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Dima Brenych, il “Cicerone” dell’Est che presenta lo scrigno dei tesori di Napoli e del Sud

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Napoli magica in ogni suo dove e per ogni suo perché. Anche nei luoghi lontani dal turismo di massa, ci regala sempre il fascino ed il mistero di veri e propri tesori nascosti da un vicolo secondario del centro storico, da una ripida discesa nella costa, da una improbabile scalinata che apre ad un nuovo mondo. 

Così come avviene a Posillipo, dove la città per incanto diventa un’altra isola del Golfo più bello del mondo, dove il mare è azzurro più dell’azzurro, per poi diventare ancora più blu del blu. Ai piedi del parco Virgiliano che si staglia in tutta la sua purezza naturale, su questo panorama partenopeo che corre dai quartieri affacciati su Chiaia, via Caracciolo e Mergellina, per poi baciare il Vesuvio, accarezzare la Penisola Sorrentina e giungere fino a Capri dove tramonta il Sole, l’anima si libera e possiamo così toccare il cielo con un dito. Un sogno ad occhi aperti dove anche il respiro sembra incamerare qualcosa di straordinario, un’aria frizzante carica di emozioni che riempie i polmoni, il cuore e la mente. 

Il legame con questa Terra benedetta, culla di infinita magnificenza e storia millenaria, diventa così indissolubile, ovunque si continui ad andare. Qui si lascia un pezzo del proprio cuore e qui si prende un pezzo di cuore di una città sospesa per sempre tra sogno e realtà.

La costa di Marechiaro è un susseguirsi di grotte, ville immerse nella Macchia mediterranea e palazzi storici che si lasciano modellare mansueti dal vento salmastro del tempo. Il tufo che emerge nell’ultimo tratto costiero ha ormai assunto movenze morbide e si tuffa beffardo nel Tirreno pieno di vita sottomarina, rendendo tutto ancora più magico.

Posti unici, che tuttavia in tantissimi non hanno mai visto di persona. Perché il viaggio che porta qui molto spesso non è agevole, in molti casi l’unica via è quella del mare, e pretende comunque una conoscenza profonda di Napoli. Il Parco della Gaiola, meta obbligatoria, è inserita in area protetta e anche la spiaggia che prima ospitava oltra cinquecento avventori, oggi è ad accesso limitato, con un taglio dell’80% dei posti disponibili. Una scelta doverosa, dettata dall’esigenza di contenere il Covid e preservare una biodiversità marina rara e le abbondanti testimonianze archeologiche sommerse, tali da rendere questo luogo irrinunciabile anche per i sub. L’arco sospeso è pietra che diventa poesia, e riecheggia sulle onde come melodia.

Ogni sforzo piccolo e grande varrà ancora l’emozione di ammirare il Palazzo degli Spiriti, incastonato anch’esso come un gioiello raro nell’area marina protetta, archeologica e ambientale di “Pausilypon”. Lo “scheletro” dell’abitazione risalente al I secolo a.C., oggi si affaccia misterioso sul mare creando suggestioni senza pari. 

La Baia delle Rocce Verdi è disarmante, un vero e proprio angolo di paradiso che sembra essere stato staccato da Capri o da Ischia e messo qui a posta, una ennesima burla di una città capace di sorridere sempre, al sole come alla luna. E invece siamo qui a Napoli, nella città degli incanti, amata da tutti e bistrattata dai pochi che non riescono a capire il significato più profondo del concetto di bellezza. Anche qui lo strato poroso di tufo giallo appare sinuoso, e solo dopo essersi cimentato in capriole acrobatiche si tuffa in un mare dai colori caraibici, anzi, partenopei. Intanto i pini mediterranei e la macchia sembrano sgomitare per mettersi in bella mostra al sole e farsi ammirare dai fortunati bagnanti o naviganti che restano sempre travolti da questo spettacolo perpetuo.

Abbiamo tesori storici e naturalistici proprio a portata di mano e a volte, colpevolmente, ce ne dimentichiamo. Luoghi incantevoli che attendono solo di essere visitati una prima volta o ancora un’altra. Abitiamo una Terra meravigliosa di cui Napoli è punta di diamante. Questa non è solo una fortuna ma anche una grande responsabilità, che deve tramutarsi in un costante impegno a preservare e raccontare tanto splendore al mondo intero.

