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Spettacoli

Domenico Iannacone torna su Rai3 con nuove puntate di “Che ci faccio qui”

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Dopo una lunga pausa, Domenico Iannacone (foto Imagoeconomica in evidenza) torna su Rai3 con un nuovo ciclo di puntate di “Che ci faccio qui”, in onda dal 20 maggio alle 21.20, per raccontare storie intense, profonde e mai retoriche. Quattro appuntamenti prodotti da Ruvido Produzioni, nei quali il giornalista, autore e regista rinnova il suo sguardo empatico sull’umanità vulnerabile.

Le prime due puntate: la mente, tra Alzheimer e manicomi

Il tema centrale del nuovo capitolo è la mente, un ambito spesso trascurato rispetto alla cura del corpo. La prima puntata, “Ricordati di me – Capitolo I”, affronta il dramma della perdita della memoria. Al centro della narrazione c’è il lavoro del Centro Diurno Ra.Gi. di Catanzaro, fondato da Elena Sodano, che adotta un approccio relazionale per restituire dignità alle persone affette da Alzheimer e altre forme di demenza. “Abbiamo incontrato alcuni ospiti che, pur smarriti, restano persone da ascoltare e accogliere”, racconta Iannacone.

In parallelo, la puntata intreccia la vicenda di Pino Astuto, rinchiuso a soli otto anni nell’ex manicomio di Girifalco, dove ha trascorso trentadue anni senza mai ricevere una diagnosi psichiatrica. Un racconto struggente, in dialetto stretto, che restituisce dignità a una memoria tenace, sopravvissuta al dolore della segregazione. “La sua è stata una resistenza silenziosa”, spiega Iannacone.

La casa come rifugio e perdita

La terza puntata si concentra sul concetto di casa, come luogo simbolico di accoglienza o esclusione. La storia di Liliana Nechita, badante romena e scrittrice, restituisce voce a tante donne invisibili che custodiscono le case degli altri rinunciando alla propria vita. La narrazione tocca poi la vicenda drammatica di Guglielmo, ex ingegnere, ridotto a vivere senza luce in una casa popolare dopo un incidente e l’abbandono della moglie. Una parabola toccante che si riscatta grazie all’incontro con Jean-Pierre, ex dirigente d’azienda oggi volontario presso l’Opera Cardinal Ferrari.

Accompagnare alla morte: Guidalberto Bormolini

Tra le storie più commoventi, quella di Guidalberto Bormolini, sacerdote e tanatologo, ex falegname e liutaio, che oggi si dedica ad accompagnare spiritualmente chi si avvicina alla morte, con la comunità dei Ricostruttori nella preghiera. Una testimonianza preziosa su come si possa restituire senso anche all’ultimo passaggio della vita.

Iannacone: “Facciamo della TV un luogo di verità”

“La televisione è diventata un’arma di distrazione di massa. Io cerco ancora l’anima del racconto, la verifica dei fatti, lo sguardo che ascolta”, spiega Iannacone al Corriere della Sera. Il suo obiettivo resta quello di restituire voce agli invisibili, facendo della TV un luogo di riflessione e coscienza civile.

“Che ci faccio qui” conferma così il suo valore di presidio umano e culturale, capace di illuminare le pieghe più buie della società con poesia e verità.

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Al Bano e Romina, frecciate e polemiche: il concerto in Russia riaccende la tensione tra gli ex

Romina Power: «Mi dissocio da Felicità cantata a San Pietroburgo». La replica di Al Bano: «Una coltellata inaspettata».

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A quasi trent’anni dalla fine del loro amore, le scintille tra Al Bano Carrisi e Romina Power non si sono mai davvero spente. L’ultimo scontro è andato in scena sui social — e sulle pagine dei giornali — a causa di un’esibizione. Venerdì, durante un concerto a San Pietroburgo, Al Bano ha intonato Felicità, lo storico brano del duo, stavolta in compagnia di Iva Zanicchi. Una scelta che Romina non ha digerito.

«Mi dissocio dalla canzone Felicità cantata in Russia. Non ho accettato di prendere parte a quel concerto. Non mi sembra né il luogo, né il momento di cantare Felicità», ha scritto Romina in una Instagram story, durata solo 24 ore ma sufficiente a riaprire vecchie ferite.

Al Bano: «Lei ha rotto la famiglia. E ora spara bordate?»

La replica di Al Bano al Corriere della Sera è stata immediata e durissima: «È una coltellata che non mi aspettavo da una signora che è anche la madre dei miei figli. Non mi risulta che lei sia stata invitata al concerto, quindi da cosa si dissocia?». L’artista pugliese ha poi ricordato: «Romina ha deciso di andarsene in America, rompendo famiglia e duo. Ora è tornata in Puglia, ma perché attaccarmi così?».

