la nostra economia’

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La ripresa economica della Cina “è, al momento, ancora in una fase critica”, nel mezzo della stagnazione dell’attività interna e dei problemi legati alla grave crisi immobiliare. Potrebbe essere un passaggio della nota di martedì con cui Moody’s ha tagliato l’outlook del Dragone da stabile a negativo, ma è invece solo uno dei giudizi dell’intervento tenuto dal presidente Xi Jinping nel corso della riunione tematica “sul lavoro economico” del Politburo, il massimo organo decisionale del Partito comunista e quindi del Paese. Xi, nel resoconto fornito dal network statale Cctv, ha ammesso le difficoltà della congiuntura, all’indomani del summit di Pechino tra Cina e Ue, e ha solleciato le misure adeguate e opportune per rilanciare l’economia dato che “la situazione di sviluppo che il Paese deve affrontare è complessa, con crescenti fattori avversi nell’ambiente politico ed economico internazionale”.

Giovedì, nelle oltre tre ore e mezza spese con la presidente del Commissione Ue Ursula von der Leyen e il presidente del Consiglio Ue Charles Michel, Xi ha anche sollevato il tema della bocciatura di Moody’s, segnalandolo come conferma del fatto che l’Occidente “non riesca a capire” la seconda economia del pianeta, in base a una ricostruzione dell’incontro del South China Morning Post. Incontro che, rispetto al passato, non è stato “un dialogo tra sordi” dato che, tracciando le linee rosse della relazione bilaterale, i leader Ue hanno avvertito che il mercato europeo non rimarrà aperto per sempre se le politiche di Pechino non subiranno cambiamenti per ribilanciare un deficit commerciale “insostenibile”, schizzato nel 2022 a quasi 400 miliardi di euro. In altri termini, con Xi che vorrebbe l’Ue nel ruolo di “partner primario”, anche Pechino è preoccupata per i vorticosi venti contrari economici e punta ad evitare una vera e propria guerra commerciale con il blocco dei 27. Detto questo, però, il leader cinese, durante il Politburo, ha anche rimarcato la necessità di “concentrarsi sull’accelerazione della costruzione di un sistema industriale moderno, sull’espansione della domanda interna e sulla prevenzione e il disinnesco dei rischi”, oltre che a rafforzare “l’autosufficienza” nei settori chiave della scienza e della tecnologia e ad “accelerare la costruzione di nuovi assetti di sviluppo”.

La Cina ha avuto un Pil a +4,9% nel terzo trimestre, poco sopra il target governativo di “circa il 5%” per l’interno 2023, che è tra i più bassi degli ultimi anni. Il Paese non riesce a trovare lo slancio nella fase post-Covid a causa di consumi e produzione stagnanti, mentre l’export è in difficoltà: a novembre è salito di appena lo 0,5%, per la prima volta in sette mesi. Il settore immobiliare è caduto in una crisi profonda, con alcuni dei più grandi costruttori del Paese sommersi dai debiti, già insolventi e a rischio liquidazione. L’attenzione degli osservatori è quindi rivolta agli eventuali indizi legati all’agenda di politica economica della Cina per il prossimo anno: l’incontro tematico del Politburo è di solito un preludio alla Conferenza annuale sul lavoro economico centrale, l’appuntamento a porte chiuse della leadership comunista dedicato alla definizione dell’agenda economica del 2024, atteso intorno a metà dicembre.

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Economia

IA, i paletti previsti dalla normativa europea

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Regolamentare l’uso dell’intelligenza artificiale, cercando un delicato equilibrio tra tutela dei diritti fondamentali e sostegno all’innovazione. Questo l’obiettivo dell’AI Act, la prima legge al mondo sull’intelligenza artificiale che l’Ue si appresta ad approvare.

– APPROCCIO BASATO SUL RISCHIO. Proposto dalla Commissione europea nell’aprile del 2021, il regolamento adotta un approccio basato sul rischio, dettando una serie di obblighi a fornitori e sviluppatori di sistemi di IA in base ai diversi livelli di rischio identificati: rischio inaccettabile, elevato, limitato e rischio minimo o nullo.

– PRATICHE VIETATE. È vietata tutta una serie di pratiche di IA che comportano un rischio inaccettabile per la sicurezza e i diritti fondamentali. I divieti includono le tecniche manipolative, il riconoscimento delle emozioni, i sistemi di polizia predittiva, nonché la classificazione delle persone in base al comportamento o alle caratteristiche personali (social scoring). E ancora, il punto più controverso: i sistemi di identificazione biometrica in tempo reale e a distanza, come il riconoscimento facciale.

