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Cronache

Diventa virale una denuncia cantata di una vecchietta in una caserma di Napoli

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Una denuncia cantata: l’avevate mai sentita? e dove se non a Napoli? Una gentile anziana signora presenta la sua denuncia al maresciallo dei Carabinieri in una stazione dell’Arma ma non sappiamo neppure quale. Se fosse stato uno spot sarebbe stato perfetto per descrivere i rapporti tra i Carabinieri e la gente, la fiducia, l’apprezzamento di chi confida nel Maresciallo per risolvere il suo problema, piccolo o grande. Stupenda la signora in questo video ormai virale e complimenti al Maresciallo che l’ha ispirata.

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Turista canadese violentata in B&B,due arresti a Palermo

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Era il suo primo giorno a Palermo. Volata nel capoluogo dal Canada per incontrare il fidanzato, ricoverato in ospedale dopo un incidente, la sua vacanza si è trasformata in un incubo. La storia risale a novembre scorso, quando una turista è stata stuprata da due uomini conosciuti poche ore prima. Grazie al suo racconto e alle indagini dei carabinieri i presunti stupratori, due cugini di 42 e 44 anni, oggi sono stati arrestati.

La donna, appena arrivata in città, è andata al Policlinico per fare visita al suo compagno. Non parlando l’italiano e non conoscendo l’ospedale, ha chiesto aiuto a un gruppo di inservienti e infermieri. Uno in particolare si è mostrato particolarmente gentile e ha dato indicazioni alla turista sul percorso da fare per raggiungere il reparto e poi sulla strada per il B&B in cui la donna alloggiava.

Una gentilezza che ha colpito la canadese che ha scambiato i contatti Instagram con l’inserviente. Dopo la visita al compagno, la turista ha accettato l’invito dell’uomo appena conosciuto di passare insieme la serata, fidandosi della disponibilità e gentilezza dell’inserviente. Dopo aver ordinato del pollo e aver mangiato nella stanza del B&B in cui alloggiava i due sono saliti in moto e hanno raggiunto un cugino dell’uomo, con cui hanno fatto qualche giro in scooter. Poi sono rientrati tutti in albergo. “Ero felice e mi stavo divertendo quindi non mi sono resa conto del tempo che passava. Lui era gentilissimo”, ha raccontato poi ai carabinieri la turista. A un certo punto un bacio e l’approccio che la donna ha tentato di respingere. “Non ricordo nulla da quel momento in poi”, ha proseguito.

La vittima, che aveva i dati del profilo social dell’uomo, ha indicato chi fosse agli investigatori. Al complice i carabinieri sono arrivati mettendo sotto controllo il cellulare dell’inserviente e grazie alle analisi dei tabulati telefonici che hanno accertato la presenza dei due nel B&B la sera della violenza. Gli inquirenti hanno intercettato anche le conversazioni delle mogli dei due indagati. Le due donne, dopo aver saputo il fatto, prima hanno augurato il peggio ai partner, “Quell’etta sangu (esclamazione dispregiativa palermitana per augurare la morte) di tuo marito ha telefonato al quel butta sangue di mio marito”, poi li hanno difesi, in qualche modo giustificati, e infine hanno cercato prove che potessero scagionarli.

“Tuo marito secondo me quando quella gli si buttò nell’ascensore ha capito che si poteva fare. E così chiamó suo cugino”, dice una delle donne ipotizzando come si sarebbe svolta la serata degli abusi. “La sella del motore è veramente piccola. E’ talmente stretta che questo li stuzzicava, sicuramente per questo non capirono più niente”, afferma l’altra parlando del passaggio in moto dato alla vittima dai due. Per loro in fondo non si sarebbe trattato di violenza. “Sti ragazzi erano puliti non avevano neanche un graffio”, aggiungono sostenendo che se fosse stato uno stupro la vittima si sarebbe difesa lasciando segni sugli aggressori.

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Cronache

Sfregio e minacce a don Luigi Merola, il prete anti clan napoletano

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La comunità si unisce in solidarietà a don Luigi Merola dopo l’atto vandalico subito lo scorso venerdì sera. Intorno alle 22.30, qualcuno ha sfondato i finestrini dell’auto di servizio del sacerdote, privandola persino del lampeggiante. Questo gesto intimidatorio potrebbe essere interpretato come un avvertimento per il suo rifiuto di accogliere giovani affiliati ai clan nella Fondazione A’ voce d’è creature, della quale è presidente.

“Sto sentendo la vicinanza dello Stato sia a livello territoriale che centrale”, ha dichiarato don Merola. Mentre le forze dell’ordine indagano sull’incidente, il sacerdote sarà accolto il 19 aprile a Roma dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e dal capo della polizia Vittorio Pisani insieme a circa 120 bambini della sua fondazione. Domani, inoltre, incontrerà il procuratore della Repubblica di Napoli, Nicola Gratteri.

Il prefetto Michele di Bari ha disposto un rafforzamento della vigilanza dinamica nei luoghi frequentati da don Merola, dalla sua Napoli natale a Pompei e Marano, dove risiede con la famiglia.

Le parole di sostegno e solidarietà non si sono fatte attendere. Don Tonino Palmese, presidente della Fondazione Pol.i.s., ha dichiarato: “Esprimiamo tutta la nostra solidarietà a don Luigi Merola per quanto accaduto. Insieme continuiamo ad andare avanti nel nome della legalità e della crescita sociale”.

