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Esteri

Discorso di Trump agli americani: serve il muro per fermare la crisi umanitaria ai confini col Messico

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Al confine con il Messico c’è una “crisi umanitaria e di sicurezza”. Donald Trump si rivolge agli americani per spiegare il perchè il muro al confine con il Messico e’ essenziale. Un discorso conciso, di otto minuti, in cui il presidente americano non si spinge a dichiarare l’emergenza nazionale, uno strumento controverso che gli avrebbe attirato una nuova pioggia di critiche. “L’immigrazione illegale e non controllata fa male agli americani. Dobbiamo agire subito”, dice Trump dallo Studio Ovale. Il muro “e’ una scelta fra giusto e sbagliato, fra giustizia e ingiustizia. Quando ho giurato per diventare presidente mi sono impegnato e determinato a proteggere il paese e questo e’ quello che faro'”, aggiunge il presidente. “C’e’ chi dice che il muro e’ immorale – dice riferendosi all’espressione usata dalla speaker della Camera Nancy Pelosi -. Ma molti costruiscono recinzioni e barriere per le loro case non perche’ odiano le persone che stanno fuori, ma perche’ amano quelle che sono dentro”.

Definendo al richiesta di 5,7 miliardi di dollari per la sicurezza al confine “solo una questione di buon senso”, Trump sprona la politica ad agire: “Quanto sangue americano deve ancora scorrere prima che il Congresso agisca per finanziare la sicurezza dei confini?”. Il muro – afferma – risolverebbe i problemi di sicurezza ma i democratici rifiutano di finanziarlo. “C’e’ una ragione e una sola” dietro al proseguire dello shutdown: i “democratici” che non voglio finanziare la sicurezza la confine, attacca Trump. Nancy Pelosi e Chuck Schumer respingono seccamente le critiche. “Donald Trump la smetta di tenere in ostaggio gli americani e riapra il governo”, tuona la speaker della camera, la democratica Pelosi. Le fa eco il leader dei democratici in Senato, Schumer: il “confine puo’ essere sicuro senza un mero inutile e costoso”, dice affiancato da Pelosi. “Trump deve mettere fine allo shutdown ora. Il presidente continua a far leva sulla paura e non sui fatti. Sulle divisioni e non sull’unita’” aggiunge Schumer, criticando l’uso da parte di Trump dello Studio Ovale per parlare alla nazione. “I presidenti hanno usato lo Studio Ovale per affrontare” problemi nobili, mentre “questo presidente lo usa per creare una crisi, instillare paura e distrarre l’attenzione dalle difficolta’ della sua amministrazione” mette in evidenza Schumer, osservando come a guidare le scelte sull’immigrazione dovrebbero essere i principi incarnati dalla “Statua della Liberta’, non da un muro”. I discorsi dallo Studio Ovale sono il formato piu’ ufficiale che un presidente puo’ usare per rivolgersi al Paese: il primo a parlare dallo Studio Ovale fu Harry Truman nel 1947. John F. Kennedy lo uso’ per la crisi dei missili con Cuba. George W. Bush per l’11 settembre.

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Melania Trump ammette: sostengo diritti donne, anche aborto

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Melania Trump (nella foto di Imagoeconomica) rompe con i repubblicani e ammette di essere una appassionata sostenitrice dei diritti delle donne a decidere sul proprio corpo, incluso l’aborto. La rivelazione è contenuta nel libro di memorie dell’ex First Lady che uscirà il mese prossimo e di cui il Guardian anticipa alcuni dei contenuti. “E’ imperativo garantire che le donne abbiano l’autonomia nel decidere se avere figli sulla base delle loro convinzioni, e libere da ogni intervento o pressione del governo”, scrive Melania Trump entrando a gamba tesa su uno dei temi chiave della campagna elettorale, in cui il marito minaccia i diritti delle donne.

“Perché qualcuno dovrebbe avere il potere di determinare cosa una donna può fare con il proprio corpo? Il diritto fondamentale della donna alla libertà individuale le conferisce l’autorità di interrompere la gravidanza se lo desidera”, afferma Melania. “Limitare il diritto di una donna a scegliere se interrompere una gravidanza indesiderata equivale a negarle il controllo sul proprio corpo. Ho portato questa convinzione con me per tutta la mia vita adulta”, mette in evidenza l’ex First Lady.