– MODELLI DI FONDAZIONE. Sono i modelli di linguaggio di grandi dimensioni che generano contenuti o producono un output sulla base dell’enorme set di dati su cui vengono addestrati. L’esempio più conosciuto è GPT-4 alla base di ChatGPT. Per i modelli più potenti è prevista una serie di obblighi, tra cui quello di valutare e monitorare i rischi sistemici, mentre tutti i modelli dovranno rispettare i requisiti di trasparenza. Dovranno poi essere identificati le immagini e i testi generati dall’IA (watermarking).

– GOVERNANCE. È prevista la creazione di un ufficio all’interno della Commissione europea che dovrà garantire il rispetto delle disposizioni sui modelli di fondazione. In parallelo, le autorità nazionali competenti, riunite in un Comitato europeo per l’IA, dovranno supervisionare l’attuazione della legge.

– SOSTEGNO ALL’INNOVAZIONE. Il testo stabilisce delle esenzioni per le attività di ricerca e le componenti dell’IA fornite con licenze open-source. La nuova legge promuove i cosiddetti spazi di sperimentazione normativa creati dalle autorità pubbliche per testare l’IA prima che venga implementata.

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Economia

Shopping è online, negozi di abbigliamento in crisi

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Prima il Covid, poi l’inflazione, entrambi grandi fenomeni che hanno accelerato il passaggio a nuove abitudini di consumo, sempre più spesso concentrate online. Negli ultimi anni lo shopping degli italiani ha cambiato forma, costretto dalla pandemia e dalla successiva impennata dei prezzi, e a farne le spese sono stati migliaia di negozi, a partire da quelli di abbigliamento, obbligati in non pochi casi anche a chiudere i battenti. Secondo la fotografia scattata da Unioncamere e InfoCamere, tra il 2019 e il 2023 il numero di negozi di abbigliamento è diminuito di oltre 9mila unità, attestandosi al 30 settembre scorso leggermente al di sopra dei 78.000 esercizi commerciali.

Il bilancio tra aperture e chiusure di attività nel commercio di articoli di abbigliamento in esercizi specializzati è quantificabile in una riduzione di quasi l’11% dei negozi. La frenata ha inciso pesantemente sulle imprese individuali (il 53% del totale del comparto) che, per il periodo in esame, hanno fatto registrare una diminuzione superiore al 12% (quasi 6.000 unità in meno in termini assoluti). Una dinamica, secondo l’associazione delle Camere di commercio guidata da Andrea Prete, che riflette anche la forte crescita del commercio online, con sempre più italiani che fanno i loro acquisti sulle apposite piattaforme dedicate.

E che ha spinto persino la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ad intervenire proprio ieri sul tema di fronte alla platea di Confesercenti, assicurando che “nessun colosso del web potrà mai sostituire la funzione culturale e sociale che ricoprono commercianti e artigiani”. Le vetrine illuminate stanno però progressivamente lasciando spazio alle saracinesche abbassate praticamente ovunque in Italia. Ad eccezione di Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige, dove si conta una variazione negativa in termini percentuale più contenuta, in tutte le altre Regioni del Centro-Nord, a partire da Lazio, Marche, Toscane e Friuli Venezia Giulia si registrano perdite superiori al 10%.

Lazio, Lombardia e Toscana sono invece le Regioni in cui la contrazione degli esercizi appare maggiore in termini assoluti: le tre Regioni, infatti, determinano quasi la metà della variazione negativa registrata a livello nazionale (-4.272 attività nel periodo in esame, pari al 46% del totale). A livello provinciale, le variazioni percentuali più importanti si registrano al Centro-Nord: a Roma, Ancona, Ferrara e Rieti per il commercio al dettaglio di articoli di abbigliamento si contano diminuzioni superiori al 20% nell’arco dell’intero periodo considerato.

Qualche nota positiva arriva dal Sud, dove Crotone, Ragusa e Siracusa sono le uniche province in cui la variazione di attività dell’abbigliamento nel quinquennio è positiva, rispettivamente con +1,6% e +0,5% per le due città siciliane. Il declino nei cinque anni esaminati ha interessato fortemente le componenti femminili e giovanili. E’, rispettivamente, di oltre 4.700 e 2.500 negozi la perdita registrata nel settore in termini assoluti, corrispondente ad una variazione percentuale negativa pari al 10% per le imprese “rosa” e di oltre il 26% per quelle under35.

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