Dima Brenych. In Italia organizza motoraduni o accompagna turisti dell’Est alla scoperta delle bellezze della Campania e del Sud

Perché occasioni come queste vengono percepite anche lontanissimo, avendo già richiamato addirittura ragazzi svegli e volenterosi come Dima Brenych, che dall’Ucraina si è stabilito qui dopo essersi innamorato della città partenopea a prima vista. Oggi organizza escursioni proprio nelle location fuori dai circuiti divenuti più commerciali, vere e proprie incursioni negli angoli più suggestivi e remoti di Napoli per pochi appassionati, fino alle arrampicate all’alba o al tramonto sul Vesuvio, sul Monte Somma ed aree naturalistiche circostanti. Neanche a dirlo, ai suoi primi ospiti prevalentemente Russi ed Ucraini, si sono poi aggiunti anche tanti statunitensi, europei ed infine un numero sempre crescente di napoletani. Questa grande passione per la Città e l’intera Regione ha portato Dima ad essere sempre più spesso citato dalle più seguite trasmissioni di settore dell’Est. Un esempio di come la nostra Terra, il nostro Sud, esprima un potenziale infinito, tutto da veicolare in attività che possono creare lavoro e prospettive per i nostri giovani, così come è accaduto per un ragazzo venuto da migliaia di chilometri per vivere tutta la magia di Napoli per sempre, lasciandoci degli scatti spettacolari, capaci di rendere pieno merito alla straordinaria beltà che circonda quotidianamente noi fortunati abitanti della Campania.

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Copernicus, marzo 2024 il mese più caldo mai registrato

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Il marzo del 2024 è stato il mese di marzo più caldo mai registrato. Lo rende noto il servizio meteo della Ue Copernicus. La temperatura media globale il mese scorso è stata di 14,4°C, superiore di 0,73°C rispetto alla media del trentennio 1991 – 2020 e di 0,10°C rispetto al precedente record di marzo, quello del 2016. Il mese inoltre è stato di 1,68°C più caldo della media di marzo del cinquantennio 1850 – 1900, periodo di riferimento dell’era pre-industriale. Secondo Copernicus, il marzo 2024 è il decimo mese di fila che si classifica come il più caldo mai registrato.

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Ecdc-Efsa, rischio diffusione dell’aviaria su larga scala

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Si alza il livello di attenzione sull’influenza aviaria da virus A/H5N1. Dopo tre anni che l’agente patogeno circola in maniera particolarmente sostenuta tra uccelli selvatici e di allevamento, infettando anche mammiferi ed espandendo la sua area di diffusione, da poco più di una settimana gli occhi sono puntati sugli Stati Uniti, dove si segnalano infezioni in allevamenti di mucche da latte. Al momento sono interessati una dozzina di allevamenti dislocati in cinque stati (Texas, Kansas, Michigan, New Mexico, Idaho). Il primo aprile, poi, i Centers for Disease Control and Prevention hanno diffuso la notizia che anche un uomo ha contratto l’infezione; le sue condizioni sono buone.

Ad oggi si ritiene che sia gli animali sia l’uomo abbiano contratto l’infezione attraverso il contatto con uccelli infetti. Secondo le autorità americane questi casi non cambiano il livello di rischio, che resta basso per la popolazione generale. Tuttavia, i segnali di allarme si moltiplicano. In un rapporto pubblicato mercoledì, l’European Centre for Disease Prevention and Control (Ecdc) e la European Food Safety Authority (Efsa), avvertono: “se i virus dell’influenza aviaria A/H5N1 acquisissero la capacità di diffondersi tra gli esseri umani, potrebbe verificarsi una trasmissione su larga scala”.

Fino a oggi, le infezioni nell’uomo sono poche (circa 900 dal 2003) e del tutto occasionali. Non ci sono prove di trasmissione tra mammiferi, né da uomo a uomo. Tuttavia, la congiuntura invita alla massima attenzione. In piena pandemia, nel 2020, è comparsa una nuova variante di virus A/H5N1 (denominata 2.3.4.4b) che in breve è diventata dominante. Da allora, sono aumentati il “numero di infezioni ed eventi di trasmissione tra diverse specie animali”, si legge nel rapporto. Questi continui passaggi tra animali e specie diverse aumentano le occasioni in cui il virus può mutare o acquisire porzioni di altri virus che lo rendano più adatto a infettare i mammiferi. In realtà A/H5N1 ha già compiuto dei passi in questa direzione.