Sul palco, per non esibirsi da solo, ha chiamato Iva Zanicchi, altra icona della canzone italiana. Una decisione presa — secondo fonti vicine all’organizzazione — anche dopo numerosi tentativi falliti di riportare il duo originale insieme sul palco.

Al Bano su Putin: «È il più occidentale dei russi»

L’intervista al Corriere tocca anche temi politici. Al Bano ha raccontato il suo rapporto con Vladimir Putin, risalente al 1986, e ha difeso la scelta di cantare in Russia: «Sono andato come messaggero di pace. La mia musica rappresenta la fame di pace del popolo russo. Felicità è un inno alla vita».
Eppure, solo due anni fa, aveva dichiarato che non sarebbe più tornato in Russia fino alla fine della guerra, paragonando Putin a Hitler. Oggi la posizione è diversa, e — dice — anche il cachet ha il suo peso: «Ho preso dei soldi, certo. Ma metà di quei soldi vanno nelle casse dello Stato italiano. Dov’è l’errore?».

Una coppia artistica che continua a far discutere

Il concerto in Russia si è trasformato in un caso mediatico. Le polemiche sull’opportunità politica dell’evento, i rapporti tra arte e propaganda, e il botta e risposta tra due ex leggende della musica italiana alimentano un racconto che continua a dividere il pubblico.

Tra canzoni immortali, nostalgie, ferite mai guarite e posizioni politiche che cambiano col tempo, Felicità si è trasformata, ancora una volta, in una parola molto più complessa del suo ritornello.

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Lorde si racconta: «Mi sono riscoperta donna e uomo, corpo e libertà»

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Con il nuovo album “Virgin”, in uscita venerdì, Lorde si presenta come mai prima d’ora: umana, sensuale, vulnerabile. L’artista neozelandese, 28 anni, spiega in un’intervista al Corriere della Sera che tutto è nato da un bisogno profondo: «Volevo entrare pienamente nel mio corpo, sentire tutto. Non basta esistere: bisogna percepirsi, conoscersi, accettarsi».

La fluidità dell’identità

Nel singolo “Hammer”, Lorde canta: “Alcuni giorni sono una donna, altri sono un uomo”. Un’affermazione che non ha bisogno di decodifiche: «Sono una donna, ma c’è anche una mascolinità molto reale in me. C’è sempre stata, fin dai tempi di “Royals” quando indossavo abiti maschili».

“Virgin”, il paradosso della libertà femminile

La copertina dell’album mostra una radiografia del bacino di Lorde, visibile anche la spirale anticoncezionale. Un’immagine potente e volutamente provocatoria: «Volevo una metafora visiva della mia rinascita, del sentirmi nuova, essenziale. La parola vergine non è lì per la purezza sessuale, ma per indicare vulnerabilità e potenza».

Essere donna tra contraddizioni e conquiste

Nel brano “GRWM” (Grow With Me), Lorde si riconosce pienamente come donna adulta. Eppure convive con una dualità che attraversa tutto l’album: «Due giorni prima mi sentivo l’uomo dell’anno, due giorni dopo non mi ero mai sentita così donna». Una danza fluida tra identità e consapevolezza.

Fama precoce e pressione estetica

Diventata celebre a 16 anni, Lorde non accusa il successo, ma un contesto più ampio: «Essere donna è difficile, punto. La pressione è sistemica, patriarcale. Le tecnologie che usiamo amplificano questo disagio». Una critica forte al modo in cui i social e gli algoritmi deformano l’autopercezione delle giovani donne.

Il pop femminile come rivoluzione culturale

Lorde è felice del momento che vive la musica: «Mai come ora ci sono così tante forme di essere donna nella musica. È il periodo perfetto per un disco come il mio». E aggiunge: «Il pop oggi è più potente, interessante, liberatorio che mai».

Le parole come atto di verità

Minimalismo e verità sono le coordinate stilistiche che ispirano Lorde. Tra i suoi riferimenti, Raymond Carver e Annie Ernaux: «Mi hanno insegnato che meno è più. Quando scrivo, cerco di non decorare: voglio solo dire la verità».

Un’elettronica irriverente, tra uomo e macchina

“Virgin” torna alle radici elettroniche dell’artista, ma con uno spirito diverso: «Viviamo in un’epoca dominata dalle macchine. Ma dentro quelle macchine c’è anche bellezza. Ho cercato di usarle in modo imperfetto, umano, irriverente».