Anche il presidente del Consiglio regionale della Campania, Gennaro Oliviero, ha espresso vicinanza al parroco anticlan: “Confido nelle forze dell’ordine affinché si giunga presto all’individuazione dei responsabili del raid. Siamo a disposizione di don Luigi e nei prossimi giorni cercherò di organizzare uno scambio di idee per sostenere la sua fondazione”.

L’europarlamentare Chiara Gemma ha definito l’atto “ignobile” e ha espresso la sua solidarietà a don Luigi: “Confido nelle indagini delle forze dell’ordine per risalire ai responsabili. Chi ha commesso questo gesto colpisce non solo la Fondazione e chi la presiede, ma tutti coloro che operano nel terzo settore per donare un futuro diverso ai bambini che vivono in quartieri difficili”.

Mentre la comunità si stringe attorno a don Merola, cresce l’indignazione per questo vile atto di intimidazione. La speranza è che la ricerca della verità porti alla luce i responsabili e che la Fondazione A’ voce d’è creature possa continuare il suo importante lavoro a servizio della comunità senza timori né minacce.

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La ‘ndrangheta nei locali della movida di Milano

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Aveva messo le mani su alcuni locali della movida milanese e tra le varie attività aveva pure architettato una serie di truffe alle agenzie interinali di lavoro il gruppo, oggi azzerato, legato alla famiglia Piromalli di Gioia Tauro e guidato da Salvatore Giacobbe, boss che conosce e recita a memoria i riti e le regole della ‘ndrangheta. E’ quanto emerge dall’indagine del pm della Dda di Milano Silvia Bonardi che ha portato il Gico del nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf ad arrestare 14 persone e a sequestrare 4 società che fanno capo ad altrettanti bar ed esercizi per la ristorazione, uno all’esterno e tre all’interno del Mercato Comunale di Isola, una tra le zone più frequentate dal popolo della notte.

A finire in cella, su disposizione del gip Sonia Mancini, sono Salvatore Giacobbe – munito della dote ‘ndranghetista di “Vangelo” e in passato entrato e uscito dal carcere – i suoi figli, il suo fidatissimo collaboratore che ha consentito di allargare il raggio dalla Lombardia al Piemonte, Giovanni Caridi, il referente dei Piromalli Agostino Cappellaccio e altri personaggi di caratura minore, che comunque hanno consentito di portare avanti “un piano espansionistico”. Piano nel quale i Giacobbe, a seconda del settore che puntavano a controllare, si sarebbero interfacciati con altri clan e altre mafie. Per esempio con i Casalesi, quando si è trattato di fare affari con il traffico illecito di rifiuti.

“Tu stai tranquilla, il tempo che veniamo noi qua, faremo diventare qua la terra dei fuochi”, aveva detto nel maggio del 2019 Caridi in una intercettazione riportata nel provvedimento del giudice Mancini. Oltre all’immondizia, alle estorsioni – in particolare per il recupero crediti – e alle truffe ai danni delle agenzie del lavoro interinali, redditizia è stata anche l’infiltrazione nel tessuto della ristorazione, attività gestita da Cappellaccio con cui sono stati allungati i tentacoli su quella che una volta era una struttura fatiscente dove aveva spazio un mercato comunale al coperto e che da due anni ha riaperto con un nuovo look.

Qui stamane le Fiamme Gialle hanno, in pratica, messo i sigilli a La Masseria, bottega di prodotti alimentari, Granum, pizzeria d’asporto, la pescheria Piscarius ( dal primo ottobre fino al 5 aprile scorsi ha fatturato, “246 mila euro!!!”) e il Beats Bar di via Borsieri (in passato, è cosa nota, ne sono stati sequestrati altri e su altri ancora sono in corso accertamenti). Per la gestione delle società, riferibili allo stesso Cappellaccio, è stato nominato un amministratore giudiziario.

L’indagine ha tratteggiato anche le dinamiche del gruppo mafioso, con il capo, Salvatore Giacobbe, 72 anni, che distribuiva i compiti ai suoi sottoposti “a seconda delle specifiche capacità” e che “in virtù dei divieti impostigli dal regime di sorveglianza speciale cui era stato sottoposto” aveva trasferito la base da Agrate-Pessano con Bornago a Milano. Inoltre, per crescere sempre più di importanza e credibilità, avrebbe non solo mantenuto saldi rapporti con Girolamo Piromalli, detto “Mommino” (in questo caso non risponde di associazione mafiosa come gli altri), con cui si incontrava in “sistematici summit” a La Rinascente ed al bar Baldassarre dietro la Stazione Centrale, ma anche impartito lezioni sui rituali e le regole secolari della ‘ndrangheta, come il “battesimo” o il “rimpiazzo”, e le formule usate per le iniziazioni.

Cosa che fa dire al gip che quella disarticolata non è “una compagine di calabresi traferiti al Nord che, nel delinquere, vogliono semplicemente emulare o scimmiottare atteggiamenti e metodi dei boss della propria terra di origine” ma che si tratterebbe di “soggetti che hanno culturalmente interiorizzato e condiviso tutto quel nucleo di regole e rituali della ndrangheta più profonda e tradizionale”.

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