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Media, Khamenei avvertì Nasrallah di lasciare subito il Libano

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Il leader supremo iraniano Ali Khamenei avvertì Hassan Nasrallah di fuggire dal Libano pochi giorni prima che l’ex capo di Hezbollah venisse ucciso da un attacco israeliano a Beirut, secondo funzionari di Teheran citati dall’agenzia di stampa britannica Reuters. Subito dopo l’attacco ai cercapersone trappola del 17 settembre – spiegano le fonti iraniane – Khamenei inviò un messaggio a Nasrallah dicendogli di recarsi subito in Iran, mettendolo in guardia su rapporti d’intelligence secondo i quali Israele aveva agenti all’interno del movimento sciita e stava pianificando di ucciderlo.

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‘Dovevamo rispondere ma non vogliamo la guerra’

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“Non cerchiamo la guerra, è Israele che ci spinge a reagire”. Il presidente iraniano Masoud Pezeshkian accusa il nemico di aver costretto Teheran a colpire con una pioggia di missili Tel Aviv, promette “una risposta più forte in caso di rappresaglia di Israele” ma sostiene che la Repubblica islamica non sta cercando la guerra. L’operazione iraniana “ha dimostrato ancora una volta che la presunta cupola di ferro (il sistema di Difesa ‘Iron Dome’) dei sionisti è più fragile del vetro”, ha detto il presidente celebrando l’attacco, ma già subito dopo il raid aveva affermato che “l’Iran non è belligerante” e invitato il premier israeliano Benjamin Netanyahu a “non entrare in conflitto con l’Iran”.

Dopo il lancio di 200 missili contro il territorio israeliano, celebrato dalla stampa iraniana e anche in Parlamento da alcuni deputati, Teheran pare non essere interessata ad un’ulteriore aumento delle tensioni, nella speranza che l’attacco contro lo Stato ebraico possa avere un effetto deterrente contro la risposta già annunciata da parte di Israele. Subito dopo il raid, il ministro degli Esteri Abbas Araghchi aveva affermato che “l’Iran ha usato solo il suo diritto alla legittima difesa, basato sulla Carta delle Nazioni Unite”, come è stato ribadito anche dalla missione diplomatica della Repubblica islamica presso l’Onu.

In conversazioni telefoniche con gli omologhi di Francia, Germania e Gran Bretagna – i partecipanti europei all’accordo sul nucleare del 2015 – il capo della diplomazia di Teheran ha sottolineato che lo strike ha interessato soltanto obiettivi militari e, invitando parti terze a non interferire, ha avvertito Israele dichiarando che “se i sionisti reagiranno, Teheran darà una risposta più severa”.

Nella sua prima apparizione pubblica dopo l’attacco missilistico, Ali Khamenei si è scagliato contro l’Europa e gli Stati Uniti durante una conferenza con i migliori studenti universitari del Paese. “La radice dei problemi della regione è la presenza di forze come gli Usa e alcuni Paesi europei che in modo falso sostengono di difendere la pace e la tranquillità”, ha detto la Guida suprema, sostenendo che se la loro influenza diminuisse “senza dubbio questi conflitti, queste guerre e scontri scomparirebbero completamente”. Sebbene non abbia nemmeno menzionato il raid iraniano, Khamenei nel suo discorso ha comunque omaggiato il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, la cui uccisione è stata citata dalle Guardie della rivoluzione come uno dei motivi del lancio di missili contro lo Stato ebraico, assieme all’assassinio a Teheran il 31 luglio del leader di Hamas, Ismail Haniyeh.

“Sono profondamente addolorato, la perdita di Nasrallah è un evento significativo. Tuttavia, questo lutto deve fungere da forza che ci spinge in avanti”, ha detto la Guida suprema, che secondo alcune fonti iraniane sarebbe stata a conoscenza del piano israeliano per uccidere il leader di Hezbollah e lo avrebbe invitato a rifugiarsi in Iran pochi giorni prima del raid che lo ha ucciso. È possibile che lo scontro tra Iran e Israele troverà spazio nel sermone durante la preghiera del venerdì che Khamenei ha in programma di tenere questa settimana.

“Presto parlerò delle questioni di Gaza e del Libano”, ha annunciato il leader, che interviene durante la preghiera del venerdì soltanto in rare occasioni, ritenute momenti critici. L’ultima volta risale al 2020, quando celebrò l’attacco di Teheran contro una base americana in Iraq, in segno di ritorsione per l’uccisione a Baghdad da parte degli Stati Uniti del comandante delle forze Quds delle Guardie rivoluzionarie, Qassem Soleimani, colpito da un drone qualche settimana prima.

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