La convivenza con l’intelligenza artificiale

Alla domanda se l’AI sostituirà gli artisti, Lorde risponde con pragmatismo: «Io non potrei fare musica senza tecnologia. Credo ci sarà sempre uno scambio artistico tra persone e macchine».

La “Lorde Summer”? Sexy, libera e magica

Come immagina la sua estate? «Un mood in cui sentirsi comodi, sexy e un po’ magici». Come il suo disco: corpo e spirito, donna e uomo, natura e macchina. Tutto insieme, finalmente.

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Piero Maranghi, il signore della bellezza e della curiosità: «Mi muove l’ignoranza»

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Piero Maranghi (foto Imagoeconomica) è editore, regista, conduttore, imprenditore, pescatore, padre di quattro figli e memoria vivente di una Milano nobile e colta. Oggi è anche l’ideatore di +Classica, la prima piattaforma streaming interamente dedicata alla musica classica. Una vita polifonica, fatta di contrasti, passioni e ironia. Quando gli chiedi come fa a tenere insieme tutto, risponde in una intervista al Corriere della Sera: «Mi muove la curiosità, unita all’ignoranza. Devo recuperare anni buttati al vento».

Un’infanzia “invisibile” e una famiglia ingombrante

Nato nella Casa degli Atellani, accanto a Santa Maria delle Grazie, con Leonardo da Vinci nel DNA e un cognome che evoca la finanza italiana (è figlio di Vincenzo Maranghi, Ad di Mediobanca), Piero racconta la sua infanzia da quartogenito dimenticato: «Ero il cocco di famiglia, ma era un inganno. Nessuno mi vedeva davvero». Studente “claudicante”, sognava ad occhi aperti, mentre il mondo si aspettava che finisse alla catena di montaggio della finanza. Invece, è approdato alla lirica, all’arte e all’architettura.

Una madre fondamentale e un padre da non evocare più

Maranghi si considera “prodotto totalmente materno”, profondamente legato alla figura della madre, Anna Castellini Baldissera, scomparsa l’anno scorso. Suo padre, figura centrale nella storia della finanza italiana, resta una presenza che ha segnato ma non definito la sua vita: «Vorrei fosse l’ultima volta che ne parlo pubblicamente». Una cesura netta, avvenuta con la nascita della sua primogenita: «Mio padre entrò in ospedale e lo vidi diverso. Ma non era cambiato lui. Ero cambiato io».

Il genio, l’eredità, e l’architetto Portaluppi

Il nome Piero, ricevuto in onore del bisnonno Portaluppi, è diventato destino. A 26 anni, Maranghi fonda la Fondazione Portaluppi, riportando alla luce l’opera dell’architetto. Suo è il restauro della Villa Necchi Campiglio e della Casa degli Atellani, dove ha vissuto con i figli. La casa è stata venduta a Bernard Arnault: «È stato difficile, ma non c’era alternativa. Lui è stato l’unico a capire la bellezza del luogo».

La battaglia su Mediobanca e il senso dello Stato

Maranghi commenta con preoccupazione la scalata di Mps a Mediobanca: «È l’unica banca al mondo a non aver avuto bisogno di aumenti di capitale dopo il 2008. Le Generali sono un asset strategico, come gli Uffizi o Santa Cecilia. Ma in Italia nessuno si indigna più».

L’amore per la musica classica e la nascita di +Classica

La folgorazione arriva a 20 anni: «Ascoltavo U2 e Dylan, poi è arrivato Beethoven. Quella complessità mi ha nutrito». Dopo uno stage a Tele+3, a 25 anni è già direttore di palinsesto. Oggi, con +Classica, offre concerti, opere, balletti e il celebre Almanacco di Bellezza in una sola app. Lo ha lanciato dirigendo un’orchestra, travestito da Don Giovanni e maschera di sala: «Un sogno pazzesco».

Il “pasticcione” e la vicenda giudiziaria

Nel 2023, ha patteggiato 22 mesi per il fallimento di due società: «Scelsi la liquidazione per evitare uno schianto. Forse non rifarei quella scelta, ma ormai è fatta». Oggi vuole guardare avanti, senza nascondersi.

Un padre tra regole e leggerezza

Con i suoi quattro figli canta, pesca, ride e condivide momenti sui social: «Sono un po’ bambino, ma anche severo. Ho due regole: non spiegare sempre i no e non mollare sui no».

Gli ospiti alle cene e la bulimia di umanità

Alle sue cene milanesi si incontrano Sapelli e Cipriani, Beecroft e intellettuali: «Mi piacciono tutti. È un mio difetto: mi piace piacere». Ma non è vanità, è “bulimia di umanità”, ereditata — forse — proprio da quel padre che di umanità ne aveva molta, anche se in giacca e cravatta.

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