Ha imparato a moltiplicarsi in maniera più efficace nelle cellule di mammifero e a sviare alcune componenti della risposta immunitaria. Ciò gli ha già consentito negli ultimi anni di colpire un’ampia gamma di mammiferi selvatici e anche animali da compagnia, come i gatti. Anche i fattori ambientali giocano a suo favore: i cambiamenti climatici e la distruzione degli habitat, influenzando le abitudini degli animali e intensificando gli incontri tra specie diversa, fanno crescere ulteriormente le probabilità che il virus vada incontro a modifiche.

Nonostante ciò, al momento non ci sono dati che indichino che A/H5N1 abbia acquisito una maggiore capacità di infettare l’uomo. Tuttavia, se questa trasformazione avvenisse saremmo particolarmente vulnerabili. “Gli anticorpi neutralizzanti contro i virus A/H5 sono rari nella popolazione umana, poiché l’H5 non è mai circolato negli esseri umani”, precisano le agenzie. Per ridurre i rischi Ecdc ed Efsa invitano ad alzare la guardia, rafforzando le misure di biosicurezza negli allevamenti, limitando l’esposizione al virus dei mammiferi, compreso l’uomo, e intensificando la sorveglianza e la condivisione dei da

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Da 20 anni aria più pulita in Europa, ma non basta

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Da 20 anni a questa parte si respira un’aria più pulita in Europa, ma nonostante ciò la maggior parte della popolazione vive in zone in cui le polveri sottili (PM2.5 e PM10) e il biossido di azoto (NO2) superano ancora i livelli di guardia indicati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità: il Nord Italia, in particolare, è tra le regioni con le concentrazioni più alte. Lo dimostra uno studio pubblicato su Nature Communications dall’Istituto di Barcellona per la salute globale (ISGlobal) e dal Centro nazionale di supercalcolo di Barcellona (Bsc-Cns). I ricercatori hanno sviluppato dei modelli di apprendimento automatico per stimare le concentrazioni giornaliere dei principali inquinanti atmosferici tra il 2003 e il 2019 in oltre 1.400 regioni di 35 Paesi europei, abitate complessivamente da 543 milioni di persone. Per lo studio sono stati raccolti dati satellitari, dati atmosferici e climatici e le informazioni riguardanti l’utilizzo del suolo, per ottenere una fotografia più definita rispetto a quella offerta dalle sole stazioni di monitoraggio. I risultati rivelano che in 20 anni i livelli di inquinanti sono calati in gran parte d’Europa, soprattutto per quanto riguarda il PM10 (con un calo annuale del 2,72%), seguito da NO2 (-2,45%) e dal PM2.5 (-1,72%).

Le riduzioni più importanti di PM2.5 e PM10 sono state osservate nell’Europa centrale, mentre per NO2 sono state riscontrate nelle aree prevalentemente urbane dell’Europa occidentale. Nel periodo di studio, il PM2.5 e il PM10 sono risultati più alti nel Nord Italia e nell’Europa orientale. Livelli elevati di NO2 sono stati osservati nel Nord Italia e in alcune aree dell’Europa occidentale, come nel sud del Regno Unito, in Belgio e nei Paesi Bassi. L’ozono è aumentato annualmente dello 0,58% nell’Europa meridionale, mentre è diminuito o ha avuto un andamento non significativo nel resto del continente. Il complessivo miglioramento della qualità dell’aria non ha però risolto i problemi dei cittadini, che continuano a vivere per la maggior parte in zone dove si superano i limiti indicati dall’Oms per quanto riguarda il PM2.5 (98%), il PM10 (80%) e il biossido di azoto (86%). Questi risultati sono in linea con le stime dell’Agenzia europea dell’ambiente per 27 Paesi dell’Ue, basate sui dati provenienti dalle stazioni urbane. Inoltre, nessun Paese ha rispettato il limite annuale di ozono durante la stagione di picco tra il 2003 e il 2019.

Lo studio ha infine esaminato il numero di giorni in cui i limiti per due o più inquinanti sono stati superati simultaneamente. E’ così emerso che nonostante i miglioramenti complessivi, l’86% della popolazione europea ha sperimentato almeno un giorno all’anno con sforamenti per due o più inquinanti: le accoppiate più frequenti sono PM2.5 con biossido di azoto e PM2.5 con ozono. Secondo il primo autore dello studio, Zhao-Yue Chen, “sono necessari sforzi mirati per affrontare i livelli di PM2.5 e ozono e i giorni di inquinamento associati, soprattutto alla luce delle crescenti minacce derivanti dai cambiamenti climatici in Europa”.

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